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Autore: JoAngel    24/10/2011    2 recensioni
Una normale ragazza viene a scoprire fatti sui suoi antenati molto strani, e la sete di vendetta di un demone si consumerà. Riusciranno i Winchester aiutati dai loro due angeli, Castiel e Balthazar, a salvarla?
Genere: Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Capitolo 1.

Aveva lo sguardo rivolto verso il cielo.
Fece un sospiro abbattuto vedendo che il tempo stava cambiando.
Maledette nuvole …
Voltò pagina e tornò con gli occhi sul libro.
Era annoiata.
Quel pomeriggio era più monotono degli altri.
Sbuffò, prese il segnalibro che aveva posto sul comodino, lo infilò tra le due pagine e chiuse il romanzo.
Si alzò dal letto e mise si avvicinò alla libreria.
La squadrò con lo sguardo: era davvero piena di libri, di tutti i tipi, dai romanzi gialli a tomi di tutti i generi.
Posò quello che aveva in mano al suo posto e si spostò in salotto; da esso raggiunse la cucina.
Prese un bicchiere dal mobiletto sopra al lavabo, lo riempì d’acqua del rubinetto e la sorseggiò, osservando i primi sintomi di una pioggia in arrivo.
Doveva riportare quel libro, che aveva messo sul primo ripiano del mobile vicino al caminetto in salotto, in biblioteca.
Era ormai da due mesi che lo aveva con sé, e non voleva prendersi rimproveri dal bibliotecario.
Anche se il tempo andava contro di lei, decise di fare un salto in biblioteca.
Posò il bicchiere nel lavandino, si stiracchiò emettendo un lieve gemito e andò in salotto.
Si mise il giaccone di pelle, scrollando le spalle, poi si infilò gli anfibi neri.
Si avvicinò al mobile accanto al caminetto e prese il libro.
Era bello spesso. Aveva una copertina marrone, con il titolo in dorato in centro. Era semplice. Le era molto piaciuto: narrava storie di donne che avevano passato momenti difficili, ma che poi si erano fatte forze e avevano ripreso in mano la loro vita.
Socchiuse gli occhi, riducendoli a due fessure, e poi prese le chiavi dell’auto, che erano riposte sulla mensola del caminetto.
Andò alla porta ed uscì, la chiuse a chiave e si diresse all’auto.
Entrò nella vettura, si allacciò la cintura e mise in moto.
Fece manovra ed uscì dal vialetto, iniziando a guidare verso la biblioteca.
Dopo alcuni minuti di strada asfaltata, curve e rotonde, semafori e strisce pedonali, arrivò alla meta.
Parcheggiò l’auto lì vicino, accanto al marciapiede, scese e si stiracchiò, rintanandosi per bene nel giaccone.
Sospirò, stringendo il libro al petto, e si avviò verso la porta della biblioteca.
La aprì, ed entrò. Si guardò intorno: anche se era aperta, non c’era quasi nessuno, se non una studentessa seduta ad un tavolo appartato, e un signore sulla quarantina che dava un occhiata al reparto dedicato ai libri scientifici.
Storse la bocca in una piccola smorfia e andò al bancone.
Non c’era nessuno.
Sospirò stizzita e posò il libro sulla superficie di legno.
Aspettò alcuni minuti ma non arrivò anima viva.
Sbuffò fortemente e decise che non avrebbe più riportato i libri se quello era il risultato.
Lasciò il romanzo lì dove l’aveva messo, e optò per andare a farsi un giro per le librerie.
Aveva il naso rivolto al soffitto, e gli occhi osservatori.
Prese due o tre libri e si appartò ad un tavolino, vicino alla finestra.
Un libro, tra i tre, non aveva titolo sulla copertina, e questo la incuriosiva. Non lo aveva aperto per vedere come fossero dentro, cosa che faceva di solito.
Iniziò a sfogliarlo, con lo sguardo fisso sulle sue pagine.
Ciò non le fece neanche notare che la studentessa si fosse alzata e uscita con fretta dalla biblioteca, e il signore come lei.
Neanche il rumore di alcuni passi le fecero distogliere l’attenzione dal libro.
Per caso, si trovò con gli occhi puntati su una immagine, disegnata in modo molto tenue, perché quel libro era molto vecchio. L’immagine ritraeva una donna stesa a terra, in una pozza di sangue. Il libro e l’immagine stessa risalivo alla prima metà dell’Ottocento.
Spostò lo sguardo dall’immagine alla didascalia. Essa diceva che la donna era una contadina, sparita nel nulla in una notte autunnale. La didascalia era in francese, come lo erano anche i testi dal libro riportati.
Si morse il labbro inferiore, ed iniziò a leggere la pagina accanto a quella dell’immagine.
Raccontava la storia della famiglia della giovane.
I suoi occhi si spalancarono quando lesse un cognome: Crane.
Aggrottò la fronte e continuò a leggere.
Questa contadina, di origini inglesi, aveva una fattoria in Francia, in un piccolo villaggio.
Una sera uscì di casa, una sera scura, e l’ultima persona che l’aveva vista era stata suo marito, Claudio, un pover uomo che aveva dedicato tutta la vita alla sua fattoria. Non avevano figli, lei non ne poté avere.
Quando il marito seppe della scomparsa dell’amata, si uccise.
Dio che storia triste …
Ma il suo pensiero principale era rivolto a quel cognome, Crane.
Possibile che … ?
Fece un sospiro e tenne il libro aperto a quella pagina.
Si alzò dal tavolino, e prese a cercare il libro nel quale fosse riportato l’albero genealogico di quel cognome.
Quella biblioteca era ben assortita, quindi sapeva che poteva trovare ogni singolo libro avesse voluto cercare.
Trovato , tornò al suo posto e lo aprì.
Si diresse alla pagina dove il nome della donna, Elizabeth Crane, spuntava e iniziò a percorrere tutta la storia della sua famiglia.
Ma figli non ne ha avuti, come poteva aver mandato avanti la discendenza?
Si passò una mano sul viso, sospirando.
Ticchettò le unghie sul tavolo, continuando a sospirare.
E se …
Riprese il primo libro, e riprese a leggere la storia della donna.
Ecco.
Voci dicevano che la donna un figlio lo ebbe.
Una bambina. Ethel.
Ma essa non fu mai trovata. Alcuni dissero che morì durante il parto, altri invece dissero che la stessa Elizabeth la uccise, perché la piccola era frutto di una relazione con un altro uomo, e non di Claudio. Altri dicevano che la bambina era un demonio, era figlia del Diavolo, e che quindi la donna non ebbe altra scelta che liberarsene in qualche modo.
Poggiò i gomiti sul tavolo, e mise la testa tra le mani, facendo un altro sospiro.
Aveva ancora lo sguardo sulla pagina.
Voleva sapere di più sui suoi antenati.
Si. Crane era il suo cognome.
I suoi genitori adottivi le avevano detto che i suoi veri genitori erano morti in uno strano incidente stradale. Il corpo del padre, Robert Crane, era stato ritrovato fuori dalla vettura, con il torace aperto in due e gli organi interni inceneriti. La madre invece dentro l’auto, sul sedile posteriore, sgozzata e le mani tagliate.
I poliziotti avevano archiviato il caso da anni ormai come un omicidio di un malato di mente.
Ma non tutti erano d’accordo su ciò. Soprattutto lei.
Rabbrividì nel giaccone, e strinse le spalle.
Deglutì a vuoto e si poggiò allo schienale della sedia, portando lo sguardo sulla la finestra.
Pioveva.
Avrebbe voluto accendersi una sigaretta, ma non poteva in quel luogo.
Chiuse gli occhi.
Tenne le labbra socchiuse.
Respirò freddo.
Aprì gli occhi di colpo, e vicino a sé si ritrovò un vecchietto, i capelli grigi, stempiato, un naso arcuato, gli occhiali da vista, le ciglia folte.
“Ehm … sì?”. Il suo sguardo si porse sugli occhi dell’uomo
“L’ho disturbata signorina? Non volevo.”.
“No … non mi ha disturbata, si figuri.”. Cercò di essere il più gentile possibile. Aveva sempre rispettato le persone più anziane di lei.
“Oh meno male.”. Fece un sorriso, rugoso, e spostò lo sguardo sui due libri aperti in bella vista. “Cosa stava leggendo?”.
“Ehm … nulla di interessante, cose …”. Chiuse i due libri lentamente, sorridendo fintamente. “ … cose futili”.
“Nulla è futile. Se fosse così non verrebbe letto.”.
Lei si morse il labbro nervosamente.
Chi era quel vecchio? Che voleva da lei?
“Allora? Mmm … un libro senza titolo. Che scelta strana”. Prese il libro e lo girò tra le mani, studiandolo.
“Ehm .. mi scusi, non voglio essere sgarbata, ma vorrei tornare a leggere tranquillamente.”.
Sentiva una strana sensazione.
Quella soffiata fredda di prima non le piacque. La temperatura non era così bassa per far sì che ciò fosse possibile.
“Le do fastidio?”. L’uomo puntò gli occhi sui suoi.
Lei deglutì a vuoto.
“Ora dovrei andare.”. E con ciò, si alzò in fretta, prese l’altro libro sul tavolo, che poco prima aveva chiuso, e fece per allontanarsi.
Ma il vecchio la fermò, poggiando il libro che aveva in mano sul tavolo.
“Non è ancora l’ora di scappare via, Lys.”.
Sentendosi richiamare, guardò l’uomo con un espressione preoccupata.
“Come fa a sapere il mio nome?”.
“So molte cose di te, cara Lys. So anche ciò che tu sei.”. Fece un sorriso maligno, mentre la fisonomia del suo viso cambiava, così come il corpo.
La ragazza trattenne il fiato, deglutendo a vuoto.
Si trovò davanti un uomo alto, biondo, massiccio, che la guardava con sguardo interessato. I suoi occhi erano come ghiaccio.
La prese per un polso, così da avvicinarla a sé, e la guardò intensamente negli occhi.
“C … chi diavolo sei tu?”. Fu l’unica cosa che riuscì a dire, paralizzata dalla paura.
“Ssssh ….”. Le posò un dita sulle labbra, per azzittirla.
Portò una mano dietro la sua nuca, percorrendo prima il suo collo.
“ Expergefactus dulcis daemon dormiebat.”.
Le sussurrò quelle parole sulla fronte, con un filo di voce.
Poi una luce, accecante.
Cosa …?

Buio.
Aprì lentamente gli occhi.
“Lyyyys …”.
Una voce acuta attirò la sua attenzione.
Si mise subito seduta.
Era su una lastra di pietra. Si trovava su una lastra tombale.
Intorno a lei era quasi tutto buio, se non per una fioca luce scaturita da una fiamma di una candela.
Lo sguardo di lei si posò su una figura minuta.
Sentì dei passi, e poi davanti ai suoi occhi apparve un viso.
Era una bambina.
Aveva due occhi verdi, chiari, grandi. I capelli castani, boccoluti e candidi, che le ricadevano sulle spalle, esili, come il resto del corpo. Le guance erano l’unica parte del suo corpo di colore vivo. Il resto era bianco come la neve.
Indossava un vestito bianco, come quelli che portavano le bambine secoli orsono. I piedi scalzi.
“D’ora in poi giocheremo insieme, vero?”.
Un sorriso. Quel sorriso le ghiacciò il sangue nelle vene.
“Staremo sempre insieme … Lys …”.
La fiamma della candela … si spense all’istante.

 

  
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