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Autore: niki_    23/10/2011    3 recensioni
L'Organizzazione come me la sono sempre immaginata impegnata in una delle festività più attese dell'anno: il Natale.
Genere: Comico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Axel, Naminè, Organizzazione XIII, Roxas
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Christmas in Organization XIII

Il mio computer è davvero una miniera di sorprese: frugando fra i vecchi documenti ho riesumato una storiella scritta secoli fa e non ho potuto fare a meno di riprenderla e correggerla.
Se vi state chiedendo se vi odio così tanto da propinarvi un’altra one-shot senza né capo né coda, allora sì, vi detesto ù.ù
Con tanto affetto, Niki. 

Christmas in Organization XIII

Roxas si girò sul fianco ancora nel mondo dei sogni: davanti a lui, a neanche un passo di distanza, c’era un gelato al sale marino formato extralarge sospeso nel vuoto sopra un dirupo. “Vieni qui, dolcezza”, mormorò nel sonno allungando le mani verso l’oggetto dei suoi desideri…
“Wow, d’accordo l’amicizia, ma qui si esagera”, gli rispose il ghiacciolo.
Ma cosa? Roxas spalancò gli occhi e si ritrovò fra le braccia Axel. Con un urlo spaventato lo scaraventò lontano da lui mettendoci così tanta forza da spedire il Numero VIII contro il muro e far tremare il soffitto per due secondi abbondanti.
“Accidenti, Roxas!”, si lamentò togliendosi di dosso i calcinacci dal soprabito “Un secondo prima mi chiami dolcezza e quello dopo mi vuoi ammazzare facendomi spezzare la schiena contro il muro. Io non ti capisco proprio…”, scosse la testa.
“Mi hai spaventato!”, il Numero XIII si tirò su le coperte per nascondere il viso come se il rosso fosse un mostro uscito dall’armadio.
“Sei tu quello che ha spaventato me: sono venuto a svegliarti e quando mi chino sul tuo cuscino tu ti allunghi, mi afferri per il collo e mi tiri sul letto con te chiamandomi in quel modo; mi hai fatto prendere un infarto!”, si portò la mano sul petto con espressione teatrale.
“Puah!”, dal piumone riemersero solo gli occhi cobalto del biondino ancora dilatati per la sorpresa.
“Orientamenti sessuali a parte…”, incominciò Axel, ma dovette abbassarsi per schivare il cuscino lanciato dall’amico.
“AXEL, MA COSA DIAMINE VAI BLATERANDO? Per tutti ghiaccioli al sale marino, che schifo! Piuttosto preferisco tutte le malattie di Vexen!”.
“Etero, d’accordo sei etero”, sbuffò lui “Comunque… Buon Natale, Roxy!”
“Ti ho già detto che non mi devi chiama… Aspetta, che hai detto?”, il Numero XIII fece riaffiorare il viso dalle coperte e si tese verso l’altro.
“Etero?”.
“No, dopo”.
“Roxy?”.
“No, prima”.
“Comunque?”.
“Axel, hai presente le foto che ti ho scattato quand’eri ubriaco?”, Roxas sorrise maligno ricordandosi bene le compromettenti situazioni in cui si era andato a cacciare durante l’ultima sbronza.
“Sei un bastardo senza cuore!”, insorse il rosso assumendo una tinta scarlatta degna della sua capigliatura.
“Oh, lo so benissimo”, prese il cellulare e gli mostrò una rapida carrellata di immagini di lui avvinghiato strettamente a Marluxia.
“Ho detto Natale, sordo!”, sospirò “Buon Natale, Roxas, anche se non te lo meriti”.
“È Natale oggi?”, ripeté la Chiave del Destino sbalordito.
“Santa polenta, ma cos’hai nelle orecchie, il prosciutto?”, si portò la mano davanti agli occhi e gli indicò il calendario.
“Mi sono appena svegliato”, mise il broncio.
“Comunque, sì, Roxas è Natale. Auguri”, e fece per uscire.
“Axel!”, lo richiamò.
“Sì?”.
“Ti è scolato il trucco”, si indicò la palpebra per evidenziare il punto in cui l’eye-liner era sbavato.
“Oh, porca…”, sparì in un portale.

La prima cosa che notò Roxas entrando nella sala comune del Castello Che Non Esiste è che era più affollata del solito.
Da quando metà Organizzazione se n’era andata a spassarsela al Castello dell’Oblio, la sede centrale nel Mondo Che Non Esiste era stranamente deserta. Xigbar e Xaldin facevano il doppio del solito casino proprio per riempire quegli innaturali silenzi che c’erano nei corridoi e persino Axel rimpiangeva Zexion e i bei momenti (a sua detta) in cui poteva punzecchiarlo con i suoi chakram.
Però ora le figure nella stanza, Roxas escluso, erano tredici: i sei membri rimasti al Castello Che Non Esiste, gli altri sei mandati alla sede secondaria più una ragazzina dai capelli biondi che si nascondeva dietro il cappotto di Marluxia.
“Era ora che arrivassi, Numero XIII, aspettavamo solo te!”, Saïx era molto contrariato.
“Ho avuto dei problemi”, borbottò lui tornando apatico come sempre in presenza degli altri.
L’entrata di Xaldin, con indosso un grembiule rosa impastocchiato di sugo, fece terminare le chiacchiere e le discussioni invitando tutti a tavola.
Davanti a ogni piatto c’era un cartellino con su scritto, in una calligrafia illeggibile, il nome e il numero del membro dell’Organizzazione e questo mandò nel panico i Nessuno che vagarono per la sala cercando il proprio posto, urtandosi in continuazione, prima di riuscire a trovare ognuno la propria postazione.
Il biondino fu davvero sollevato quando riuscì a trovare e decifrare “Roxas XIII” in uno dei bigliettini e si lasciò cadere pesantemente sulla sedia imbottita mettendosi a guardare gli altri che ancora giravano disperati per il tavolo.
Lo strusciare della seggiola alla sua sinistra lo distrasse e lo fece voltare: accanto a lui si stava sedendo la ragazzina che aveva visto dietro Marluxia. Lesse velocemente il nome sul biglietto: Namnè… O Naminè? Oh, maledizione a Xigbar e alla sua scrittura da prima elementare!
“Ti dispiace?”, domandò lei con una vocina sottilissima notando che il Numero XIII fissava truce nella sua direzione, ma non capendo che l’oggetto del suo odio era il foglietto.
“Oh, no, Namnè, anzi!”, entusiastico, fin troppo, si disse Roxas guardando i lineamenti delicati di lei: la porcellana finissima non avrebbe retto il confronto con la pelle liscia e bianca di Namnè.
“Naminè”, lo corresse sorridendo.
Grandioso! Roxas, vecchio mio, hai appena fatto una figura di merda. “Io sono Roxas”, si presentò cercando di nascondere l’imbarazzo per la scena che aveva fatto.
“Il piacere è tutto mio”, gli occhi di Naminè si illuminarono come le lucine sull’albero di Natale (e Roxas rimase incantato da quegli occhi blu così simili ai suoi), ma quel luccichio si spense quando Marluxia si sedette accanto alla ragazza.
Per tutto il pranzo non spiccò più parola, esprimendosi a monosillabi alle domande che il Numero XIII continuava a porle e prima di rispondere lanciava occhiate a Marluxia per avere un cenno di assenso.
Tutto ciò era molto strano, ma Roxas ormai aveva imparato che nell’Organizzazione la normalità era un optional, anzi, era quella la vera stranezza. “Roxas, tu sei proprio strano”, ormai l’aveva sentito da tutti…
“Naminè, tu sei proprio strana”, mormorò il Numero XIII quasi pensando fra sé e sé, ma non fece in tempo a tapparsi la bocca che le parole erano già arrivate a destinazione.
“Come?”, gli occhi dell’altra si sgranarono.
Per fortuna, dall’altra parte del tavolo, Luxord aveva tentato il milionesimo abbordaggio a Larxene e lei, in tutta risposta, l’aveva fulminato permettendo così a Roxas di svignarsela mentre i membri e Naminé accorrevano preoccupati dal Numero X.

Axel, dopo il banchetto (sei antipasti, quindici portate principali e quattro dolci. Xaldin ci si era messo proprio d’impegno), andò alla ricerca del biondino.
Quella ragazzina, Namnè o come accidentaccio si chiamava, teneva la testa bassa guardando di sottecchi la sedia dove prima sedeva Roxas quasi come se sperasse che riapparisse per magia.
Marluxia si alzò e, chinatosi sulla ragazzina, le sussurrò di non muoversi poi andò in bagno. Il Numero VIII guardò le sue piccole spalle curvarsi come se si fosse caricata di un enorme peso, le andò vicino e prendendo il posto di Roxas. “Ciao Namnè!”, la salutò allegramente.
Lei non si girò nemmeno, i suoi capelli biondi e liscissimi le coprivano il profilo non lasciando vedere gli occhi. “Naminè…”, un mormorio appena udibile.
“Ah", e un minuto di silenzio "Comunque hai l’aria di essere in colpa…”, riprese portandosi le mani dietro la testa con un sorriso a trentadue denti.
“Non ho fatto niente…”, abbassò ulteriormente il tono di voce.
“Hai addirittura fatto scappare il mio amico!”, scherzò lui.
“In realtà dopo avermi detto che sono strana se n’è andato”, alzò il viso lei vedendo che l'altro tratteneva una risata.
È andato a riflettere. Bene, so dove trovarlo, pensò il rosso.
“Be’, ci vediamo”, Axel si alzò e si incamminò verso la terrazza.

“Sei prevedibile, Roxy. Usare il posto in cui vengo a pensare quando Xemnas mi dà le punizioni... Davvero prevedibile”.
L’interpellato alzò il viso dalle ginocchia irritato per quel stupido nomignolo. “Per la trillionesima volta, Axel, non chiamarmi così”.
“E perché no? Mi piace”, sorrise lui e quando Roxas smise di mandargli maledizioni continuò “Eheheh, il mio Roxy si è preso una cotta…”.
“Io COSA?”, scattò in piedi il biondino guardandolo con occhi fiammeggianti.
“Beh, il rossore, le figure di merda… Fanno parte dell’innamoramento”, contò sulle dita della mano.
“Rossore? Io non sono rosso”.
“Beh, la tua faccia dice il contrario”, gli indicò le gote color porpora.
“Io… Ho caldo”.
“Ehm, non so se ti sei accorto, ma qui sono cinque gradi sotto lo zero”, alitò in faccia a Roxas e il respiro prese la forma di una nuvoletta di fumo.
“Beh… Ho caldo uguale”.
“Allora levati il giubbotto”.
“Axel!”
“Che c’è? Se hai caldo dovresti levarti questa roba”, gli strattonò una manica del soprabito per spogliarlo. (Non in quel senso, purtroppo T__T NdA)
“Io… non…”, il biondino si liberò delle mani di Axel.
“Cotto a puntino e stavolta io non c’entro”, si mise a correre inseguito da Roxas, che aveva evocato Portafortuna e Lontano Ricordo, per ricondurlo alla sala principale.
Le risate del Numero VIII però si interruppero quando vide Xaldin, di nuovo nell’uniforme dell’Organizzazione, venirgli incontro stringendo fra le dita un piccolo foglietto di carta azzurro.
“Porco [CENSURA]! Axel dei miei [CENSURA]! Vieni qui che ti ammazzo!”, si avvicinò minaccioso al rosso facendo apparire le sue lance.
“Eddai, Xaldin! Era solo uno scherzetto innocen…”, si spostò a destra per evitarne una, ma così facendo questa andò dritta contro Roxas che era appena entrato nella stanza, ignaro di tutto l’ambaradan che stava accadendo lì dentro. Fortunatamente il Custode ebbe i riflessi abbastanza pronti da usare un reflex e deviare il colpo alla sua sinistra che ferì, però, Zexion di striscio. “Sangue…”, mormorò questi quasi in estasi, ma Lexaeus invece si alzò evocando la sua arma. “Hai fatto male al mio amico!”, si rivolse minaccioso a Roxas.
“Ehi! Non l’ho mica lanciata io!”, si giustificò.
“Roxy ha ragione! È stato quello scimmione!”, Axel indicò Xaldin.
“Scimmione a chi?”, il Numero III si portò a un palmo di naso dal rosso.
“A te, scimmione”, disse spavaldo prima di venire trascinato giù per terra.
“Axel!”, Roxas si buttò nella mischia.
“Xaldin!”, Xigbar lo imitò.
“Evvai, ci si mena!”.
“Larxeeeene!”, Luxord seguì il Numero XII.
“La pagherai!”, Lexaeus saltò dentro.
Uno dopo l’altro, tutti i membri furono trascinati nella rissa e quando Xemnas entrò nella sala, seguito come un’ombra da Saïx  (i due erano andati a festeggiare a modo loro… NdA), la scena era più o meno la seguente: in un angolo della sala, Zexion guardava il vuoto, un’espressione estasiata sulla metà del volto visibile, mentre si stringeva forte l’avambraccio destro; Naminè nascondeva il viso dietro il blocco da disegno mentre fissava i membri dell’Organizzazione darsele di santa ragione.
Il Superiore si chinò a raccogliere un foglietto azzurro stropicciato di un centro estetico. Sul retro c’era scritto: goditi la ceretta! Axel.

Roxas era seduto davanti al fuoco del caminetto nella sala principale, completamente deserta dopo la mega rissa. Xemnas l’aveva sedata prontamente e aveva spedito seduta stante Xaldin e Axel in missione per farli sbollire e poi aveva mandato tutti i membri restanti in camera propria a riflettere sul proprio comportamento.
Il Numero XIII, però, non voleva passare il resto della serata rinchiuso in quella stanzetta claustrofobica, così vedendo entrare il Superiore nella vicina camera del Numero VII, ritornò nel “salotto” per cercare i regali che non aveva ancora scartato.
Uno più di tutti l’aveva colpito: un disegno di lui ed Axel, semplice, quasi elementare, ma lo trovava molto bello.
Lo guardò cercando di capire chi l’avesse fatto: escluse, quindi, tutti i membri dell’Organizzazione in quanto artisti pessimi e gli venne in mente solo un nome. 
Mentre lo metteva a fuoco sentì qualcosa di caldo e umido sfiorargli dolcemente la guancia, ma quando si voltò non c’era più nessuno, solo un sussurro: “Buon Natale, Roxas”.
Lui sorrise accarezzandosi il punto dove le sue labbra lo avevano toccato. “Buon Natale anche a te, Naminè”. 

Note dell’autrice
Quando penso che non potrei fare peggio di così, faccio peggio di così. >.<
Beh, che altro dire? Se speravate in un AkuRoku dovrete aspettare un po' quando finalmente mi verrà l'ispirazione per scrivere (fra un paio di secoli se va bene xD).

Ah, la caratterizzazione dei personaggi è stata presa da Giul e Fed (anche se Lexaeus parla!) per la maggior parte, ma Roxas e Axel li ho fatti personalmente (si vedono i risultati ù.ù).
Vabbè, basta annoiarvi. Alla prossima!

Niki_
  
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