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Autore: Lade_    02/11/2011    0 recensioni
E se quei vent’anni fossero riusciti a mostrargli una nuova parte del proprio essere, così diversa dalla maschera dell’astuto sognatore che aveva indossato per una vita intera, non sarebbero trascorsi invano.
Odisseo è stanco ora.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Anima spoglia
 
 
L’orizzonte, ora, era per lui solo una linea lontana, non più il desiderio che accendeva la sua infinita brama di conoscenza, facendola divampare e ardere come il cuore di una fanciulla all’altare.
Raggiungere quella linea che, sfuggente, più l’avvicinavi e più s’allontanava, era stato il fermo proposito della sua infanzia, quando suo padre lo prendeva sulle ginocchia nodose e, con il dito malfermo, gl’indicava il mare, e il cocchio dorato di Iperione che ogni giorno vi scompariva.
Ora era stanco, però.
Stanco e ormai vecchio, perché se il tempo non era riuscito a corrodergli la mente e a scalfirgli i ricordi, se le fatiche affrontate gli avevano permesso di mantenersi lucido e vigile come un giovinetto, e avevano permesso alle sue braccia di non perdere il loro vigore, il suo animo era invece stanco e provato, e l’infelicità era ormai l’unico sentimento al quale gli era concesso abbandonarsi.
Cos’avrebbe dato per sapere cosa indicava la prua della sua nave! Sarebbe stato disposto a cedere la sua anima all’abisso del Tartaro pur di scoprire se puntava verso la sua Itaca.
Non tutta la sua anima, però: solo ciò che ne restava, quel poco che non era rimasto impigliato alle terre che aveva visitato, in cui non era riuscito a non lasciare un pezzo di sé, quel poco che aveva tenuto per sé quando, vent’anni prima, ne aveva affidato la maggior parte alla sua Penelope e un po’ anche al figlio che ancora non era in grado di reggersi su due gambe.
Da tempo aveva perso per strada diversi strali del suo essere: la veste del grande condottiero era stata la prima a scivolargli di dosso, poi se n’era andata quella, più grande, dell’uomo dalla mente agile, e infine era caduta quella dell’uomo che brama una risposta ai suoi tanti interrogativi, lasciandolo spoglio e inerme e schiacciato da una vastità che non era più in grado di dominare.
Un tempo dio tra gli uomini, ora era solo un vecchio troppo stanco anche solo per sognare ancora. Erano stati talmente tanti i suoi sogni, talmente immense le sue passioni, che pensare di poterli controllare era stata solo una stupida illusione: avevano finito con il prendere il predominio del loro folle autore, per condurlo violentemente verso la soglia della pazzia; era stata l’unica cosa che gli rimaneva, forse, a impedirgli di varcarla: l’amore, l’amore spoglio, disinteressato, saldo e immutabile, che lo teneva legato a una donna che forse si sentiva vecchia e stanca quanto lui, a un figlio che non aveva avuto modo di conoscere, a suo padre, alla sua terra, ai suoi compagni, ai suoi amici di un tempo, al fianco dei quali aveva sofferto immensi dolori e condiviso flebili attimi di pace sotto le mura di Troia – quanto tempo era passato! Sembrava quasi che quegli anni appartenessero a un’altra vita…
Neppure l’amore gli aveva mai permesso di controllarlo, ma in modo diverso: se i sogni e le passioni lo avevano travolto, l’amore aveva preferito nascondersi nella parte più impenetrabile del suo io, tanto da indurlo a chiedersi dove mai potesse trovarsi la sua capacità d’amare, sempre se l’aveva…
E c’era, nascosta e riottosa ad uscir fuori, ma c’era.
C’era, e lo sapeva perché era essa a indurlo, giorno dopo giorno, ora dopo ora, a non abbandonarsi a quell’esistenza passiva, alla deriva da ogni emozione; ora che anche la sete di conoscenza lo aveva abbandonato, ora che vagava senza più un nome, si aggrappava come ad un’ancora alla dolce malinconia dei ricordi che gli restavano, alla sensazione delle mani sottili di Penelope sul proprio volto, al profumo delle onde che si frangevano sulle coste rocciose della sua Itaca...
Finché il suo cuore avesse funzionato come l’ago di una bussola, c’era ancora speranza.
Di tutti i viaggi che aveva compiuto, delle sue imprese e di tutti i suoi inganni, delle sue passioni e delle sue battaglie, ormai non gl’importava più; forse se ne sarebbe interessato ancora, un giorno, quando avrebbe ripensato a quante cose aveva appreso non sul mondo, bensì su se stesso, da tutto ciò che il Fato gli aveva fatto vivere, ma per ora la sua anima spoglia, baccello privo di tutti i suoi strali, per andare avanti aveva bisogno solamente di ciò che poteva trovare nel suo cuore, di tutto l’amore e la speranza e il bene che un umano potesse dare e ricevere.
E se quei vent’anni fossero riusciti a mostrargli una nuova parte del proprio essere, così diversa dalla maschera dell’astuto sognatore che aveva indossato per una vita intera, non sarebbero trascorsi invano. 








Secondo tentativo di scrivere qualcosa sui poemi omerici (dall'Iliade e Tersite sono passata all'Odissea, il che forse è un piccolo passo avanti... o no?) <3
   
 
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