IL
SORRISO DI
UN ANGELO
Aveva
appena smesso di piovere, dal cielo qualche raggio di
sole spuntava timido nonostante il terreno fosse ancora scivoloso. Mi
stavo
recando in direzione del centro di Boston, la strada era ingolfata di
macchine,
anche i marciapiedi erano affollati.
Le
mie dita tamburellavano sul volante al ritmo
degli AC/DC. Distrattamente gettai l’occhio al sedile del
passeggero ed un uomo
alto si materializzò nella mia mente per un secondo prima di
svanire.
Alzai
il volume della radio mentre le mie orecchie
erano impegnate con il rock, il tipo di musica che non mi faceva
sentire un
pazzo ad immaginare mio fratello seduto al mio fianco .
Sospirai
buttandomi con la schiena contro il
sedile in pelle che stridette un poco a contatto con la mia giacca del
medesimo
materiale e mi rassegnai a quel traffico maledetto che non voleva
saperne di scorrere.
Socchiusi
lievemente gli occhi e la mancina
estrasse da una tasca la mia fiaschetta argentata di Rum che bevvi
senza remore,
per evitare di pensare a Sammy.
Erano
mesi che litigavamo senza una motivazione
valida, lasciando che fra noi si creasse una sorta di barriera che si
innalzava
ogni volta che una parola non voluta veniva scagliata contro
l’altro, ferendolo.
Ma
la seccatura maggiore era che sembravamo una
coppia di fidanzatini quindicenni in crisi; patetici, soprattutto lui
con la
sua mania dell’essere perfettino.
Per
questo, dopo l’ennesimo, avevo deciso di cogliere la
palla al balzo e montare sulla mia adorata piccola e partire in un
viaggio di
tre giorni, che mi avrebbe donato un po’ di
tranquillità, o almeno speravo.
Storsi
il naso e bevvi nuovamente quel liquido
ambrato che scivolò nella mia gola, facendomi arrivare alla
conclusione che un
giorno il mio fegato mi avrebbe abbandonato, o nella miglior ipotesi, se non fossi
morto in una qualsiasi
fottuta battaglia contro il male, la mia vita sarebbe terminata come
quella del
conte di Rochester;
non che io abbia mai voluto vedere quel film, sono più per
i film d’azione con un pizzico d’erotismo, ma una
sera, Sam lo stava guardando
ed io, annoiato, mi ero unito al cervellone di casa Winchester.
Doppiamente
patetico, pensai, pigiando il piede
sull’acceleratore riuscendo ad avanzare di poco. Sicuramente
se non fossi stato
solo avrei saputo come occupare il tempo, peccato che il mio cervello
iniziava
ad annebbiarsi per l alcool, e come già faceva da qualche
tempo elaborò
un’attività alternativa e del tutto poco alla
“Dawson Creek”
ma più alla “Basic
Instinct II” e decisamente nessuno dei due poteva
emulare Sharon Stone nella fatidica
scena della
macchina, con il compagno intento a farla godere.
Scossi
il capo maledicendomi da solo … ero un
dannato pervertito che aveva fantasie sessuali sul proprio fratello.
Non solo
gay, ma anche incestuoso. Complimenti Dean, un biglietto di sola andata
per l’
inferno con un calcio in culo, sbottai contro me stesso.
Bevvi
ancora un sorso e mi girai verso il mio
compagno di viaggio inesistente, testimone delle mie malate fantasie, e
sobbalzai lasciando che l’alcool cadesse un poco sui jeans
che portavo, quando
notai che il suddetto sedile era veramente occupato.
“Cass!
Dovrò regalarti un telefono, vedrai se non
lo faccio davvero!” indossava quel suo solito trench ed aveva
l’espressione da
‘sono un angelo del signore
baciatemi il
culo se proprio vi va’ o forse ero troppo su di
giri per capire che forse
la sua espressione trasmetteva solo il … nulla.
“Che c’è?” rimarcai spingendo
la macchina ancora un po’ più avanti.
“Sono
preoccupato per te” mi confessò osservandomi
con quel viso leggermente sporcato di barba “sento
ciò che provi, tutto quanto,
e vorrei capire come aiutarti.” Ora ero confuso.
L’angelo
in qualche modo mi aveva avvisato che da
quando dalla brace ero tornato alla padella era nato un profondo legame
fra di
noi, ma non avevo capito che ora Cass potesse sentire ciò
che provavo. Mi
sentii male al pensiero che potesse sentire quella cosuccia in cui ogni
tanto
mi capitava di incappare. “Vuoi per caso diventare una sorta
di Dr. Phil
dall’alto dei cieli?” domandai scocciato pensando
che sicuramente non ero una
ragazzina adolescente che si confessava al suo diario o, per le
più religiose,
al proprio angelo custode.
“Vorrei
solo aiutarti Dean, ma non riesco a capire
come potrei farlo.” Chissà quante altre cose aveva
percepito di me, al pensiero
mi sentivo ancora di più un idiota, solo che non avevo
voglia di confessarmi e
parlare dei miei problemi famigliari, nonché del mio
orientamento sessuale
ambiguo.
“Sorridi”
suggerii battendo le mani sul volante
quando un assolo di chitarra mi riscosse dalle mie evidenti, come
diceva Bobby,
turbe mentali.
Castiel
inclinò la testa di lato e mi osservò, di
nuovo , con i suoi penetranti occhi di blu, prima di rispondere con un
normale
“Non so come fare, mi spiace”.
Sbattei
più volte le palpebre e pensai per un
attimo che mi stesse prendendo in giro, un po’ come quando mi
aveva confessato
di non aver avuto l’occasione di divertirsi con qualche bella
donna in tutta la
sua vita.
“Non
sai sorridere?” esclamai scioccato ben felice
di passare il discorso da me a lui “guarda me”
sfoggiai il mio sorriso migliore
“questo è un sorriso!”.
Sapevo
fin troppo bene che quel sorriso era falso.
Cass
aggrottò le sopracciglia e cercò di imitare il
suo neo
maestro del sorriso, facendo una piccola smorfia prima di riuscirci.
Il
volto non più apatico risultava luminoso e
dalle labbra si notavano una perfetta fila di denti candidi.
Senza
neanche pensarci sorrisi lievemente a mia
volta e quella frase mi rotolò fuori dalla bocca.
“Sai, quando sorridi sei un
angelo niente male”.
Lui,
come un bambino che aveva scoperto un nuovo
gioco, si prodigò a piegare le labbra a nuovi sorrisi,
risultando in un qualche
modo buffo ai miei occhi, soprattutto quando una di quelle smorfie mi
fece
scoppiare a ridere.
Chiusi
gli occhi continuando in quella risata,
prima che una serie di clacson mi riportasse alla realtà
costringendomi a guardare
la strada, ingranando la marcia andando dritto.
“Farò
così quando ti sentirò triste allora”
rispose con tono piatto. Mi aspettavo un misero grazie ma il suono di
quella
parola non lo sentii affatto, come al solito del resto.
“Figlio
di puttana” borbottai quando Castiel
svanì.