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Autore: ethelincabbages    23/10/2011    6 recensioni
Erano la coppia migliore del Dipartimento: Potter e Weasley. Perspicaci, impavidi, lucidi, attenti: i migliori, come i loro genitori. Ma i migliori non sbagliano, non si lasciano cogliere impreparati da un colpo lanciato a tradimento, neanche se a lanciarlo è il peggiore dei Mangiamorte. Potter e Weasley ce la fanno sempre.
Eppure quelle urla
erano state.
La one-shot ha partecipato al terzo turno del Torneo Tremaghi, contest indetto da Sephora sul Forum di EFP.
Genere: Angst, Drammatico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, James Sirius Potter, Rose Weasley | Coppie: James Sirius/Rose
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
- Questa storia fa parte della serie 'Variazioni in Ship Minore'
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La one-shot ha partecipato al terzo turno del Torneo Tremaghi, contest indetto da Sephora sul Forum di EFP, per vedere punteggi e gli splendidi giudizi cliccate qui.
Non è una storia shipposa, anche se potrebbe esserlo. Ogni lettore può scegliere come interpretarla. Ho immaginato James e Rose come Auror e compagni di avventura. Nel flashback dovrebbero essere davvero molto piccoli, intorno ai cinque anni. Spero che il resto sia chiaro. Buona lettura.


Mai più

Le avevano stracciato il cuore, quelle urla; come un indifeso angolo di pergamena incappato per caso in tante piccole pietre appuntite.
Erano la coppia migliore del Dipartimento: Potter e Weasley. Perspicaci, impavidi, lucidi, attenti: i migliori, come i loro genitori. Ma i migliori non sbagliano, non si lasciano cogliere impreparati da un colpo scagliato a tradimento, neanche se a lanciarlo è il peggiore dei Mangiamorte. Potter e Weasley ce la fanno sempre.
Eppure quelle urla erano state.
«Coprimi le spalle, Rosie» aveva detto.
Il flusso porpora lo aveva colpito in pieno volto e James aveva urlato, prima ancora di cadere in ginocchio e stringere i pugni contro i propri occhi. Il suo bellissimo sguardo.
Rose era rimasta paralizzata, incapace di sentire nient’altro che quelle urla. E ancora, ancora, ancora rimaneva immobile. «Coprimi le spalle» le aveva chiesto. E lei non lo aveva fatto.
Le occhiate di zia Ginny le ricordavano questo, il sorriso a metà di zio Harry le ricordava questo, persino l’abbraccio di sua madre le ricordava questo: è colpa tua.
Bellissimi occhi nocciola – «Iride castana multicolore, dal verde al nero. Sono straordinariamente interessante persino nello sguardo!» gli piaceva ripetere, prima – vuoti, spenti, senza fuoco: a causa sua. Non avrebbero più riso per via di uno scherzo ai danni di Hugo o di Al, non si sarebbero più concentrati a cercare di capire la sua minuscola calligrafia nei verbali per il Ministero, non l’avrebbero più osservata assorti e silenziosi. Amava essere guardata da James.
Ora se ne stava seduto sul suo letto a casa Potter, circondato da una marea di cuscini, a lottare con le innumerevoli premure di zia Ginny e una forchetta che non voleva trovare la direzione giusta per entrare in bocca. Era difficile persino mangiare, adesso.
«Ti do una mano» propose Rose, dopo l’ennesimo tentativo andato a vuoto. Afferrò la mano che stringeva la forchetta e tentò di aprigli forzatamente il pugno. «James, non fare il bambino».
«Allora evitate di trattarmi come se lo fossi! Per quale motivo credi che abbia mandato via mia madre? Posso farcela. Devo farcela» strillava, con il volto piegato in un’espressione di rabbia e frustrazione.
«Certo che puoi farcela» rispose lei, a corto di parole: era così difficile trovare quelle giuste. «Ma potresti accettare il mio aiuto… così ce la fai prima».
«E perché dovrei accettare il tuo aiuto?»
«Sei sporco» asserì la bimba, mordicchiandosi il labbro. James stava con le braccia conserte e la bocca arricciata in una muta manifestazione di rabbia, sporco di fango dalla testa ai piedi, infilato nello stagno fin sulle ginocchia. «E anche bagnato» concluse Rose, continuando la sua ispezione.
«E quindi?»
«Come sei arrivato lì dentro?»
«Teddy e Fred».
«Perché non esci?» chiese lei, stranita dall’atteggiamento del cuginetto. James aprì la bocca per rispondere, biascicò un «Perché…» ma lasciò cadere la risposta. Rose ebbe un’illuminazione: «Non ci riesci, non è così?»
Il rosso dalle orecchie di James si espanse per tutto il suo faccino tondo, Rose rise un po’ della disavventura del cuginetto ma poi una vocina tanto simile a quella di sua madre la rimbrottò: non si abbandona un amico in difficoltà. Si guardò intorno, raggiunse un rametto d’abete caduto lì vicino e glielo porse, facendogli segno di afferrarlo.
«Perché devo prenderlo?»
«Perché voglio aiutarti».
«Oh, e… perché?»
«Perché sono Rosie e se non lo accetti lo dico alla mamma».
Il tono saputo e divertito di Rose dovette toccare qualche corda particolare nella memoria del ragazzo, perché lasciò andare i muscoli facciali in qualcosa che assomigliava a un sorriso. «Ancora adesso non so cosa mi abbia spinto a darti retta quella volta».
James allentò il pugno e Rose riuscì ad afferrare la forchetta, iniziando poi a imboccarlo con calma. Anche la sua mano tremava.
«Mia madre. Sei sempre stato terrorizzato da mia madre» tentò di dare una spiegazione al dubbio espresso da James. Lui ridacchiò ma scosse la testa. A palmo aperto cercò la mano di lei, poi risalì lungo il braccio, fin sulla spalla e il collo.
«Era il tuo viso. Avevi… ti stavi risucchiando il labbro inferiore e mi guardavi, così convinta di te. Ave-, hai degli occhi grandissimi». Le accarezzò la guancia, e Rose socchiuse gli occhi. «Ho sempre amato il tuo viso» concluse lui, asciugandole una piccola lacrima, scappata di nascosto.
«Mi dispiace, Jamie» sussurrò Rose, contro la mano di lui. Mi dispiace non essere stata abbastanza forte da proteggerti, mi dispiace non aver saputo reagire in tempo, mi dispiace non aver capito niente, niente, niente.
«Sai, sento la pioggia. Posso immaginarla. Tic, tac. Sul cancello di casa tua, sulla siepe, sugli aranci. L’ho vista così tante volte! Eppure non è la stessa cosa. Non lo sarà mai più».
«Oh, Jamie!»
Rose mise da parte il piatto con quel po’ di pollo rimasto e gli si catapultò addosso, stringendolo forte. James si stupì, barcollò, lasciò scorrere qualche lacrima e infine ricambiò l’abbraccio. Senza dire una parola.

*

Dormivano, da qualche ora o da qualche minuto, stretti, stretti. Le braccia di James sembravano aggrapparsi a Rose come all’unico appiglio disponibile per sopravvivere.
C’era pace in quell’abbraccio. C’era speranza.
Harry socchiuse piano la porta, augurandosi di non averli disturbati. «Guarirà» bisbigliò. «Guariranno insieme».

   
 
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