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Autore: Lily White Matricide    02/11/2011    13 recensioni
La prima notte fu quella più dolce e divertente.
La seconda notte ebbe una nota di malinconia.
La terza notte è stata la notte perfetta.
Un piccolo squarcio romantico dedicato ad Harry ed a Hermione, lungo tre notti. Per Lights.
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Words For Harmony'
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A Lights, con tanto affetto. Auguri!

 

White Nights

*

La prima notte fu quella più dolce e divertente.

 

Avevamo sistemato il letto con le nostre mani, spingendolo contro la parete di quella casa di cui ti eri innamorata all’istante, Hermione.

Non avevamo voluto usare le bacchette magiche, provando soddisfazione nell’usare la fatica, la forza delle nostre braccia. Sbuffando, brontolando, bisticciando, continuando a spostare quel mobile a destra e a manca. Finalmente, eravamo poi riusciti a sistemarlo in un posto che accontentava entrambi.

Ci eravamo buttati su quel materasso nuovo, ancora da ammorbidire, sulle coperte che sapevano di fresco. Ridevamo felici ed eravamo un po’ sporchi di polvere. 

 

Poi ti sei addormentata, Hermione. Dormivi serena e persa nel tuo mondo dei sogni.

Avevi scelto in tutta autonomia il lato dove dormire, quello destro.

Mi sono ritagliato il mio spazio, rannicchiandomi a sinistra, spegnendo la luce, lasciandoci alle spalle quella giornata di lavoro.

Hai iniziato a farti spazio su quel letto, allargandoti con braccia e gambe, spingendomi sempre più a bordo letto.

Ridevo tra me e me, perché non eravamo abituati a dormire assieme e quelle erano le nostre prime volte.

Una gentile ed involontaria pedata mi ha fatto volare giù dal letto, e mi sono portato dietro le coperte, facendoti provare freddo. 

Ti sei svegliata di soprassalto e sei andata a tastare subito il mio cuscino, la mia parte di materasso.

Non avevo gli occhiali addosso, ma mi ha fatto un’immensa tenerezza quel tuo gesto, anche se lo vedevo appannato e un po’ sfocato.

Lumos!

Hai acceso la tua bacchetta magica, istintivamente, per cercarmi e mi hai visto a terra che ridevo.

Solo allora la tua risata, frammista a scuse senza fine, ha riempito la stanza.

Scusa, Harry! È la prima volta anche per me... Non ci sono abituata!

Ti ho rassicurato, intanto che mi rimettevo sotto le coperte. Sicuramente non sarebbe più successo.

Ma sono volato a terra altre tre volte, quella notte.

 

* *

La seconda notte ebbe una nota di malinconia.

 

Non c’eri, eri ancora fuori per lavoro. Pioveva, mi sentivo un po’ preoccupato per te.

Avevo riempito la stanza di piccole luci, intrappolate in vetri colorati che avevo trovato a Diagon Alley.

Mancava però il colore dei tuoi occhi scuri, dei tuoi capelli, lì, in quella stanza. Del tuo pigiama color rosa scuro.

No, non mi piaceva il rosa scuro di quella veste da notte, ma te l’aveva regalata tua mamma qualche Natale fa, non potevo lamentarmi. Però ti donava, eccome se ti donava.

Osservavo le luci colorate, sdraiato nella nostra stanza, sul nostro letto. Un mosaico di luci, di scintille verdi, blu, rosse animava i muri. Mancava la scintilla dei tuoi occhi, quella scintilla che lentamente si spegneva, facendoti scivolare nel mondo dei sogni.

Mancava la tua presenza, il tuo sfogliare i libri appoggiati sul cuscino. Mancava il tuo dolce respiro regolare, il tuo chiacchierare spensierato. 

Ho allungato il braccio verso destra, e ho posato la mano sul tuo cuscino.

L’ho afferrato con forza, l’ho portato vicino a me. Ho sentito il tuo profumo appena accennato su quel tessuto sottile.

Mi sono assopito, stringendo tra le braccia il tuo cuscino. Mi faceva compagnia, alleviando quel senso di mancanza, eloquente più di mie mille parole goffe.

Le luci erano ancora accese, scintillavano nel buio, quando sei rientrata a casa.

 

Dormivo, ma avvertivo il tuo sorriso tenero, nel vedermi abbracciato al tuo cuscino.

Non ti sei nemmeno azzardata a svegliarmi per togliermelo dalle braccia.

In lontananza, sentivo il frusciare dei vestiti, ti stavi cambiando per venire a dormire.

Ho intravisto le luci spegnersi, ad una ad una.

Ho sentito la tua mano accarezzarmi i capelli e mi hai tolto delicatamente gli occhiali, allungandoti verso il mio comodino, per riporli nella tua solita maniera ordinata.

Mi hai abbracciato, io che ero stretto al tuo cuscino.

Abbiamo dormito così, senza scalciarci via, senza spingerci a terra.

 

* * *

La terza notte è stata la notte perfetta.

 

La notte in cui non abbiamo provato goffaggine,

dove non abbiamo sentito la mancanza reciproca.

Avevamo fatto nostro quel piccolo angolo di mondo,

abbiamo lasciato che i nostri pensieri e le nostre parole vagassero in quello spazio ristretto e limitato.

Ci siamo aggrovigliati, ci siamo confidati e ci siamo aperti l’uno all’altra.

Siamo passati dalle risate e dall’allegria delle nostre stupidaggini, al silenzio dei nostri baci. Al lento fruscio dei nostri abbracci, delle mani che scivolavano su quelle lenzuola.

Non avevamo più bisogno di prendere confidenza con nulla. Io non avevo occhi che per te, e tu per me.

 

La terza notte è stata la notte perfetta, poiché eravamo solo io e te. 

Al buio vedevo solo te, la tua figura forse appena accennata nell’oscurità, ma chiara più che mai, ai miei occhi.

Nel fresco delle notti d’autunno sentivo solamente il tuo calore, ch’era più forte, infinitamente più gradevole di quello delle coperte.

 

Era perfetta, perché avevo te e nient’altro.

   
 
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