Alexithymia
-Difficoltà
nell’esprimere i propri sentimenti ad altre
persone-
Gli
veniva da ridere pensando a quell’espressione
esplicitamente sciocca sul volto di Vongola; succedeva ogni volta che
gli
diceva un’ ovvietà, ma in fondo per lui tutto
sembrava apparire come
sconvolgente.
Non brillava d’intelligenza Tsuna,
ormai l’aveva capito; lui
brillava per altro.
Tsuna era sempre stato gentile, pauroso ma cordiale; per quanto
nella sua testa si era radicato il pensiero che quel ragazzino era il
Boss dei Vongola,
parte della Mafia, a guardarlo non faceva altro che accrescere in lui
dubbi.
Tsuna era così umano, semplice, ma allo stesso tempo
abbagliante.
Ora libero di muoversi con il suo corpo fisico, Mukuro poteva
osservare da più vicino il suo avversario. Non si era
stupito quando, con
sorriso beffardo, aveva sfidato il giovane Boss e lui naturalmente
aveva
sostituito la sua espressione ebete con una terrorizzata.
Era puro divertimento per i suoi occhi, e per quanto odiasse
collaborare con altri aveva accettato la proposta di quel dottore da
strapazzi.
Senza nemmeno rendersene conto aveva iniziato a frequentare
di nascosto gli stessi luoghi che frequentava Tsuna.
La scuola media Namimori, quel luogo che aveva sempre evitato
per la sgradevole presenza di Hibari Kyoya, il parco nei pressi del
fiume, i
negozi di videogiochi, fumetti e cianfrusaglie varie che frequentava
Sawada,
erano diventati tutti luoghi che Mukuro frequentava abitualmente.
Non c’era nulla in comune tra lui e Tsuna, o forse Vongola
era troppo “normale” per i suoi gusti, tanto da
apparire quasi insignificante -
ma abbastanza
splendente da impedirgli
di distogliere lo sguardo da lui.
A se stesso aveva fatto una singola promessa, che si stupì
di
non riuscire a mantenere quando si trovò a fissare la stanza
di Tsuna
dall’interno delle mura, diversamente da come aveva fatto
più di una volta
dall’esterno, attraverso quella finestra che aveva appena
scavalcato.
Mukuro aveva fatto diversi errori di calcolo, casualmente
infatti - e nemmeno
a farlo apposta,
Tsuna varcò la soglia della stanza rimanendo imbambolato
alla vista del
Guardiano della Nebbia.
«Mu……
Mu-Mukuro?! Ma cosa ci
fai qui?»
A sovrapporsi alla voce di
Tsuna seguì una voce femminile in corridoio che
risvegliò i sensi assopiti di
Mukuro, portandolo a fare un gesto del tutto sciocco e esagerato. Con
un balzo
afferrò Tsuna per la vita, aprendo con il braccio libero
un’anta dell’armadio e
infilandosi al suo interno con lui.
Con un tempismo fuori dal
comune la porta si spalancò nuovamente e sia Mukuro che
Tsuna riuscirono a
sentire la sorpresa nella voce di Nana quando entrando nella stanza non
trovò
nessuno.
«Ma come? Pensavo di aver
sentito Tsu-kun entrare, probabilmente la stanchezza mi fa brutti
scherzi.»
Dall’interno dell’armadio
Mukuro strinse istintivamente la mano che aveva posato sulla bocca del
castano
per evitare che parlasse, ricevendo un morso come risposta da Tsuna. Lo
maledì
e strinse con forza il braccio attorno alla sua vita, abbastanza da
fargli
sentire le ossa scricchiolare sotto la sua presa.
Quando non lo sentì
ribellarsi e il rumore della porta che si chiudeva fu udibile ad
entrambi,
Mukuro avvicinò il volto all’orecchio del castano,
sussurrandogli direttamente
un avvertimento.
«Non urlare, non sono venuto
per farti del male.»
Osservò Tsuna scuotere il
capo in segno d’assenso, scostando poco alla volta la mano
dalla sua bocca e
sentendolo respirare con affanno.
«Cosa ci fai qui? Ma
soprattutto... perché stiamo nel mio armadio?»
«Non so perché stiamo nel
tuo armadio, però sono venuto per parlarti.»
«Mi sei sembrato abbastanza
diretto, l’ultima volta.»
Mukuro sospirò, posando il
mento nell’incavo tra il collo e la spalla di Tsuna. Lo
sentì rabbrividire e
subito dopo il suo
gomito farsi strada
nel suo stomaco in maniera prepotente.
«Mi hai fatto male!» Sbottò
sorpreso Mukuro, forse un po’ sconvolto per
quell’improvviso gesto da parte di
Tsuna. Non poteva vederlo in viso a causa della totale assenza di luce
in
quello spazio ristretto, ma dal colpo che Tsuna gli aveva assestato di
una cosa
era certo: era arrabbiato.
«Era proprio quella la mia
intenzione, ora lasciami andare!»
Provando ad immedesimarsi
nei panni di Tsuna, Mukuro riusciva a capire quanto quella situazione
potesse
apparire contraddittoria, per non dire assurda. Qualche
giorno prima lo aveva affrontato con
una vera e propria dichiarazione di guerra, mentre ora era tornato per
parlargli in privato.
«E invece non ho intenzione
di lasciarti andare, non prima di averti riferito quella cosa che
volevo dirti…»
Girare attorno a un discorso
gli era sempre riuscito bene. Non che non fosse bravo a parole - anzi,
ma
quando si trattava di dimostrare la propria superiorità di
fronte a quegli
idioti che circondavano Tsuna e far bella figura con chi lo ammirava
come
Chikusa, Ken e M.M. gli riusciva tutto alla perfezione, mentre ora che si trovava solo con lui
– dentro a un armadio
per giunta – tutto gli sembrava così
difficile…
«Hai detto di non voler
combattere contro di me.»
«Certo, perché dovrei? Non
ne ho motivo.»
Mukuro si morse il labbro
inferiore, ma solo perché Tsuna non poteva vederlo, e un
sorriso amaro affiorò
sul suo volto.
Evidentemente Tsuna aveva
una pessima memoria, tutto quello che aveva commesso in passato
l’aveva
dimenticato? Mukuro aveva ferito i suoi compagni, aveva
ferito lui stesso, eppure Tsuna non ne
sembrava turbato.
«Tu Vongola, anzi no… Sawada
Tsunayoshi, hai dei seri problemi. Una persona normale nei tuoi panni
non
direbbe qualcosa del genere.»
Avvertì il dubbio nel verso
che emise Tsuna, accompagnato da una risata roca e una spinta
improvvisa che lo
obbligò a ricadere con la schiena contro una parete
dell’armadio, lasciandosi
sfuggire Tsuna che aprì un’anta, della luce
trapelò quello che ormai per loro
due si poteva considerare alla stregua di uno stanzino buio.
«Sarà, ma anche tu ne hai, e
di grossi. Non dico di aver dimenticato il passato, mi
sono sempre sforzato di accettarti anche se
tu non hai mai fatto lo stesso con me. Chi è di noi due
quello sbagliato,
Mukuro?»
Mukuro si fossilizzò del
tutto a quelle parole, attratto dalla luce che si stagliava alle spalle
della
figura di Tsuna, creando dei particolari giochi luminosi che rendevano
più lucente
la sua pelle, ma anche i capelli del ragazzo. Con
quell’immagine la risposta
gli morì in gola, anche perché tutto gli sembrava
improvvisamente così chiaro.
«Forse sono solo alla
ricerca di qualcosa che non potrò mai avere, per questo mi
comporto così.»
«Come puoi dire qualcosa del
genere se nemmeno ci provi?»
«Perché il sole e la luna
non possono stare assieme, tantomeno l’inverno e
l’estate.»
Deviò lo sguardo e com’era
apparso, Mukuro si dileguò.
What is love, my love
Tell me do you know
To me it's dirt and blood
and seed
That's how my garden
grows;;;
Non
dimenticare cosa ti ha fatto, Tsuna.
Non
lo poteva vedere, anche
questa volta Mukuro si dimostrò un
avversario temibile e Tsuna lo sapeva bene: il minimo errore di calcolo
l’avrebbe
portato alla fine.
Mukuro lo stava già manipolando,
oppure le sensazioni che provava erano portate dal loro precedente
incontro?
Catene pesanti gli legavano polsi
e caviglie, si stringevano poco a poco, fino a impedirgli lo scorrere
del
sangue nelle vene.
Il
primo attacco, crudele e spietato.
Il senso di colpa assalì Tsuna,
la situazione a cui era costretto gli ricordava tantissimo quella a cui
era stato
costretto Mukuro per tutti quegli anni. Avrebbe potuto salvarlo, e
invece non l’aveva
mai fatto.
Ma nei suoi sogni Mukuro l’aveva
perdonato per questo comportamento e nonostante le catene che lo
legavano, l’aveva
sempre abbracciato, dicendogli che andava tutto bene.
Ora però quello ad essere
incatenato era lui.
Ogni movimento gli era
impossibile, ma quando provò a sollevare un braccio verso
Mukuro, sul suo viso
si dipinse un sorriso sornione.
Gli bastò incontrare lo
sguardo del suo avversario per venirne sopraffatto del tutto.
«Sei
davvero un ingenuo.»
Le
parole risuonarono
nelle sue orecchie. Quella,
la sua ingenuità, probabilmente sarebbe diventata la sua
condanna, ma allo
stesso tempo non appena Mukuro incrociò quel bagliore,
quella fiamma che
bruciava ardente sul capo del Vongola Decimo, la debolezza
s’impossessò anche di
lui.
«Iniziamo.»
If
I had one more day to live
I'd wrap myself around you
and breathe you in;;;