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Autore: _morph_    01/11/2011    1 recensioni
Non dispiacerti di ciò che non hai potuto fare, rammaricati solo di quando potevi e non hai voluto.
-- Mao Tse Tung
Un respiro che si interrompe, ravvivato solo da fioche sfumature di colore che riempiono le giornate. Il desiderio di respirare in una vita che brucia, che consuma e infiamma i sogni tenendo accesa la bellezza di ciò che si vede, ritenendola ancora sensata, senza dover chiedere scusa
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il nocciolo puro e sfavillante dei colori si muoveva lento, riflesso nelle sue pupille. Ondeggiò la testa accompagnando con lievi spostamenti, i passi leggeri prodotti dai tacchi e le suole in cuoio dei ragazzi incentrati nella sala. Cullò quella melodia seguendo le note con una mano, pur di stare al passo con i vestiti cuciti e successivamente creati a regola d’arte. Il suo dito percorse un pentagramma immaginario, sognando che fosse lei a dirigere quell’orchestra di perle che circondavano attente quell’utopia creatasi nella sua testa.

-ti sei fissata?- una voce profonda e bassa la ridestò dall’incanto che quell’armonia così pungente aveva scatenato in lei. Si voltò con la bocca socchiusa, stupita dal richiamo seducente che faceva vibrare la sua anima.

-come, prego?- il rossore affiorato sulle sue candide guance lo fece sorridere divertito –oh! È che la musica è bella- le gocce di sudore ferme sulle tempie erano specchio di quella che era la sua momentanea e innaturale goffaggine –la musica classica, è bella- si corresse cercando di acquistare credibilità ad ogni parola.

-piace anche a me- lei annuì rapita dagli occhi scuri –te ne intendi?-

-un po’… suono il pianoforte- le note di un contrabbasso raggiunsero i suoi timpani. Le iridi viola della ragazza percorsero lentamente il fisico asciutto e non eccessivamente muscoloso dell’uomo. Nel riscontrare un velo di barba sulle guance, sorrise. Immotivatamente.

-e la danza?- lo vide spingersi in avanti simulando un’appena accennato inchino.

-mi piace. Soprattutto il balletto- emise un risolino nel comprendere i suoi teatrali movimenti galanti.

-volevo dire, la pratichi?- la testa appena scossa gli fece intendere il dissenso –Thomas- si presentò porgendole le lunghe dita.

-piacere- mormorò aggrappandosi alla mano offerta, rimase ancora una volta incatenata allo sguardo scuro, che con poche sfumature di colori, riusciva ad emanare un calore inteso e travolgente al tempo stesso, prima di riscuotersi.

-e il tuo nome?-

-Elisabeth- snocciolò lasciando la presa.
-bene, ti va di ballare Liz?- lei si passò nervosamente le mani tra i capelli neri, cercando di ignorare il poco gradito nomignolo, prima di fare un passo indietro nel sentir lo scoccare dell’orologio segnante la mezzanotte

devo andare. Piacere di averla conosciuta, davvero- la piccola Cenerentola sentì un paio di occhi estranei puntati sulla sua figura, dall’altra parte della salone. Questo bastò a confermarle che l’ora di correre a casa, era arrivata.

-umiliazione: forse questo è l’unico aggettivo in grado di descrivere ciò che ho provato là dentro. Pentimento: ciò che invece dovresti provare senza esitazione tu- spiegò attento e preciso l’orco che fino a poco prima si era infiltrato come un ladro nel suo letto, abusando della sua esistenza, abusando della sua vita, del suo corpo –devo dedurre che fare la puttana ti piaccia- sussurrò distrattamente abbottonandosi la camicia con cura.

-abbiamo scambiato due parole. Nulla di più- si difese alla meno peggio stanca perfino di sentire la sua voce tra quelle quattro mura.

-non usare quel tono. Sai quello che mi devi. Non provare a strusciarti con altri uomini. Ne dovresti pagare le conseguenze- un sopracciglio inarcato lo irritò maggiormente.

-io non mi struscio- puntualizzò lei sollevandosi in posizione eretta –vattene, tra poco arriverà mio fratello-

Notò la sua mano scivolare sulla mensola, prendere la palla di vetro regalatale da sua madre, da Parigi, e gettarla a terra con la più studiata e deliberata perfidia. Il rumore del vetri frantumati sul pavimento le fece istintivamente portare le mani alle orecchie, stringere gli occhi, e pregare. Costantemente. Sperando, invano, che fosse tutto un incubo creato dalla sua mente –ti odio!- mugugnò crucciata cercando di fermare le lacrime, premendo i palmi contro le palpebre. Le ginocchia tremanti le segnalarono la vicinanza che si stava creando tra loro, e un sonoro schiaffo, datole su una di quelle guance che quella sera erano arrossite dopo tanto tempo, le confermarono il tutto. Quella stessa mano che aveva rovinato la sua Parigi in miniatura, se ne stava, ora, vittoriosa, posata su un fianco senza il minimo movimento. Si morse con forza un labbro, trattenendo a stento il ripudio.

-fai la brava, ci vediamo domani- quell’olezzo di realtà e concretezza le crollò con ferocia sulla testa. Scattò in piedi non appena sentì uscire dalla porta di casa. Gridò con quanto più fiato avesse in gola, piegandosi sulle ginocchia e stringendo quel che restava dei vetri. Quel sangue che ora strisciava serpeggiante al di fuori dalla sua pelle, le fece vedere, con dei colori, e una forma, e un odore, cos’era il suo dolore, come era fatto, di che consistenza. Premette le mani sulle guance, spargendo il liquido rosso sul viso, sulle labbra carnose, sul naso. Impregnando maggiormente la sua coscienza di tutte le colpe e gli sbagli non commessi da lei, ma di cui stava pagando le conseguenze.

 

Commenti dell’autore:

se siete arrivati fin qui, allora grazie di aver letto il capitolo C: non so da che parte cominciare a spiegare la mia assurda storia, infatti non lo farò. Se avete qualche dubbio ditemelo e sarò pronta colmarlo.
Sarebbe carino, se non scoccia, ricevere qualche recensione, qualche commento essendo il primo capitolo nonché la prima storia nelle originali :D spero abbiate gradito.
Domiz

http://www.facebook.com/groups/190252961055523/ questo è il link del mio gruppo su facebook <3
   
 
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