Julia suona l’arpa.
Ogni volta che la tristezza diventa troppo intollerabile, le sue mani iniziano a viaggiare veloci sulle corde e il cordoglio si dipana nell’aria, attorno a lei, come le note leggere che non lasciano traccia una volta svanite.
E dopo aver suonato l’arpa, ogni volta – è il suo rito, il rito della sopravvivenza -  Julia scruta l’orizzonte.
È morto, ha detto Shin.
Ma Shin le ha anche detto ti amo, eppure non può essere amore quello che fa per lei.
Non è fatto d’amore il palazzo che le ha edificato attorno come una prigione.
Non è fatta d’amore la città che le ha costruito con il sangue di molte battaglie.
Né è fatto d’amore il vestito bianco che la guarda dal manichino.
Perché non c’è niente di puro in una prigione, nel sangue versato. E neppure nel suo amore.
 
È alta la torre da cui può guardare il mondo, ma è troppo bassa per toccare il cielo.
Per toccare le stelle che l’uomo che lei ama porta incise nel petto. E, magari, tramite esse sfiorare il suo petto, accarezzare il suo viso.
Per toccare una felicità che le è stata negata dal giorno in cui il mondo è impazzito.
Julia ricorda i giorni passati con Ken. Prima, quando erano solo due ragazzi. E poi, quando erano un giovane uomo e una giovane donna che arrancavano per mano nel deserto, alla ricerca di un luogo dove seminare riso e fiori.
 
Julia lo sa di essere malata: nessuno può sopravvivere indenne a quello che hanno passato.
Ma non è quello che la rende triste.  
Nessuno le aveva mai detto che l’amore può fare tanto male.
Quando si perde.
O quando è imposto.
E lei doveva aspettare la morte senza neppure avere l’amore come conforto, l’amore solido e ingenuo di Ken, l’amore puro di un guerriero che non amava la guerra, ma solo una donna.  
Julia guarda le stelle, un’ultima volta. Ce n’è una che brilla più di tutte: la chiamano Stella della Morte ed è lei che, quel giorno, bacia con la sua luce.
Ma a Julia non interessa: lei cerca le sette stelle. Allunga una mano, per raggiungerle, ma sono così lontano che deve sporgersi un po’ di più. Oltre il parapetto, oltre il balcone.
Oltre la vita, oltre l’amore.
Oltre il dolore.
Fino ad aleggiare nell’aria come l’angelo che tutti hanno amato.
Come le note leggere di un’arpa silenziosa.