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Autore: Mick St John    24/10/2011    1 recensioni
Mick sta lentamente riprendendo le forze dopo essere stato ferito nell'episodio precedente, il 18 (Death Symphony), ma il destino, oltre al suo corpo da vampiro, mette alla prova anche il suo cuore. Beth infatti ha troppi pensieri che la mettono in agitazione e capisce che qualcosa tra di loro sta cambiando.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Seconda Stagione di Moonlight in fanfic'
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18.

Mancavano pochi minuti al volo per Parigi che avrebbe portato Bastian in qualche luogo sicuro dell’Europa.
Io e Beth trovammo tutti i dati seguendo le indicazioni telefoniche di Logan e raggiungemmo il Gate grazie al lasciapassare che in qualità di investigatori potevamo ottenere.
Una volta all’imbarco, riconoscendolo dalla foto, identificai Sebastian.
Era seduto su una delle poltrone con la testa appoggiata stancamente sulla mano.
Davanti a lui c’erano altri due ragazzi e una ragazza, tutti molto giovani, tutti probabilmente vampiri. Ma lui sembrava non curarsi di loro e con sguardo annoiato guardava oltre la vetrata che affacciava sulla pista.
Ad un tratto uno dei due ragazzi dal volto a me noto, si girò nella nostra direzione e incrociò il mio sguardo.
Era Sam. A quanto vedevo stava per partire col suo sire. Riconoscendomi però, Sam iniziò ad agitarsi, mettendo in allarme anche Bastian, il quale, notando il suo sguardo smarrito, si voltò dalla nostra parte.
E dalla sua espressione fui quasi certo che mi conoscesse.
In quel momento, l’altoparlante annunciò l’imbarco e tutti i passeggeri si alzarono per mettersi in fila al controllo biglietti.
Bastian si alzò lentamente mentre gli altri ragazzi ci fissavano con attenzione senza fiatare, attendendo disposizioni dal loro leader. Il vampiro invece ci rivolse un irritante sorrisetto di sfida cui non potei fare a meno di replicare con una espressione di delusione.
Mi stava sfuggendo e non potevo fare nulla per fermarlo.
E lui, come se avesse letto i miei pensieri, muovendo appena le labbra, mi salutò con un sussurro che ero certo di non poter cogliere, ma che invece sentii direttamente riecheggiarmi in testa.
"Ci rivedremo presto..."
Questo bastò per farmi passare la voglia di intraprendere qualunque tentativo di impedirgli di salire su quell’aereo.
Sebastian si chinò a prendere il suo bagaglio a mano, imitato dai suoi giovani adepti e tornò a guardare la postazione dove la hostess controllava i biglietti dei passeggeri.
Non si voltò più verso di noi.
Deglutendo a vuoto, cercai lo sguardo di Beth ferma al mio fianco. Avevo gli occhi spalancati dallo stupore per quella inaspettata dimostrazione di potere psichico cui non ero affatto abituato.
Pensai addirittura di essermi lasciato suggestionare troppo dalla situazione, anche se ora ero certo del potere carismatico di Bastian.
Quando tutte e quattro le loro teste scomparvero nel tunnel che conduceva al loro aereo, Beth cercò di consolarmi con uno dei suoi sorrisi dolci.
"Non te la prendere... Vedrai che tornerà." Poi mi trascinò per il braccio verso l’uscita. Riprendemmo il corridoio principale pieno di negozi griffati e locali e Beth si fermò un istante davanti ad un bar.
"Ti prego, Mick, fammi prendere una camomilla, ne ho bisogno..."
Io annuii comprensivo e indicandole il tavolo mi avviai verso la cassa.
"Vado io...Tu aspettami seduta."
Beth si lasciò quasi cadere su una delle sedie, un po’ sconsolata. Aveva le gambe che le tremavano dalla tensione. Erano due giorni che i suoi nervi venivano messi a dura prova e quando tornai al tavolo, porgendole la tazza di camomilla, non esitò ad aprirmi il suo cuore. Mi accomodai accanto a lei, confuso anche io da quanto avevamo vissuto nelle ultime ore. Avrei tanto voluto sapere cosa dirle.
Beth sorseggiò e poi mi spiegò prendendomi la mano.
"Mick... quello sguardo e quel sorriso mi hanno fatto tremare da capo a piedi! Hai visto che faccia indisponente?" Ma mentre pronunciava quelle parole l’ennesimo trauma della giornata le spalancò la bocca di colpo e puntò l’indice verso la piccola tv del locale, soffocando un grido.
"Mick!"
Seguendo il dito, osservai lo schermo, incapace ormai di stupirmi più di tanto.
C'era Josef in primo piano. Era di nuovo accigliato e da quanto capivo dalle immagini stava minacciando senza mezzi termini il cameraman che lo inquadrava a tutto campo.
"IAN, fai sparire questi dannati giornalisti ficcanaso dai miei occhi prima che li mandi sulla luna a calci nel cu...BIIIP"
"Lo hanno censurato... Hanno censurato Josef!" Esclamò Beth sconvolta.
"A quanto pare si è ripreso. Quello è il Josef Kostan che conosco bene!"
Il tono che avevo era meno allarmato di quanto lei pensasse.
Beth, ancora a bocca aperta, si alzò per avvicinarsi e capire qualcosa di più del contenuto del servizio.
Io riuscivo a sentirlo bene anche dal tavolo, ma decisi di andarle dietro.

“LE KOSTAN INDUSTRIES sono una delle più potenti aziende di Los Angeles. Ma quest’uomo di cui potete vedere la foto ora sullo schermo, da alcune ore si è barricato al ventesimo piano di questo edificio che vedete alle mie spalle, al cui interno lavorano più di 200 dipendenti del famoso imprenditore Josef Kostan.
Duke Collins, questo il nome del sequestratore, ha un figlio di 33 anni, Mark, accusato di avere ucciso durante una rapina l’ufficiale di polizia Ken Wingate, nel maggio del 2000. Mark si trova ora nel braccio della morte e sarà giustiziato domani mattina all'alba.
Collins ha minacciato di farsi saltare in aria se l’ordine della sentenza non sarà annullato entro questo pomeriggio.
Le autorità di L. A. sono tutte in allerta e temono un insano gesto da parte del sequestratore.
Seguiremo in diretta tutto lo svolgimento della vicenda... Restate con noi."


Beth, avvertì la mia presenza dietro di sé e mi lanciò uno sguardo provato.
"E adesso?"
"Beh almeno, pare che Josef si sia ripreso. Andiamo a dare un‘occhiata..."
Capitolai, tornando verso il tavolo per recuperare la sua camomilla.
"Ma prima finisci questa, ne hai bisogno."


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19.

Appena raggiunta l’entrata del palazzo delle Kostan Industries, trovammo il tenente Davis e il viceprocuratore Talbot discutere animosamente.
Io e Beth ci avvicinammo per chiedere notizie di Josef e l’aggiornamento di quanto avevamo sentito alla tv.
Ben, vedendoci arrivare insieme, sembrò piacevolmente sorpreso, nonostante la tensione della situazione.
"Beth, Mick... sono felice di vedervi. Parlate con il signor Kostan e cercate di calmarlo! Sta dando spettacolo e non riesco a tenerlo lontano dai giornalisti!"
Io annuii in modo deciso e Beth si affrettò a precisare.
"Tu però dicci che succede, perché stavate discutendo tu e Carl?"
"Davis mi ha spiegato che Mark, il figlio del sequestratore, è anche il fidanzato della segretaria del signor Kostan. Lei ora è in quell’ambulanza. Sembra decisamente sotto shock... Lui li conosce entrambi, sono stati molto amici.
Dopo la rapina, Mark ha confessato di avere sparato per paura e per questo si sperava in una condanna all‘ergastolo. Invece il discorso si è complicato perché c‘è un‘accusa di una vera e propria esecuzione, che pesa sulla testa del ragazzo. Wingate era un ufficiale di polizia, bianco, 45 anni, con 2 figli. La pistola con cui gli hanno sparato era indubbiamente intestata a Collins, e Wingate era uno dei migliori agenti impegnati nel recupero e nel controllo di una banda di ragazzi sbandati.
Il pubblico ministero ha sostenuto l‘accusa dicendo che Collins avrebbe premeditato l‘omicidio dell‘agente e lo abbia freddato senza alcuna pietà, scaricandogli addosso l‘intero caricatore. Carl sostiene che Mark abbia avuto un complice, il vero omicida, mai identificato e che col suo silenzio lo stia volontariamente coprendo. Questo gli costerà la vita, dato che la sentenza è stata di condanna a morte per omicidio colposo, aggravato dalla premeditazione. Sapete quanto la legge sia severa quando c’è di mezzo un discorso razziale e per di più la vita di un agente di alto grado, fortemente impegnato nel sociale...
La sentenza di Mark sarà eseguita domani mattina.... Suo padre è incensurato, Carl ha garantito che è un brav’uomo, è solo l’amore paterno a spingerlo in questa pericolosa avventura. Ora sta tentando l’ultima carta che può giocarsi."
Ben fissò intensamente Beth, poi me.
"Dove si trova in questo momento?" Domandai allora pensando che avrei potuto raggiungerlo e disarmarlo senza troppi problemi evitando un’invasione del reparto speciale.
"Nel CAVEAU!" Urlò Josef alle mie spalle. Era stravolto.
"Torno a lavoro e mi ritrovo questo pandemonio! Il mio palazzo... l’ho appena ristrutturato e quel bastardo vuole farlo esplodere!"
"Ti preoccupi del palazzo quando ci sono 40 persone che rischiano la vita?"
Lo rimproverai e lui alzò gli occhi al cielo.
"Mi preoccupo anche del palazzo! A quello, penso solo io..."
"Non accadrà nulla di troppo grave al palazzo, se Collins dovesse farsi esplodere nel bunker..." Precisò Talbot.
"Ma lei dovrà dire addio a tutto il suo contenuto."
Questo rendeva perfettamente chiaro quanto i documenti che Josef riponesse abitualmente nel caveau dovessero essere importanti per la sua azienda.
"Sistemeremo tutto, Josef... " Tentai di rassicurarlo.
"Ma come ci è finito Collins nel tuo caveau?"
Josef alzò lo sguardo verso Talbot senza rispondermi e domandò a sua volta.
"Dov’è Lara?"
Ben ricambiò lo sguardo di Josef cercando di dimostrarsi il più comprensivo possibile, ma non rispose. E Josef mi spiegò.
"E‘ stata colpa mia, maledizione! Ho dato a Lara il codice per farle mettere al sicuro dei documenti importanti! Ma quando sono uscito di corsa ieri, mi sono dimenticato di cambiarlo! Voglio vedere Lara, mi hanno detto che è uscita, dov’è?" Josef aveva lo sguardo troppo lucido perché non lo notassi.
"Probabilmente Lara è stata costretta a rivelarglielo." Spiegò Ben glissando di nuovo la domanda, ma da quello che gli aveva spiegato Carl era più probabile che lei glielo avesse fornito spontaneamente. O peggio ancora, come io e Josef, stavamo ipotizzando anche senza dirlo in maniera esplicita, probabilmente era stata proprio Lara a cogliere l’occasione propizia.
Il suo datore di lavoro si era fidato ciecamente di lei, le aveva lasciato il codice della stanza blindata e il giorno dopo non si era presentato in ufficio. Era praticamente un invito a prendere possesso del palazzo. E magari Lara si era lasciata convincere da Duke a mettere a punto il piano estremo del sequestro di un grattacielo a Down Town.
Ero quasi certo che fossero complici, mossi entrambi dalla disperazione.
"Josef, perché ho la sensazione che devi ancora dirmi la cosa peggiore di tutta questa storia?"
Josef mi fissò ancora più accigliato e sbuffò.
"Il codice è controllato da un sistema di sicurezza avanzatissimo. Si può isolare dall‘interno. In poche parole lo avrà bloccato dall‘interno e se non lo sblocca lui, nessuno riuscirà ad entrare a meno che non decida di usare un bazooka e anche in quel caso non so se riuscirebbe facilmente a sfondare."
"Ah... perfetto." Commentai con rassegnazione.
"Io mando su gli Swat. Col bazooka." Annunciò allora Talbot, piuttosto risoluto.
"Non abbiamo alternative e sono rimaste 40 persone lì dentro. Tutte sul piano del caveau!"
"Aspetta! Fai salire me... Voglio fare un tentativo." Esclamai concentrando lo sguardo di tutti su di me.
"Non serve, Mick, abbiamo già mandato su il negoziatore, ma non c‘è stato verso di farlo tornare in sè."
In quel momento Beth si avvicinò a Ben e con la sua nota risoluzione tentò di convincerlo.
"Andiamo Ben, lascia che Mick faccia l‘ultimo tentativo... Sbaglio o hai ancora qualcosa da farti perdonare da me?"
Talbot, messo alle strette, si morse un labbro, consapevole di non saper dire di no alla sua socia dagli occhi azzurri e tornò a guardare me.
"Hai un quarto d‘ora, St. John, non un minuto di più. Se non ti vedo uscire tra un quarto d‘ora, ti vengo a prendere con loro! Tutto chiaro?"
Alzai le sopracciglia stupito di quanta fiducia riponesse in me. Un quarto d’ora non sarebbe stato sufficiente nemmeno per arrivare al piano del caveau, considerando i tempi umani. Ma io potevo muovermi ad una certa velocità.
Prima di avviarmi però, ringraziai Beth con un sorriso e uno sguardo carico di sentimento.
"Grazie per l‘aiuto, Ben non sa proprio dirti di no... Peggio di me."
"Mick... non ringraziarmi e pensa solo a riportare qui la tua magnifica persona tutta intera."
Ridendo spostai lo sguardo sulle sue labbra. Avevo voglia di baciarla ma c’era troppa gente e noi avevamo ancora il nostro patto da rispettare.
"Okay allora... mentre sono su, tu tieni d‘occhio Josef. Cerca Lara con uno sguardo decisamente preoccupante... Non vorrei pensasse di vendicarsi a modo suo...hai capito cosa intendo. "

Beth approfittò del fatto che tutta la stampa avesse deciso di seguire me e si avvicinò a Josef come mi aveva promesso.
A dire il vero non sapeva bene cosa dire, aveva ancora in testa l’orribile scena della lotta fra lui e me e così si limitò a prendergli una mano.
Era un gesto abbastanza affettuoso, loro due non erano così intimi, ma lei pensò che forse in quel momento anche Josef aveva bisogno di affetto.
Il vampiro si voltò a guardarla sorpreso da quel gesto e disorientato, senza sapere bene cosa fare.
Lei gli sorrise e cercò le parole giuste.
"Mick sistemerà ogni cosa Josef, non credo che ci sia bisogno che tu mortifichi oltremodo quella poverina...Io e te lo sappiamo meglio di chiunque altro, quando si è innamorati si fanno tantissime sciocchezze!Tu con la tua Bella Addormentata...io che me ne vado senza un vero motivo e lascio qui Mick tutto solo...l’amore rende pazzi"
Josef la guardò incupito.
"Per amore non si tradisce la fiducia che gli altri ripongono in te, Beth...e ad ogni modo io pretendo una spiegazione è mio diritto! Come datore di lavoro e come persona. Non mi succede spesso di fidarmi così dei miei dipendenti e come vedi ho ragione a comportarmi come mi comporto!"
Beth lo trattenne stringendogli la mano ancora più forte.
"Josef...però, per favore...promettimi che quell’umana non pagherà un prezzo troppo alto...sta già soffrendo troppo.”
Non a caso aveva usato la parola umana, sapeva che alla fine per Josef quella ragazza era semplicemente quello. Una umana come lei.
"Non macchiarti di sangue inutilmente."
Josef guardò nei suoi occhi azzurri pensando che Beth fosse la persona più strana che avesse mai conosciuto.
Sapeva come trattare con lui, con quelle semplici parole gli aveva sussurrato in realtà
So che uccidi...non mi importa, ti accetto per come sei...ma fallo almeno per cose per cui valga davvero la pena uccidere!
Lui le sorrise
"Sai, signorina Turner? Sei l’umana più vampirefriendly che io conosca!"Le disse lasciandole la mano. "Ok, ti prometto che non la ucciderò. Mi limiterò a minacciarla, va bene?" Chiese, cercando il suo appoggio e Beth sorrise comprensiva.
"Va bene, ma vengo con te. Ho imparato che è sempre meglio tenere d'occhio un vampiro!"
Josef in effetti impiegò molto poco a trovare Lara tra la folla di agenti e soccorritori, e quando la raggiunse, lei scoppiò in lacrime, cercando di impietosirlo.
"Mi perdoni... mi perdoni Signor Kostan, ma io amo Mark. Non voglio che muoia... Ero pronta a fare qualunque cosa per salvarlo. Forse non servirà ma almeno ci avrò provato. Mark è innocente..."
Sentendo quelle parole Josef si adombrò ancora di più.
"Dimmi una cosa, prima che mi venga l’istinto di ucciderti... Tu e suo padre siete gli unici a ritenere che non sia stato lui a sparare, ma ha anche confessato. Cosa ti fa credere che sia innocente con tanta convinzione?"
Lara si guardò le mani bagnate di lacrime e cercò di coprirsi il viso contratto dai singhiozzi.
Per qualche secondo non riuscì a parlare. Poi tra i singulti gli confessò la verità. Per la prima volta dopo 8 anni.
"Io merito di morire, non ho paura. Perché l‘ho ucciso io... Sono stata io a sparare a quell‘agente..." Fu costretta a fermarsi per soffocare l’ennesima crisi di pianto.
"Sa cosa significa... Mr Kostan... Sapere che la persona che ama sta scontando le sue colpe? Sa quanta pena, straziante, deve sopportare una come me... che per sbaglio e per paura, ha premuto quel grilletto non una, ma 5 volte! Avevo paura che ci sparasse... L‘idea della rapina era di Mark e lui si sentiva responsabile per me... ma la colpa è sempre stata solo mia! Dovrei essere lì, in carcere al posto suo... Dovrei morire, al posto suo! Invece avrò per sempre il rimorso di avere lasciato che la persona che amo di più al mondo soffrisse per me, morisse... per me. Non ho saputo resistere alla tentazione di provare a salvarlo. Immagino che non possa perdonarmi, ma le chiedo almeno di capire un po‘... quanto può essere insopportabile il mio dolore...
Ho creduto davvero, grazie a lei, di essere riuscita a cambiare vita. Non avrei mai voluto tradire la fiducia che aveva riposto in me, ma non ho avuto scelta... E ho pensato che il destino avesse voluto darmi un’occasione di rimediare al mio tragico sbaglio! E’ stato terribile, ma forse un giorno lei comprenderà..."

Beth aveva assistito in silenzio a quella confessione, a quello sfogo terribilmente struggente. E provava una profonda pena per Lara. Sapeva anche che le sue parole avevano toccato Josef nel punto più morbido del suo cuore. Perché anche Josef aveva un rimorso che lo consumava senza dargli pace.
Lara allora afferrò la borsa e tirò fuori una fotografia dal portafogli, per mostrarla ad entrambi.
"Guardate... guardate come eravamo felici... Mark è in primo piano con la maglietta bianca e il cappellino..."
Josef prese la foto dalle sue mani tremanti per dare uno sguardo distratto e poi la passò a Beth che al contrario la guardò con più attenzione.
Nella foto c’era anche Carl.
"Forse non è tutta colpa del destino... Molto dipende da noi." Sentenziò Lara tirando su col naso.
"Ho rovinato anche la vita di Duke. Ora sono pronta a pagare per i miei errori. "


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20.

Talbot si preoccupò di farmi raggiungere l’ingresso, mentre la folla urlante invadeva le strade circostanti con cartelli e striscioni contro la pena di morte e i giornalisti si affrettavano ad intervistare i più fomentati. Ben urlò contro di loro chiedendo di liberare la strada e permettere ai soccorsi e alle autorità di intervenire con maggiore velocità, poi si premurò di avvertirmi un’ultima volta.
"Tieni d‘occhio l‘orologio..." Io gli risposi con un gesto d’assenso e mi voltai per entrare.
Salii fino al piano del caveau, uno dei più alti del palazzo delle Kostan Industries e liberai tutte le persone che erano ancora legate o chiuse nei loro uffici. Ma alcune di loro mi spiegarono allarmate che Duke aveva portato con sé nel caveau altre due persone.
Quando mi ritrovai fuori dalla pesantissima porta d’acciaio della camera blindata, chiamai il sequestratore a gran voce.
Avevo i minuti contati e il mio cervello stava lavorando per cercare delle argomentazioni convincenti per far desistere quel padre così provato emotivamente da lanciarsi in quell’impresa disperata.
"DUKE COLLINS, VENGA FUORI, LA PREGO, DEVO PARLARLE!"
"LEI CHI é E COSA VUOLE?UN ALTRO NEGOZIATORE? SE NE VADA!NON SPRECHI ALTRO FIATO!"

Mi avvicinai ancora di più alla porta e cominciai ad impostare il mio discorso.
Speravo di poter toccare le corde giuste per convincere Collins ad arrendersi, perché non solo non avrebbe ottenuto nulla, ma stava rischiando di peggiorare tutto se avesse disgraziatamente pensato di ricorrere all‘esplosione.
"Mi chiamo Mick St. John, voglio solo parlare, Mr Collins... "
"E io ho solo una cosa da dirle! E l’ho detta già mille volte! Mio figlio Mark è INNOCENTE!"
"Senta... Parliamo di lei, Mr Collins. Io credo che lei sia un bravo cittadino, terribilmente sconvolto per quello che è accaduto a suo figlio... Capisco benissimo il suo stato d'animo, anche se solo chi si trova nella sua situazione può comprendere veramente il suo dolore. Ma si è affacciato? Ha visto che lì fuori c'è molta gente che crede in lei? E’tutta brava gente che è contro la pena di morte, che la sostiene nei suoi valori! Se lei andrà fino in fondo nel suo intento, se continuerà a minacciare di compiere questo atto assurdo, la tradirà tutta! Capisce che non è possibile scarcerare suo figlio in questo modo? E' sbagliato! Lei deve comprendere che il governo non può cedere ai suoi ricatti, o dovrebbe farlo in qualunque caso si presentasse un familiare disposto a tutto, come lei... "
"Io so soltanto che mio figlio è innocente e non cederò! Lei ha figli, Signor St. John?"
"Purtroppo no...ma posso immaginare cosa stia provando..."
"No, si sbaglia, non può capire quanto un padre preferisca morire piuttosto che sopportare di seppellire il proprio figlio! Mi creda... non posso fermarmi! A costo di far saltare in aria tutto!"
"Ma se fa una cosa del genere, comunque non salverà suo figlio! La prego, mi lasci dire una cosa... Non sono padre, è vero, ma sono un figlio che ha amato profondamente i suoi genitori e ha capito forse troppo tardi quanto gli abbiano dato!
Sono sicuro che lei, come mio padre, abbia insegnato a suo figlio il valore della vita umana e che lo abbia educato ai principi civili come era suo dovere. Ed è proprio per questo che è convinto della sua innocenza..."

Mentre parlavo, Duke mi ascoltava in silenzio e questo aumentò la mia determinazione.
"Perchè lei non può accettare l’idea che il suo Mark sia venuto meno a ciò che gli ha insegnato, vero? Ecco perchè lei crede che sia innocente..."
"Nemmeno lei mi crede...Lui NON è colpevole! Non è stato lui! IO lo so!"
"Ascolti...Io non posso sapere con certezza se suo figlio sia innocente o meno. Non ero lì per vederlo con i miei occhi se ha sparato o no a quell’agente né posso sapere se lo ha fatto per paura o per vendetta!"

Replicai alzando la voce.
"Ma sono sicuro che LEI è innocente, Signor Collins, esattamente come quelle persone che sono lì dentro con lei!
Se lei ora si fa saltare in aria, condannerà a morte tante persone innocenti, compreso sè stesso.
Comunque vadano le cose, signor Collins, sono sicuro che lei è in buona fede... perciò, la prego, non si sporchi le mani del sangue di queste persone... Se lo farà, dimostrerà soltanto che la sua famiglia non ha rispetto della vita altrui e getterà ancora di più nel fango la reputazione di suo figlio. Chi potrebbe credere che il figlio di un assassino suicida non sia un potenziale assassino?
Ha già dimostrato a tutto il mondo la sua disperazione e la sua determinazione... E tutti comprendono con commozione il suo dolore, partecipano del suo dramma, ma sanno anche che se lei è una persona di cuore, ora si fermerà prima di diventare un boia a sua volta. Perciò ora apra questa porta, Mr Collins... Pensi a Lara, che si è compromessa seriamente, coprendola in questo suo folle proposito... pensi all'esempio negativo che le sta dando! E soprattutto, lo faccia per suo figlio, perchè Mark sappia che almeno lei ha sempre fatto la cosa giusta e ha avuto il coraggio di essere una persona migliore!"

Passò ancora qualche secondo di silenzio, mentre scorreva inesorabilmente il conto alla rovescia.
Il tempo a mia disposizione stava ormai per scadere ed ero sicuro che Talbot scalpitasse per far entrare in azione il reparto speciale.
Ma improvvisamente avvertii il bip di disinnesco del codice. E Duke Collins comparve sulla soglia del bunker, dietro la pesantissima porta d'acciaio. Aveva gli occhi inondati di lacrime.
Accanto a lui c'erano i dipendenti sequestrati che si stavano ancora liberando delle corde con cui li aveva legati.
Duke lasciò cadere la pistola e notai che addosso aveva due candelotti di dinamite, infilati nella cintura.
Lo accompagnai fino all’uscita e, scorgendo le nostre sagome e quelle dei sequestrati, Carl si avvicinò con alcuni agenti per assicurarsi che quella follia fosse finita.
"Duke... Grazie a Dio hai capito che era la cosa migliore da fare." Esclamò con un sospiro di liberazione.
Io invece raggiunsi Talbot che mi guardava avanzare dalla sua parte con lo sguardo serissimo e le braccia incrociate sul petto.
"Non voglio sapere come ci sei riuscito, non mi interessa! Lo ammetto, provo una profonda invidia nei tuoi confronti quando mi rivolgi quello sguardo trionfante... Se vuoi che ti ringrazi, grazie! Ora sparisci...come tutti i bravi supereroi!"
Non so perché ma quella cinica battuta mi fece sorridere e annuire divertito.
"Dov‘è Beth?" Chiesi invece.
"Ancora con Josef e Lara..."
"Perfetto, volevo giusto parlare con te a quattr'occhi. Ho bisogno di un favore e credo che tu sia la persona più adatta a cui chiederlo."
Ben allargò le braccia assottigliando lo sguardo, ammutolito dalla sorpresa. Senza aspettare che mi chiedesse informazioni, cominciai a spiegargli brevemente cosa mi passasse per la testa.
"Domani ci sarà l’udienza di Tony Romeo, l’avvocato Walker chiederà l‘uscita su cauzione e se Tony la dovesse ottenere, Beth vorrà tornare da lui per fargli alcune domande."
"Come lo sai? Te lo ha detto lei?"
Domandò, interrompendomi.
"Non me lo ha detto, ma lo so. Pensi che non la conosca abbastanza bene? Solo che non vorrà essere accompagnata da me, vuole andarci da sola. E io invece voglio che la accompagni tu!" Lo indicai puntando il dito verso di lui.
Ben mi guardò per qualche secondo in modo scettico. Poi si guardò intorno per assicurarsi che Beth fosse ancora lontana e con un profondo respiro tornò a sostenere il mio sguardo.
"Ok St. John.. se sei venuto a chiedere aiuto a me devi essere davvero disperato. E io ti aiuterò. Farò tutto quello che mi chiederai, perchè non voglio che accada nulla a Beth. "
Rimasi sorpreso da quella risposta. Speravo che mi aiutasse, ma non pensavo che avrebbe accettato subito e con tanta sicurezza e accondiscendenza.
La cosa non mi rassicurava molto.
Forse era l'occasione che da tempo stava aspettando.
"Ma voglio sapere perché. Perché proprio io?"
"Perché so che Beth si fida di te."
"Ah davvero? E tu, Mick?Tu ti fidi di me, talmente tanto, da affidarmi il compito di proteggere la tua ragazza al tuo posto?"

Dal tono con cui aveva chiesto, mi sembrava che si aspettasse una risposta del tutto negativa e sincera. Ma io ci pensai su per qualche istante prima di rispondere. Voleva sincerità e io gliela avrei data.
"Sì. Sì, mi fido di te, Ben. Anche se sembra incredibile a tutti e due..." Aggiunsi.
Odiavo l'idea di non poter proteggere Beth come volevo io. Ero sicuro che nessuno potesse farlo meglio di me.
Ma in quel momento volevo che mi sapesse al sicuro e l‘idea che avessi contatti con quella famiglia, la agitava troppo.

  
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