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Autore: Jack_Chinaski    29/10/2011    0 recensioni
Pure gli adulti crescono
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ho fatto un sogno strano l’altra notte, di quelli che ti dovrebbero dire molto su te stesso nel profondo.
Sono su un marciapiede e fisso le persone davanti a me.
Ho la sensazione di avere un appuntamento, di star aspettando l’arrivo di qualcosa che ancora non so cos’è.
La gente va così veloce da non riuscirne a vedere nemmeno i visi e i negozi non hanno nome, le vetrine non sono allestite ma da loro proviene un vero e proprio spettacolo di luci.
Nella folla priva di volto succede qualcosa e so che è l'arrivo di ciò che attendevo.
Un bambino, lanciato in aria come in trionfo da un gruppo di persone.
Quel bambino sono io da piccolo e quelle persone sono i miei amici di tutta una vita, dalle elementari passando per il liceo fino ad oggi.
So dove siamo, questa è la strada proprio dietro casa mia dove mi persi da piccolo.
Mi rendo conto di aver riportato a galla un ricordo stagnante di un trauma infantile per dare un degno scenario a tutto ciò. Il perché però ancora mi sfugge.
Fisso il bambino e sembra tranquillo, felice. Tutto questo è solo una grande festa per lui, non come quella volta anni fa.
Ero terrorizzato nella realtà, piangevo senza ritegno o freno. Scoprii per la prima volta dentro di me il desiderio feroce di avere degli amici, conoscenti o qualcosa di simile. Andava bene tutto, purché ci fosse qualcuno lì, accanto a me quando ero troppo in lacrime e spaurito per capire che casa era proprio dietro l'angolo.
Allora mi chiedo se non sia questo il significato di questo sogno a livello inconscio, se non ho tirato fuori tutto ciò per far capire a me stesso di avere ora delle persone che saranno lì a indicarmi la via.
Mi ripeto che non sono più solo per un po’ ma non mi sveglio.
Mi accorgo di come nel frattempo i miei amici abbiano fatto scendere il piccolo e di come lui prosegui ora da solo, senza mai voltarsi e senza paura. No, non è per niente come quella volta.
Andiamo, torna a casa in modo che io possa risvegliarmi.
Ma qualcos’altro lo blocca e lui li rimane a fissarla, sgranando gli occhi di quel viso ancora paffuto e infantile. Non posso dire oramai di essere stupito di vederla lì, me l’aspettavo.
Dafne, il mio primo amore. Alla fine è arrivata anche lei.
Lo abbraccia e anche se non posso sentirlo da qui, sono certo di come gli stia bisbigliando frasi cariche di calore e protezione. Farmi sentire al sicuro è sempre stato il suo forte.
Poi lo lascia e raggiunge gli altri.
Continua ad andare avanti in modo spedito, sa di avere un enorme bagaglio d’amore a coprirgli le spalle.
Rimango lì a fissarlo, quando ci voltiamo quasi contemporaneamente attirati dal formarsi dello stesso evento.
Sono scomparsi Dafne e gli amici, non c’è più nessuno. Sono andati via.
Si rende conto di essere di nuovo solo. Mi rendo conto che siamo di nuovo soli.
Ci mette poco ad andare nel panico senza più appigli, senza più certezze. Infondo è solo un bambino.
Fra poco comincerà a piangere, perderà il controllo e dovrà sperare in qualche anima pia che lo riconosca e lo porti a casa.
Nemmeno questa volta le cose cambieranno.
Poi mi stacco dal marciapiede e lo raggiungo, lo prendo di peso e continuo per lui e per me il tragitto.
Mentre porto il pargolo al di là della luce e verso il ricordo che mi porterà a casa e al risveglio, penso di aver capito il perché ho riesumato tutto ciò da metri e metri di subconscio.
Per quanto li ami e abbia bisogno di loro, posso farcela anche senza gli amici e Dafne.
Ora, in qualsiasi momento e parte del mondo, so dov’è casa mia e so come tornarci da solo.
Non sono più un bambino.
   
 
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