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Autore: Kathys    24/10/2011    0 recensioni
One-shot che ha partecipato tempo fa ad un concorso ed è arrivata terza. La pubblico solo solo ora per mancanza di tempo.
Quando Alice si sveglia è sola.
Irrimediabilmente sola.
Non sa chi sia o cosa sia diventata.
E non c'è nessuno a spiegarle perchè brama il sangue.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice Cullen
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
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Quando Alice si sveglia è sola.

Irrimediabilmente sola.

 

Non sa chi sia o cosa sia diventata.

 

E non c'è nessuno a spiegarle

 

perchè brama il sangue.

 


 

~}ߧ What am I ? §ß{~

 

 

Buio.

Buio, buio e soltanto buio.

 

Come se una tenda nera mi fosse stata calata sugli occhi, mi sentivo oppressa da qualcosa, da almeno tre giorni.

 

Tre giorni che ero costretta a vivere costantemente questa scena, minuto per minuto.

Tre giorni fa ero con qualcuno di cui non riuscivo a ricordare assolutamente nulla.

Tre giorni fa vedevo la luce ed ora mi chiedo cosa essa sia.

Tre giorni fa ero un'umana.

Particolare sì certo. Ma comunque umana.

 

Ora cosa ero?

 

Alzai la mano sopra il volto, nel vano tentativo di scostare il sipario che era calato sui miei occhi. Il mio braccio, leggero come mai prima, afferrò il vuoto e ricadde inerme al suo posto.

Lasciai allora che le mie dita facessero forza sul materasso, era troppo duro per esser un letto, insieme alle loro gemelle.

E così m'alzai a sedere senza alcuna difficoltà.

 

Mi sentivo come intorpidita. Ecco, confusa è il termine più adatto.

Sentivo, stranamente, mille e più suoni intorno a me. Ma erano troppi rumori. Ed erano troppo flebili per esser sentiti da un udito normale.

Uno squittio d'un topo, a circa un metro e mezzo da me, l'acqua che gocciolava da una tubatura rotta, lo scricchiolio leggero delle assi del soffitto, un vago rombo lieve e tenue sopra la mia testa.

 

Sbattei le palpebre, tentando di distinguere qualcosa o qualcuno presente in quel luogo.

E ne rimasti delusa.

 

Ero sola.

 

Inspirai lentamente l'aria attorno a me, ed un leggero odore di muffa mi giunse a solleticare l'olfatto. Insieme ad esso, un vago senso d'arancia, mista a cannella**, mi colpì inaspettatamente.

Il mio corpo reagì spontaneamente, irrigidendo i muscoli e alzando il capo. La mia mente non capiva.

 

Di chi era quel buon profumo?

 

Di chiunque fosse stato, ora non era più qui. E da parecchie ore, inoltre.

 

Insieme a quello, un terzo profumo s'univa. Era più forte, e allo stesso tempo più invitante.

Un vago aleggiar dell'odore della ruggine era presente in quel profumo, insieme a del sale. Almeno credevo.

 

A poco a poco, i miei occhi s'abituarono a quel luogo scuro come la notte.

Era una cantina, o un magazzino. Semivuoto, conteneva solo il materasso, non avevo sbagliato, e un tavolo al centro della stanza. Su di esso v'era una brocca con del liquido color cremisi.

 

Rosso. Profumato. Invitante.

 

Istintivamente mi leccai le labbra, e mi sporsi in avanti con il busto.

Il profumo di quel liquido mi colpì nuovamente, ma non m'alzai come avevo intenzione di fare.

Un vago sapore acido mi colpì la gola, erodendomi la pelle corrosa da una sete dilaniante.

 

Come un flash. Come quei sogni talmente veloci che al mattino non rammenti nemmeno in parte.

Così era venuta e andata, una delle mie visioni.

 

Mi vedevo uscire con circospezione da quella che, ora ne avevo avuto la conferma, era una lurida cantina.

I piedi s'allineavano con una strana eppur affascinante eleganza, quasi da farmi apparire un'elfa o una fata.

Ero veramente bella, non v'era altro aggettivo adatto a definire come ero diventata.

I capelli neri, che avevo tenuti corti perchè non potevo tenerli diversamente in manicomio, ondeggiavano con rinnovata eleganza, mentre camminavo per gli stretti corridoi dell'edificio superiore alla cantina.

Un ospedale, forse. Il manicomio, probabile.

Svoltai l'angolo che mi permise di vedere l'uscita, e un sorriso, sincero, vivo, nacque sulle mie labbra.

Sorriso che si spense, appena uscii, quando alle mie narici giunse il profumo di quella meretrice.

Era all'angolo della strada, in attesa di clienti.

Il mostro in me si svegliò

e la visione, o incubo, terminò di colpo.

Per mia fortuna.

 

 

Rabbrividii, scattando all'indietro e premendo la schiena contro il muro alle mie spalle. Afferrai con un fremito le mie ginocchia, portando al petto le mie gambe sottili.

Scossi il capo, tremando come un'epilettica.

 

- No, no, per favore...- mugolai piano, come se fossi una bambina. Mi morsi il labbro, tremante.

- Basta con queste visioni... - replicai di nuovo, al buio della stanza.

 

Scossi il capo, in preda al panico, mentre il ricordo della visione, più simile ad un incubo, svaniva lentamente, corroso in modo irrimediabile dalla mia labile memoria, già danneggiata da quel qualcosa doloroso.

 

Strinsi forte le braccia, ma ciò non impedì ad una seconda visione di sfociare nella mia mente.

 

E nuovamente il flash tornò. Ma questa volta, il mio corpo rilassò all'istante i muscoli che avevo appena irrigidito.

Questa volta, il mio subconscio, sapeva che non si trattava di un incubo, bensì di un sogno.

 

 

Un ragazzo con i capelli biondi

stava seduto ad una panchina dinnanzi ad un college nuovo,

di fianco a una me molto meglio curata

di come ero in quell'istante.

Era veramente stupendo.

Bello da togliere il fiato, e quasi un essere divino.

-Ehi, Alice? - disse questi, divertito.

La io della visione scosse appena il capo,

lasciando che i capelli le solleticassero in modo infantile il volto.

- Si? - lo guardò,

con uno sguardo carico d'affetto ed amore inespresso.

Lui sogghignò.

- Ti amo. - annunciò dolce,

prima che il buio tornasse sui miei occhi.

 

 

 

E questa volta, ebbi la conferma che era un sogno. Questo perchè, come tutti i sogni, anche questo s'era interrotto all'improvviso.

Proprio sul più bello.

 

Mugolai appena, e in quell'istante parsi sicuramente più animale che umana.

 

Ma alla fin fine, cosa divideva la bestia dalla creatura umana?

 

Emisi un sospiro, mentre la risposta nasceva da sé.

 

"Gli esseri umani possiedono dei ricordi, ragazza. I ricordi, sai cosa sono?

Esatto, quelli che tu non hai. "

 

Quanto ero stata crudele, con quel pensiero. Come trafitta da un dardo, mi strinsi più alle ginocchia, nascondendo il volto tra le braccia.

 

Di me sapevo solo il mio nome.

E solo grazie all'ultima visione, tra l'altro.

 

 

Io ero Alice.

 

Ma... Alice e che altro?

 

 

Come potevo ancora anche soltanto sperare di considerarmi, ed esser considerata, un essere umano, se non avevo un cognome, un ricordo della mia famiglia, un motivo per esser in quella stupida cantina?

 

Iniziai a singhiozzare, mentre il mio corpo veniva scosso da tremiti via via più accentuati.

Iniziai a piangere, senza però versare nemmeno una lacrima.

 

Mi fermai all'istante, sfiorando la mia gote destra con le dita della mancina.

Una lieve, forse troppo, carezza non incontrò l'umidità delle lacrime che si era aspettata.

 

Ero incapace di piangere. E il mio cuore, presagì che tale condizione era per l'eternità.

 

I singhiozzi ripresero, in un crescendo drammatico di dolore inespresso.

Inspiravo ed espiravo con difficoltà, ma il profumo di quel liquido rosso nella brocca mi attirava con subdole promesse di beneficio.

 

Un respiro più profondo dei precedenti mi mostrò la mia nuova natura.

 

M'alzai, quasi come se qualcun altro muovesse le mie stanche membra, e mi chinai in posizione felina. Inspirai con soddisfazione l'aria stantia della stanza, prima di procedere verso il tavolo.

Le mie dita, solo ora notai quanto fossero bianche e delicate, ghermirono il bordo di legno di quel vecchio mobile. Poi la destra, abile predatrice, scattò ad afferrare il manico della brocca, e la portò alle mie labbra.

 

I miei occhi si soffermarono su quel liquido, mentre l'olfatto ne saggiava la fragranza.

 

E lo riconobbero come sangue.

 

Una parte, insignificante, del mio essere tentò di respingere quel contenitore pieno della bevanda cremisi. Ma l'altra parte, divenuta all'improvviso la predominante, accostò il bordo alle mie labbra.

 

E bevvi quella sostanza.

 

Sentii goccia dopo goccia cadere nella mia gola, ad inumidirmi le pareti interne corrose dall'acido. Mi gustai con piacere ogni infinitesima parte di quel liquido.

 

E quando esso finì, ne volli ancora.

 

Scagliai con furia ceca la brocca contro la parete opposta al tavolo, per poi cadere bocconi con ambo le mani contro la superficie di legno del mobile.

In preda ad una furia che non m'apparteneva, lasciai che un suono cupo e grottesco nascesse dal profondo del mio petto.

Un ringhio animale risuonò feroce nella stanza, mentre mi rialzavo.

Indietreggiai, lasciandomi cadere seduta sul materasso.

 

E riacquistai la me del passato. La me della seconda visione. La me del futuro.

 

Ripresi la testa tra le mani, mentre dischiudevo le labbra.

 

- Cosa sono ? -

Un mormorio che si perse, solitario e senza risposta, nel buio di quella stanza.

 

 

The end

   
 
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