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Autore: Arikashi    28/10/2011    8 recensioni
Da premettere che è la mia prima storia, parla dei problemi di due fratelli che litigano da un pò di tempo e alla fine decidono di separarsi per un pò, ognuno per la sua strada finchè...
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Bobby, Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione, Quinta stagione
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IL SORRISO DI UN ANGELO

 

Aveva appena smesso di piovere, dal cielo qualche raggio di sole spuntava timido nonostante il terreno fosse ancora scivoloso. Mi stavo recando in direzione del centro di Boston, la strada era ingolfata di macchine, anche i marciapiedi erano affollati.
Le mie dita tamburellavano sul volante al ritmo degli AC/DC. Distrattamente gettai l’occhio al sedile del passeggero ed un uomo alto si materializzò nella mia mente per un secondo prima di svanire.
Alzai il volume della radio mentre le mie orecchie erano impegnate con il rock, il tipo di musica che non mi faceva sentire un pazzo ad immaginare mio fratello seduto al mio fianco .
Sospirai buttandomi con la schiena contro il sedile in pelle che stridette un poco a contatto con la mia giacca del medesimo materiale e mi rassegnai a quel traffico maledetto che non voleva saperne di scorrere.
Socchiusi lievemente gli occhi e la mancina estrasse da una tasca la mia fiaschetta argentata di Rum che bevvi senza remore, per evitare di pensare a Sammy.
Erano mesi che litigavamo senza una motivazione valida, lasciando che fra noi si creasse una sorta di barriera che si innalzava ogni volta che una parola non voluta veniva scagliata contro l’altro, ferendolo.
Ma la seccatura maggiore era che sembravamo una coppia di fidanzatini quindicenni in crisi; patetici, soprattutto lui con la sua mania dell’essere perfettino.

Per questo, dopo l’ennesimo, avevo deciso di cogliere la palla al balzo e montare sulla mia adorata piccola e partire in un viaggio di tre giorni, che mi avrebbe donato un po’ di tranquillità, o almeno speravo.
Storsi il naso e bevvi nuovamente quel liquido ambrato che scivolò nella mia gola, facendomi arrivare alla conclusione che un giorno il mio fegato mi avrebbe abbandonato, o nella miglior ipotesi, se non fossi morto in una qualsiasi fottuta battaglia contro il male, la mia vita sarebbe terminata come quella del conte di Rochester; non che io abbia mai voluto vedere quel film, sono più per i film d’azione con un pizzico d’erotismo, ma una sera, Sam lo stava guardando ed io, annoiato, mi ero unito al cervellone di casa Winchester.

Doppiamente patetico, pensai, pigiando il piede sull’acceleratore riuscendo ad avanzare di poco. Sicuramente se non fossi stato solo avrei saputo come occupare il tempo, peccato che il mio cervello iniziava ad annebbiarsi per l alcool, e come già faceva da qualche tempo elaborò un’attività alternativa e del tutto poco alla “Dawson Creek” ma più alla “Basic Instinct II” e decisamente nessuno dei due poteva emulare Sharon Stone nella fatidica scena della macchina, con il compagno intento a farla godere.
Scossi il capo maledicendomi da solo … ero un dannato pervertito che aveva fantasie sessuali sul proprio fratello. Non solo gay, ma anche incestuoso. Complimenti Dean, un biglietto di sola andata per l’ inferno con un calcio in culo, sbottai contro me stesso.
Bevvi ancora un sorso e mi girai verso il mio compagno di viaggio inesistente, testimone delle mie malate fantasie, e sobbalzai lasciando che l’alcool cadesse un poco sui jeans che portavo, quando notai che il suddetto sedile era veramente occupato.
“Cass! Dovrò regalarti un telefono, vedrai se non lo faccio davvero!” indossava quel suo solito trench ed aveva l’espressione da ‘sono un angelo del signore baciatemi il culo se proprio vi va’ o forse ero troppo su di giri per capire che forse la sua espressione trasmetteva solo il … nulla. “Che c’è?” rimarcai spingendo la macchina ancora un po’ più avanti.
“Sono preoccupato per te” mi confessò osservandomi con quel viso leggermente sporcato di barba “sento ciò che provi, tutto quanto, e vorrei capire come aiutarti.” Ora ero confuso.
L’angelo in qualche modo mi aveva avvisato che da quando dalla brace ero tornato alla padella era nato un profondo legame fra di noi, ma non avevo capito che ora Cass potesse sentire ciò che provavo. Mi sentii male al pensiero che potesse sentire quella cosuccia in cui ogni tanto mi capitava di incappare. “Vuoi per caso diventare una sorta di Dr. Phil dall’alto dei cieli?” domandai scocciato pensando che sicuramente non ero una ragazzina adolescente che si confessava al suo diario o, per le più religiose, al proprio angelo custode.
“Vorrei solo aiutarti Dean, ma non riesco a capire come potrei farlo.” Chissà quante altre cose aveva percepito di me, al pensiero mi sentivo ancora di più un idiota, solo che non avevo voglia di confessarmi e parlare dei miei problemi famigliari, nonché del mio orientamento sessuale ambiguo.
“Sorridi” suggerii battendo le mani sul volante quando un assolo di chitarra mi riscosse dalle mie evidenti, come diceva Bobby, turbe mentali.
Castiel inclinò la testa di lato e mi osservò, di nuovo , con i suoi penetranti occhi di blu, prima di rispondere con un normale “Non so come fare, mi spiace”.
Sbattei più volte le palpebre e pensai per un attimo che mi stesse prendendo in giro, un po’ come quando mi aveva confessato di non aver avuto l’occasione di divertirsi con qualche bella donna in tutta la sua vita.
“Non sai sorridere?” esclamai scioccato ben felice di passare il discorso da me a lui “guarda me” sfoggiai il mio sorriso migliore “questo è un sorriso!”.
Sapevo fin troppo bene che quel sorriso era falso.

Cass aggrottò le sopracciglia e cercò di imitare il suo neo maestro del sorriso, facendo una piccola smorfia prima di riuscirci.
Il volto non più apatico risultava luminoso e dalle labbra si notavano una perfetta fila di denti candidi.
Senza neanche pensarci sorrisi lievemente a mia volta e quella frase mi rotolò fuori dalla bocca. “Sai, quando sorridi sei un angelo niente male”.
Lui, come un bambino che aveva scoperto un nuovo gioco, si prodigò a piegare le labbra a nuovi sorrisi, risultando in un qualche modo buffo ai miei occhi, soprattutto quando una di quelle smorfie mi fece scoppiare a ridere. 
Chiusi gli occhi continuando in quella risata, prima che una serie di clacson mi riportasse alla realtà costringendomi a guardare la strada, ingranando la marcia andando dritto.
“Farò così quando ti sentirò triste allora” rispose con tono piatto. Mi aspettavo un misero grazie ma il suono di quella parola non lo sentii affatto, come al solito del resto. 
“Figlio di puttana” borbottai quando Castiel svanì.

  
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