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Autore: Eliada    03/07/2006    6 recensioni
“-Che cos’è Hogwarts e chi accidenti è Albume Sipente?- -Già e chi sarebbe anche quella… com’è che si chiama?! Minerva McGranito? Che bei nomi!- -Albus Silente!!- tuonò Piton -E Minerva McGranitt…-completò con minor enfasi. -Okay, okay signor Spiton!- cercò di giustificarsi Elisabetta, ma con scarso successo. -Ci rinuncio…- borbottò Piton.” Come vi sembra "l'inizio" di questa ff? Vi ispira?Beh...se è così cosa aspettate!Leggetela...e se vi capita...lasciate una piccola recensionuccina!!!
Genere: Generale, Commedia, Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Draco Malfoy, Harry Potter, I Malandrini, James Potter, Lucius Malfoy, Remus Lupin, Severus Piton, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nobili Francesca

 

 

Capitolo 1

 

Un aiuto insperato

 

Elisabetta e Francesca erano sorelle, vent’otto anni sommati insieme.

Due sorelle che andavano perfettamente d’amore e d’accordo, che ad un primo sguardo potevano apparire semplici amiche (infatti non potevano essere più diverse!), ma chi le conosceva bene sapeva che erano indissolubili.

La prima era di corporatura media, sul metro e sessantacinque, proprietaria di lunghi e liscissimi capelli castani e di lucenti occhi verde acqua; la seconda era più bassa e snella, con sfavillanti capelli castano scuro mossi lunghi fino circa alle spalle ed espressivi occhi castani chiaro.

Quanto al carattere, erano spesso schive e riservate, altre volte invece più espansive.

Era la fine di agosto e faceva caldo; il ghiaccio che Elisabetta era riuscita a recuperare si era già completamente sciolto nel suo bicchiere di succo di frutta mentre le due stavano guardando il loro album di foto. L’avevano consumato, a forza di guardarlo; lo facevano più o meno una volta all’anno, era una specie di rituale.

 

 

A dieci anni, guardandolo, avevano chiesto ai genitori come mai non esistessero, nella loro casa, foto di loro neonate in braccio a papà o mamma. Fu allora che scoprirono di essere state adottate.

Da allora i rapporti si erano incrinati. Non era una cosa esplicita, ben visibile, semplicemente succedeva. I rapporti con il padre erano limitati alla sera a causa del lavoro, anche se erano sempre momenti felici, mentre quelli con la madre, che pur era presente in casa, non erano così consistenti.

Nonostante la scuola assorbisse molto del loro tempo libero, spesso, anche d’inverno, stavano fuori casa a gironzolare per il loro minuscolo paesello; andavano a scambiare quattro chiacchiere con la titolare dell’unica libreria e anche a farsi spiegare un po’ di matematica, oppure andavano a far merenda con un pezzo di pizza o uno snack in uno dei tre bar sempre ben riscaldati.

Spesso in casa loro si discuteva, ma i musi di solito scomparivano entro la giornata. Era in quelle occasioni che se ne andavano a fare un giro.

Quell’estate fatidica, come consuetudine, stavano trascorrendo le loro mattinate ad un centro estivo tenuto nella palestra comunale; era abbastanza monotono: essendo loro le più grandi dovevano aiutare gli obiettori a tenere a bada i bambini più piccoli. Alcuni erano delle vere pesti; quelli più grandicelli, dai dieci anni in su, erano davvero rissosi e attaccavano briga ogni giorno, mentre le bambine piccole erano più tranquille e carine. Avevano molte piccole amiche frequentanti l’asilo.

Come al solito, alla fine di agosto si teneva un piccolo spettacolo al teatro comunale di canto e ballo. L’idea non le eccitava proprio: nessun ragazzo carino, solo genitori e mamme in ansia con le telecamere.

-Ragazze! Qualcuna di voi va giù a vedere se c’è della posta?- la voce della madre giunse squillante dalla cucina fino alla loro camera.

-Andiamo!- scesero dal letto e uscirono dalla camera, percorsero il corridoio notte e il breve tratto fino alla porta del loro appartamento. Scesero due brevi rampe di scale e furono coi piedi sull’asfalto rovente del cortile. La buchetta delle lettere in effetti conteneva una lettera, ma le due non avevano le chiavi per aprirla, così Francesca introdusse le sue dita sottili nella fessura e riuscì a estrarre la spessa busta.

Elisabetta allungò il collo curiosa: la busta era di carta spessa e porosa, forse riciclata, e chiusa con della cera lacca rossa sulla quale era impresso uno stemma.

Quando furono rientrate in casa, fecero subito vedere la lettera alla madre adottiva, la quale lacerò senza tanti complimenti un lato ed estrasse il contenuto. I suoi occhi scorsero veloci le prime righe; non finì nemmeno di leggerla, che l’appallottolò e la gettò nel cestino della spazzatura.

-Che roba era?- chiesero curiose le sorelle.

-Uno scherzo. Probabilmente di quelle catene che circolano tra i giovani…- e non aggiunse altro. 

*

La giornata seguente era pressoché uguale a quella appena passata: il sole era alto nel cielo e scaldava il paesaggio tutt’attorno, il cielo era blu, senza l’ombra di una nuvola e, di tanto in tanto, si udiva il canto di qualche uccello.

Beato te, uccellino, che canti quando ne hai voglia pensò Francesca.

I ragazzi del centro estivo entrarono nel piccolo teatro a coppie disposte in fila indiana, sotto lo sguardo vigile dell’assessore comunale all’istruzione, che ogniqualvolta si avvicinava un possibile spettatore dispensava sorrisi al malcapitato.

Ad accogliere la moltitudine c’era Marco, uno degli obiettori del comune, che stava disponendo i bambini in cerchio attorno a sé perché tutti potessero sentire.

Si misero d’accordo su come disporre le entrate in scena (Elisabetta e Francesca erano circa a metà) e sulle canzoni da presentare. Naturalmente quando le due sorelle dissero che a loro non serviva la base, perché volevano proporre un pezzo di loro invenzione, l’assessore si insospettì, ma dando retta a miliardi di rassicurazioni si convinse a lasciarle fare.

In fondo alla sala, già piena, due figure in penombra sembravano prese da tutto fuorché dalla bambina che stava “cantando” una stupida filastrocca.

-Hai sentito, no? Silente ha detto che è già l’undicesima lettera che ignorano!- disse una voce melliflua di uomo.

-Certo…- rispose una seconda voce, più gioviale –Più o meno capitò una cosa del genere anche a me…-

-Mi disgusta essere in missione con te, questo lo sai vero?- chiese freddo il primo uomo.

-Naturalmente!- rispose il secondo, probabilmente un ragazzo.

-Ma cos’è questa schifezza che ci stanno propinando?!- sbottò di colpo il primo, attirando su di sé molti degli sguardi dei presenti.

-Fa piano!- sussurrò il ragazzo al suo compagno. –Sai, ai Babbani piace vedere i moscerini che cantano, soprattutto se fanno schifo…-

-Quando dici “Babbani” comprendi anche te stesso?- sogghignò malefico l’uomo.

-Ormai non più. Non più…-

*

Finalmente toccava alle sorelle.

Quando la bambina del turno prima di loro ebbe finito, le due fecero un’entrata veramente unica: una giravolta di capriole, salti a mezz’aria, ruote riempì gli occhi degli spettatori.

Come da copione, i due microfoni senza filo furono lanciati loro da sotto il palco; li afferrarono e cominciarono a cantare.

 

Se oggi sono contenta

È perché ho mangiato della menta

Ieri invece ero triste

Perché non avevo delle riviste

Fare quello che mi pare

Anche urlare, sì

Oggi mi va di fare….

 

-Bravine… non c’è male!- sussurrò l’incontentabile uomo, nascondendo male l’eccitazione.

-Vedo che qualcosa del mondo Babbano inizia a piacerti!- ghignò il suo compagno.

-Non ho detto che mi piace! Intendevo dire che sono senz’altro meglio delle cantilene di prima!-

Anche il pubblico le apprezzava, battendo le mani a ritmo e applaudendo, e quando le due scesero dal palco facendo un giro andò in delirio.

Qualcosa aveva attratto Elisabetta, la quattordicenne castana, verso gli ultimi posti dove sedevano le due figure in penombra; fece qualche ruota, tentando di vedere i volti, ma si allontanò correndo senza aver soddisfatto la sua curiosità.

 

…se con questo divertiti vi abbiamo 

adesso noi ci dileguiamo!

 

Così com’erano giunte sul palco, le due tornarono dietro le quinte.

Non ci volle molto prima che l’intero spettacolo giungesse al termine. Una volta concluso il tutto, furono libere di tornarsene a casa e di restarci per tutte le mattine di agosto e settembre a venire.

Senza che loro se ne accorgessero, due uomini le seguivano da lontano. Così, inconsapevolmente, li condussero fino a casa loro.

I due attesero che le ragazze fossero entrate in casa per suonare al loro campanello. Videro la madre affacciarsi alla finestra e scrutarli per un istante, poi ne sentirono la voce al citofono.

-Sì? Desiderate?- chiese garbatamente la donna.

-Dobbiamo parlarle, signora. Si tratta dell’istruzione superiore delle sue figlie. –

-Un momento. Arrivo subito. –

Probabilmente la signora non si fidava a farli entrare in casa, per questo aveva deciso di scendere assieme al marito. Le due ragazze osservarono i quattro per tutta la durata della loro conversazione dalla finestra; quando i genitori si allontanarono per tornare in casa, notarono che i due signori non accennavano a muoversi, stavano attendendo qualcosa.

-Ragazze, raccogliete le vostre cose e seguite quei signori. Vi porteranno alla vostra nuova scuola. –

-Come? Scusa, ma mancano ancora quindici giorni prima che il liceo apra i battenti!! E poi ci siamo già state a visitarlo…-

-Probabilmente il liceo non lo vedrete mai. A quanto pare, siete destinate ad un altro tipo di istruzione… –

-Eh? Scusa, ma vi sentite bene?-

-Sì, purtroppo. Voi siete delle maghe!-

-Maghe? Beh, okay che abbiamo dei voti da paura, però non esageriamo!-

-Oh, è così difficile…-

Il quel momento la porta si spalancò (l’avevano lasciata socchiusa) ed entrarono i due uomini. Quello in testa, di mezza età, vestito completamente in nero, puntava contro le due ragazze un bastoncino di legno, simile a uno dei pennelli che le due adoperavano durante le ore scolastiche di artistica. Mormorò delle strane parole e dal pezzo di legno scaturì un doppio fascio di luce rossa che colpì in pieno petto Elisabetta e Francesca, le quali si accasciarono al suolo.

*

Francesca si stiracchiò e stropicciò gli occhi, dando una gomitata alla sorella che ancora dormiva beatamente.

-Dai, mamma, non ho voglia di andare a scuola!- bofonchiò Elisabetta.

-Svegliati!- gemette preoccupata Francesca. –E io non sono tua madre!-

A fatica anche la dormigliona divenne lucida e la prima domanda fu: -Dove siamo?-

-Bene, vedo che finalmente vi siete svegliate! Era ora. Scusatemi, vado ad informare il mio collega del lieto evento!- le beffeggiò un uomo dalla soglia della stanza.

Le ragazze si voltarono, nella speranza di vedere chi aveva parlato, ma la figura si era già dileguata con un frusciare di stoffa sul pavimento e l’agilità di un gatto.

La stanza era completamente in legno, e sembrava aver passato tempi migliori: gli angoli delle pareti erano ammuffiti e c’erano graffi ovunque; l’arredamento era ridotto ad un letto matrimoniale (sul quale avevano dormito) e due comodini ai lati di quest’ultimo. Una finestra era l’unico sbocco sul paesaggio esterno, ma era tutta sporca e sudicia, e la luce che entrava non consentiva di vedere bene; le ragazze non vi fecero un gran caso, preoccupate com’erano.

-Siamo state rapite!- riuscì a dire Elisabetta.

-Mi****a! E questo non è un film… Pensi che…- la sorella non riuscì a finire la frase. L’uomo che le aveva turbate al risveglio era tornato con al seguito il “collega”, poco più che un ragazzo.

Le parole di quest’ultimo furono molto più rassicuranti: -Salve ragazze, dormito bene?-

-Sì, certo, magnificamente e lei? Oh, ma che sbadata, non le ho ancora chiesto COSA ACCIDENTI CI FACCIAMO QUI?!- lo aggredì Elisabetta.

L’uomo in disparte sembrò molto divertito da quella reazione, troverà pane per i suoi denti pensò.

-Apprezzo che siate completamente sveglie… io sono Harry, Harry Potter e questo è Severus Piton. Ti dispiacerebbe farti vedere in viso, Severus, non sei mica così brutto!- invitò Harry in falso tono cordiale; per tutta risposta, Piton lo guardò con espressione omicida ma non disse niente.

Harry Potter era un ragazzo che non poteva avere più di venticinque anni; era alto e magrolino, vestiva jeans e una maglietta sgualcita chiara che creava un certo contrasto cogli spettinati capelli corvini che più volte si esprimevano in ciuffi ribelli; gli occhi verdi conferivano al volto un’espressione cordiale e la bocca era allargata in un sorriso sincero. L’unica cosa che sfigurava quel bel viso era una curiosa cicatrice a forma di saetta che si stagliava fiera sulla sua fronte; con un gesto nervoso il ragazzo cercò di appiattirsi i capelli in modo da nasconderla.

Il suo compagno, Piton, era una figura inquietante: il lungo mantello nero che toccava terra e che lo avvolgeva completamente si sposava perfettamente con i suoi capelli unticci lunghi fino alla scapola; aveva un’espressione arcigna dipinta sul volto olivastro, resa ancora più minacciosa dagli occhi nocciola scuro e dalla sottile bocca curvata in quello che pareva un sorriso. La penombra, poi, rendeva veramente truce la sua espressione, degna di un film horror; nonostante ciò, non mostrava più di quarant’anni.

-Bene!- riprese improvvisamente Harry, infrangendo quel silenzio riflessivo che era calato sulla stanza. –Voi invece siete Francesca ed Elisabetta… Sertini?-

Elisabetta sbuffò: -Serpini. Non pretendevo che ci arrivaste subito: di solito ci affibbiano diversi appellativi, prima di capire (solo perché sillabo)! Comunque piacere. -

Piton abbozzò un sorriso compiaciuto.

-Spiacente di averti offesa. Allora, volete ancora sapere perché siete qui, o non vi interessa più?- si scusò il ragazzo, ignorando l’espressione del compagno.

-Certo che lo vogliamo sapere!- risposero in coro le sorelle.   

-Bene. Leggete questa!- e porse loro una busta gialla fermata da uno stemma di cera rossa.

Incuriosite, le ragazze aprirono la busta; la lettera era stata spedita loro da Bologna, e recava i loro nomi: alle signorine Elisabetta e Francesca Serpini, via Boncompagni 62, Marano (MO).

Lessero:

 

 

 

 

 

 

 

SCUOLA  DI  MAGIA  E  STREGONERIA  DI HOGWARTS, SEZIONE  DI  BOLOGNA

                                                             Direttore: Albus Silente

 

Care signorine Serpini,

siamo lieti di informarVi che Voi avete diritto a frequentare la Scuola di Magia, Stregoneria e Babbanologia di Hogwarts (sezione di Bologna). Qui accluso troverete l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie.

I corsi avranno inizio il 1o settembre. Restiamo in attesa della Vostra risposta via gufo entro e non oltre il 31 luglio p.v.

                                                                                                                              Con ossequi,

                                                                                                                              Minerva McGranitt

                                                                                                                              Vicedirettrice

 

Allegata alla lettera c’era un foglio, “l’elenco di tutti i libri di testo e delle attrezzature necessarie” , ma le ragazze non parvero farci caso.

Quando ebbero finito, l’espressione di una era divertita, mentre l’altra arrabbiata.

-Avanti, dove sono le telecamere? Avreste dovuto dire da un pezzo “siete su Scherzi a Parte”! Dove sono?- chiese con enfasi Francesca.

-Se pensate di essere divertenti, vi sbagliate proprio! Avanti, fuori il nome dell’ideatore! Sono stati i nostri genitori, vero?- proseguì Elisabetta stizzita.

Piton le guardava con aria interrogativa, ma Harry sorrideva.

-Questo non è uno scherzo, ragazze. È tutto vero, dalla prima all’ultima parola!- disse tranquillamente.

-Se dite il vero, dimostratelo!- propose Elisabetta.

-Potter…-

-Va bene, Severus, va bene! Wingardium Leviosa!- disse Harry estraendo un curioso pezzo di legno a forma di bacchetta e puntandolo su un cuscino; questo si sollevò e allegramente si diresse verso le sorelle e infine cadde sulla testa dell’interlocutrice, che proprio non se l’aspettava.

-Allora, è sufficiente come prova?- chiese divertito Harry, contemplando l’espressione furente della sua vittima mentre si liberava dal cuscino.

-Certamente! Non so con quale espediente tu sia riuscito a fare questa porcheria, ma ti garantisco che non la passerai liscia!- sbottò Elisabetta e lanciò il cuscino verso il colpevole, che disse:

-Protego!- facendo afflosciare il proiettile ai suoi piedi.    

Quando la notizia ebbe invaso ogni cellula del cervello delle due ragazze ammutolite, l’espressione dipinta sul loro volto era uguale alla faccia di un pesce lesso, al che Piton cercò di riportare le due giovani menti al presente con un gesto della mano simile a un saluto.

- Posso fare una domanda?- chiese Francesca.

-Spara!- disse Harry.

-Che cos’è Hogwarts e chi accidenti è Albume Sipente?-

-Già e chi sarebbe anche quella… com’è che si chiama?! Minerva McGranito? Che bei nomi!-

-Albus Silente!!- tuonò Piton -E Minerva McGranitt…-completò con minor enfasi.

-Okay, okay signor Spiton!- cercò di giustificarsi Elisabetta, ma con scarso successo.

-Ci rinuncio…- borbottò Piton.

Intanto Elisabetta, con la lettera in mano, macchinava: Silente+McGranitt+libri+materiale+compiti+SCUOLA=TASSE!!!!!!!! E SUDORE

-Dunque vi dobbiamo delle spiegazioni. Prima però andiamo giù a bere un buon bicchiere di Burrobirra!- propose Harry.

-Sarebbe?- chiese Elisabetta.

-Una bevanda molto diffusa nel mondo magico, soprattutto tra i giovani. -

-Da Mezzosangue…- sibilò Piton.

-E dai Severus… devi sempre snobbare ogni cosa?-

Il quartetto scese le vecchie scale di legno e si ritrovò in una piccola stanzetta illuminata da poche candele (nonostante fosse giorno, le finestre erano talmente opache che non filtrava che pochissima luce); si sedettero su un tavolaccio che sotto il peso scricchiolò leggermente mentre arrivava l’oste, un piccolo vecchietto calvo e sdentato che chiese: -Desiderate, signori?-

-Tre Burrobirre e… Severus, hai già in mente qualcosa?- rispose Harry cordialmente.

Di tutta risposta la figura nera sibilò: -Per me solo un infuso di erbe, grazie…-

L’oste prese le ordinazioni e sparì dietro un immenso bancone sudicio.

-Bene bene, questa è bella: noi streghe! Sembra la trama di un telefilm…- riprese Elisabetta.

-Allora anche i nostri genitori, intendo quelli naturali, avevano poteri magici?- chiese sua sorella.

-Forse, non è detto, ma mi dispiace, io non sono italiano e non posso conoscerli. Noi veniamo dalla Gran Bretagna!- rispose quasi scusandosi Harry, indicando il compagno.

-Capisco…-

Nel frattempo l’oste era tornato con quattro bicchieri, tre bottiglie contenenti un liquido color fieno e una brocca fumante di infuso; appoggiò il tutto sul tavolaccio e si allontanò nuovamente.

-Hogwarts è una prestigiosa scuola di magia e stregoneria situata in Gran Bretagna; noi proveniamo da lì.

Normalmente, le materie insegnate sono esclusivamente legate al mondo magico, ma il preside, Albus Silente, ha proposto di integrare nel percorso formativo degli apprendisti anche materie tipicamente babbane…- sonoro sbuffo di Piton -…ehm…come per esempio l’informatica o la lingua madre; ora, questo progetto è ancora in fase di sperimentazione e, in accordo con le vostre autorità, si è deciso di farlo qui, in Italia, dove le scuole di magia sono scarse, ma in rapporto al numero di studenti. È un fatto strano, ma qui in Italia i maghi e le streghe sono incredibilmente pochi, a ciò non c’è spiegazione.

Naturalmente, tutti gli insegnanti sono maghi, anche quelli che insegnano materie babbane, e vi chiedo di non far pesare loro la differenza.

Questo è il primo anno, “l’anno di prova”, quindi tutti i vostri compagni avranno la vostra età, ma se l’esperimento dovesse riuscire, ogni anno entreranno nuovi compagni; se invece dovesse fallire, si sceglierà quali provvedimenti adottare.

Albus Silente e la McGranitt saranno impegnati nella scuola in Inghilterra, quindi ci saranno dei “supplenti”.

Un’ultima cosa: se vi può interessare, io sarò il vostro insegnante di Difesa contro le Arti Oscure e Piton quello di Pozioni. Domande?-

-A questo punto dovremo darvi del “lei”?- chiese Francesca, anche se sapeva fin troppo bene che la domanda era stupida.

-Per quanto riguarda me, non è necessario…- disse timoroso Harry, attendendo la risposta del collega.

-Io, a differenza del mio collega, lo esigo! E adesso, se volete scusarmi, ho cose più importanti da fare! Potter, mi fido!- tuonò il professore, e se ne andò come un’ombra, col mantello che strisciava per terra.

-Dovrete farci l’abitudine, Piton è sempre così, e soprattutto non è molto imparziale, anzi, per niente!- sussurrò loro Harry; di tutta risposta, le due ragazze si scambiarono un’occhiata preoccupata.

-Purtroppo, quando ero un suo studente, mi tiranneggiava in mille modi… e non credo che sia cambiato molto…-

-Come?! Lei è stato un suo studente? Ma quanti anni ha?- gemette scandalizzata Elisabetta.

-Ne ho ventiquattro e, sì, sono stato un suo studente per ben sette anni. Per favore, diamoci del “tu”!-

-Ventiquattro! Wow, sei giovane per essere un insegnante!- constatò Francesca.

-Vero. Ma Silente mi ha affidato l’incarico primo perché mi conosce bene e si fida di me, secondo perché il posto di Difesa contro le Arti Oscure non è molto ben visto, infatti si dice che attiri molte sventure… in parte è vero…-

-In fin dei conti, lei… tu… cosa ci insegnerai?-

-Vedi, Elisabetta, al mondo non tutti vanno sempre d’accordo… e a volte capita che ci si faccia i dispetti o, peggio, ci si voglia far del male. Io ho il compito di insegnarvi a proteggervi da eventuali persone che vogliono ferirvi o semplicemente divertirsi crudelmente alle vostre spalle…-

-Ehi, guarda che vanto ben quattordici anni, a me puoi parlare come ad un adulto!-

-Va bene, sarò esplicito… una volta, un mago molto potente divenne cattivo. Il suo vero nome era Tom Riddle, ma al mondo divenne famoso come Lord Voldemort; vi prego, non dite in giro questo nome, perché molti ancora temono il solo sentirlo.

Il suo scopo era diventare il mago più potente mai esistito, e vi riuscì; uccideva tutte le persone che gli si opponevano… era veramente spietato. Creò un vero e proprio “regno del terrore”, quando finalmente venne sconfitto, e successe in un modo davvero molto singolare: volle eliminare un bambino e la sua famiglia; la madre del povero bimbo morì nel tentativo di salvarlo, e quando Voldemort tentò di fare lo stesso anche con il figlio, l’incantesimo che scagliò gli si ritorse contro… infatti l’amore materno, il gesto, il sacrificio, tutte cose che lui non riusciva a comprendere, fecero da scudo alla creatura, che aveva quasi un anno, e condannarono il Signore Oscuro a vagare come uno spettro, privo di poteri e di corpo, per molti anni. –

-Però mi pare di capire che questa storia abbia un continuo…- obiettò Francesca.

-InfattiVoldemort tentò nuovamente di uccidere il bambino, che ormai era un ragazzo e frequentava Hogwarts, ma più volte fallì. Infatti lui poteva contare su una schiera di amici veramente valenti e coraggiosi e alla fine, come in tutte le storie a finale lieto, il bene trionfò!-

-Ma chi era questo bambino?- chiese improvvisamente Francesca.

-Non lo so… è una storia ormai vecchia e molte cose vanno perse… ma ora bevete la vostra Burrobirra, non l’avete nemmeno assaggiata!-

Passarono cinque minuti di ininterrotto silenzio; l’unico rumore era quello dello straccio che l’oste stava passando sul bancone.

-Ma… e i nostri genitori?- chiese improvvisamente Elisabetta, con una nota di preoccupazione nella voce.

-Loro non ricordano niente di voi due. Gli abbiamo cancellato la memoria. -

-C-cosa? Non ricordano niente? Ma… ma, perché?-

-Perché sono dei Babbani, dei senza poteri. Nessuno deve sapere del mondo magico, altrimenti si scatenerebbero quasi certamente delle guerre. –

-A-allora noi saremmo… orfane?-

-La scuola è attrezzata per la ricerca di genitori adottivi, naturalmente maghi. Davvero, mi dispiace immensamente, in Inghilterra non è così, là c’è molta più libertà. Evidentemente, i nostri due Stati la pensano in modo molto differente. –

*

Nella solitudine della loro camera, le due sorelle riflettevano, preda della malinconia.

-Possibile che con la magia si riescano a rimuovere i ricordi di una vita?- si chiedeva Francesca.

-Almeno non soffriranno nel non rivederci più. Ma… noi?-

-Già, noi. Non potevano cancellare la memoria anche a noi?-

-E poi? No, diventava tutto più incasinato. Però… riusciremo a stare senza di loro?-

-In fondo, non erano i nostri veri genitori…-

-Però, ca**o, abbiamo vissuto con loro da sempre! E adesso si presentano questi due bell’imbusti di Dracula e Van Helsing e ci stravolgono la vita. Con quale autorità?-

-Sicuramente, una che noi non riusciremmo a comprendere, come la storia delle guerre tra Babbani e maghi. –

-Sai, adesso che ci penso, ho paura per il nostro futuro. Anche se non credo di essere veramente dispiaciuta per i nostri genitori, in fondo noi, per loro, non siamo mai esistite… non so cosa dirti, mi sento un’egoista.

-Dormiamo, che è meglio. Il sonno porta consiglio, magari domani ci svegliamo e scopriamo che è tutto un sogno. -

RECENSITE IN TANTI PLEASE!:-)
  
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