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Autore: Deilantha    30/10/2011    6 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
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Capitolo 14

Capitolo 14





 

Nonostante la situazione tra me ed Emile avesse raggiunto una svolta importante, la nostra vita continuò a scorrere quasi nello stesso modo: la mattina io lavoravo e quando andavo a casa sua nel pomeriggio, lui era a lavoro. Così riuscivamo a vederci solo se mi attardavo dopo il mio turno con Claudine, ma anche quelle occasioni erano rare, poiché Emile aveva le prove col gruppo quasi ogni sera. Così finiva che l’unico giorno che potesse essere dedicato a noi risultava la Domenica, anche se io avevo l’appuntamento con Stè e Simona.

Una Domenica pomeriggio decidemmo d’incontrarci nel parco cittadino: sarei andata lì dopo l’incontro con il mio amico e ci saremmo visti nei pressi dell’albero di magnolia. Era un albero enorme che campeggiava in un angolo più appartato del parco: nei dintorni non c’erano panchine, per cui era facile trovare spazio per adagiarvisi e trascorrere del tempo in tranquillità a contatto con la natura.

Trovai Emile seduto ai piedi dell’albero, intento a scrivere. Il solo vederlo mi faceva esplodere una grande gioia nel cuore: ancora non riuscivo a credere che solo pochi mesi prima aveva destato in me un odio profondo ed ora ero lì a sentirmi la più fortunata ragazza della terra perché avevo il suo amore (e anche il suo terrore, aggiunse la solita voce nella mia mente e come al solito l’ignorai…)!

Lo chiamai da lontano,  urlando il suo nome:

«Emiiii!» e lo vidi aggrottare le sopracciglia per un secondo per poi guardarmi con una calda luce negli occhi mentre mi avvicinavo.

«Gradirei che non rovinassi il mio nome in quel modo!» mi disse in tono acido, a cui risposi per le rime:

«E come preferiresti? Emiluccio? Emilove? MILLY?»

Mi accomodai accanto a lui mentre mi divertivo a stuzzicarlo e lui mi guardò in tralice prima di rispondermi:

«Emile. Va bene così com’è stato concepito. Non ha nulla che non va.» Evidentemente, al contrario di me, era fiero del nome che portava.

«Come sei acido, tutti amano i miei nomignoli affettuosi! Solo tu e…» Simona. Un’altra cosa che avevano in comune.

«Emile, verresti con me la prossima volta che vado a trovare Simo? Mi sarebbe piaciuto che vi foste conosciuti, sono sicura che sareste andati d’accordo.» portai le ginocchia al petto, com’era mio solito quando avevo bisogno di conforto, mentre attendevo che mi rispondesse. Lo sentii posare i fogli su cui stava scrivendo per circondarmi le spalle con un braccio e mettermi una mano sulle ginocchia:

«Ne sarei felice, verrò con piacere. Ed ora posso salutarti come si deve?» Alzò la mano dalle mie ginocchia per portarla al mio viso e girarlo verso il suo, in modo da darmi il suo caldo bacio, prima di offrirmi la spalla a cui appoggiarmi.

«A te non piace il tuo nome, vero? Altrimenti non daresti nomignoli agli altri per renderli simili al tuo.» una spruzzatina di sarcasmo velava le sue parole, poi tornò improvvisamente serio: «Dovresti esserne orgogliosa invece, perché identifica chi sei, perché è il primo atto d’amore che fa un genitore verso il figlio. Il tuo nome non parla solo di te, ma anche di loro.»

«È facile parlare per te! Il tuo nome è bello, è semplice da pronunciare e sono sicura che i tuoi genitori  l’abbiano scelto con amore. Il mio nome è orribile! Antiquato, incomprensibile e dettato solo dalla passione di mia madre verso i suoi libri, non di certo verso di me!» Mi strinsi più forte a lui, cingendogli la vita.

«Credi che i tuoi genitori non ti amino?» Emile mi circondò con le braccia avvolgendomi.

«Sì, mi amano… ma a modo loro ed è un modo incompatibile col mio!» dopo poco aggiunsi: «Ed ora che  non c’è Simona a farli sentire orgogliosi, non potrei mai tornare a casa con loro e vivere ancora di più nella sua ombra.»

«Non ho mai detto che tu debba farlo. Sei libera di scegliere chi amare e come farlo, la vita è la tua.»

«Tu però questa scelta non te la dai, Emile! Quante persone ami davvero? Con quanti esseri umani hai interagito aprendo loro il tuo cuore?» Sentii il suo corpo irrigidirsi, forse quell’argomento era ancora troppo spinoso da affrontare…

«Per me non è facile aprirmi, Pasi. Non ho la tua stessa bontà d’animo e fiducia nel prossimo e già essere qui con te come siamo ora, per me è un miracolo! Sei la mia piccola streghetta dei miracoli.» Mi strinse di più a sé e mi baciò la testa, mentre a mia volta cinsi la sua vita con più forza. Mi stavo beando di quel momento quando notai, poggiato a terra, il foglio su cui stava scrivendo: era uno spartito.

«Stavi componendo! Senza strumenti!?» Rimasi stupita dalla sua capacità di percepire la musica senza averla intorno.

«Non esattamente… ho questa con me.» si girò alla sua sinistra e prese qualcosa che si trovava al suo fianco, ma che prima non ero riuscita a vedere: un’armonica!  Se la portò alla bocca e iniziai a sentire una dolce e calda melodia, chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare: avvolta dal braccio di Emile, stretta alla sua vita sottile e immersa nella sua musica, in quel momento mi sentii davvero felice e serena.

 

 

*****

 

«Pasi hai un secondo?»

«Fede che diamine! Cosa c’è? Perché quell’espressione, che succede?» 

Ero alle prese con la pulizia del pavimento nella cucina della comunità, quando il mio amico mi chiamò all’improvviso, con un tono di voce allarmante: era sull’uscio della porta, vedevo solo la sua testa castana sbucare come fosse stata evocata e per poco non mi fece fare un salto.

«Stasera sei libera? Devo parlarti di una faccenda importante e questo non è il luogo adatto.»

«Sì, ok… c’entra per caso Rita?» Ero curiosa di sapere come stava vivendo lui quest’idea di tornare insieme alla sua ex ragazza e buona amica e non riuscii a trattenere la mia voglia di sapere.

«Rita? N-no no, non c’entra nulla lei e poi cosa dovrei dirti, scusami?» Il suo viso era lievemente contrariato, ma vedevo la nota di divertimento che celava… mi stava stuzzicando sapendo che morivo di curiosità! 

«Sì sì bravo, fai lo gnorri… tanto prima o poi saprò tutto!» Fede fece un sorrisino ma subito dopo tornò serio: «Rita non c’entra Pasi, è qualcosa di più serio, perciò voglio parlartene più tardi. Ci vediamo al solito posto, ok?»

 

Il solito posto era la pizzeria dove eravamo abituati a riunirci in gruppo, il proprietario era Andrea, un ragazzo di ventotto anni, che ormai era diventato nostro amico a furia di vederci lì: c’era sempre un trattamento speciale per noi cinque rumorosi, poiché diceva sempre che la nostra presenza scaldava l’ambiente… E posso immaginare di chi era la “colpa” se le nostre conversazioni fossero udibili da tutti!

Quella sera però eravamo solo io e Fede davanti alla nostra pizza e ad una discussione che risultò davvero importante.

«COOOSA?! Ma non possono! E perché? Ma non è giusto!»

«Lo so… sono amareggiato anche più di te credimi, considerando che ci lavoro da anni!» 

Fede era cupo in viso, aveva trascorso quegli ultimi anni donandosi totalmente a quella comunità, prima come volontario mentre era ancora alle superiori e in seguito lavorandoci a pieno ritmo ed ora gli avevano detto che avrebbe chiuso, che i proprietari avevano problemi finanziari e dovevano vendere lo stabile ad un privato che di certo non voleva lasciarlo al pubblico ma goderselo personalmente.

«E tutti quei ragazzi come faranno? Dove andranno? E noi? Tu soprattutto!»

«Non lo so Pasi... Anche se sto accarezzando l’idea di aprire un centro tutto mio…»

«WOW, che bella idea Fede! Non avresti nessun superiore a cui dare conto e con la tua bravura riusciresti di sicuro ad aiutare tutti!»

«Grazie per la tua fiducia, mi è di grande sostegno. Però ci sono molti problemi da affrontare prima che questo desiderio si possa realizzare, problemi soprattutto burocratici e finanziari.»

«Sì ma potresti iniziare con un piccolo centro, Rita a breve si laureerà e potrebbe sostenerti anche lei in qualità di psicologa!»

«Non è tutto così semplice, Pasi: Rita ha davanti a sé ancora molti anni di studio e non voglio bloccare la sua carriera in un progetto che non ha desiderato. Inoltre ci vogliono dei capitali non indifferenti anche in caso di un piccolo centro: servono le attrezzature, i medici, gli infermieri da pagare… Però qualcosa voglio metterlo su… e mi piacerebbe avere anche il tuo aiuto.»

«Il mio aiuto? E come… in che modo?»

«Tu ci sai fare con le persone, riesci a farle aprire, riesci a farle sorridere: guarda cosa sei riuscita a fare con Emile!»

«Ma io ho solo cercato di prendere esempio da te!» E poi non credo di aver fatto tutto questo miracolo con Emile, se mi ha detto di essere terrorizzato da ciò che sente per me!

«Non è solo quello Pasi, tu hai qualcosa che porta la gente ad aprirsi a te e sono sicuro che saresti un valido  aiuto. Ora come ora ho poche carte dalla mia parte, perciò pensavo di aprire un centro d’ascolto o qualcosa di simile a cui dedicarsi più come volontariato che altro… Ma nel frattempo, voglio iscrivermi a scienze infermieristiche in modo da avere un titolo che dia credibilità alla mia posizione e se Rita sarà dei nostri, in futuro, potremmo diventare un centro specializzato nel dare aiuto psicologico e in futuro magari  aprire anche una comunità.»

Ero esterefatta, Fede aveva pensato davvero a tutto, stava mettendo in gioco il suo futuro calcolando ogni passo: doveva averci pensato a lungo e ponderato ogni cosa… Lui sì che aveva le idee chiare sul suo futuro, non come me…

«Sarebbe davvero bello Fede! Però io che potrei fare? Non ho un titolo, non ho nulla… che ruolo ho nel tuo progetto?»

«Pasi deve diventare anche il tuo progetto. Io so che ti piace stare in comunità e aiutare gli altri e so di poter contare su di te, ma voglio che tu ne prenda piena coscienza, voglio che anche tu ci creda e che faccia tuo questo progetto. Pensaci bene, se l’idea ti piace e senti di potertici dedicare, sali a bordo e non preoccuparti del resto. Se non ti senti abbastanza coinvolta, non ci saranno problemi, sei liberissima di non accettare. Le cose tra noi non cambieranno per questo.»

«Ok Fede; ci penserò e ti darò una risposta a breve… ed ora finiamo questa pizza che è davvero squisita!»

 

 

*****

 

Le parole di Fede mi rigirarono nella testa nei giorni successivi: impegnarmi con lui significava occuparmi di qualcosa che sarebbe stata con me per il resto della vita. Avevo dei dubbi su quanto potessi essere davvero utile al suo progetto e mi chiedevo anche se fosse questo il mio obiettivo.

Non ero mai riuscita a trovare qualcosa che mi prendesse al punto da potermici dedicare anima e corpo per l’intera mia esistenza, ma era anche vero che come diceva Fede, mi piaceva prendermi cura degli altri e dare una mano a chi ne aveva bisogno… forse era davvero questo lo scopo della mia vita. Ne avrei voluto parlare ad Emile che, al contrario mio, era così deciso e vedeva così chiaramente davanti a sé, ma in quei giorni non riuscivamo a vederci, era sempre impegnato con la band perché dovevano lanciare il loro primo album e tra una prova ed una riunione, non ci vedevamo dalla Domenica precedente, trascorsa al parco. Inoltre dentro di me sapevo  che quella fosse una scelta che avrei dovuto prendere da sola, valutando bene ciò che volevo io dalla vita e come agire per ottenerlo, al di là di quello che poteva pensarne Emile. Mi ero ripromessa di non annullarmi, di non vivere la mia vita in funzione di quella del mio ragazzo, per cui quella era una scelta che dovevo prendere da sola, senza condizionamenti altrui. Perché sapevo che qualunque cosa avrebbe detto il mio Pel di Carota, mi sarebbe rimasta nella testa, influenzando la mia decisione.

 

*****

 

Riuscii a vedere Emile solo la domenica successiva, poiché come promesso, venne con me all’appuntamento con Simona.

Testa di Paglia era già lì quando arrivammo: era davanti alla tomba e rivolgeva  a mia sorella i suoi pensieri  mentre poggiava i fiori nel vaso. Al nostro arrivo ci fece uno dei suoi sorrisi, anche se non erano più gli stessi di prima.

Con Simona era andata via anche una parte di Stè. Il dolore per averla persa, sommato al rimpianto di non averle mai rivelato cosa provava per lei, avevano gettato un’ombra su quel carattere così solare e sempre pronto al sorriso. La spensieratezza che era il suo tratto principale, aveva ora un tono più greve, una malinconia di fondo che lo rendevano un sole crepuscolare e non un astro al colmo della sua potenza luminosa.  Tuttavia il sorriso sul suo viso non si era spento: Stè era così, l’allegria era parte del suo essere come quella sua chioma sbiadita e avrebbe sempre reagito sorridendo, ai colpi della vita.

Il sorriso che ci rivolse fu uno dei più caldi che riuscisse ad avere in quel periodo: quel nostro appuntamento settimanale era un momento importante per entrambi, per riconciliarci con noi stessi e per avere la speranza che  in un modo o in un altro, Simo ci ascoltasse e ci perdonasse. Emile fu felice di accompagnarmi  ma quando arrivammo, lo sentii irrigidirsi: salutò il mio amico e poi restò muto tutto il tempo, forse per darci modo di svolgere le nostre abituali chiacchiere con mia sorella. Notai però che osservò con attenzione la foto di Simo, quasi come se volesse carpire da essa informazioni su chi era stata Simona Isoardi. A quel punto allora, io e Stè iniziammo a raccontargli aneddoti del passato: io di quando eravamo piccole e giocavamo insieme, un tempo in cui anche se litigavamo, eravamo più unite, mentre Stè gli descriveva tutti i particolari che solo un innamorato riesce a cogliere così attentamente della persona che ama, come una ruga d’espressione, un broncio impercettibile, un cambiamento d’intensità nello sguardo… Eravamo così presi dai nostri racconti  che non ci rendemmo conto del tempo trascorso, finché Emile aprì bocca per avvertirmi che sarebbe dovuto andare a provare con la band.

Stè a quel punto si offrì di accompagnarmi, così rimasi lì mentre il mio Pel di Carota se ne andò in silenzio, dopo averci salutato.

«Chiacchierone come al solito, eh?» disse Stè ironicamente.

«Già, lo sai che è di poche parole… e poi noi siamo stati davvero logorroici!» Risi scherzandoci su, ma avevo l’impressione di aver visto un’ombra cupa sul suo volto che m’inquietava... avrei indagato successivamente sul quell’espressione tetra!   

«Mi dispiace che Simona non l’abbia conosciuto… ho l’impressione che si sarebbero capiti al volo.»

«È probabile Testarossa, hanno entrambi una malinconica risolutezza nello sguardo, sarebbe stato interessante vedere come avrebbero interagito.» l’espressione di Stè era sinceramente incuriosita da quell’ipotesi e mi senti sollevata nel vedere che almeno per qualche secondo, la malinconia lo aveva abbandonato. Poi però un pensiero mi balenò nella mente e senza pensarci, pur sapendo che l’avrei nuovamente incupito, gli chiesi :

«Come stai facendo con la matematica?»

Tra i nostri amici le sole che avessero proseguito gli studi erano Margherita e Sofia, ma la prima studiava psicologia e la seconda filosofia; Stè avrebbe dovuto affidarsi a qualche insegnante privato per andare avanti…

«Per ora vado avanti da solo, è riuscita a farmi comprendere molte cose… Mi manca terribilmente Testarossa! Sento un vuoto dentro di me e se solo ci penso non riesco a stare in piedi! Per fortuna sono una persona che pensa poco!» Sorrise di se stesso a quell’affermazione, poi continuò: «Non perderti dietro stupidi dubbi Pasi. Non permettere che nulla al mondo ti ponga dei freni tra te e lui, viviti questo rapporto fino in fondo!»

La serietà repentina con cui Testa di Paglia mi parlò mi commosse nel profondo: sentivo il suo dolore e i suoi rimpianti come se fossero stati i miei e desiderosa di dargli forza l’abbracciai.

«Te lo prometto Stè. Te lo prometto!»

 

*****

 

«Pasi, bambina, Federico mi ha detto che lo sostituisci tu stasera?»

«Sì, aveva un impegno e mi ha chiesto se potevo sostituirlo.»

«Ma sei qui da oggi, sarai stanca!»

«Nient’affatto! Ho letto tutto il tempo e le ore sono volate via, e poi non potrei mai lasciarti da solo!»

Anche quella sera come sempre, Emile aveva le prove con il gruppo: erano ad un passo dall’incisione  dell’album e si stavano concentrando il più possibile per ottenere una buona esecuzione dei brani. Di conseguenza Alberto restava da solo ad accudire Claudine e Fede veniva a dargli una mano.

Ma quella sera, e sospettai  di conoscerne il motivo, il mio amico era impegnato così mi chiese di sostituirlo sapendo che ero già lì dal pomeriggio, dando per scontato che mi facesse più che piacere restare nella stessa casa in cui sarebbe stato Emile. E come al solito, aveva pienamente ragione: avevo promesso a Stè che avrei vissuto in pieno la mia relazione, ma in quei giorni tutto c’era tranne le premesse per far sì che accadesse. Sapevo quanto Emile tenesse alla musica, ma non riuscivamo più a vederci e al telefono era sempre di corsa… sentivo più la sua mancanza in quel periodo  che nelle precedenti occasioni  in cui eravamo stati distanti!  Dopo avermi aperto il suo cuore, speravo di riuscire a trascorrere più tempo con lui, speravo di riuscire a comprenderlo e a stargli vicino come non ero riuscita a fare fino ad allora… invece lo sentivo più sfuggente, sempre preso dal suo gruppo e dalla carriera… Sperai quindi di riuscire a strappargli anche una mezz’ora di tempo quella sera, pur di averlo un po’ per me.

«Sai che ti dico Alberto? Quasi quasi cucino io! Sono stata qui tutto il tempo a far nulla, mentre tu sarai di sicuro stanco; resta qui con Claudine, appena la cena sarà pronta ti avverto.»  Feci uno dei miei sorrisi più convincenti e vidi un’espressione di dolcezza comparire sul viso di Alberto. prima che mi avvolgesse in uno dei suoi calorosi abbracci:

«Sei proprio una cara ragazza!»

 

Ero felice  di potermi dedicare a loro in qualche modo: cucinare per Alberto, Claudine ed Emile mi faceva sentire utile, mi sentivo appagata  perché, seppur in modo minimo, li ricambiavo per tutto quello che avevano donato al mio spirito e soprattutto mi faceva sentire a casa.

Mi era sempre piaciuto cucinare: essendo una buona forchetta, apprezzavo la gioia di un buon pasto fatto con amore e quando abitavo con la mia famiglia, capitava che preparassi il pranzo quando mia madre faceva tardi;  qualche volta Simona mi dava una mano, era una di quelle rare occasioni in cui sentivo di essere un membro effettivo della mia famiglia, uno di quei momenti che avrei conservato per sempre nel mio cuore…  

Anche se Alberto aveva l’aria di cavarsela in cucina (come pasticciere era di sicuro bravissimo), volevo dare a quella famiglia almeno per una sera, il calore di un pasto completo e più egoisticamente, pensai, volevo sentirmi un po’ a casa mia in quel luogo divenuto per me così familiare.  

Mentre cucinavo, fantasticai pensando ad una serata in cui tutta la famiglia Castoldi potesse riunirsi intorno ad un tavolo, mangiando e chiacchierando insieme; una scena simile non l’avevano mai vissuta e in quel momento mi sentii davvero triste per loro. In qualche modo io ero riuscita ad avere ricordi simili: nonostante l’attrito tra me e i miei genitori, ero riuscita a vivere dei momenti felici con loro, invece gli abitanti della casa in cui mi trovavo, con tutta probabilità non si erano mai nemmeno seduti a quel tavolo per mangiare. Alberto avrebbe cenato in camera con Claudine e immaginai che quella fosse una routine per lui. Emile di conseguenza cenava da solo? O raggiungeva i suoi genitori in quella stanza?  Più li conoscevo e più mi rendevo conto che lo stato di salute di Claudine, aveva condizionato quasi ogni aspetto della loro vita: un impulso di rabbia mi assalì a quel pensiero e d’improvviso iniziai a comprendere quel nucleo d’amarezza che il mio ragazzo aveva all’interno di sé.

Quando terminai di preparare la cena, mi accinsi a portarla al piano di sopra e ad un passo dalle scale sentii aprirsi la porta di casa: Emile mi guardò con il volto stupito e l’aria interrogatoria:

«Che ci fai qui?»

Era ancora sull’uscio, la porta era ancora aperta: evidentemente tutto si aspettava tranne la mia presenza in casa sua a quell’ora. 

«Ho preparato la cena!» Lo guardai sorridendogli felice, ero soddisfatta di me e sperai di vederlo sorridere allo stesso modo... ma non fu così,

«Sei rimasta qui per preparare la cena?! Mio padre non sta bene?» Vidi l’apprensione comparire sul suo volto...

«No no, Alberto sta benissimo, Fede non è potuto venire stasera e lo sostituisco, così ho deciso di cucinare io mentre tuo padre si rilassava dopo una giornata di lavoro. Aspettami torno subito.»  

Portai la cena ad Alberto e Claudine e tornai in cucina, sperando di poter avere almeno il tempo di cenare con Emile. Lo trovai in piedi ad osservare le pentole e i piatti in attesa di essere riempiti:

«Non ti piacciono gli spinaci? C’è anche il pollo, oppure ti preparo qualcos’altro…» mi avvicinai a lui cingendogli la vita, non ci eravamo ancora salutati e desideravo avere un contatto fisico con lui. Emile si voltò in mia direzione con un’espressione seria sul viso:

«Pasi io...» non seppi mai cosa stava per dirmi perché bussarono alla porta, «Sono i ragazzi… devo proprio andare!»

«Almeno dammi un bacio!»

Mi sentii una bambina che fa i capricci, ma avevo bisogno di un contatto, di un segno che c’era ancora qualcosa che ci teneva uniti, non lo vedevo da una settimana e non eravamo riusciti a scambiarci che due parole! Emile mi prese il volto con le mani e mi diede un bacio intenso e quasi dolente, prima di staccarsi da me e scomparire con il suo gruppo nel piano interrato di casa. Rimasi per un po’ senza parole: mi aveva baciato come se fosse un addio e d’un tratto sentii una strana angoscia dentro di me... Copiando il suo gesto, osservai anche io le pentole e i piatti, il mio vano e stupido  tentativo di avere intorno a me una famiglia riunita e mi si bloccò l’appetito.

Salii al piano di sopra per dare il cambio ad Alberto e lo trovai sul letto, addormentato abbracciato alla sua Claudine: mi commossi a vederli insieme in quella posizione così naturale e dolce. Presi una coperta e lo coprii e mi accomodai sulla poltrona, osservando quella coppia che sapeva amarsi nonostante tutto e tutti, invidiando il loro legame così vero e profondo. 

Saremmo riusciti ad amarci così anche io ed Emile? E perché mi aveva baciato in quel modo?

Sperai che la mia inquietudine fosse solo dovuta a stupidi dubbi da innamorata e tentai di rilassarmi, ma quella sensazione di angoscia non sembrava allontanarsi da me.   

 

*****

 

Quando aprii gli occhi rimasi totalmente inebetita per ciò che stavano vedendo: non avevo la più pallida idea di dove fossi, ma davanti a me c’era Emile addormentato, seduto a terra e appoggiato con la testa al bordo di un letto. Spostai lo sguardo intorno a me e mi resi finalmente conto di dove fossi e cosa fosse accaduto: eravamo in camera di Alberto e Claudine e doveva essere trascorsa qualche ora da quando ero salita a dare i cambio al padre di Emile trovandolo addormentato… Evidentemente avevamo fatto tutti una staffetta del sonno, poiché dopo il mio palese crollo onirico, doveva essere arrivato il mio Pel di Carota che aveva seguito tutti noi seguaci di Morfeo.

Feci un sorriso guardandoci: eravamo crollati tutti in posizioni tutt’altro che comode: i genitori di Emile erano ancora abbracciati, io ero appallottolata su quella poltrona e il mio adorabile rossino era nella posizione più scomoda di tutte. Eppure, tutti riuniti a dormire insieme in quell’unica stanza, sembravamo davvero una famiglia e sentii un’ondata di calore e felicità invadermi.

Restai qualche minuto ad osservare i miei compagni di dormita, poi mi decisi a svegliare Emile che di sicuro stava dormendo malissimo. Gli diedi un bacio sulla guancia e lo chiamai a bassa voce: aprì gli occhi quasi all’istante, aveva il sonno decisamente leggero! Mi guardò dapprima sorpreso, ma dopo qualche istante la consapevolezza di dove fossimo gli tornò sul viso e accennando un sorriso si stiracchiò:

«Ti sei addormentato in una posizione scomodissima, così non riposerai!» Mi inginocchiai accanto a lui.

«Tsk, ero venuto a svegliarti e invece mi sono addormentato anche io, che pappamolle!» Fece un sorriso di scherno verso se stesso e gli accarezzai il viso:

«Devi essere davvero stanco, vai a riposare.»

Emile chiuse gli occhi sentendo la mia mano sul suo viso e si lasciò andare a quel conforto per qualche secondo, poi mi prese la mano e la calò tenendola stretta nella sua:

«Non prima di aver accompagnato te a casa.»

«Non preoccuparti per me, torno a casa da sola.» vedendolo così tranquillo e dolce nei miei confronti,  l’ansia che avevo provato qualche ora prima parve scomparire  e mi rincuorai al punto da sentirmi appagata per quei pochi secondi d’intimità trascorsi insieme.

«Assolutamente no, ti accompagno, andiamo.» si alzò d’improvviso e mi aiutò a risollevarmi, facendo attenzione a non svegliare i suoi genitori.

Durante il tragitto in auto non parlammo molto, eravamo entrambi stanchi ed io ero felice del solo fatto di stargli accanto, così mi godetti quel silenzio insieme a lui. Una volta arrivati a casa di Rita però mi scoprii del tutto restia a staccarmi da lui e invece di salutarlo l’abbracciai:

«Mi sei mancato così tanto in questi giorni!»  Emile ricambiò il mio abbraccio e poggiò una mano sulla mia testa:

«Mi dispiace, ma è un momento importante per il gruppo e...»

Il gruppo… iniziai a sentire una nota di rancore verso quei ragazzi e ciò che rappresentavano, poiché lo allontanavano da me in quel modo!

Ma avevo detto ad Emile che non gli avrei mai chiesto di scegliere tra me e la musica e non volevo venir meno ai miei propositi… anche perché  ero consapevole che in una battaglia tra me e i GAUS, sarei stata io ad uscirne sconfitta.

«Lo so, lo so… restiamo così per qualche minuto però, non te ne andare subito, Dio solo sa chissà quando riusciremo a vederci  di nuovo e voglio avere un momento tutto per noi.»  mi strinsi a lui, ma non sentendo una replica alzai il viso per osservarlo e vidi il suo volto nuovamente addormentato!

Decisamente non era la serata adatta per chiedere attenzioni: lo svegliai, gli diedi un bacio che avrei voluto fosse infinito e scesi dall’auto per permettergli di tornare il prima possibile a casa. I mei bisogni egoistici avrebbero dovuto attendere ancora un po’ per essere soddisfatti.  

 

*****

 

Aperta la porta di casa, mi resi conto che Rita non era ancora tornata: i miei sospetti sull’impegno di Fede divennero certezze e pensando ai miei amici, che in quel momento erano insieme, probabilmente intenti a riaccendere la fiamma del loro amore mai sopito, mi scoprii pervasa da due sentimenti contrastanti. Ero felice per loro, li avevo sempre visti come una coppia: ciò che avevo detto a Sofia era vero, ero sicura che fossero fatti l’uno per l’altra; questa felicità però era turbata da una profonda invidia, perché in quel momento avrei voluto essere anch’io con il ragazzo che amavo.

Avevo dovuto attendere così tanto per sentirgli dire che ricambiava il mio amore e da allora i nostri momenti insieme erano drasticamente diminuiti anziché aumentare! E quella sera i miei tentativi di avvicinarlo erano stati un continuo fiasco…

Avvolta da quel silenzio e dall’oscurità di una casa vuota, ripensai al bacio di Emile, al modo in cui aveva reagito alla mia presenza in casa sua: mi ero detta che fossero sciocchi dubbi da innamorata, ma in quel momento tornò ad assalirmi la sensazione che si stesse allontanando da me.















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NDA
Eccoci di nuovo qui! Con questo capitolo siamo al giro di boa: dopo aver dovuto attendere tanto, Pasi è riuscita ad avere l'amore di Emile (anche se tutto sommato, l'aveva già da tempo ^ ^), ma standogli più a contatto ha iniziato subito a capire che stare con un musicista, significa doverlo condividere con una rivale invisibile ma sempre presente: riuscirà a superare questo momento d'inquietudine? Manzoni diceva: "Ai posteri l'ardua sentenza", ma io non sono così sadica... un pochino forse, ma la risposta l'avrete in questa vita xD
*me schiva i pomodori comparsi improvvisamente nelle mani dei lettori pronti ad essere usati a mo' di coriandoli*





MESSAGGIO PROMOZIONALE
In quest'ultima settimana ho avuto modo di conoscere un'altra autrice di EFP che segue la mia storia con interesse e che è stata anche così gentile da sponsorizzarmi *me è grata all'ennesima potenza* : non solo è una grande amante del Giappone, il che le ha portato immediatamente tutta la mia stima (e qualcuno direbbe "e a noi che ci frega?"), ma abbiamo anche scoperto di avere un interesse comune per i nomi inusuali, anche se lei mi batte alla grande xD
Comunque questo papiro delirante era per dirvi che qui su EFP, questa mia "collega", che risponde al nome di ThePoisonofPrimula , sta pubblicando due storie originali ambientate in una scuola per studenti ricchi ma alquanto bizzarri e la prima delle due: The Goldenfish's Destiny
è un vero spasso! Se avete voglia di leggere qualcosa d'intrigante e divertente e di assolutamente fuori dall'ordinario, leggete questa storia, la scuola in cui è finita Samara Blake (un'otaku dai capelli tinti d'azzurro che ha saputo farsi espellere da tutte le scuole frequentate), il St. Trinian's, è un covo di folli, talmente folli che vorrei andarci anche io di corsa!!! *_*
La presenza della preside giapponese già vale la pena di frequentarlo!!!
Fine dello Spot xD




Angolo dei Ringraziamenti
Tesore mie, cosa potrei dirvi oggi che non vi ho detto finora? *me sente delle voci chiedere "la notte di fuoco" e sghignazza tipo Stregatto*
Siete sempre stupende, sempre presenti ad entusiasmarvi ed emozionarvi e innamorate di questa storia forse più di me che l'ho concepita, davvero non ho più parole, ho esaurito il vocabolario *me pensa di imparare qualche ringraziamento in tutte le lingue del mondo*, quindi perdonate la ripetitività e beccatevi questo immenso:

GRAZIE MILLEEEEEEEEEE!!!!!!!

Grazie, grazie, grazie e ancora grazie alle mie sorelline: quelle che con precisione svizzera e grande costanza leggono e recensiscono appena pubblico: Saretta, Niky, Vale, Concy,
e quelle più bradipine:
Iloveworld, Ana-chan
, Cicci, Ely. ARIGATOU TESORE MIE!! <3<3<3<3


E grazie a tutti voi che continuate a seguire e ad apprezzare questa storia, mi rendete sempre orgogliosa e felice ^ ^
   
 
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