Fumetti/Cartoni americani > South Park
Ricorda la storia  |      
Autore: TheTsundere_Miharu    29/10/2011    2 recensioni
|Creek|
Sì, la voce era rimasta la stessa.
Anche l'odio che aveva provato verso di essa era sempre lì.
Se non ci fosse stato quel muro di mattoni fra di loro, sicuramente lo avrebbe preso per la camicia e riempito di pugni.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Craig, Tweek
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Somebody get me through this nightmare.

Genere: Malinconico, Triste, Introspettivo.
Rating: Giallo.
Personaggi: Craig Tucker, Tweek Tweak.
Pairing: Craig/Tweek.
Avvisi: What if...?, accenni allo Shonen-Ai.
N. di parole: 3920.
Note:
- I personaggi hanno circa 15/16, in questa fanfiction;
- Non si trovano più a South Park, ma non ho voluto specificare perché non avevo fonti precise;
- I personaggi potranno risultare OOC, dato che sono cresciuti e hanno avuto dei cambiamenti legati alla loro vita, che saranno spiegati;
- Il titolo della fanfic è una frase della canzone "Animal I Have Become", dei Three Days Grace.

Dedicato a quella cogliona di iMato, con tanti pomodori.
Ringrazio tutti coloro che mi hanno spronata a finirla e pubblicarla.


~



Che cosa aveva potuto pensare in quel momento?
Niente, il vuoto assoluto.

L' unica cosa che era riuscito a capire era stata che la sua visuale -già inizialmente ristretta- era stata completamente annullata da un grande occhio, dolcemente contornato da graziose ciglia bionde, di cui le iridi color erba stavano vagando curiose scrutandolo, come lui le stava scrutando a sua volta.
Ma nonostante tutto, continuava a non chiedersi niente. O meglio, era come se non ci stesse riuscendo. Il suo animo sembrava completamente assopito, ed anche i suoi sentimenti si erano come disintegrati; guardando con attenzione nel suo sguardo si poteva cogliere un vuoto che sembrava ormai incolmabile. Anche i pensieri che produceva stavano diventando futili e superficiali.
Ma alla fine non si era chiesto davvero chi fosse stato quella presenza inaspettata.

« Hai una sigaretta? »

La voce, ferma e quasi apatica, riuscì a pronunciare solo quella domanda.
Il moro, intanto, distoglieva lo sguardo per un attimo, per controllare se una di quelle "streghe" non fosse nei paraggi. Tutto tranquillo, come al solito. Quelle bastarde erano sicuramente nei corridoi, controllando che nessuno uscisse dalle stanza, e magari architettando qualche modo per rovinare la serata a tutti.

« Eh? EH? »

Le sue iridi tornarono a quella spaccatura nel muro. Allo stesso tempo, il ragazzo che si trovava dall'altra parte indietreggiava, rivelando un'altra parte del suo viso. Quegli occhi scossero il suo animo in una maniera molto familiare.
Nella sua mente un' idea era spuntata dispettosamente, affollandola di immagini simili a ricordi.
Ma soprattutto, quella voce. Quell'insopportabile vocetta stridula e chiassosa, che a volte riecheggiava nelle sue orecchie, e che dopo tutte le discussioni che avevano avuto in passato non avrebbe mai potuto scordare.
Era troppo simile a quella che aveva appena sentito.

« Ah, se sei Tweek non puoi avere certe cose. »

Tutto ciò che aveva ricevuto per risposta fu un gridolino di stupore, seguito da deboli gemiti di sgomento, assieme a parole confuse e incomprensibili; poi, un richiamo.

« CRAIG?! »

Sì, la voce era rimasta la stessa.
Anche l'odio che aveva provato verso di essa era sempre lì.
Se non ci fosse stato quel muro di mattoni fra di loro, sicuramente lo avrebbe preso per la camicia e riempito di pugni. Eppure, anche quella forte antipatia sembrava non ribollire nelle sue vene come prima. I suoi sentimenti, da quando era rinchiuso in quell' inferno, si erano fatti piccoli, ed erano stati rinchiusi in uno scrigno chiuso da catene.
E quelle sensazioni ormai non le stava sentendo più, il recluso.
Quell' incontro inaspettato, però, aveva riacceso qualcosa dentro di lui.
Non era riuscito a capire come, ma una fiamma era apparsa.
Entrambi erano indietreggiati ancora per riuscire a vedersi bene, a vicenda.
Craig aveva avuto per un attimo una strana reazione: un brivido freddo che gli aveva attraversato il corpo, tutto solo per la vista del viso dell' altro.
La sua pelle gli era sembrata più pallida del solito, tranne per le gote lievemente colorate di rosso a causa del freddo pungente, e le occhiaie sotto i suoi occhi si erano fatte più marcate ed evidenti; l' unica cosa che -sfortunatamente- era rimasta la stessa, era stato il fatto che tremasse in continuazione in quel modo quasi violento. Il moro non era riuscito a fare a meno di chiedersi cosa era successo in quegli anni.
Non che gli interessasse così tanto.
Ma non era riuscito a farlo, e non aveva voluto farlo.
Soprattutto perché aveva parlato prima l'altro, interrompendo bruscamente le sue sciocche considerazioni.

« Come sei finito qui? »

_

I miei, improvvisamente, hanno cominciato ad interessarsi della mia educazione. Non che mi abbiano rimproverato così tanto, ma ogni tanto se ne uscivano con frasi tipo «Non dire certe parole!» o «Ti sembrano programmi educativi questi?!».
Eppure, per quante poche volte mi abbiano rimproverato, ogni volta mi era sembrato che facesse più male.
Non riesco ancora oggi a capire il motivo del loro cambiamento così inatteso. Azzarderei che si erano "imbastarditi" all'improvviso, ma il motivo che -a mio avviso- è più ovvio e ragionevole è che siano stati stressati troppo dai loro lavoretti.
Quest’ idea mi è balenata nel cervello quando mi hanno annunciato che sarei andato in un collegio.
Lo ammetto, ho accettato senza troppi “ma” –come faccio di solito- però solo dopo mi sono accorto di ciò che significava tutto questo spostamento.

Avrei perso tutto.
Avrei perso quel poco che avevo.

L’ ho capito solo quando sono arrivato qui.
E mi sono pentito di non aver opposto resistenza.
Ho anche dato un pugno al muro per la rabbia, tanto forte da ferirmi. Ma quel sangue che colava dalle mie dita non era niente rispetto a ciò che avevo dentro di me. Anzi, a ciò che non avevo più.

Ero finito. Ero solo.


_

Quello che aveva raccontato a Tweek era stato molto più riassuntivo e distaccato. Nel narrare aveva usato pochi e brevi frasi, lasciando tutte le sue riflessioni dentro di sé; ogni tanto aveva agitato il suo pacchetto di Camel Light –ormai irrimediabilmente vuoto-, sperando che “magicamente” uscisse una sigaretta.
Vane speranze.
Ad un certo punto la sua bocca si era serrata, segno che non aveva nient’ altro da aggiungere.
Un silenzio aveva inondato l’ aria.
Anche i gemiti di agitazione di Tweek sembravano essere sommossi dalla sua persona, nonostante fossero lo stesso percepibili.
Dopo pochi minuti di silenzio, Craig aveva cominciato a pensare che l’altro volesse chiedergli qualcosa, e non ne avesse avuto ancora il coraggio.
Il biondo era ritto in piedi, gesticolando come se avesse dovuto spiegare quella situazione a qualche amico immaginario.
Sì, probabilmente, fra i due quello che era rimasto maggiormente colpito da quell’ inaspettato incontro.
Aveva solo chiesto a suo padre di fare un giro lì vicino, ed aveva incontrato l’unica persona che non si sarebbe mai aspettato di rivedere. Ma era stato quel racconto ad agitargli –oltre il corpo- l’ animo: era pieno di domande dentro di sé: la narrazione era stata piena di “buchi”, senza motivazioni o spiegazioni.
Aveva voglia di chiedergli il perché di tante cose; allora aveva aperto la bocca, aveva chiuso gli occhi e …

Un rumore e un minuscolo gemito di dolore gli aveva fatto morire le parole in bocca.
Tweek aveva sbirciato nella fessura, e aveva visto l’altro ragazzo tenersi il gomito del braccio destro, che si era improvvisamente colorato di rosso. Probabilmente aveva sbattuto contro il muro con esso.
Non era riuscito a vederlo bene, dato che era girato dalla parte opposta rispetto a lui.
E con quel gesto il desiderio di chiedere si era sciolto come neve al sole. E a questo punto aveva deciso di limitarsi.
Ma in fondo, non doveva chiedere tutto per forza. Non si era mai interessato al ragazzo, e non aveva in mente di iniziare proprio in quel momento.

« Cosa ha questo muro? »

Aveva chiesto, lanciando un gridolino nel farlo.
L’altro stava cercando di fermare il sangue con un fazzoletto. Stava stringendo i denti, ma non per il dolore: il motivo era stato quel gesto.
Avendo lasciato la sua casa a South Park aveva capito quanto stesse bene lì, nonostante tutto. E rincontrare uno dei suoi abitanti –nonostante l’antipatia che provavano a vicenda- l’aveva fatto sentire quasi … sollevato? Era possibile.
In quel momento aveva capito che Tweek aveva bisogno di chiedergli spiegazioni, in fondo chi non l’avrebbe fatto con il suo modo di raccontare? E quando si considera una persona impulsiva come Tweek, i dubbi diventano certezze.
Dopo quel ragionamento –durato davvero pochi secondi-, la reazione che aveva avuto era stata quella di sbattere il gomito al muro per bloccarlo. Ed aveva funzionato.
Ma comunque, non aveva intenzione di essere sottoposto ad un interrogatorio. Si era sentito molto nervoso in quelle ore, desiderava fumare da parecchi giorni.
Aveva così alzato le iridi al cielo, e l’aveva scorto più scuro di prima.

« Mi hanno detto che c’è stato un incidente –non so con esattezza cosa sia successo-, e nel muro si è creata questa piccola apertura. »

Aveva spiegato, la voce bassa e lievemente irritata a causa della situazione in cui si stava ritrovando.
Aveva per un attimo ripensato a come aveva ritrovato quel muro … ma non aveva voglia di raccontarlo anche al biondo.
Comunque, gli aveva fatto compagnia per tanto tempo. Quel distacco dal mondo, quella solitudine.

Si era chiesto se non fosse finalmente terminato.
Ma era successo tutto troppo, troppo bruscamente.

« I-IO VADO! »

Anche quell’urlo lo aveva bruscamente sciolto dai suoi pensieri.
Doveva ammetterlo, era riuscito a farlo sobbalzare dallo spavento; perché aveva dovuto urlare?!
Aveva sbirciato per controllare il motivo di quel saluto tanto improvviso e rumoroso – o meglio, con una voce più alta del solito-, ma … se ne era già andato. Era riuscito ad intravedere solo il suo cespuglio biondo allontanarsi. Meglio così, aveva pensato.
A quel punto si era accasciato al muro, la mano ancora era stretta sul gomito.
Aveva davvero pensato di essere totalmente masochista, eh.
I suoi occhi erano tornati ancora una volta alla scatolina di sigarette vuota, e aveva quasi lo sguardo nostalgico.

« Chissà quando potrò fumare di nuovo … »

E se ne era accorto, finalmente.
Era ora di rientrare.

_

Di certo non si era sarebbe mai potuto aspettare di ritrovarselo lì, il giorno dopo; una piccola idea, quale era che l’avrebbe rivisto, gli aveva indubbiamente attraversato la mente, ma … non aveva proprio pensato che il tutto sarebbe successo così presto.
Lo stupore, infatti, era stato quasi come quello del loro primo rincontro.
E inoltre, non era tornato a mani vuote.

« Quelle sono Camel Light! »

Aveva esclamato, alzando leggermente la voce rispetto ai suoi standard.
Era sempre stata la sua marca preferita di sigarette, ma come aveva fatto quell’altro a scoprirlo?
D’ altro canto, Tweek non era ancora riuscito a capire il motivo del suo comportamento.
Comunque, non aveva spiegato come le aveva ottenute. Sarebbe sembrato ancora più patetico del solito, no?
Si era limitato a passargli tutto attraverso la solita fessura –che, fortunatamente, era abbastanza grande da far entrare una mano-, con un « Tieni. »
Ma Craig non aveva bisogno di chiedere.
In fondo, aveva avuto le sue amate compagne di vita, che poteva importargli del resto?
Non aveva ringraziato, ma dimostrò di aver apprezzato accendendosene subito una.
Si era sentito subito meglio; anche il nervosismo dei precedenti giorni era per un attimo sparito.
Aveva chiuso gli occhi, godendosi quel delizioso gusto che solo una sigaretta poteva lasciargli.
Ma in un attimo, alcuni pensieri gli avevano riempito la mente.
Prima non l’aveva fatto, ma si domandava il perché di quel comportamento da parte dell’altro.

Erano sempre stati nemici, no?
Non si erano mai sopportati l’ uno con l’ altro, giusto?
Allora, perché si stavano ritrovando in quel modo?
Quel lasso di tempo così lungo li aveva forse cambiati entrambi?
Non era riuscito ad arrivare ad una conclusione sensata.
Aveva così iniziato a fare un ragionamento razionale e forse troppo freddo, troppo realista. Aveva cercato di ragionare come ragiona il mondo moderno, insomma.
… era forse riuscito a capire. O almeno, era l’unica cosa che credeva possibile.
Aveva riaperto gli occhi, e si era allontanato di un poco per farsi vedere in viso. Aveva dipinto in volto un’ espressione come rassegnata.

« Ti faccio davvero pena, eh? »

Lo aveva pronunciato con l’ amaro in bocca.
In effetti, a pensarci, doveva essere davvero penoso visto da lì fuori; non gli dava tutti i torti.
Dalla sua parte, Tweek stava solo aspettando un commento positivo –non necessariamente un ringraziamento, eh- su quel suo gesto. Si stava guardando attorno con agitazione.
Ma invece, aveva ottenuto solo quella frase.
Non era così.
Non era mai stato così meschino e miserabile. Non ne sarebbe mai stato capace.
Eppure, come poteva negare?
Era difficile poterlo fare. O meglio, non poteva in nessun modo.
Il suo cuore si era riempito di insicurezza, a quel punto, ed aveva abbassato il capo sotto lo sguardo invadente dell’ altro.
Come era successo il giorno precedente, Craig era stato capace di fargli tremare l’animo con le sue parole.
Stava facendo crollare tutte le sue certezze. Non che era stata una cosa tanto nuova.
Forse non ne aveva mai avute, di reali sicurezze. O più sicuramente, erano sempre state pochissime.
Ma in quel momento, qualcosa era crollato.
Nonostante tutto, era riuscito ad alzare il capo ed affermare l’unica certezza che aveva ancora dentro di sé.

« N-non sono così crudele! »

In realtà, queste parole erano state pronunciate a pochi secondi di distanza dalla domanda del moro, che era stato l’ unico ad accorgersene.
Per Tweek erano passati secoli.
Aveva stretto i pugni, e alzato lo sguardo. Aveva paura di scorgere la reazione dell’ altro.
Ma vide solo un’ espressione stanca.
Non aveva detto niente.
Non ne aveva bisogno.
Aveva buttato la sua fedele sigaretta per terra, schiacciandola con un piede.

« Come mai ti trovi da queste parti? »

_

Pochi mesi fa il negozio di mio padre andò bruciato. Lui si disperò, e pregò le autorità di ricostruirglielo con il minor tempo possibile.
La sua preghiera venne accolta, e infatti la ricostruzione è in corso. Ma il negozio era l’ unico modo per fare soldi, per la nostra famiglia.
Degli amici ci hanno proposto di dividere il loro negozio di dolci con il nostro di caffè, che appunto si trova qui vicino, e di vivere in casa loro per un po’.
Insomma, è un trasferimento provvisorio.
Tutti i giorni, tornato da scuola, vado ad aiutare mio padre in negozio. Ieri non c’erano molti clienti, così ho deciso di fare un giro, e sono arrivato qui.
Oggi ho deciso di tornare perché preferisco stare qui piuttosto che con loro.
L’unico motivo per cui rimango dentro quel negozio è il caffè.
Non ne posso più di fare quegli esercizi inutili con mia madre, e di non essere anteposto a qualsiasi cosa da mio padre.
È frustrante.


_

Aveva raccontato quello che era successo, tenendo per sé le sue riflessioni auto-masochiste.
Non era obbligato a spiegare niente, Craig non gli avrebbe chiesto niente.
Aveva così terminato di raccontare in maniera brusca e affrettata. Aspettando qualcosa, aveva preso una boccetta di caffè tiepido (ormai era diventato un’ abitudine per lui, portarsela dietro), che si era scolato senza troppi complimenti.
Dalla parte opposta del muro il ragazzo stava fissando il muro.
Più precisamente, stava riflettendo.
E se ne era accorto, dannazione.
Non sembrava più il fantoccio inanimato, senza sensazioni e animo che era diventato col passare del tempo, lì dentro.
Per una volta dopo troppo tempo, aveva sentito qualcosa attraversare il suo essere.
Pensieri limpidi, precisi, sentimenti forti.
Aveva alzato gli occhi al cielo.
Forse stava creando tutta quella situazione nella propria mente?
Forse tutto quello che stava vivendo era solo un frutto della sua disperazione e del suo smarrimento?
Non era possibile. Perché fra tutti non avrebbe mai voluto scegliere Tweek a fargli compagnia.

« Non vorresti stare con i tuoi, ora? Perché rimani qui con me? »

Forse quella domanda era stata fatta solo per sentire dal biondo che voleva restare con lui, oppure era un altro tentativo di farsi del male da solo, non era riuscito a decifrarlo.
Alla fine lo aveva giustificato a sé stesso in un modo differente, ovvero che aveva voluto solo sentire ancora una volta la sua voce, per provare alla sua persona che quello non era solo un’ illusione.

« Non mi va di aiutare in negozio, né di fare la solita meditazione profonda. »

Il biondino aveva risposto subito. Nel farlo, aveva agitato la sua bottiglietta fra le mani.
Il viso era diventato completamente corrugato, soprattutto le sue sopracciglia.
Ma non poteva essere visto dall’altro, in fondo.
Tweek aveva poggiato la schiena sui mattoni, e aveva piegato le gambe avanti al petto, circondandole con le braccia.
Sembrava quasi che tremasse più violentemente del solito.

« Odio gli ipocriti. »

Aveva pronunciato con voce bassa e dura –evidentemente forzata-, che mai nessuno aveva mai sentito da lui.
Poi aveva emesso un suono simile a un ringhiare, dalla bocca.

Era sempre stato un grande stupido.
Aveva creduto che i suoi genitori lo appoggiassero sempre. E invece,alla fine era riuscito a capire tutto.
Cosa pensavano, che nel crescere non se sarebbe accorto da solo?
Quelle pacche sulle spalle dopo essersi finita tutto il bicchiere di caffè senza rifiutarlo, quei leggeri sorrisi verso di lui, quegli occhi che si spostavano altrove quando gli prendevano i suoi attacchi di nervosismo isterico, quelle orecchie che, nonostante le sue urla, non lo ascoltavano.
Tutto quello lo aveva capito troppo tardi.
Ed ormai era passato troppo tempo. Però, anche accorgersene prima sarebbe stato lo stesso vano. Non sarebbe cambiato niente in ogni caso.
Era stata questa la cosa più dolorosa.

« I tuoi sono così? »

La voce del moro gli aveva tagliato poi nelle orecchie, con quelle parole.
Era strano, era riuscito a fargli male con così poco, solo con quelle cose che aveva detto –magari, senza neanche pensarci-.
Aveva piegato la schiena in avanti, a quel punto, nascondendo il viso fra le gambe, le mani fra il cespuglio biondo dei suoi capelli.
Sembrava davvero che dovesse esplodere da un momento all’altro.

« NON VOGLIO SAPERLO! »

Aveva lanciato un gridolino furioso. Forse tutto quel caffè appena ingurgitato lo stava rendendo eccessivamente nervoso.
Ma lui lo sapeva bene, che non era quello il problema.
Aveva aperto gli occhi dopo tanti anni di falsità.
Tutto era crollato, tutto ciò in cui aveva sempre voluto credere.
La freccia della verità lo aveva colpito, e gli stava dolendo più di quanto avesse potuto immaginare.
Si era ritrovato a pensare che sarebbe stato meglio non essere mai accecato dalla verità.
Sarebbe stato meglio così, no?
Craig aveva intuito qualcosa.
La sua situazione, in fin dei conti, era molto simile.
I suoi lo avevano mandato lontano da loro per non averlo fra i piedi, e gli avevano detto che era un maleducato.
Proprio loro, che l’avevano cresciuto in quella maniera scontrosa e arrogante, si erano permessi di dirgli una cosa del genere.
Erano sempre stati solo dei falsi.
Dei finti genitori che avevano indossato delle maschere nere, rappresentanti le loro menzogne, che si erano tolti di tanto in tanto per mostrare dei lati buoni che, probabilmente, neanche esistevano davvero.
Ma solo in quell’ attimo, quando lo aveva sentito singhiozzare dietro di lui, aveva capito che davvero, veramente aveva trovato qualcun altro che aveva sicuramente provato il suo stesso dolore, per il quale aveva sofferto silenziosamente.

« Basterebbe mandarli all’ inferno, ma … »

Aveva cominciato il moro, piegando leggermente le gambe, poggiando i gomiti su esse, il viso fra i palmi delle mani. Le iridi erano veloci, osservavano tutto ciò che gli stava attorno al momento.
Aveva chiuso per un attimo gli occhi, ascoltando un qualcosa dentro di sé.
Aveva sentito battere il suo cuore. Strano, non si era mai fermato ad ascoltarlo. Ma in quel momento aveva proprio voluto farlo.
E ci aveva pensato.
Sì, quella cosa lo aveva fatto sentire … una persona, un essere umano. Non Craig Tucker, ma una creatura terrestre. Una creatura che aveva sempre avuto il diritto di ridere, di essere felice; di alzarsi la mattina e vivere il singolo giorno come chiunque altro.
Una creatura che sì, doveva soffrire, ma non per sempre.

« I-io … »

E come creatura, poteva anche far soffrire un suo simile.
Era tutto nell’ ordine delle cose, non c’ era niente di cui stupirsi.
Era stato davvero felice di avere quel muro dietro di sé.
L’ aveva odiato e amato per tanto tempo, ma per quegli attimi quasi lo aveva ringraziato di esserci.
Lo aveva sentito. Aveva sentito che Tweek stava piangendo. E aveva potuto immaginare benissimo il motivo.
Si era limitato a rimanere in silenzio. In realtà l’ aria era riempita dai singhiozzi malamente nascosti e dai gridi esasperati provenienti dal biondo.
Quella divisione lo aveva fatto sentire meglio perché … non avrebbe saputo cosa fare.
Non era mai successo che qualcuno avesse pianto avanti a lui, però … sentiva che non sarebbe riuscito a fare niente.
Una persona comune lo avrebbe sicuramente abbracciato.
Ma lui, almeno in quel caso, non era come gli altri. Non l’avrebbe abbracciato.
Si sarebbe vergognato, e sarebbe rimasto a guardarlo, impotente.
Si sarebbe sentito uno stupido, ma non l’avrebbe fatto in nessun caso.
E poi, lo aveva pensato davvero, stringerlo a sé avrebbe potuto ferirlo ancora di più.

« I-i loro sguardi… la loro indifferenza… tutto, tutto… »

Tweek era riuscito a pronunciare qualcosa che poteva capirsi, finalmente.
Ma quello era stato un urlo. Un urlo agitato e strozzato dalle lacrime.
Le labbra erano ormai secche, la gola e gli occhi –gonfi- bruciavano in modo impressionante, il suo fiato era pesante.

Le emozioni che aveva ignorato per tanto tempo si erano insinuate in lui, facendosi beffa della sua persona e schiacciandolo insieme al suo piccolo mondo stracolmo di falsità.
E del suo animo era sembrata rimanere solo la cenere, le ultime briciole, che presto sarebbero state spazzate vie insieme a tutta la sua essenza.

« "Sii educato con tutti; socievole con molti; intimo con pochi; amico con uno soltanto; nemico con nessuno". Lo diceva Franklin, se non mi sbaglio. »

Quelle parole avevano bloccato tutto.
Il mondo sembrò essersi fermato improvvisamente, e il fuoco che aveva fatto bruciare entrambi –seppur in modi diversi- si spense.
Il biondo aveva girato la testa, per vedere attraverso la fessura se quelle parole erano state realmente pronunciate dal ragazzo. Lui era posizionato ancora di spalle.
Si era passato la manica della camicia contro il viso scarlatto, cercando di rimuovere le ultime perle trasparenti che gli avevano segnato le gote.
Craig non si era girato.

« Amici. Ho perso i pochi che avevo. »

Lo aveva pronunciato con un velo di malinconia, continuando a non mostrarsi.
Aveva ripensato di nuovo a ciò che non doveva. Ma non era come prima. All’ inizio, fino a pochi giorni prima, non aveva sentito niente; neanche rabbia, delusione o sofferenza.
Ma quello scrigno incatenato si era finalmente schiuso.
Ora la rabbia lo accecava, la delusione gli doleva e la sofferenza lo scoraggiava.
Aveva sentito quelle sensazioni negative sulla propria pelle, scottanti e forti. Come prima.
E aveva voluto sentirle.

« Vogliamo essere amici? »

Neanche lui aveva capito come aveva potuto pronunciare quelle parole. La forza di volontà che ci era voluta era davvero sproporzionata.
Aveva ripensato a quando si erano picchiati, a quando si erano insultati… e si chiese come erano potuti arrivare a quel punto.
Ma in realtà, entrambi lo avevano capito.
Sì, quel legame fra di loro era più che possibile.
Sia gli opposti che i simili si attraggono, in realtà.

« Come vuoi. »

Una tempesta di emozioni aveva così colpito il cuore di Tweek, che fino a pochi minuti prima era stato sottomesso da un conflitto interiore spietato.
Strano, ma finalmente entrambi avevano provato un po’ di serenità.
Aveva ricominciato a parlare “normalmente”, Tweek, con la sua vocetta stridula e fastidiosa, ma col cuore un po’ meno pesante.
Dalla sua parte, Craig non si era ancora voltato. Per la prima volta nella sua vita si era sentito lievemente a disagio. Solo per quella stupida richiesta.
E mentre il tempo passava, se ne era reso conto.

L’ incubo che lo aveva divorato non era stato quel posto.
In realtà, era stato il vuoto che si era auto-creato dentro di sé, e che in quel momento si era colmato nuovamente.
Quell’ incubo sembrava ormai scomparso.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fumetti/Cartoni americani > South Park / Vai alla pagina dell'autore: TheTsundere_Miharu