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Autore: GirlWithTheGun    22/10/2011    4 recensioni
La sua ultima sera Alice salì sul tram che era già morta.
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La sua ultima sera Alice salì sul tram che era già morta.

Era novembre. I milanesi si portavano dietro il loro inespresso desiderio di crepare, attraversando incroci impossibili a semaforo rosso, nella piena ferrosa e gommata delle sei e mezza. Macchine macchine macchine e Alice dispersa nel suo cappotto slacciato. Il freddo sotto la gonna di lana, a tagliare le calze; tra le gambe l’umido diventava ghiaccio, spilli. Alice strinse le cosce e tirò su il mento. Porta Genova e un treno oltre i muri gialli, che andava lontano o a Mortara, i due limiti estremi del mondo. Lui si era infilato le sue mutandine in una tasca dei pantaloni ed era scappato a nasconderle, o era scappato e basta. Alice si era rimessa sulle spalle lo zaino, e aveva salutato Daniele che per tutti era Sara, un pomeriggio passato a spaccarsi la testa sulla versione di Cicerone, un’esistenza da liceale. Aveva conservato i quaderni con i compiti finiti, puliti. Aveva conosciuto Daniele in discoteca e le era sembrato un universitario: invece certi giorni metteva la cravatta e aveva un figlio e qualche volta una fede al dito e una moglie al piede. Che brutta cosa il matrimonio, le diceva. Ma Alice lo sapeva già. Si sentì molle e sporca salendo sulle scale del due; bagnata infinitamente bagnata. Si fermò sul fondo incapace di andare oltre, perché muoversi le faceva schifo e sedersi le avrebbe fatto più schifo. Il cellulare vibrava in una tasca. Ed era lui che le spediva i messaggini indifesi di ringraziamento. Che bella che sei Alice, che bella. Che brava che sei Alice. O sua madre che le chiedeva cosa aveva voglia di mangiare per cena, che le mandava i baci con le faccine perché aveva appena imparato e le piaceva metterle dappertutto. Alice sorrise. E l’uomo ombra a metà del budello stridente del tram la guardò da dietro, le guardò le gambe. Non ricordava chi, ma qualcuno doveva avere già detto che sul fondo dei tram stanno le persone finite. Lei pensò invece che sul fondo del tram stanno i fantasmi, quelle facce pallide e gialle riflesse nei vetri con le loro teste deformi e mancanti, a seconda di quanti lampioni restano illuminati per strada. Il nylon premeva, premeva. Alice strinse. L’ombra la avvolse con gli occhi.

Alice non poteva ricordare, ma in altri giorni e in altri luoghi aveva immaginato come sarebbe stato. Scendere alla fermata ignara, ragionando su qualcosa di squallido, lì dove sotto il ponte faceva buio prima del solito. Camminare verso casa senza guardarsi alle spalle. Forse non voler sapere come succedono per davvero le cose così, come quella. Rispondere alla mamma: ‘inforna la pizza che sto arrivando’. Poi le dita che ti prendono la gola sulle grate, in quel punto dove la gente è sempre poca, vicino al parcheggio, lì, dove Milano ha scelto di non fare luce. Scivolare cadere scalciare. Scalciare. Graffiare. Alice non voleva, no. Quante volte l’aveva già fatto, era ancora lurida dell’ultima, e magari l’ombra l’aveva trovata proprio così, annusando l’aria. Ma un’altra volta no, così no. Urlare.

 

Alice era già morta soffocata, con le gambe spaccate, quando il cellulare rotolò via dalla tasca. Di Alice rimaneva uno stivale dalla suola scollata allungato sul marciapiede.

‘stasera pizza??? :)) :*’.

‘messa dentro. Ti amo tanto! :*’.

mamma.

   
 
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