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Autore: valetrinity89    26/10/2011    6 recensioni
Uno dei principi indefinibili della matematica è lo spazio. Nello spazio può presentarsi un numero infinito di rette che hanno un'infinità di direzioni. Loro due erano come due linee rette che, ognuna nella propria direzione, si erano accidentalmente scontrate in un solo ed unico punto, per poi divergere una dall'altra e proseguire il proprio cammino.
Soltanto uno.
Un unico punto. Un unico momento. Un unico lasso di tempo.
[ Chap. 3 ]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Jackson Rathbone, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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chap 4

Ecco il penultimo capitolo! L'ultimo lo posterò domenica, quando forse sarò troppo traumatizzata , dato che il protagonista della storia sarà a Roma per il festival del cinema...cioè, io ho fatto i salti mortali per andare a Londra, e lui mi appare qui a casa nostra. Misteri del destino...

Non sarò a Roma, sia chiaro... cercherò una pseudo forma di streaming per vedere l'evento... xD roba che se passeranno la notizia al telegiornale, io quasi mi strozzerò con la cena cercando una scusa per giustificarmi del mio asfissiamento con i miei...

Ne vedremo delle belle xDDDD

Non sanno nemmeno che vado a vedrlo a Londra con la band...

Ringrazio quante hanno recensito e quante recensiranno ^^

Chapter 4


Sentiva in contemporanea sia caldo che freddo, come quando si è sotto le coperte ma a malapena riescono a coprirti come si deve.

L'ultima cosa che si ricordava era che stavano parlando della sua tesi di laurea sulla figura del mascalzone nelle novelle di Jane Austen...poi più nulla.

Sentì come un rumore costante, lieve, vicino a sé... un respiro?

Pian piano aprì gli occhi. Sbatté alcune volte le palpebre per abituarsi alla luce del sole.

Solo pochi secondi dopo si accorse di come era messa.

Era abbracciata a Jackson. Anzi, gli era quasi seduta addosso e, inoltre, lui le aveva passato un braccio dietro le spalle per sorreggerla meglio.

Ora si che si sentiva in imbarazzo.

- Buongiorno...beh, quasi -

Si voltò e per un pelo non sbattè la sua fronte violentemente contro la guancia di Jackson.

Lui le sorrise come se quella fosse la cosa più naturale del mondo.

- Sono....confusa – ed era un eufemismo.

- Ti stavo parlando quando ad un tratto mi volto e ti eri addormentata -

- Oh -

- Tra l'altro, mentre dormi sei particolarmente invadente, non te lo ha mai detto nessuno?- era divertito da tutta la situazione, mentre lei era semplicemente color peperone maturo e rispondeva a monosillabi. Rimanendo sempre in quella posizione ambigua.

- Jackson...

- Sì?- in quel momento sembrava tutto fuorché un gentiluomo. La stava deliberatamente provocando, oltre ad essere estremamente vicino al suo volto. Se non avesse sviluppato negli anni un self-control invidiabile, altro che castelli per aria...l'avrebbe denunciata per violenza sessuale. E non stava scherzando.

- Posso scendere? - gli fece, accennando alla loro posizione.

- Certo – divenne serio, mentre entrambi si rimettevano in piedi.

Si guardarono negli occhi, poi le li distolse per rivolgerli al cielo. Dal colore che aveva era sì e no l'alba. Quanto diavolo aveva dormito?

- E' l'alba – non era una domanda quella che lui stava facendo, ma una costatazione di fatto.

- Partirò tra cinque ore – e si sentì improvvisamente pesante.

Abbassò lo sguardo e incrociò ancora il suo sguardo. I suoi occhi verdi l'avrebbero perseguitata per molto tempo. Le sarebbero davvero mancati.

In quel momento analizzava minuziosamente il suo viso. Aveva voglia di chiedergli che diavolo passasse per la sua mente, ma forse sarebbe stata troppo invadente.

Era già bastato il fatto di avergli praticamente dormito addosso.

- Allora non posso perdere tempo.... andiamo? - sorrise.

Un sorriso spontaneo nacque sulle sue labbra.

Solo cinque ore.

Dieci minuti dopo uscirono da uno Starbucks, lei con un muffin e un cappuccino extra forte ed extra dolce, e lui con un caffellatte e una brioche.

Proseguirono verso il suo albergo. Il cappuccino la stava scaldando pian piano. Prima di entrare aveva mandato un messaggio a Marta dicendole di essere ancora viva e che sarebbe tornata in tempo per fare le sue valigie e partire.

- Cosa farai tornata a casa?- le chiese così a bruciapelo.

- Umh..a parte lamentarmi di quanto sarà noiosa la routine?- rise – Tornerò ai miei studi e continuerò a preparare la mia tesi...normale amministrazione. Tu? -

- Io sarò in giro per il mondo -

- Se per caso passi dalle mie parti avvertimi. Faccio il passaporto e vengo a farti compagnia... zaino in spalla, cartina alla mano e via! Al massimo mi nascondo nella tua valigia... -

- Credo che saresti capace di farlo...sì, decisamente. -

- Mi stai per caso prendendo in giro?

- No- e lo disse in una maniera così seria che per un momento ci credette anche lei. Lui bevve il suo caffellatte.

E in quel momento, decise a dare una svolta a quella mattinata.

- Jackson... -

-Mmm...- stava gustando un attimo il suo cornetto.

- Perché hai passato tutto questo tempo con me? Cioè, non che non mi dispiaccia...ma dopo la foto, due parole, e poi potevamo andare ognuno per la sua strada....

- Beh... mi ispiravi fiducia. Hai uno sguardo particolare negli occhi – ci mise un attimo a rispondere.

Quelle parole la spiazzarono un po'. Lo fissò senza dare alcuna risposta.

Sorrise. - Sai, sai esattamente cosa dire a una donna tu. Sei un ragazzo da sposare..- gli diede una piccola spintarella con il gomito.

Non era la prima volta che lo pensava. Cioè, da quello che si scriveva di lui, dava davvero quell'impressione. Un gentiluomo del Texas con dei valori solidi, ma pazzo quanto basta perché la sua papabile ragazza non si annoiasse mai.

Magari fosse stata lei così fortunata.

Lui arrossì. E in quel momento aveva un'insana voglia di strapazzargli le guance.

Stava decisamente degenerando. Gettò il contenitore di quello che era il cappuccino che si era bevuto.

- Non dirlo troppo forte, altrimenti mi rovini la reputazione...-

Lei rise.

Poi il riso si trasformò un un sorriso mesto.

Erano arrivati al suo albergo. Ora era davvero il momento di dirsi addio.

- Beh... eccoci qui. - fece lei.

- Sì. Eccoci qui... - aveva una faccia strana, come fosse...dispiaciuto?

Ancora silenzio.

- Sbaglio, o da ieri sera sei in debito di un abbraccio?- fece lui.

Lei si chiese se stava davvero facendo sul serio. Fosse per lei, altro che abbraccio....

- Oh...ok – fece sorridendo – Tutti hanno bisogno di un abbraccio no?-

Si abbracciarono. Lei sentiva che quello era il momento in cui riusciva a capire che non era un sogno e che era reale, tra le sue braccia. Inspirò quell'odore particolare. Non sapeva di cosa realmente fosse...

Solo lui.

Era sostanza. Era corpo. Anima. Uomo.

Era vero. E nessuno avrebbe potuto cambiare quell'attimo.

- In realtà mi dovevi anche un bacio sulla guancia... -

- Quello te lo darò quando ci rivedremo – quella, non sapeva come le era venuta, davvero.

- Perché, secondo te ci rivedremo?-

- Certo...alla fine, il mondo non è così grande come sembra. Cioè, io so che sarò al Coachella del 2013, quindi tieniti pronto. -

- Addirittura? - sorrise.

- L.A. E New York saranno il mio viaggio di laurea...tempo di raccogliere i soldi. -

Erano ancora abbracciati.

- Sei sempre così? -

- Sempre. Io sarò così sempre... tu rimani sempre genuinamente pazzo... mi piaci così -

Rise ancora lui. Sciolsero l'abbraccio.

- Non mi vuoi dire ancora il tuo nome? -

Ci pensò su. - No -

   
 
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