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Autore: francy13R    03/11/2011    1 recensioni
"Eccomi qua! Sulla soglia dei quarant'anni ormai e mi ritrovo a scrivere su questo diario consumato che mi ha accompagnato per più di vent'anni durante l'esperienza che mi ha stravolto, ma allo stesso tempo stregata. Talvolta ripenso a Milano, alla mia vecchia casa, alla mia vecchia scuola, alla mia vecchia vita e vengo invasa da un senso di vuoto come se dovessi ritornare là e riprendermi quella parte di me che quella città mi ha strappato involontariamente e presa senza alcun diritto! D'altronde tutto è iniziato lì, ma nonostante questo sento che il mio posto è qui! Dopo mille dubbi, difficoltà e avvenimenti raramente positivi ho trovato un posto in questo mondo dove sono riuscita a liberarmi, a mostrare la vera me e non la Eve che s nascondeva dietro la maschera della scontrosità!
Ho pagato con la mia stessa pelle gli errori commessi fino a sentire il mio cuore lacerarsi, eppure alla fine la vita, la vita che tanto avevo odiato, quella che mi era sempre stata contro e quasi mai favorevole, mi ha premiata e sono orgogliosa del mio punto di arrivo. Adesso sono qui nella mia casa, la mia vera casa, il rifugio che tanto avevo sognato per proteggermi da questo mondo selvaggio. Ho fatto scelte sbagliate, quasi sempre, ma è inutile pentirsene perchè mi hanno portato a dove sono ora, con l'uomo che amo nel paese in cui ho sempre desiderato passare il resto dei miei giorni e... credo che sia ora di smetterla di scrivere, quello era un modo per sfogarmi, ma ora non c'è più niente di storto, è tutto perfetto! Quindi caro diario siamo arrivati alla fine, probabilmente ti sistemerò in qualche angolo della soffitta però non ti scorderò mai, sei pur sempre l'unico oggetto che mi è rimasto della mia vecchia vita e avrai sempre un posto speciale nel mio cuore! Grazie per avermi tenuto compagnia! Devo andare a prendere i bambini a scuola, ciao mio caro amico, confidente e unico testimone del mio viaggio terminato! Addio!
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Arrivata a scuola notai con un po' di delusione che le cose non erano cambiate e come tutti gli altri giorni mi diressi verso la mia classe cercando di essere invisibile.

Il gruppo delle “fighe” si esibiva per i corridoi spalmandosi sui rispettivi ragazzi come la Nutella sul pancarrè. Non esiste similitudine più adatta di questa. Le secchione con venti paia di occhiali da vista erano riunite in un angolo intente ad esaminare i loro libri di storia e i truzzi appoggiati al muro le deridevano. Gli atletici con le loro solite tute facevano i loro soliti giri intorno al campo da basket al di fuori dell'edificio e i poveretti che non avevano mai avuto una ragazza in tutta la loro vita e passavano la maggior parte del loro tempo chiusi in camera a masturbarsi avevano lo sguardo incollato ai sederi delle ragazze che correvano.
Poi c'erano le vie di mezzo, quelli che non appartenevano a nessuno di questi gruppi e poi c'ero io, quella a cui le persone evitavano di rivolgersi. Talvolta mi chiedevo se fossi costantemente vestita da Halloween, ma poi la risposta alle mie domande arrivava immediatamente: ero strana. Tutti sapevano che qualche volta me ne andavo di casa e molti erano convinti che andassi a vivere sotto i ponti, a quelle affermazioni non potevo che ridere.
Mi mancava quella di essere considerata una poveraccia.
Sapevo di non appartenere alle “vie di mezzo” perchè queste avevano il privilegio di essere ignorate .

Appena passai davanti alle fighe alzando al massimo il volume del mio i-pod per evitare che i loro commenti acidi giungessero alle mie orecchie, una di loro si staccò dal gruppo e mi si parò davanti.
Disse qualcosa e io per non fare la maleducata mi tolsi una cuffia dicendo: -Scusa?-.

-Ho detto: dove credi di andare vestita in quel modo?-. Mi squadrò dalla testa ai piedi. Quel giorno avevo indossato una semplice gonna lunga fino ai piedi di tutte le tonalità del blu e una maglietta larga beige, non mi sembrava di aver esagerato dato che la temperatura, nonostante fosse Ottobre, era ancora abbastanza mite.

Non era la prima volta che si mettevano sulla mia strada. Mi insultai nella mente per essermi tolta la cuffia.

-Dove credo di andare? In classe! E mi stai intralciando il passaggio, quindi levati-, dissi con tutta la tranquillità di questo mondo e senza aspettare una sua risposta le girai intorno per proseguire.

Mentre rimettevo all'orecchio la cuffia sentii in lontananza: -Cosa vi avevo detto? Quella si droga, che schifo!-.


Non potei non sorridere. Già mi drogavo come pochi, mai quanto quella biondina con il complesso della dea onnipotente. Forse nessuno mi considerava, ma una cosa che adoravo da matti era il gossip. Non mi servivano molte informazioni per capire la gente e quello che combinava, tanto che quando la nemica della Dea era stata arrestata per possesso di droghe ed espulsa intuii immediatamente che ci fosse lei sotto quella storia ed infatti ne ebbi la certezza nei bagni della scuola.
Naturalmente feci una chiamata anonima alla polizia fornendole tutte le prove necessarie per portare in libertà Rachele che non mi era mai stata antipatica, anzi era una delle poche con cui scambiavo due chiacchiere durante la ricreazione. Sotto sotto anche io agivo, ma evitavo di sbandierarlo in giro per evitare che le persone mi odiassero più del dovuto.
Tutti quei pettegolezzi mi sarebbero mancati, ma più di tutti mi sarebbe mancata Agnes, una semplice ragazza come me, ma che a differenza degli altri captava immediatamente il mio stato d'animo e mi lasciava in pace se ero di cattivo umore. Forse non mi capiva del tutto, ma era quella che si avvicinava di più al mio mondo. Avrei voluto portare anche lei via da quel covo di serpi, ma non me l'avrebbe permesso, Agnes a differenza mia aveva una vita che adorava a Milano e troppe cose che la trattenevano qui.

Passai l'ora di storia e quella di filosofia a disegnare sagome sfuocate sul quaderno degli appunti. Sapevo già tutto della prima guerra mondiale, avevo letto esattamente sei libri riguardanti quest'argomento. Inoltre la professoressa sapeva che era inutile disturbarmi e tentare di trovarmi impreparata perchè non era mai successo e mai sarebbe accaduto.

Durante l'intervallo mi sedetti sulle gradinate all'esterno e mi accesi una sigaretta mentre tenevo sulle ginocchia un libro sul complesso di Edipo. Dopo qualche minuto assorta sulla tesi di un filosofo contemporaneo non vidi la palla che centrò in pieno il mio stomaco. Senza fare troppe sceneggiate, nonostante fosse una palla da basket, la presi e la lanciai ad un ragazzo.

-Tutto ok? Scusa!-, disse lui con un sorriso sul volto. Lo guardai male. “Se non ti ho detto niente vuol dire che sto bene”.

Annuii semplicemente e ritornai con la testa nel libro. Stupidi dopati!
Quel ragazzo però era pignolo e fece il grave, anzi gravissimo errore di sedersi vicino a me. All'inizio lo ignorai.

-Che stai leggendo? Non sembra molto interessante!-, commentò come se potesse comprendere anche una singola parola di quel manuale.

-Invece lo è!-, dissi scocciata. Alzai la testa e incontrai i suoi occhi di un marrone simile a quello del cioccolato al latte. I capelli sul biondo scuro gli cadevano sulla fronte sudata appiccicandovisi.

-Non ti ho mai vista in giro!-, esclamò avvicinandosi. Ok, poteva anche essere un ragazzo carino, ma non era il mio tipo. Sembrava un bambino delle elementari con quelle fossette e quel sorriso accennato e in vita mia mi ero già imbattuta in troppi bambini.

-Senti adesso vedo che sei presa dal libro, ma magari stasera...-

Non lo lasciai finire la frase. -No, grazie ma qualsiasi cosa tu mi stia per chiedere è no-. Mi alzai buttando il libro nella tracolla e sistemandomi la gonna.

-Stasera c'è una festa a casa di Steve, sai chi è? Comunque se ti va ci possiamo vedere là-.

-No-, risposi e mi fiondai per i corridoi.

 




“Un tipo mi ha invitato ad una festa! Il fatto è che domani me ne vado ed ecco, forse dovrei farci un salto, sai giusto per divertirmi! Agnes ci va e quando ha saputo dell'invito mi ha praticamente supplicata di andarci. Forse ci faccio un salto, forse!”

Scrissi queste misere parole sul libretto, poi incapace di stare ferma iniziai a camminare attorno al letto nervosa. Dopo tutto era solo una festa! Non mordevano mica, inoltre se le mie previsioni erano giuste ci sarebbe stata anche la Dea e non me ne volevo andare senza lasciarle un piccolo regalo.
Sapevo esattamente chi fosse il ragazzo che si era seduto vicino a me il mattino precedente: Diego, il suo ex, che lei aveva lasciato. Ma le ragazze come lei si pentono sempre di lasciare dei fustacchioni del genere, soprattutto se a questi la cosa non fa ne caldo ne freddo.
Sorrisi tra me e me. Si ero una stronza e ne andavo fiera.

 


Aprii l'armadio e presi il primo vestito che trovai, se volevo fare quello che volevo fare dovevo almeno rendermi presentabile. Il vestito di un bel verde smeraldo scendeva aderente fino a metà coscia ed evidenziava le mie curve un po' più abbondanti del dovuto. Lasciai i capelli sciolti al naturale ed evidenziai con un po' di matita gli occhi dello stesso colore del vestito.

Per le scarpe dovetti arrangiarmi diversamente, non ne avevo neanche un paio con il tacco. Quindi aprii la porta e mi assicurai che in casa non ci fosse nessuno. Ah giusto, Nancy avrebbe dovuto trovarsi al corso serale di Yoga.
Entrai nella camera di papà e fregai il primo paio di scarpe con il tacco che trovai nell'armadio di sua moglie, con tutte le scarpe che aveva non se ne sarebbe neanche accorta.

Indossai il cappotto a tre quarti nero e uscii con l'intenzione di divertirmi almeno l'ultima sera della mia vecchia vita. Il giorno dopo sarebbe cambiato tutto, avrei spiccato il volo. Sorrisi tra le strade affollate di Milano stringendomi nel copricapo. Se il giorno la temperatura arrivava fino ai 25 gradi la sera calava drasticamente.
Steve era un ragazzo americano con un grande attico nel centro del capoluogo ed era letteralmente un “figlio di papà”. Viveva nel lusso assoluto, ma a parte quel piccolo dettaglio era simpatico e con me si era sempre comportato in modo quasi normale, alcune volte a scuola riusciva addirittura strapparmi un sorriso con le sue stupide battute.
Sarebbe stato felice di vedermi.

Arrivata a casa sua lasciai titubante il cappotto alla governante e mi diressi incerta sui tacchi 12 verso la sala dalla quale giungeva una canzone di Pitbull a me sconosciuta. Non mi era mai piaciuto quel genere di musica, preferivo il pop.
Il vestito corto era più che appropriato e vedendo che la maggior parte delle ragazze indossava i tacchi mi rilassai, presi un bicchiere di Champagne e andai alla ricerca di Agnes. Quando la vidi aumentai il passo sperando di passare inosservata, ma un braccio mi prese per la vita e mi costrinse a deviare il percorso.

Scossa alzai lo sguardo e ritrovai davanti ai miei occhi quelli cioccolato di Diego.
Non era ancora il suo turno, erano solo le dieci.

-Alla fine sei venuta!-, sussurrò al mio orecchio trattenendomi. Mi scansai.

-Eh mi hai convinta-, mentii.

Lui si voleva divertire e sinceramente anche io, era da un po' che non baciavo qualcuno. Vi potrà sembrare strano, ma quando ho detto che non mi interessavano i ragazzi intendevo i fidanzati. Mi piacevano le storielle di una notte, massimo due. Non c'erano vincoli e ognuno in futuro avrebbe potuto fare quello che voleva. La cosa era molto più eccitante.
La cosa che Diego non aveva capito era che volevo fare le cose per bene. Sarebbe stato uno spasso dato che era evidentemente attratto da me. Gli riservai un sorriso e mormorai al suo orecchio: -Tra un ora qui!-.

Dopo di che scappai e mi unii ad Agnes, che quella sera indossava un abito a tulle color del cielo estivo, e al suo gruppo. Quando Steve mi notò lasciò i suoi amici e mi riservò un caloroso abbraccio.

-Da quanto signorina! Come mai qui? Non che non sia felice, ma è strano vederti tutta in tiro-, disse facendo scorrere lo sguardo sul mio vestito e soffermandosi sulle gambe nude.

-Anche io ho bisogno di svagarmi! Comunque complimenti, bellissima festa!-.

-Avevi dubbi? Io sono Steve: il re delle feste!-, urlò e metà della gente presente si girò e iniziò ad applaudire.

-Ok, adesso per evitare figuracce ritorno dai miei amici "normali"-, gli sussurrai ridendo. Mi diede un bacio sulla guancia e anche lui ritornò dai suoi compagni.


 

Cinque minuti prima dell'appuntamento mi ritrovai nel bagno intenta ad evidenziare le mie labbra con un rossetto rosa. Uscita incontrai la Dea che esibiva il suo vestito fucsia e i capelli da Barbie. Le andai addosso volontariamente, in modo che in seguito mi tenesse d'occhio.
Infatti mentre mi dirigevo verso la nicchia nella quale avevo parlato con Diego mi girai e notai che mi stava fissando.

Una mano sbucò dal nulla e mi prese per il polso facendomi trovare con la schiena contro il muro. Diego davanti a me sussurrò avvicinandosi sempre di più e facendo aderire il suo corpo al mio: -Com'è possibile che non ti abbia mai vista a scuola?-. Risi. Quante volte avevo sentito quella domanda da ragazzi come lui? Occupati a guardare ai piani alti tanto che non vedevano le persone che gli stavano di fronte?

Non mi sarebbe dispiaciuto, era carino e sexy con quella camicia bianca e i capelli all'aria. Affondò la testa tra l'incavo del mio collo e la mia spalla nuda baciandomi la clavicola e lasciando una scia incandescente su di essa.
I suoi capelli iniziarono a solleticarmi la guancia così mi abbassai fino a ritrovare i suoi occhi. Naso contro naso. Aveva bevuto qualche bicchiere di troppo dato il suo alito che sapeva di alcool e me ne approfittai, sicuramente non me ne sarei sentita in colpa.

Avevo spento il lato compassionevole che era in me.

Diego mi accarezzò i capelli facendo scivolare l'altra mano lungo la mia schiena e attirandomi sempre più contro di lui mi baciò con passione. Lo spinsi contro il muro ribaltando la nostra posizione senza staccare le mie labbra dalle sue.

-Andiamo in camera di Steve!-, sussurrò ansimante contro la mia pelle.

L'urlo che sentii mi bastò per staccarmi da lui, pizzicargli il labbro e allontanarmi.
Aveva visto tutto. Non riuscii a trattenermi dal sorridere trionfante.


Prima di scappare abbracciai Agnes per un'ultima volta e senza rimpianti o ripensamenti lasciai quella festa decisamente magnifica. Per ultimo incrociai lo sguardo sconvolto della Barbie e la salutai sorridente.


-Ci si vede!-, le sussurrai sicura che avrebbe capito. Eccome se avrebbe capito. Probabilmente il giorno dopo sarebbe stata ad aspettarmi per una sfuriata, ma sarebbe stato troppo tardi. Non che fossi una codarda. “Consideralo un regalo da parte mia! Scusami, questo era l'unico modo per farti ricordare che al mondo non esisti solo te ma ben sette milioni di persone. Forse cambierai da questa sera, capirai che la vita talvolta è uno schifo e che la ruota della fortuna gira e non sempre si ferma su di te, ma ne dubito, in fondo le stronze rimangono stronze”.

  
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