Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Deilantha    02/11/2011    9 recensioni
Pasi è una diciannovenne impulsiva e socievole, dal futuro incerto ma dal buon cuore, che vive una situazione di conflitto in famiglia, sentendosi sempre la pecora nera rispetto ad una sorella apparentemente perfetta. Provando un vuoto affettivo tra le mura domestiche, Pasi si circonda di amici, che reputa la sua vera unità familiare.
Emile è il suo esatto opposto: non è un tipo socievole e vive esclusivamente per la musica, sul cui argomento è terribilmente arrogante. Ma il suo modo di essere così rigido e poco aperto agli altri, nasconde un dolore che il ragazzo si porta dietro dall’infanzia, dovuto ad una madre caduta vittima della depressione quando lui era ancora in fasce.
Emile e Pasi si scontreranno la prima volta che si vedranno, ma le loro vite sono destinate ad incrociarsi e farli crescere nella reciproca conoscenza.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Filrouge'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 15





 

 

«Così questa è la madre di Emile?!»

«Sì, ha una bella voce, vero?»

Stè aveva un’espressione concentrata mentre ascoltava i brani di Claudine, ed era evidente sul suo volto l’apprezzamento per quel modo di cantare e per quella voce così soave:

«È molto dolce; non capisco nulla di ciò che dice, ma il suo canto mi resta dentro.»

Avevo chiesto a al mio amico di rendere più fruibili gli album di Claudine: tutti i dischi che mi aveva dato Emile erano dei vinile e in un’epoca in cui il formato mp3 è il metodo più usato per ascoltare musica, era alquanto difficile recuperare un giradischi per ascoltarli. Inoltre volevo portare quelle canzoni sempre con me nel mio lettore e con un vinile sarebbe stato decisamente impossibile!

Testa di Paglia ancora una volta fu la mia salvezza: aveva un giradischi e soprattutto aveva la strumentazione necessaria a trasformare un brano analogico in uno digitale, così una sera arrivai a casa sua con il mio tesoro e mentre veniva operato il miracolo tecnologico, io e Stè trascorremmo il tempo ad ascoltare quei brani melodiosi che, seppur incomprensibili, lasciavano ugualmente una sensazione di pace e dolcezza nell’animo.

«Sì, è vero Testa di Paglia, lo trovo perfetto per ridare la pace al cuore.» e Dio solo sa quanto ne ho bisogno!

«Dovresti farti tradurre i testi da Emile, almeno sapresti cosa dicono queste canzoni.»

«Faccio prima se mi metto a studiare francese, Stè!» Mi ammutolii all’istante dopo aver parlato: involontariamente  mi uscì una battuta amara che esprimeva tutta la mia tristezza e il senso di solitudine che avevo dentro. Non volevo lamentarmi con lui, che aveva il cuore spezzato dalla morte di Simona. Mi sembrava del tutto indelicato lagnarmi di qualcosa che ai suoi occhi doveva essere come una situazione idilliaca: sicuramente Stè avrebbe dato l’anima al diavolo per potersi trovare nella mia situazione, anziché rimpiangere di non essere mai riuscito ad esternare i suoi sentimenti a mia sorella. Per questo motivo mi diedi della stupida non appena terminai quella frase infelice.

«Sento puzza di problemi Testarossa… qualcosa non va col Bel  Tenebroso?» Stè mi fece quello che era il fantasma del suo sorriso gioviale: quella frase in tempi normali avrebbe avuto un tono allegro e bonario, invece risultò essere acida quasi quanto la mia: mi sentii a disagio a parlargli di Emile, ma non volevo nemmeno ferirlo nascondendogli ciò che mi stava a cuore.

«No Stè… è tutto a posto… il fatto è che Emile è impegnato e non avrà di certo tempo per mettersi a fare da interprete per me… E poi tutto sommato, non mi farebbe male imparare un’altra lingua! Ricordi la prof. d’inglese cosa mi diceva? “Isoardi tu hai stoffa, potresti imparare altre cinque lingue straniere con facilità.”» Imitai il tono di voce basso e nasale della professoressa per calarmi nel personaggio; sperai che nominare il nostro passato comune distogliesse l’attenzione di Stè dal mio presente…  

«Testarossa, sai bene quanto me che lo diceva per farti frequentare la sua scuola privata!» … e a quanto sembrava c’ero riuscita!   

«Ma non è vero! Sei solo invidioso della mia bravura!»

«Testarossa, la Filangieri ha detto la stessa frase anche a me, non ricordi? E a Patrizio, a Marianna, a Corrado…»  il volto di Stè si rasserenò tornando indietro nel tempo e fui davvero felice di aver preso due piccioni con una fava, sviando il discorso su Emile e dandogli modo di risollevarsi l’animo.

«Sono dettagli; la verità mio caro,  è che non accetti che io sia più brava di te!»

«Tu dici? Allora facciamo così: da domani iniziamo a studiare francese e vediamo chi dei due sarà più bravo!»

«D’accordo Testa di Paglia, ci sto!» sigillammo il nostro patto stringendoci i mignoli, come facevamo sin da piccoli, quando frequentavamo le scuole medie e ogni cosa era un pretesto per sfidarci. La nostra  amicizia era nata facendo una gara dopo l’altra e continuava ad esserci tutt’ora una sana rivalità che dopo otto anni tornava  a sancire il nostro legame.  

 

*****

 

«Domani iniziamo ad incidere i brani.»

«Davvero?! Sono così contenta Emile!» e magari riusciremo a vederci, finalmente!

L’unico modo che avevamo per tenerci in contatto erano quelle brevi telefonate notturne, fatte sull’orlo della stanchezza traboccante di una giornata intera, quando lo stato di veglia è particolarmente vacillante e comunicare risulta arduo. Non erano mai chiamate soddisfacenti per me, che sarei rimasta ore a parlare con lui, ma  cercavo di accontentarmi sapendo che in quel periodo non avevo altra scelta.

«Già… dovrà essere tutto perfetto, non tollererò il minimo errore da parte di nessuno!»

Nonostante la stanchezza, al solo parlare del suo futuro,  la voce Emile si fece tagliente e immaginai l’espressione di gelida determinazione del suo viso, riflessa in quel tono che d’improvviso m’intimidì.

«A…allora sarai più libero nei prossimi giorni…»

Quando lo sentivo così freddo e determinato, percepivo maggiormente la distanza tra di noi, al punto da sembrarmi quasi un estraneo…

«Ancora no, proprio ora dovremo continuare a provare i brani prima di inciderli, questa è la nostra occasione e niente e nessuno si frapporrà fra me e quest’album!» No, non era ancora giunto il tempo per me…  Pazienta ancora Pasi, pazienta ancora…

«Capisco… allora buonanotte… e in bocca al lupo!»

«Crepi… buonanotte.»

 

 

*****

 

«Buongiorno!»

«Mmmm… ‘giorno.»

Altro che buongiorno, non avevo praticamente chiuso occhio quella notte; la mia mente era un turbine di pensieri tristi e angoscianti e l’unica volta che ero riuscita ad addormentarmi avevo sognato Emile che mi volgeva  le spalle e si allontanava da me, insensibile alla mia voce che lo chiamava… non era affatto un buongiorno quello!

Rita invece sprizzava felicità da tutti i pori, aveva gli occhi luminosi e un sorriso stampato sul viso che non riusciva a celare: osservandola mi sentii un po’ più sollevata e mi ripromisi  di non guastarle la giornata  col mio cattivo umore.

«Ti ho preparato la colazione, Pasi.»

Avvicinandomi alla cucina, notai la tazza di latte fumante, i biscotti, i cereali e persino un cornetto dall’aria invitante: con quella colazione si sarebbe sfamata l’Africa!

«Ma quanto devo mangiare?! C’è una carestia dietro la porta?»

«Coraggio mangia che devi nutrirti, stai dimagrendo troppo, sono sicura che non mangi da un pezzo.» in effetti in quegli ultimi giorni l’appetito mi era drasticamente calato, non ricordavo più da quando non mangiavo un pasto completo.

«Sei particolarmente protettiva oggi Rita… qualcosa bolle in pentola?»

Ero grata alla mia amica per le attenzioni che mi dimostrava, ma non essendoci viste per giorni, dubitai che si fosse resa conto del mio stato d’animo: l’unico momento in cui eravamo insieme in quella casa era la notte, mentre dormivamo… Forse mi aveva sentita mentre mi lamentavo nel sonno?

«Non posso essere premurosa con la mia amica? Dopotutto viviamo insieme e chi convive deve prendersi cura l’uno dell’altro.»

Mi parlò con quell’espressione insopportabilmente felice e dopo iniziò a canticchiare dandomi una carezza sulla testa: era troppo persa nei suoi pensieri per essere cosciente del mio umore e capii con un misto di delusione e sollievo, che quelle premurosità avevano a che fare con il suo stato d’animo e non con il mio.

«Rita, è successo qualcosa con Fede, vero?» Mi decisi ad affrontare il discorso che sicuramente non vedeva l’ora di iniziare:

«Oh Pasi, speravo che lo chiedessi! Sono così felice e avevo bisogno di condividere la mia gioia con qualcuno che mi avrebbe capito!»

Eh già, Sofia non si era dimostrata lieta all’idea che Fede e Rita tornassero ad essere una coppia, mentre io ero stata più che felice all’idea…

«Io e Fede abbiamo ufficialmente deciso  di riprovarci, ci siamo visti in queste settimane e ne abbiamo parlato, abbiamo discusso tantissimo analizzando ogni piccolo fattore positivo e negativo… poi ieri all’improvviso mi ha guardato e mi ha detto: “Basta, mi sono stancato di parlare, io ti amo e voglio stare con te, il resto lo affronteremo insieme, qualsiasi cosa accada!” Non sono parole meravigliose?»

Il viso di Rita era così luminoso da rischiarare l’ambiente in cui eravamo: erano davvero delle belle parole quelle di Fede, talmente belle che mi fecero male: Emile mi avrebbe mai parlato in quel modo, mi avrebbe mai rivolto parole simili?

«Sì, sono davvero belle!»

Stiracchiai il mio migliore sorriso e ascoltai il racconto di Rita, che persa nella sua gioia egoistica da innamorata, non si era minimamente resa conto di quanto mi stessi sforzando di essere allegra: m’immersi nella sua felicità gioendo con lei, ma con le lacrime che premevano agli angoli degli occhi per il senso di tristezza e solitudine che sentivo dentro.

 

 

*****

 

«Ora basta! Mi sono davvero stancata!»

«Testarossa… che ti prende?» Stè mi guardò con l’aria più sorpresa del mondo: eravamo da Simona, ognuno immerso nei propri pensieri, quando all’improvviso quella parte di me che più amavo, quella che mi aveva sempre incitato a combattere per ciò in cui credevo, prese finalmente il sopravvento sulla Pasi piagnucolona e triste che ero stata negli ultimi giorni.

Emile faceva il prezioso? Allora gli avrei ricordato che esistevo anche io!

Non dovevo assoggettarmi alla sua volontà, doveva rendersi conto che stare con qualcuno significava venirsi incontro ed io ero stanca di essere messa all’angolo!

«Sto bene Stè, non è niente… potresti darmi un passaggio?»

 

 

 

*****

 

Mi feci accompagnare a casa di Emile: molto probabilmente era ancora a provare e molto sicuramente non sarebbe stato contento di vedermi lì, ma io ero esasperata, la sua mancanza mi stava lacerando e la paura che si stesse allontanando da me non mi faceva più dormire, avrei preferito mille volte vederlo arrabbiato,  piuttosto che continuare questo gioco dell’indifferenza! 

Appena entrai, sentii le familiari vibrazioni provenienti dal piano sottostante e le parole di Alberto confermarono che, come previsto, i GAUS erano ancora intenti a provare.

«Sì bimba mia, sono lì sotto da ore… sicuramente Emile li sta sfinendo, è un perfezionista e dato che questi sono i brani da incidere, sta massacrando i ragazzi con le prove! Scendi da loro, serve un po’ di pausa a tutti!»

Ero già determinata a scendere quelle scale, ma l’incoraggiamento di Alberto mi diede del coraggio aggiuntivo, in più ero desiderosa di vedere Emile in sala prove, così non persi tempo e scesi nel piano interrato. Le scale conducevano ad un piccolo ambiente più lungo che largo, in cui rimbombavano le vibrazioni emesse dagli strumenti musicali: un tavolino circondato da sedie era situato verso la parete di sinistra e un divanetto  era posto lungo il resto della stanza, mentre sul fondo era visibile un piccolo frigorifero. Le pareti erano tappezzate di posters dedicati alla storia della musica, interrotti solo da una bacheca su cui erano apposti un calendario scribacchiato su cui campeggiavano una sequenza quasi ininterrotta delle parole “prove” e “incisione” più qualche sporadico: “incontro col produttore”.  Accanto ad esso c’erano anche dei bozzetti, con il nome dei GAUS in bella mostra: probabilmente erano le prove per la copertina dell’album!

Sulla parete di destra, mimetizzata dallo stesso colore azzurro delle pareti, c’era la porta di quella che doveva essere la sala prove: da quella direzione sentivo provenire le vibrazioni, ma in quel momento mi accorsi che l’ambiente si era fatto improvvisamente silenzioso e privo di onde sonore. Immaginai che i ragazzi avessero sospeso le prove, quello era il momento propizio per annunciarmi! Mi avvicinai alla porta: mi stavo allungando alla maniglia per aprirla, quando d’improvviso ne uscì Claudio, col viso arrossato e un’asciugamani sul collo. Fu sorpreso di vedermi lì, ma c’era più che altro una nota di disappunto sul suo viso, come se non fossi una presenza gradita…

«Emile! C’è la tua coda qui!»

Stavo per replicare a quel modo sgarbato di presentarmi, ma Claudio salì le scale, probabilmente in cerca di refrigerio, togliendomi la possibilità di difendermi.

«Pasi! Che ci fai qui?»

La voce sorpresa di Emile mi arrivò come una scossa dietro la schiena, mi preparai a ricevere una sonora ramanzina per il mio autoinvito non richiesto, ma quando mi voltai l’unica cosa che il mio cervello riuscì a comprendere, fu quanto profondamente mi fosse mancato quel viso!

Il mio Pel di Carota si avvicinò e gli presi una mano:

«Avevo voglia di vederti, è da tanto che non abbiamo modo di stare insieme… Mi mancavi e speravo che avessi finito con le prove…» i suoi occhi si fecero intensi, non saprei dire se fosse per piacere o fastidio nel sentire quelle parole, però non mi mandò via, né mi fece ramanzine come avevo temuto.

«Ne abbiamo ancora per un po’, mancano alcuni pezzi… puoi restare qui se vuoi.» mi fece un caldo sorriso e mi accarezzò la guancia, così presi coraggio ed entrai.

Maurizio a stento mostrò di avermi vista, mentre Francesco e Filippo mi salutarono allegramente: grazie a loro mi sentii la benvenuta e quando Claudio tornò, gli lanciai un’occhiata inacidita e mi accoccolai in un angolo pronta ad ascoltarli.

La prima nota la sentii dritto nel cuore e per tutto il resto del tempo, la musica e il canto diventarono parte del mio sangue: il mio corpo percepiva tutte le vibrazioni e le assorbiva dentro di sé, divenni un tutt’uno con le loro melodie. Fu un effetto molto più forte e intimo rispetto alle volte in cui li avevo sentiti dal palco: l’ambiente era piccolo e gli amplificatori erano tutti intorno a me e la voce di Emile, quella voce che tanto mi aveva rapito mesi prima, ascoltata ad una distanza così ravvicinata mi dava i brividi.

Mi sentii pervasa dalla musica e per un attimo capii come doveva sentirsi un musicista, con quel dono nel sangue che scalpitava ogni giorno: sentire la musica nel proprio respiro, nel proprio battito cardiaco, essere in grado di creare nuove melodie direttamente dall’interno di sé,  non per una pressione indotta come con gli strumenti, ma perché era già dentro il proprio animo. Quell’animo in grado di percepire le note in un alito di vento o nello sciabordio dell’acqua…

Il mondo dei musicisti era un mondo più ricco, carico di espressioni da esternare o nuove melodie da scoprire… un mondo sospeso tra il nostro e quello dell’immaginario.

Sull’onda di quei pensieri, paradossalmente d’un tratto sentii Emile lontano da me, per quel suo essere così speciale, perché tutto ciò che sentiva quando scriveva, quello che provava quando cantava e suonava, io potevo a malapena immaginarlo.

Quando cantava, Emile vibrava: il suo sguardo era intenso, la sua voce mi scuoteva… e sentivo in ogni sua nota, la dedica silenziosa a sua madre e al mondo che era stata costretta ad abbandonare. Era così intenso che solo le loro continue interruzioni riuscivano a distogliermi da ciò che mi trasmetteva.

E in uno di quei frangenti, mi resi conto di quanto fosse esigente col suo gruppo:

«Claudio eri fuori tempo.»

«Ma cosa dici? Io ero perfettamente in tempo, sei tu che hai l’abitudine di variare i pezzi e poi non ti trovi più.»

«Le mie variazioni sono minime e sono per sperimentare l’esecuzione migliore, o preferisci offrire al pubblico  una versione scialba e incolore del nostro primo album?»

«Emile non essere pignolo, era impercettibile, nessuno si sarebbe accorto che era fuori tempo e poi siamo un po’ stanchi, è normale avere qualche calo nell’esecuzione.» disse Filippo, conciliante.

«Io non ero fuori tempo! Vi siete messi d’accordo per far fare bella figura al signorino con la ragazza?»

«Che cosa vuoi dire!?» Emile iniziò ad infuriarsi: aveva lo sguardo pericolosamente concentrato su Claudio e la voce minacciosa.

«Calma, calma, ragazzi! Stiamo provando da ore e siamo stanchi, smettiamola con questi toni, non è una serata di lotta libera!»

Al pari del fratello, anche Francesco cercò di smorzare la tensione improvvisa che si era creata nell’aria… ma gli sguardi tra Emile e Claudio non promettevano nulla di buono.

«Vuoi fare sempre la primadonna, ecco cosa intendo! Decidi tu il tempo di un brano, poi lo cambi improvvisando, decidi tu quanti pezzi includere nella scaletta, quando fare le prove… Ti comunico che in questo gruppo siamo in cinque! Ci hai lasciato come degli idioti in Germania per due giorni, per correre dietro le gonne di quella lì: eravamo  in tour se non sbaglio! Non sei tu quello che non guarda in faccia a niente quando c’è la musica di mezzo? Quello che non ha avuto remore a dirmi che se non mi stava bene ad anteporre il gruppo su tutto, potevo anche andarmene? Allora piantala di fare la primadonna isterica e impara ad ascoltarci!»

Emile era furioso, «Razza di smidollato…» stava per saltare addosso a Claudio, nonostante il batterista fosse più alto e più grosso, quando m’intromisi nel discorso: ero stata messa in causa e non potevo lasciar correre:

«Ehi, parla di me con più rispetto! Emile non è venuto dietro le mie gonne, si dà il caso che…»

«Pasi non t’intromettere!» Emile si rivolse verso di me furioso, ma non mi feci intimorire e replicai:

«No  Emile, mi ha tirato in mezzo!»

«Non m’interessa! Non è una cosa che ti riguarda questa!»

«Ah beh, scusami tanto se ho le orecchie e gli occhi e ho sentito e visto che mi si tirava in ballo! Fino a prova contraria, questo significa che mi riguarda!»

«Pasi esci fuori di qui!»

«No, non me ne vado!»

«Ti ho detto ESCI FUORI DI QUI!»

Il suo volto era furente, gli occhi erano due pozze azzurre d’ira, il viso rosso di rabbia: per un attimo ebbi paura di lui. Ma dopo pochi attimi, ripresi padronanza di me stessa e del mio corpo e uscii da quella saletta furiosa e umiliata.

 

*****

 

Me ne andai nel laboratorio di Alberto a sfogare la mia rabbia, per essere stata trattata da Emile in quel modo. E soprattutto davanti al suo gruppo, che mi aveva criticato.

Mi sedetti a terra, accanto al cavalletto e ai colori abbandonati, immersa tra le tele di Alberto che sprizzavano gioia di vivere e serenità proprio come lui.

Strinsi le ginocchia al petto e piansi di rabbia, e solo quando scaricai tutto il nervosismo, iniziai a respirare lentamente per riacquistare serenità. Solo mezz’ora prima ero finalmente con lui e unita alla sua musica e invece ero finita con l’essere cacciata via in malo modo dal suo mondo. Tutte le mie angosce, tutti i dubbi che si erano arrovellati nel mio cervello in quei giorni, esplosero dentro di me: mi sentii un peso per lui, qualcosa di estraneo al suo cuore, qualcuno che non voleva far entrare nel suo animo. Ero davvero offesa e furente con lui per il modo in cui mi aveva trattato e per come mi stava facendo sentire. Ma ero furiosa anche con me stessa, per essermi mostrata nuovamente una sciocca emotiva, per essermi sentita così legata a lui da non riuscire ad attendere un altro giorno per vederlo e finire con l’essere cacciata via in quel modo.

Dov’era la Pasi orgogliosa, quella che non si faceva zittire, che sapeva difendersi da tutti? Dov’era la me stessa che s’infuriava e reagiva e che non finiva a fare la stupida ragazzina offesa e in lacrime, incapace persino di lasciare quella casa per il desiderio di essere rincorsa e non lasciata a se stessa?!

Ero davvero patetica, non ero cambiata minimamente e questo forse mi bruciava anche più del modo duro con cui mi aveva trattato Emile.

Poco tempo dopo, sentii le voci dei ragazzi che risalivano dal sottoscala e la porta di casa che si apriva per farli uscire. Attesi di veder comparire Emile, nella speranza che mi cercasse: quando emerse dall’uscio della porta mi chiusi in un mutismo offeso, pronta a sentire cos’aveva da dire. Mi guardò con un’espressione intensa tra l’arrabbiato e il preoccupato, poi lo vidi abbassare le spalle e sospirare prima di sedersi accanto a me.

«Scusami, lo so che sono stato rude, ho avuto una reazione eccessiva...»

«Mi hai umiliata.» sentenziai con rabbia, senza nemmeno guardarlo in viso.

«Cosa? Umiliata? E in che modo scusa? Solo perché ti ho detto che la faccenda non ti riguardava?»

«È stato il modo, Emile!» mi girai in sua direzione furente: «Mi hai imposto di stare zitta, come se fossi stata una stupida oca, davanti a tutto il tuo gruppo! Sono settimane che mi allontani da te, che mi sento qualcuno di troppo e con il tuo comportamento di oggi mi hai fatto sentire una nullità, proprio quando mi stavano anche offendendo!»

«Claudio non ce l’aveva con te! Offendeva me casomai! Tu eri solo il mezzo con cui voleva colpirmi!»

La voce di Emile iniziò ad assumere dei toni più alti; stava per nascere una bella discussione.

«Proprio perché sono stata messa in mezzo, volevo replicare! Nessuno può parlare di me in quel modo senza che io replichi!»

«Lo vuoi capire che non c’entravi nulla nel discorso?! Eri solo un pretesto per mettere zizzania, ma tu non hai nulla a che vedere con il mio gruppo e la mia musica!»

Emile era adirato ed io ancora ferita e quella frase fu un colpo diretto al mio cuore:

«Scusami tanto se sono un fardello da portare, un peso che ti trascini e ti tiene lontano dalla musica!» Iniziai a sentire le lacrime tornare nei miei occhi e lottai per cacciarle dentro.

«Ma cosa vai farneticando, Pasi? Ma quale fardello? Perché fai la melodrammatica ora?»

«Io non faccio la melodrammatica! Parlo per ciò che vedo e ho visto che sono di troppo, che quando suoni io non conto più nulla, non hai più bisogno di me!» Nonostante le mie proteste, iniziai a piangere…

«Te l‘ho detto sin dall’inizio che la musica è al centro della mia vita ed ora soprattutto non ho tempo per altro! E se vogliamo dirla tutta, nemmeno tu hai bisogno di me quando hai il tuo cavaliere biondo accanto!» Il tono di voce di Emile si fece amaro, come se portasse un pensiero doloroso dentro di sé da tempo.

«Il mio cav... Emile non posso crederci! Stè è come un fratello per me! Cosa diavolo stai insinuando? Nemmeno i quindicenni fanno più capricci simili!»

Sapevo che con quest’accusa l’avrei ferito, Emile era sempre stato responsabile, anche da bambino e dargli dell’immaturo era un’offesa pesante per lui, un po’ come lo era per me sentirmi dare della pettegola.

«Ah, quindi sarei uno stupido quindicenne? Ok, va bene, allora lo stupido quindicenne ora alza i tacchi e si chiude in camera sua a sentire musica, perché è un moccioso idiota che non vuole confrontarsi con gli altri!»

Detto questo si alzò e andò via furioso dal laboratorio, dove io rimasi sola e in lacrime. Dopo una mezz’ora, ripresa la calma e la padronanza di me, mi alzai e me ne andai, incurante di salutare Alberto o di sapere dove fosse Emile.

 

*****

 

Ero davvero sfinita, confusa, arrabbiata… ero preparata ad un confronto tra noi, ma non avrei mai creduto di finire in quel modo quella giornata, maledicendo me stessa per la mia stupidità, per la mia fragilità e arrabbiata a morte con Emile che non mi aveva capita e che era stato in grado di umiliarmi più volte nel giro di poche ore. E quell’assurda gelosia nei confronti di Stè!

Avevo sempre dovuto combattere per affermare il mio legame con Testa di Paglia e alcune volte, avevo anche scelto di allentarlo per evitare discussioni sterili col ragazzo di turno… ma non avrei mai più anteposto qualcun altro ai miei amici: i ragazzi vanno e vengono, mente loro mi sono sempre stati accanto! Per di più non avrei mai immaginato che una persona come Emile, potesse essere preda di un sentimento così sciocco!

Eppure era la testimonianza che lui ci tenesse a me… anche se era il modo più stupido di manifestarlo: proprio Stè, che era a pezzi per il vuoto che gli aveva lasciato Simona! E poi quel suo ritorcermi contro, la stessa accusa che gli avevo fatto io, quello era stato davvero un atto infantile! Non l’avrei perdonato facilmente, non mi sarei di nuovo abbassata ad andargli incontro! No, non dovevo più annullarmi e perdonare sempre… soprattutto con lui!

Avrebbe dovuto riflettere su ciò che aveva fatto, su come mi aveva umiliato, sulla sciocchezza che aveva insinuato!  Non avrei tollerato altro che le sue scuse, anche se fossi stata costretta a soffrire per la sua mancanza, anche se mi fosse costato non vederlo per un po’, ma io non avrei ceduto!

Sentii il bisogno di sfogare la mia rabbia con qualcuno… in una vita che mi sembrò lontana anni luce, sarei andata direttamente da Stè, ma con l’accusa che mi aveva rivolto Emile e sapendo quanto ancora lui stesse male per Simona, i miei problemi sentimentali erano l’ultima cosa che avrebbe dovuto sentire! Fede e Rita molto probabilmente erano insieme e la presenza di un terzo incomodo non sarebbe stata affatto gradita… Mi restava Sofia e pensai che forse il suo modo razionale di vedere le cose, che normalmente aveva la capacità d’irritarmi, in quel frangente mi sarebbe stato d’aiuto per schiarirmi le idee e riflettere a mente lucida… Anche se ero certa che non avrei mai cambiato la mia risolutezza a non cedere di fronte ad Emile.

 

 

Non mi soffermai nemmeno a chiamarla per sapere se fosse in casa: Sofi era una pantofolaia convinta e probabilmente anche un po’ sociopatica, tuttavia aveva un modo sottile e attento di comprendere il mondo e le sue leggi.

Bussai alla porta di casa e mi aprì suo padre: era l’unico genitore con cui vivesse da quando la madre si era separata dal marito. Siccome non era stata reputata in grado di mantenere la figlia piccola, Sofia era stata affidata al padre, vivendo da quel momento come se avesse un solo genitore, poiché sua madre risultò davvero poco capace di prendersi a cuore la figlia. Sofi, già di per sé acuta e più intelligente della norma, in quel modo iniziò a crescere con un senso di responsabilità più alto rispetto ai suoi coetanei. 

Quando il padre mi annunciò, rimase sorpresa di vedermi:

«Qual buon vento Pasi!»

In quel momento mi sentii vagamente in colpa con lei: Stè era sempre la mia meta quando avevo voglia di stare in compagnia, Fede lo vedevo ogni giorno in comunità e Rita, a parte quell’ultimo periodo in cui ero diventata sua convivente, avevo sempre avuto modo di sentirla. Sofi invece  era ai margini delle mie amicizie.

Le volevo davvero bene, ma caratterialmente eravamo agli antipodi: sempre agitata io, calma all’estremo lei, per quanto fossi  impulsiva io, tanto era razionale e pacata lei e spesso la sua logica era così sbaragliante da non lasciarmi modo di replicare ed io odiavo essere zittita!

Però Sofi aveva anche una profondità che mi faceva riflettere, che mi aiutava a guardarmi dentro e a non buttarmi a capofitto in tutte le cose senza averci riflettuto su almeno un po’. O almeno qualche volta ci provavo!

«Ciao Sofi… ecco… passavo di qui e mi sono detta “Quasi quasi vado da lei”…»

«Cosa c’è che non va, Pasi? Si vede lontano un miglio che non sei in te. Hai litigato con Emile?»

Era proprio inutile fingere con i miei amici… oppure ero io incapace di celare le mie emozioni al genere umano!?

«È così palese?!» abbassai le spalle sconsolata.

«Coraggio, ci prendiamo una bella cioccolata e me ne parli, ok?»

 

 

*****

 

«Uhm… proprio una bella litigata, non c’è che dire!»

«Già… ed ora sono così arrabbiata con me e con lui!» Appoggiai sconsolata la testa sul tavolo della cucina, davanti alla mia tazza di cioccolata, «In questo momento non so  nemmeno se l’amo o l’odio di più!»

Sentii Sofi poggiare la sua tazza sul tavolo: 

«Da come hai reagito, è chiaro che l’ami, com’è chiaro che vi riappacificherete.»

«Questo lo so anch’io! Il problema sarà la modalità! Io non voglio cedere e so che anche lui non è un tipo che chiede scusa facilmente… soprattutto dopo essersi sentito dare dell’immaturo!»

«Io non direi che si faccia troppi problemi Pasi, ti ha chiesto scusa appena ti ha vista, no? Secondo me, dovrai solo attendere che si faccia vivo… oppure lanciargli tu un segnale che lo stai aspettando.»

«Oh no, no, no! Io non lancio proprio alcun segnale Sofia!  Se lo capisce è bene, sennò significa che non c’è comunicazione fra noi!»

«La comunicazione tra voi non c’è proprio se rimani con questo stupido puntiglio! Come pensi che possa capire cosa ti aspetti da lui, se non gli mandi dei segnali? E poi, a dirla tutta, questo tuo atteggiamento mi sa proprio di infantile.»

Quell’affermazione di Sofia mi fece alzare di scatto la testa per fronteggiarla: 

«Infantile io? Ma Sofi, sto cercando di proteggere la mia dignità! Non posso e non voglio passarci sopra e fingere che non mi abbia ferito, in modo da permettergli di farlo ancora!»

«Pasi, il modo migliore per evitare che succeda è quello di parlagli, ma senza rancore, senza offese, senza sputare veleno né da parte sua, né parte tua! Fagli capire che sei arrabbiata ma anche che vuoi risolvere la faccenda e trovare un modo per venirvi incontro. Sembrate due bambini che si sono offesi a morte e che vogliono far la pace, ma che di sicuro aspettano che l’altro faccia la prima mossa… È questo il rapporto maturo che vuoi stabilire con Emile?» Tornai ad abbassare il capo, mi sentii davvero una stupida in quel momento: 

«No… non voglio questo…»

«Allora rifletti bene sul modo più giusto d’agire, pensa al modo migliore in cui puoi fargli capire le tue ragioni e nello stesso tempo farlo ragionare senza recriminazioni. Offendervi l’un l’altra non vi aiuterà di certo a comunicare e ad accorciare le distanze tra di voi! Ancora un po’ di cioccolata?»

«Sì, grazie!»

 

 

*****

 

Ero di ritorno da casa di Sofi, diretta a casa di Rita (con la speranza che non fosse in compagnia di Fede), quando squillò il cellulare: il mio cuore balzò in gola al pensiero che fosse Emile, ma sapevo che non poteva essere lui, anche se c’ero andata vicina: a chiamarmi era suo padre.

«Pasi stai bene? Cos’è successo? Quando sei andata via? Emile non mi ha detto nulla e non ha voluto rispondermi quando gli ho chiesto dove fossi.»

«È tutto ok, sto bene… m-mi sono ricordata di avere un impegno  urgente all’improvviso e sono corsa via…» ecco la stupida balbuzie che tornava a colpire! Alberto non se la sarebbe bevuta.

«Avete litigato, piccola?»

«Un po’…» non riuscii a continuare, sentivo l’odiato magone far capolino nella gola e dopo un attimo sentii un sospiro provenire dal cellulare:

«Quel figlio mio e la sua lingua tagliente! Vedrai che si renderà conto di aver esagerato e ti cercherà per chiederti scusa. Ora distraiti un po’ e non angosciarti troppo, ok? Sono cose che capitano purtroppo, soprattutto con Emile!»

«Sì…» l’affetto che sentii per quell’uomo, m’investì all’improvviso come il sole dopo un temporale e mi scaldò il cuore, che sentivo gelido da ore.

«Grazie per aver chiamato.»

«Di nulla piccola, ti voglio bene.» il magone stava per tramutarsi nuovamente in pianto; quale potere avevano su di me gli uomini di quella famiglia!?

«Anche io… anche io ti voglio bene!»  E staccai la conversazione prima che Alberto sentisse il mio pianto improvviso.

 

 

*****

 

Rita non era in casa: il silenzio più totale regnava in quell’appartamento, così decisi di andare a dormire. Nel buio e nella solitudine di quel lettone, mi resi conto di non sentirmi più a mio agio ad essere ospitata dalla mia amica e quel pensiero, unito alla giornataccia che avevo appena vissuto, contribuì a farmi sentire ancora più sola.













__________________________________________
NDA
Cosa sarebbero Emile e Pasi senza le loro litigate? E in questo caso hanno dato proprio il meglio (o il peggio a seconda dei punti di vista) di loro! Non mi linciate se vi siete depresse e/o arrabbiate, è tutta colpa di Emile U_U *me sente il rossino che la guarda con aria minacciosa e dice "Che razza di madre snaturata!"*

Sempre perchè io non mi ossessiono, sto procedendo con la revisione degli ultimi capitoli e con mia grande gioia sto scrivendo ancora *me fa la ola* così dagli iniziali 19 capitoli, ora me ne trovo 22, dei quali gli ultimi 3 sono ancora da controllare e sistemare (pignoleria portami via). Quindi anche se siamo sempre più vicini alla fine, la vostra lettura sarà prolungata un pò rispetto al previsto ^ ^

Detto questo, passiamo all'Angolo dei Ringraziamenti.
Tesore, siete sempre meravigliose, siete sempre più partecipi ed entusiaste, per cui io continuo a ringraziarvi dal profondo del cuore!
Un grande e immenso ARIGATOU a:
Iloveworld, la madrina di questo racconto, colei che per prima mi ha incitato a pubblicarlo, che nonostante i problemi di connessione ha trovato il modo di leggere e recensire. Tesorina mia, non ho parole, sono davvero commossa e gratificata dal tuo affetto, grazie davvero!!! *_* (Se avete voglia di fantasy e di una storia dolce e romantica, iniziate a leggere il suo Ali d'Argento, non ve ne pentirete!)
Vale, Niky, Concy, Saretta, che danno linfa vitale a questa storia con le loro recensioni puntuali ed entusiaste. Sorelline mie, siete i miei pilastri <3<3<3
Cicci, Ana-chan, Ely, che mi sostengono con altrettanto entusiasmo. Tesore mi fate felice ogni volta che mi date segno del vostro affetto e appoggio <3

Un grandissimo ARIGATOU va anche a tutti coloro che hanno messo questa storia nelle seguite, e tra le preferite; mi riempite di gioia con il vostro apprezzamento! *_*
E grazie un milione di volte a tutti coloro che mi sponsorizzano ARIGATOU GOIZAMASU!!!!!
   
 
Leggi le 9 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Deilantha