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Autore: mamogirl    31/10/2011    5 recensioni
“Ricordi come è incominciato tutto?” domandò Brian, sistemandosi meglio nell’abbraccio di Nick.
Nick appoggiò il mento sulla sua spalla, strofinando insieme le guance. “Ricordo esattamente ogni momento, Bri – bear.”
E lì, stretti l’uno nell’altro, si lasciarono trasportare indietro nei ricordi, memorie di un passato e presente che si intrecciavano insieme attorno ad una semplice tazza di latte caldo ed un biscotto al cioccolato.
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian Littrell, Nick Carter
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Di latte caldo e biscotti al cioccolato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Atlanta, 2007 

 

 

Era una serata di fine settembre, una di quelle sere che avevano ancora il sapore dell’estate nonostante incominciassero a vestirsi di autunno. Il cielo era un’infinita tavolozza blu, scintillante grazie ai mille e più puntini luminosi racchiusi in costellazioni; fra di essi, una tonda luna si beava specchiandosi nelle pozzanghere che l’acquazzone della giornata appena trascorsa aveva portato, portandosi via, con le sue nuvole, l’afa di un caldo che era stato protagonista nei mesi precedenti.
Circondata da un ampio appezzamento di terra, con alte querce ed abeti a fornire privacy, la casa non sembrava ospitare due star internazionali: con le sue linee semplici, le mura dipinte di un bianco che metteva in maggior risalto il rosso dei mattoni del tetto o le piastrelle in cotto del patio che costituiva l’ingresso, essa sembrava solamente una comune casa residenziale. Piante e vasi di fiori abbellivano la zona del portico, completata da un tavolino di vimini bianco, ai lati due poltrone simili e, di fronte, un dondolo dello stesso colore con enormi e morbidi cuscini di un celeste pastello. Il patio circondava buona parte del perimetro della casa, confluendo poi nel cortile posteriore, acri ed acri che si perdevano oltre la linea dell’orizzonte, sfumandosi e diventando un fitto bosco.
Le luci al primo piano era accese, una portafinestra era lievemente socchiusa e la leggera brezza serale faceva risuonare l’acchiappasogni appeso sulla soglia, nascosto nelle pieghe della tenda di organza. Quella finestra dava sul salotto, da dove giungeva anche il rumore soffuso della televisione, sintonizzato su un canale sportivo e su una partita di basket.
Sul lungo divano, di un color crema, un ragazzo coi capelli biondo scuro – anche se non qualche tempo prima, quel colore era più un platino – stava seduto con le gambe incrociate, lo sguardo fisso ed attento nella mansione che stava adempiendo da qualche tempo: da un lato, una pila di biancheria appena ritirata dall’asciugatrice; dall’altro, il cesto dove avrebbe dovuto riporre gli indumenti piegati, dividendoli fra quelli che andavano ancora stirati e quelli che potevano essere già messi via.
Poteva sembrare un compito semplice, se non fosse stata per la maniacalità del suo compagno: le calze dovevano essere piegate per paio, non una sopra l’altra – almeno lui non le divideva per “occasioni d’uso” come faceva Howie – come lui aveva sempre fatto.
Ed ancora non aveva compreso perché si ostinasse a stirare gli asciugamani!     
Nonostante si lamentasse a più non posso di quell’arduo compito che gli era stato assegnato, in fondo il ragazzo assaporava quel momento come uno dei migliori della sua giornata: non tanto per la mansione in sé ma per quello che significava.
Era la loro routine, lui che si occupava della biancheria mentre il suo compagno metteva a letto suo figlio, prima di raggiungerlo in salotto e passare il resto della serata accoccolati a guardare la televisione.
Era la loro routine come famiglia.
E, quindi, che cosa importava se doveva impiegarci molto più tempo rispetto al necessario? Non che avesse altro da fare. Non che ci fosse qualcos’altro migliore di quello.
Così Nick ritornò a piegare con solerte attenzione la maglietta che aveva fra le mani.
“Se lo raccontassi in giro, poche persone ci crederebbero.”
La voce non lo spaventò, erano solo loro due in casa quindi, a meno che Baylee fosse riuscito nell’intento di far addormentare suo padre ed imitarlo poi alla perfezione, chi aveva parlato non poteva essere altro che Brian stesso.
“Certo, le mie fans si aspettano che tolga loro le mutande, non che le pieghi!” Ribatté Nick, alzando in aria l’indumento che aveva in mano.
“E, di certo, non dei boxer.”
Brian si sedette accanto a lui, facendo attenzione a non demolire la pila di vestiti già piegati.
“Vuoi una mano?”
“No, signore. – Rispose Nick. – E’ il mio compito e lo finisco io.” E, per sottolineare quell’affermazione, si allungò per prendere i rimanenti panni prima che Brian potesse incominciare ad aiutarlo.
“Sia mai che ostacoli quando volontariamente ti offri per un lavoro di casa.”
“Ahahahah. – Ridacchiò sarcastico Nick. – Si è addormentato?”
“Dopo tre favole e quattro canzoni della Disney, sì. - Rispose Brian. – Non ho ancora capito dove prenda tutta quell’energia.”
Nick si fermò, lasciando perdere per un secondo la camicia che stava piegando, e lanciò un’occhiata a Brian. “E’ tuo figlio e la tua copia. E tu, ti poni anche questa domanda?”
“Io non sono mai stato così!”
“Ah no? Vediamo, chi di noi si arrampica su qualsiasi superficie immaginabile, salta da qualsiasi altezza nonostante soffra di vertigini e non sta fermo nemmeno per un secondo?”
“Anche te non è che sei propriamente una persona immobile...”
“Ma io sono più giovane di te!”
“E questo cosa c’entra?”
Nick scosse la testa divertito e ritornò alla sua camicia – in realtà, era la camicia color salmone di Brian, che però gli stava dannatamente bene – mentre Brian metteva il broncio, incrociava le braccia davanti al petto e si immergeva completamente nella partita.
Per qualche minuto, l’unico suono era quello proveniente dalla televisione; racchiusi in un confortevole silenzio in cui entrambi erano a loro agio anche senza aver la necessità di scambiare qualche parola.
Una piccola scritta, a lato dello schermo, catturò l’attenzione di Brian: era una data, più precisamente la data di quel giorno ma... cielo, come aveva fatto a dimenticarlo? Certo, era una ricorrenza non così importante come l’anniversario di quando si erano messi insieme o piccole celebrazioni di momenti speciali ma... no, era importante tanto le altre. O forse anche di più, visto che aveva rappresentato una svolta e l’inizio di un nuovo capitolo.
Tre mesi prima, il suo divorzio con Leighanne diventava effettivo. Quello stesso giorno, un mese dopo, un giudice gli lasciava la completa custodia di Baylee, una vittoria che fino a qualche settimana prima sembrava essere solamente un miracolo. Invece, era successo e non appena lui e suo figlio erano usciti dal tribunale, il primo posto dove si erano recati era stato Tampa e lì, mentre lui e Nick camminavano mano nella mano osservando il bambino giocare con le conchiglie... lì Brian aveva chiesto ufficialmente a Nick di andare a vivere con loro.
Come una famiglia.
Senza dire una parola, si allungò quel tanto che bastava per appoggiare le labbra sulla guancia di Nick, scoccandogli un bacio.
“Non che mi stia lamentando ma... a che cosa debbo questo segno di affetto?”
“Nick, che giorno è oggi?”
Nick lo guardò perplesso. “Visto che c’è la partita, è sabato. Che domande fai?”
“Intendevo, che data è oggi?”
“Ma scusa, guarda la tv! C’è scritto bene in chiaro che data è oggi. Anzi, ti dicono anche quanti gradi ci sono!”
“Stupido! – Esclamò Brian. – Io so che giorno è oggi.”
“Ed allora perché me lo chiedi? – Ribatté Nick sempre più perplesso. – A te la vecchiaia fa brutti scherzi, lasciamelo dire!”
Per tutta risposta, Brian gli tirò un lieve, seppur sonoro, buffetto sulla testa. “Non sono vecchio!”
“Ahio! Ma che ho detto?” Si lamentò Nick, massaggiandosi il punto in cui Brian lo aveva colpito.
“Ne vuoi un altro?”
“No, no, no... scusa, non volevo dire che eri vecchio! – Nick si precipitò a scusarsi, ben sapendo che Brian sarebbe stato capace di fargli crescere un bernoccolo pur di fargli ammettere che aveva sbagliato. – Ma non ho ancora capito perché mi chiedi che giorno sia quando sai già la risposta.”
Brian scosse la testa sconsolato. A volte, la somiglianza tra Baylee e Nick era in qualche modo disarmante. E non in senso positivo! “Nicky, che cosa è successo due mesi fa?”
“E che cosa ne so? Mi dimentico quello che è successo ieri, dovrei anche ricordarmi quello che è accaduto due mesi fa?”
La risposta di Brian non si fece aspettare, un altro buffetto atterrò nello stesso e preciso punto del precedente.
“Ahio! Ma la smetti?”
“Non ci credo che te lo sei dimenticato!”
“Che cosa avrei dovuto dimenticare?” Ribatté Nick mentre incominciava a pensare velocemente quale ricorrenza si era dimenticato: il loro anniversario era fra meno di tre mesi, esattamente il giorno di Natale; il compleanno di Baylee era il ventisei novembre, quindi era impossibile che se lo fosse dimenticato. Ma era anche vero che Brian aveva mille altre date speciali, tutte importanti per lui. Ma da qui al fatto che anche Nick dovesse ricordarsele tutte...
“Nick, da quanto tempo vivi qua con noi?”
“Che domande! Da quando hai avuto la custodia di Baylee.”
“E quando è successo?”
“Due mesi fa, credo.”
“Quindi...?”
“Quindi mi dai un bacio per festeggiare la custodia di tuo figlio? Questa logica è contorta anche per me che ti amo!”
Il terzo schiaffo arrivò dopo nemmeno due secondi. “Ehi! Questo è abuso!”
“A volte ti perdi davvero in un bicchier d’acqua.”
“Ed a volte tu sei strano.” Ribatté Nick, spostandosi prima che potesse volare qualche altra manata.
“Tampa, casa tua, la spiaggia... non ti ricorda niente?”
“Oh, certo che mi ricorda qualcosa! - Esclamò Nick maliziosamente. – Ma non è esattamente quello a cui tu ti riferisci.” Aggiunse immediatamente dopo, vedendo lo sguardo serio del ragazzo.
“No. Ma c’entra. Per quale motivo abbiamo fatto quel qualcosa?”
“Aspetta... tu... tu mi avevi appena proposto di vivere con voi!”
“Signori e signore, ecco a voi il vincitore del quiz finale di questa serata!” Annunciò Brian, imitando la voce seria ed ufficiosa di un presentatore, con tanto di mano racchiusa in un pugno a mo’ di microfono.
Nick recuperò uno dei panni ancora da piegare e glielo tirò contro. “Scemo!”
Brian scoppiò a ridere, quel sorriso che gli illuminava tutto il volto. In un secondo, Nick se lo ritrovò tra le braccia all’improvviso, le sue strette attorno al collo e baci al limite dello sbaciucchio. “Sarò scemo ma tu mi ami lo stesso, vero?”
“E come potrei non farlo? Tu e Baylee siete gli unici punti fissi della mia vita.”
Per un momento, Brian non seppe come rispondere a quella frase. Scherzava sempre su Nick, su quel modo, a volte quasi infantile, con cui osservava il mondo; a volte glielo invidiava, perché riusciva a catturare piccoli dettagli e grandi verità che solamente gli occhi di un bambino, senza filtri o schemi, poteva carpire. A volte, invece – e questo succedeva di rado – si arrabbiava perché era più facile fargli del male, era più facile ferirlo perché non si aspettava tanta crudeltà. Ma, forse, era anche per quello che si erano rivelati essere anime gemelle. affinché lui potesse proteggerlo da chiunque volesse ferirlo.
“Dobbiamo festeggiare.” Mormorò quindi, alzandosi a malincuore.
“Oh, questa cosa mi piace.” Rispose Nick, alzandosi anche lui.
“No! – Brian lo bloccò e, con un lieve spinta, lo fece ricadere sul divano. – Tu hai un lavoro da finire. Mentre lo fai, io vado a preparare una sorpresa.”
"Va bene." Sbuffò Nick fintamente infastidito. Poi, osservò la figura di Brian scomparire dietro il muro ed allungò il collo per verificare se stava andando dove lui sperava andasse. Ma, quando lo vide girare a sinistra invece che proseguire dritto fino alle scale che lo avrebbero portato al piano superiore, non poté fare a meno di richiamarlo.
“Che c’è? Non dirmi che hai già finito!”
“No, no. Ma tu stavi sbagliando strada."
“Eh?”
“La nostra camera è di sopra.”
“Ma io non devo andare in camera. Perché dovrei?”
Gli occhi di Nick si ingrandirono per lo stupore. “Come perché dovresti? Dobbiamo festeggiare!”
“Ma tu pensi solo a quello? E poi c’è Baylee nell’altra camera, preferirei evitare di fare certi discorsi a nostro figlio a quest’età.”
“Aspetta!”
“Nick, no, non faremo sesso stanotte.”
“No, non intendevo quello. Che cosa hai detto riguardo a Baylee?”
“Che sta nell’altra stanza?”
“No, no, come lo hai chiamato?”
Brian ci rifletté su un attimo. “Nostro figlio.” Rispose, come se fosse la risposta più semplice e naturale di quel mondo.
Gli occhi di Nick iniziarono a luccicare. “Allora stasera dovremo festeggiare anche un’altra cosa perché è la prima volta che lo chiami così.”

 

 

 

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Se c’era una stanza che Brian amava più di qualsiasi altra in tutta la casa era proprio la cucina.
In tutti i suoi ricordi legati all’infanzia, la cucina era sempre stato lo sfondo: le colazioni di mattina con tutta la famiglia; le merende con sua madre mentre chiacchieravano del più e del meno prima di andare alle prove del coro; le cene; le serate passate a studiare fino a notte tarda perché voleva portare a casa quel benedetto e sudato pezzo di carta, anche se il suo futuro aveva già preso una totale e differente svolta.
Per lui, la cucina era il luogo dove riunirsi dopo una giornata trascorsa tra mille e più attività, il luogo dove finalmente respirare un’aria di normalità dopo esser stato in giro per il mondo, sballottato da una camera d’albergo all’altra, viaggi in aereo e poi in bus.
In quella stanza, aveva affrontato le discussioni più importanti, anche quelle più dure come la sera in cui aveva dettoa sua moglie, chiaro e preciso, che non aveva più senso continuare qualcosa che non funzionava già da troppo tempo, un legame nato solamente per senso del dovere – da parte sua – e voglia di prevalsa – da parte di lei. Era stato un idiota, aveva sprecato anni ed anni in un matrimonio che era solo un pezzo di carta solo perché era la cosa giusta da fare e solo perché voleva che suo figlio potesse avere quella famiglia che lui aveva sempre avuto.
Ma sempre in quella stanza aveva vissuto dei momenti unici ed importanti: i primi passi di Baylee, con quell’andatura incerta e simile a quella di un pinguino; la sua prima parola – ovviamente papà – mentre stavano giocando sulle piastrelle con un mini pallone da basket.
E la loro prima cena come famiglia?
Come poteva dimenticarla? 
Nick si era offerto per lavare i piatti mentre lui si occupava di mettere a letto Baylee e, quando era ritornato in cucina, l’unica superficie non bagnata erano i vetri, e questo perché si trovavano dalla parte opposta!
Brian scosse la testa e si avviò verso il bancone. Tutti i mobili erano di legno di cedro, un chiaro marrone che alla mattina, quando il sole entrava dalla grande finestra, faceva risplendere ancor di più la cucina.
Dalla credenza , recuperò due tazze e le posò sull’isola; dopo di che, prese dal frigorifero il cartone del latte ed incominciò a versarlo in un piccolo pentolino. Oramai sapeva a memoria le esatte dosi senza dover continuamente misurare.
Era forse la ricetta più semplice al mondo, un qualcosa che anche Nick era capace di fare senza il bisogno di avere un estintore al suo fianco, ma non risiedeva nella sua semplicità il motivo per cui, per loro, era così tanto speciale.
Continuò a mettere insieme i pezzi: la zuccheriera, un piattino colmo di cookies, fatti solamente quel giorno, e qualche tovagliolo perché Nick si sarebbe di sicuro sporcato.
Quando fu sicuro che tutto fosse al suo posto sul vassoio, la sua attenzione ritornò sul latte che aveva lasciato lentamente scaldare sul fornello: quando non avevano tempo, scaldavano semplicemente le tazze all’interno del microonde ma non era la stessa cosa. Con un cucchiaio di legno, incominciò a mescolare per evitare che si formasse la sottile pellicina di panna che dava fastidio ad entrambi.
Quando fu sicuro che la temperatura era quella voluto, Brian spense il gas e tolse il pentolino, versando con attenzione il latte nelle due tazze.
Un tocco di polvere di cioccolato, una foglia di menta, e la ricetta era completata.
Prima di lasciare la cucina, si assicurò che non avesse sporcato da nessuna parte e mise il pentolino a mollo nel lavandino, visto che, molto probabilmente, non avrebbe avuto tempo di lavarlo fino alla mattina successiva.
Il salotto aveva un’atmosfera differente quando vi rientrò: le luci erano state abbassate, una soffusa luce tra l’arancio pallido ed il rosso si mescolava con quella creata da qualche candela accesa in angoli precisi della stanza mentre sul divano Nick aveva steso una coperta.
I suoi occhi si illuminarono quando videro Brian appoggiare il vassoio sul tavolino.
“Aggiungiamo un nuovo significato al nostro rituale?” Domandò.
“Credo che la funzione di celebrazione l’avessimo già aggiunta quando abbiamo festeggiato... che cos’era?”
Nick addentò uno dei cookies prima di sedersi sul divano. “Vediamo... forse quando abbiamo finalmente concluso che eravamo due idioti?”
Brian si sedette accanto a lui e, esattamente come aveva previsto, non passò poco prima che Nick lo spinse contro di lui, avvolgendo poi entrambi con la coperta. “Non credo. Almeno, da parte tua, è una conclusione molto ovvia.”
“Divertente.” Scherzò Nick, lasciando un bacio sul collo esposto di Brian.
Esattamente come quando si brindava con una coppa di champagne, Brian e Nick fecero risuonare le loro due tazze con un piccolo tocco, prima di soffiarci sopra per far raffreddare la schiuma.
“Due mesi. Sai che mi sembra ieri?”
Nick sospirò. “A me sembra che non sia mai passato il tempo, come se finalmente avessi incominciato a vivere. E’ strano, ho sempre avuto paura delle relazioni serie ma per te... per Baylee, ero pronto già da tempo. Quando mi hai fatto quella proposta, ho creduto di essere finalmente giunto in paradiso.”
“Davvero?”
“Sì. Poter stare con te senza doverci nascondere, poter finalmente trascorrere le notti con te abbracciato, senza la paura che il sole facesse capolino troppo in fretta. E prima... sentirti dire nostro figlio. E’ davvero qualcosa per cui festeggiare.”
“Nicky, non c’è nessun altro con cui vorrei condividere ogni momento prezioso della sua vita. E tu, a volte, nemmeno ti accorgi di quanto Baylee cerchi di imitarti.”
“Sapere che tu mi ritieni all’altezza per crescerlo insieme. Ecco, è a questo che oggi vorrei festeggiare.”
“Ricordi come è incominciato tutto?” domandò Brian, sistemandosi meglio nell’abbraccio di Nick.
Nick appoggiò il mento sulla sua spalla, strofinando insieme le guance. “Ricordo esattamente ogni momento, Bri – bear.”
E lì, stretti l’uno nell’altro, si lasciarono trasportare indietro nei ricordi, memorie di un passato e presente che si intrecciavano insieme attorno ad una semplice tazza di latte caldo ed un biscotto al cioccolato.











 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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Questa idea navigava un po' fra la mia mente,. E' nata quasi per caso, dopo aver scritto una piccola scena per una fic in inglese in cui Brian menzionava questo piccolo loro rituale. Da lì, é nata l'idea di una raccolta di scene, storie che avessero tutte in comune il bere una tazza di latte caldo con dei biscotti al cioccolato. Sarà anche per questo che questa raccolta non avrà mega drammi, niente stalker, violentatori, incidenti (su questo non ne sono ancora sicura XD) ma sarà tutto narrato in modo semplice. Molto fluff. ^___^
Altra questione. Forse, qualcuna, si sarà accorta dell'improvvisa scomparsa di "Unsuspecting Sunday Afternoon". Nonostante sia stata una decisione molto sofferta, era anche l'unica possibile: c'era poca coerenza tra i primi capitoli e gli ultimi e, siccome ci tengo a quella storia (come a tutte, sono le mie bambine! *__*) ho deciso di toglierla per ripresentarla con più coerenza. 
Terzo, mi scuso davvero per quanto poco sia produttiva in questo periodo. Blocchi dello scrittore ed il fatto che ci impieghi tre ore solamente per cercare anche una semplice immagine per descriverla... lol  Quindi, I'm so sorry! Ma cercherò di farmi perdonare! 
Buon Halloween!
Cinzia

   
 
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