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Autore: Roxanne Potter    30/10/2011    2 recensioni
Oggi i maghi vivono nella loro società, nascondendo la loro esistenza ai Babbani, in modo abbastanza tranquillo.
Ma una volta? Quando nel mondo imperversavano ignoranza e pregiudizi, quando le menti erano buie e ottuse? Cosa poteva accadere a una normale strega, fintasi semplice guaritrice di un villaggio sperduto nella Scozia, durante il diciassettesimo secolo?
Io ho provato a raccontarlo, sulle note della canzone "La danza delle streghe."
[Questa Song-Fic partecipa al contest "E chi è?" indetto sul forum di Efp.]
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Spiriti potenti, vi invochiamo.
Vegliate su noi, che stanotte balliamo.
Volti alla luna, alta la testa,
danzano le streghe in questa notte di festa.


Doveva essere un semplice raduno con quei maghi e quelle streghe che aveva conosciuto a Hogwarts. Una festicciola per mangiare, ascoltare la musica dei tamburi e chiacchierare: delle loro vite, delle loro famiglie, dei loro studi di magia.
Si era diretta alla radura portando con sé un cestino pieno di erbe, felice di poter mostrare ai suoi vecchi amici le piante e i fiori che aveva scoperto e studiato, mentre fingeva di essere la semplice guaritrice del villaggio di Hotter's.
La bacchetta era nascosta nella veste e Iris, la sua gatta nera, la seguiva lungo le stradine.
Già pregustava il momento in cui Jackson, che era da sempre appassionato di oggetti Babbani, avrebbe calato l'archetto sulle corde del suo violino. E lei avrebbe sorriso e si sarebbe messa a volteggiare, in una danza innocente, al solo scopo di rispondere al bisogno di movimento che le avrebbe trasmesso quella musica cristallina.
Avrebbero tutti danzato, in quella notte di festa, con gli sguardi rivolti alla luna.

Quando è notte il lupo grida all'ombra della luna,
la danza delle streghe non porta mai fortuna.
Fuochi e spiriti ballate dentro il cerchio della luce,
tramontate stelle, anime sorelle.

V'erano già stati di quei raduni.
Ricordava felice le notti trascorse a ridere e danzare, bevendo Burrobirra e conversando con gli altri maghi riguardo alle finali del Quidditch.
C'erano anche dei fuochi decorativi. Qualcuno lanciava un incantesimo e le fiamme iniziavano a ballare in aria, oppure le torce affisse ai tronchi degli alberi si accendevano.
E il fuoco sembrava aver gettato un incantesimo su tutti loro. Le piccole fiamme divampavano, le streghe ballavano finché le stelle, brillanti sulla volta scura del cielo, non iniziavano a svanire.

Dodici rintocchi squarciano la notte scura,
la danza delle streghe, signore di paura.
Dalle tenebre sorgete, lento il fuoco nero brucia.
Spettri nel castello, fate il vostro ballo.

E adesso era lì, gettata in quella cella umida, le tenebre che la circondavano come se volessero inghiottirla. Il pavimento era gelido sotto le sue membra, coperte solo da una sottilissima veste grigia.
Tremava, cercando di frenare i singhiozzi.
Il silenzio quasi irreale venne squarciato dal rintocco fin troppo vicino di un campanile, poi seguito da altri undici rintocchi. Un rumore quasi solenne, che segnava l'inizio dell'ultimo giorno della sua vita.
Quando il dodicesimo rintocco si spense, lei si sfregò le mani sulle braccia, nel vano tentativo di riscaldarsi.
Non poteva fare nulla per uscire da quella situazione.
Le avevano preso e spezzato la bacchetta, giudicandola un abominevole strumento del demonio.
Era perduta. Quella stessa mattina ci sarebbe stato il suo rogo. Fine di tutto, fine della sua vita, del sapore del pane caldo e dei fiori di primavera. Fine del cielo terso dell'estate e dell'erba che si muoveva, scossa dal vento.
Come avrebbe voluto che un fuoco emergesse da quel buio... un fuoco che la scaldasse. Anche se mancavano dodici ore al momento in cui le fiamme l'avrebbero fatta gridare di dolore, prima di donarle la morte. In quel momento, per lei
fuoco significava solo calore.
Ma il giorno dopo? Tremò all'idea del dolore che la aspettava e... cosa ci sarebbe stato, dopo?
Sarebbe diventata un fantasma? Immaginò il suo spettro vagare nel castello in cima a una collina poco distante. Uno spettro che volteggiava e cantava a bassa voce, unendosi alla danza di un gruppo di altre figure trasparenti.
Lei non avrebbe ballato più... o forse sì?

Avanzò a testa alta. Raccolse tutto il suo coraggio per non tremare o piangere, mentre la legavano intorno al palo, ai suoi piedi una catasta di legna ancora da ardere.
-Schifosa strega...
-Maledetta!
-Lei ha curato mio figlio con la magia, scommetto che l'ha maledetto...
-Merita questa fine.
I Babbani continuavano a insultarla, la fissavano rabbiosi e soddisfatti. Lei ricambiò quegli sguardi con tranquillità, come se stesse semplicemente passeggiando.
Qualcuno appiccò il fuoco alla legna.
Sapeva che stava per morire nel dolore atroce, eppure continuava a guardarsi intorno con calma, nonostante dentro di lei si levasse un silenzioso grido di disperazione.
Non c'era più niente da fare.
Se solo avesse deciso di imparare a trasformarsi in un Animagus... le fiamme la lambirono. Il dolore la squarciò e la corrose. Sgranò gli occhi e non riuscì a trattenere un urlo, mentre la sua gonna si consumava e il fuoco bruciava le sue gambe e poi la vita, risalendo fino al petto.
Sorse lentamente, il fuoco che le tolse la vita. E fu come se acuti spilli bollenti le venissero conficcati in tutto il corpo, facendola tremare e dolere. Gridava, senza riuscire a trattenersi, le lacrime copiose che scorrevano sulle gote e sugli zigomi.
Era infernale.
L'ultima cosa che vide, prima di consumarsi, prima che il fuoco scaraventasse la sua coscienza nell'oblio, fu una bambina Babbana che si aggrappava alla madre, gli occhi enormi e spalancati colmi del terrore più puro e sincero dell'infanzia.
Poi venne il buio.

Nelle buie e abbandonate stanze del castello in cima alla collina, uno spettro danzò.

   
 
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