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Autore: Marge    02/07/2006    5 recensioni
“Una sera [Ginny] si ritirò in biblioteca e Harry si sistemò accanto alla finestra nella sala comune, in teoria per finire il compito di Erbologia, ma in realtà a rivivere un’ora particolarmente felice passata con Ginny sulla riva del lago.” (HP e il principe mezzosangue, cap. 25, pag. 487).
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ginny Weasley, Harry Potter
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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“Una sera [Ginny] si ritirò in biblioteca e Harry si sistemò accanto alla finestra nella sala comune, in teoria per finire il compito di Erbologia, ma in realtà a rivivere un’ora particolarmente felice passata con Ginny sulla riva del lago.” (HP e il principe mezzosangue, cap. 25, pag. 487)

“Forse è per questo che mi piaci tanto” mormorò infine. Una stranissima luce bianca, potente, feriva gli occhi, eppure, non vi era sole. Solo lacrime e singhiozzi, intorno. Solo dolore. Hermione scoppiò nuovamente a piangere, accucciandosi sulle ginocchia. “Non è possibile, non è possibile, non può esser vero…” gemeva, con voce distorta, lamentosa verso la fine delle frasi e così carica di dolore stupefatto ad ogni nuova ripetizione. “Non è possibile…lui…”

Funerale.
È stato inventato per questo: crea una barriera tra due momenti, il primo, subito successivo alla morte dell’altro, è un periodo di transizione, è breve, e la notizia perfettamente assorbita consciamente, non riesce ad intaccare la parte incoscia e spontanea della mente (svegliarsi ogni mattina credendo di vederlo ancora lì, sul suo trono, ad augurare buona colazione a tutti); ed il secondo, quando è regola generale “andare avanti” e far quasi finta di nulla, non parlare.

Ma il funerale non segna solo questa differenza:
il funerale è l’inizio di pianti notturni
singhiozzi soffocati nei cuscini
lacrime nascoste e per questo ancor più dolorose
per tutti i Silenti, i Sirius, i Cedric, e le innumerevoli altre anime che non potranno più vedere, parlare, che hanno abbandonato la partita.
E speranza di non provare mai più questa sensazione (che siano le ultime lacrime versate, per favore, che lo siano) e paura per quando a versare le lacrime saranno gli altri, per te.

Ginny sentì di nuovo le lacrime scorrerle sulle guance, non riusciva a fermarle e gli occhi, quasi da soli, le si strizzavano, si stringevano, non riusciva a vedere con chiarezza intorno, tutto quel dolore riversato nelle dolce acque nere. Harry si era alzato, allontanato con passi lenti e regolari, e lei vide Scrimgeour alzarsi per seguirlo. Percorrevano la sella di un leggero pendio erboso che discendeva verso il lago. Chissà se Harry aveva notato che, automaticamente, mentre la sua mente era piena del dolore e del ricordo del Preside, i suoi piedi lo stavano portando proprio lì, fra quei cespugli.

La mano per caso era scivolata sulla sua pancia - forse non tanto per caso, no. Harry sembrava distratto, guardava il cielo raccontando dell’ultima lezione di Pozioni, e la sua nuova incredibile prestazione grazie al libro del Principe.
La mano. La mano sul maglioncino scuro bordato dei colori della Casa. Si muoveva dolcemente descrivendo dei circoli. Forse doveva provare a fare qualcosa. “Ho quindici anni” si disse, mentre in maniera impercettibile, anche lei cominciava a descrivere piccoli cerchi sulla sua spalla. Li aveva sentiti? Forse Harry credeva semplicemente che avesse mosso le dita per stiracchiarle. Provò a non fermarsi ma non sembrava che la mano le rispondesse. Forse lui stava davvero pensando ad altro e muoveva la sua meccanicamente, forse non si era neanche accorto di averla appoggiata lì, sulla sua pancia, nell’ansa morbida del maglione, subito sotto l’ombelico. Le pizzicavano le gambe, d’improvviso sentì il bisogno di muoverle ma, se solo avesse mutato la sua posizione di un millimetro, Harry si sarebbe accorto della mano e l’avrebbe tolta – e anche se invece l’aveva messa lì apposta, avrebbe interpretato il cambiamento come un messaggio negativo. Si ordinò di riprendere a muovere le dita. Harry era sdraiato a terra come lei, sull’erba fresca, vicino ai cespugli in riva al lago; lei gli era accanto, appoggiata di fianco, un braccio ripiegato sotto la testa per sostenerla. Mosse di nuovo le dita leggermente, come se stesse giocherellando con un filo d’erba, tesa a sfiorargli la spalla nuovamente.
Ma poi perché stava facendo tutto questo? Non poteva, semplicemente, chiedergli cosa facesse lì la sua mano?
Se l’avesse domandato troppo bruscamente, Harry nuovamente avrebbe potuto interpretare male; non che non volesse che lui l’accarezzasse, ovvio, ma si sentiva il cuore battere fortissimo e questo la imbarazzava, se ne sarebbe accorto di certo, e oltretutto, sentiva un forte –quasi- fastidio, per tutta quell’agitazione dovuta solo ad una mano nomade. La sua mano, però.
Forse poteva provare a dirglielo scherzosamente. Alla sola idea si sentì diventare rossa fino ad essere un tutto continuo con i suoi capelli. Seguitò senza parere a giocherellare con i fili d’erba, sfiorandogli la spalla, premendo leggermente le anse del mantello di Harry, punzecchiando con un bastoncello lì dove la spalla terminava e diventava petto, mentre la voce di lui pian piano si spegneva e lasciava posto solo allo stormire degli alberi e lo sciabordio ritmico delle acque del lago nero.
Dopo solo un momento, Ginny neanche si stupiva più di sentire il peso di Harry sul suo corpo. Quando, un’ora dopo, si alzarono in piedi, pensò che fra le persone c’è un vetro, che impedisce loro di toccarsi, finché un qualcosa di più forte non ve le scagli contro infrangendolo in mille baci d’amore.

Ginny notò con la coda dell’occhio Ron che accarezzava i riccioli di Hermione, per consolarla. Era stato scagliato anche lui contro il vetro che lo divideva da lei; Silente morendo l’aveva infranto. Cosa aveva fatto si che lei e Harry riuscissero (nel corso di quegli anni, attraverso le difficoltà e le paure crescenti, la fine di una vita serena e il continuo, martellante pensiero rivolto al Signore Oscuro) a trovarsi?
Forse Harry aveva voluto proteggerla; niente in contrario, si sarebbe forse addolorata del contrario. Ma mentre le lacrime instancabili le rigavano le guance, l’occhio vagava tra il corpo del ragazzo amato (stava parlando a Scrimgeour, ora) e la lapide bianca, pensò che forse qualcuno doveva prendersi cura di lui, seguirlo e proteggerlo, di nascosto. Qualcuno piccolo, insignificante, non più temuto dal Signore Oscuro perché terrorizzato anni fa; qualcuno che però era cresciuto. Qualcuno come lei.
Guardando Harry da lontano, raggiunto sotto il grande albero da Hermione e Ron, capì che, come loro, non l’avrebbe mai lasciato. Perché una storia così semplice e grande, non poteva finire durante un funerale in riva al lago, tra lacrime e disperazione.

Marge
  
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