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Autore: Lizzyluna    03/11/2011    4 recensioni
In una scuola di magia anche il momento del pranzo nasconde insidie di ogni genere... specialmente per chi si trova senza bacchetta nei momenti meno opportuni.
Creata per il Fanfiction on Demand Contest dal pacchetto 15 di Pikkola Prongs.
Genere: Comico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Minerva McGranitt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
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Creata per il Fanfiction on Demand Contest dal pacchetto 15 di Pikkola Prongs

-Citazione: Non a tavola, Carlos! (cit. Una notte da leoni)
- luogo: Sala Grande (Hogwarts)
- sentimento: imbarazzo
- tema: chi a tavola non ha mai fatto qualcosa di imbarazzante? Vi chiedo di creare una fic, drabble, flash o one-shot che sia che ci racconti una scena che faccia sbellicare dalle risate avvenuta durante un pasto in Sala Grande. Potete scegliere voi il personaggio.




Non a tavola, Minerva

«Non a tavola, Carlos!»
La voce di nonna Demetra risuonò nella mente di Minerva McGranitt quando infilò la mano in tasca, trovandoci solo polvere e una manciata di foglie di tè. Il destinatario di quell’ammonimento, che apriva immancabilmente tutte le riunioni di famiglia, era lo zio Carlos, un uomo baffuto e cordiale il cui affetto per i nipoti era disgraziatamente superiore all’abilità nelle arti magiche. Gli spettacoli che improvvisava per intrattenere i più piccoli tra una portata e l’altra si concludevano sempre con la distruzione di uno o più oggetti, tanto che la padrona di casa era stata costretta a imporre una regola ferrea: niente bacchette a tavola.
La giovane Minerva aveva a tal punto assimilato quel divieto che ogni giorno, prima di scendere in Sala Grande per i pasti, riponeva la propria bacchetta nel dormitorio e tornava a riprenderla dopo aver mangiato, incurante delle garbate prese in giro delle compagne di Casa. Aveva fatto così anche quel venerdì, quasi senza pensarci, ed ora se ne pentiva amaramente, perché in quel momento avrebbe avuto proprio bisogno della sua aiutante magica.
Già, perché il suo piatto si muoveva.

Era stata una sciocca questione di orgoglio personale, lo ammetteva: non era proprio riuscita a digerire la critica che Lucine Wendall aveva mosso al suo perfetto, intoccabile esempio di conversione animale-oggetto durante la lezione di Trasfigurazione. Eppure aveva fatto un ottimo lavoro con quell’incantesimo: mentre il resto della classe aveva ottenuto forme vagamente circolari con vari gradi di pelosità, il piatto che lei aveva creato aveva perfino un decoro a roselline rosa scuro che spiccava sulla ceramica bianca, e nemmeno Lady Corvonero in persona avrebbe mai indovinato che fino a sei minuti prima quello era stato un procione vivo color grigio spento.
E invece lei, quella banshee, aveva trovato ugualmente qualcosa da ridire. «C’è un pelo» aveva sentenziato, indicando una riga sottilissima vicino al bordo.
«È solo un graffio, si trova sui piatti usati» aveva ribattuto freddamente la sua amica Augusta.
«Ma questo non è un piatto, è un procione» aveva precisato Lucine, con il tono saccente che amava usare con i ragazzini del primo anno. «Quindi quello è un pelo».
Lei aveva spostato lo sguardo dal piatto al foglio di valutazione, sul quale spiccava una grossa E tracciata in inchiostro viola brillante, e aveva permesso alla sua bocca traditrice di parlare a ruota libera: «Questo piatto, cara, è così perfetto che potrei mangiarci dentro!» A differenza del tuo, che ha la coda, aveva aggiunto mentalmente.
«Beh, allora fallo!» l’aveva sfidata Lucine.
«Lo farò!»

Ora, con il piatto che tremolava minacciando di buttare all’aria il pasticcio di carne, Minerva dovette ammettere che forse Lucine aveva ragione. Sperava solo che nessun altro se ne accorgesse: i suoi vicini di posto erano tutti concentrati sul cibo, ma se avessero alzato gli occhi...
«Minerva, non mangi?» le chiese Augusta, che le sedeva di fronte.
«Io... sì».
Combattendo contro un vago senso di nausea, Minerva impugnò la forchetta e riprese a raccogliere il pasticcio, mentre la sua mente lavorava frenetica alla ricerca di una soluzione. Non poteva alzarsi e andarsene con il piatto in mano, sarebbe stato troppo vistoso... forse avrebbe potuto fingere di urtarlo e farlo cadere, ma cosa sarebbe successo al povero procione?
Immersa nei propri pensieri, continuò ad inseguire un grosso pezzo di pasta sfoglia che si ostinava a sfuggire alla sua posata, slittando da una parte all’altra. Dopo alcuni tentativi falliti, si fece coraggio e lo infilzò con decisione: subito il piatto sobbalzò e ricadde sulla tovaglia, con un tonfo coperto dal chiacchiericcio degli altri Grifondoro.
«Minerva!» esclamò Augusta sconcertata. «Che ti prende?»
«Ho... urtato il tavolo» si giustificò lei, con entrambe le mani sul bordo dell’oggetto. Sentiva la ceramica vibrare sotto le sue dita, abbastanza forte da scuoterle il braccio: chiunque l’avesse guardata avrebbe pensato che fosse lei a rabbrividire.
Buffo, perché non ho mai avuto meno freddo in vita mia. Ho caldo, piuttosto. Sto morendo di caldo.
«Nervosa per il compito di Incantesimi, eh?» tirò a indovinare l’amica. «Non dirlo a me, ho una paura... Gli Incantesimi di Scambio non li ho proprio capiti, sono complicatissimi...»
«Mmh» mormorò lei, posizionando strategicamente la brocca del succo di zucca in modo da impedire la visuale a Lucine.
«...e le istruzioni nel capitolo undici, poi… sembrano scritte in linguaggio folletto...»
Minerva cercò di immobilizzare il piatto appesantendolo con sei cucchiaiate di purè.
«...roba da settimo anno, e poi chi li userebbe nella vi... attenta al bicchiere!»
L’avvertimento di Augusta risparmiò al calice pieno un tuffo oltre l’orlo del tavolo; Minerva lo afferrò appena in tempo e lo spostò al riparo dai guizzi della stoviglia ribelle, che non voleva proprio saperne di stare al suo posto. Lo dovrei Pietrificare, pensò, gettando occhiate nervose ai vicini. Bacchetta... dov’è una bacchetta... per Morgana, mi serve una bacchetta...
L’idea la colpì all’improvviso, come tutte le trovate geniali. Le serviva una bacchetta, una qualsiasi bacchetta... e lì intorno non ce n’erano forse decine pronte all’uso?
Fingendo di pulirsi le mani nel tovagliolo che teneva sulle ginocchia, la giovane strega fece scivolare cautamente la mano sinistra verso il ragazzo che le sedeva accanto, impegnato a chiacchierare con due compagni tra un boccone e l’altro. Individuò subito la sagoma del bastoncino sotto la stoffa della divisa, ma mentre lei cercava a tentoni l’impugnatura, il piatto si esibì nell’ennesima acrobazia e questa volta fece traboccare il succo di zucca sulla tovaglia e nei piatti circostanti; colta di sorpresa, Minerva sussultò e invece della bacchetta artigliò il fondoschiena del giovanotto. «Oops… scusami, Quigley!» squittì, affrettandosi a mollare la presa.
«Oooh, McGranitt, sono lusingato!» ridacchiò il ragazzo. «Non credevo di farti questo effetto… davanti a tutta la scuola, poi!»
«Ascolta…» cominciò Minerva imbarazzata, nonché tristemente consapevole che una trentina di teste si erano appena voltate verso di lei. «Quigley, sul serio, è un’emergen… oh, no!» gemette disperata: il piatto impazzito si era aperto un varco tra le coppe e i vassoi che ingombravano il tavolo e ora stava fuggendo balzelloni verso l’altra estremità, tra le risate e le grida degli altri Grifondoro. In un ultimo, folle tentativo di salvare la situazione si tuffò per cercare di placcarlo, ma tutto ciò che riuscì a fare fu piombare senza grazia sul petto di Quigley e rovesciargli addosso un’intera ciotola di salsa tartara.
Le occorsero due minuti di sforzi titanici per districarsi dalla tovaglia, dalla salsa e dall’abbraccio del ragazzo, ormai convinto che la solitamente riservata Grifondoro stesse cercando di sedurlo, e quando riuscì finalmente ad emergere da sotto il tavolo, scoprì che intorno a lei si era scatenata la caccia al piatto: studenti che si sfidavano al grido di «Prendilo! Schiantalo! Attento! Di qua!», incantesimi che mancavano il bersaglio, cibi e bevande che volavano da tutte le parti e insegnanti che assistevano sbigottiti. Solo il professor Silente non sembrava preoccuparsi delle imprese della propria Casa: anzi, quando Minerva lo scorse in mezzo alla confusione, ebbe la netta impressione che stesse ridendo sotto i baffi.
La professoressa Gaiamens fu la prima a prendere in mano la situazione: sfoderando la bacchetta con un’energia insospettabile per un’ottantenne, la puntò verso il tavolo di Grifondoro e ordinò: «Fermi tutti, ci penso io!»
Ben sapendo che la mira dell’anziana strega era tutt’altro che infallibile, gli studenti si tuffarono al riparo; anche il piatto-procione parve rendersi conto del pericolo e cercò di svignarsela, rotolando oltre il bordo ed atterrando sulla schiena di un ragazzino del secondo anno.
«Iiih, l’ha morso!» gridò una compagna inorridita.
«È una macchia di pomodoro, sciocca!» la rimbeccò Minerva, recuperando in fretta la propria freddezza da Prefetto mentre strisciava verso il piatto, apparentemente tramortito dalla caduta. Una mano la afferrò per la divisa e la tirò indietro poco prima che l’incantesimo della Gaiamens lampeggiasse nell’aria, mancando l’oggetto di mezzo metro abbondante. «Si può sapere cosa vuoi fare?» sibilò Augusta dopo averla trascinata lontano dal pericolo. «Non dirmi che quello è…»
«…Niente di cui preoccuparsi, ne sono sicuro» affermò il professor Silente, da qualche parte oltre le loro teste; una manica color pervinca comparve al di sopra della tovaglia e un istante dopo il piatto svanì in una nuvola di fumo, dalla quale sbucarono in sequenza una lunga coda ad anelli, due orecchie appuntite e un paio di baffi tremolanti. Prima che la nube si diradasse, il malcapitato procione era già schizzato via per rintanarsi tra le caviglie delle Tassorosso.
«Vedete? Solo un incantesimo difettoso»  spiegò Silente in tono rassicurante, mentre alle sue spalle si levavano gli strilli delle ragazze dell’altra Casa. «Direi che possiamo rimettere in ordine e continuare il nostro pasto… se gentilmente qualcuno di voi volesse aiutarmi…»
Sospirando di sollievo, Minerva requisì una bacchetta al primo studente che le capitò a tiro e la agitò in modo sbrigativo verso il cumulo di stoviglie rovesciate. «Su, via dal tavolo!» ordinò agli occupanti delle panche vicine. «E voi… sì, voi tre Corvonero… tornate al vostro posto, non c’è niente da vedere!»
«A dire il vero» la smentì il professor Silente con un sorriso indecifrabile, «temo che qualcosa da vedere ci sia, signorina McGranitt».
Solo allora Minerva ebbe il tempo di rendersi conto degli svariati colori che la sua divisa aveva assunto: un esame superficiale le permise di rilevare una decina di sostanze diverse, dalla macchia umida (anzi, due macchie umide) sul petto alle striature brune sui gomiti, con l’impronta verdastra di una mano come tocco finale. Girando su sé stessa nel tentativo di capire l’entità del danno, scorse un ciuffo di fili e brandelli di stoffa penzolanti contro il polpaccio sinistro e decise di non voler sapere quanto fosse esteso lo strappo nei suoi vestiti.
«Ci pensiamo noi qui, cara» la rassicurò la Gaiamens. «Forse è meglio se tu ti rendi… presentabile».
Mormorando un «Grazie», Minerva sgattaiolò verso la porta, seguita dalla fedele Augusta e da un ragazzino brufoloso che le saltellava alle spalle nel tentativo di riprendersi la bacchetta; con la coda dell’occhio scorse Quigley alzarsi con un sorriso galante e venire prontamente arruolato dalla professoressa nella squadra di pulizia (cosa che non doveva essere nei suoi piani, a giudicare dalla smorfia delusa).
«Dovresti uscire di testa più spesso, Minnie» commento l’amica, accennando al tavolo devastato e ai compagni ancora confusi (Lucine era appollaiata su una panca da almeno cinque minuti, con la divisa raccolta in grembo, e ogni tanto squittiva: «Il topo… è andato via il topo?»). «Dopo la sesta esplosione in aula di Pozioni, si sentiva proprio il bisogno di un incidente alternativo».
Minerva non riuscì proprio a ricambiare il sogghigno della compagna: probabilmente, rifletté, i suoi occhiali erano troppo sudici per consentirle di vedere il lato comico della situazione. Il ragazzino, invece, si disinteressò di colpo alla sorte della bacchetta e la fissò affascinato: era evidente che nella sua personale classifica di popolarità il rigido Prefetto di Grifondoro aveva appena scalato una trentina di posizioni. «Fooorte!» esclamò estasiato. «Davvero l’hai fatto apposta? Posso provarci anch’io?»
«Non a tavola, Evan» mugugnò Minerva. «Non a tavola».


Ho avuto la fortuna di beccare l'ultimo pacchetto vagamente comico disponibile e ho tirato fuori questa storia, usando naturalmente un personaggio che con il comico non c'entra un accidente. Spero che piaccia alla committenza.
In ogni caso, distruggere la reputazione di Minnie non ha prezzo.

Il mio pacchetto invece era questo:

Personaggi: Sirius Black/Qualcun altro (purché effettivo, non valgono gli OC). Volete mettere la McGranitt? Perfetto! Remus? Ancora meglio! Bellatrix e Regulus? Un secondo, che prendo i pop corn!
Se poi volete farmi una raccolta in cui Sirius viene respinto in sequenza da Phineas Nigellus, Marge Dursley, un Dissennatore e la tipa al bar dello zoo che dà il ghiacciolo a Harry nel primo libro, chi sono io per trattenervi?
Tema: Colossale duedipicche, che dovrà beccarsi Sirius. Scegliete voi se si tratta di amore effettivo, scommessa idiota o Amortentia andata a male.
Oggetto: Foglio. Carta, pergamena o papiro.
Sentimento: Amore non corrisposto, ovvio.

Limitazioni:
- Rating verde o giallo.
- Genere: Romantico e commedia
- Accetto lo slash e l'incesto solo se poi mi demolite la coppia, ma anche le crossover; non accetto ovviamente le PWP.

Ve lo aspettavate, eh? Sono davvero curiosa di sapere cosa ne verrà fuori.


Prima classificata:

Lizzyluna – Non a tavola, Minerva

«Questo piatto, cara, è così perfetto che potrei mangiarci dentro!» A differenza del tuo, che ha la coda, aveva aggiunto mentalmente.


Grammatica e sintassi: 10/10
Stile e lessico: 9.8/10
Originalità: 9.9/10
Aderenza al pacchetto scelto: 10/10
Caratterizzazione dei personaggi: 14.5/15
Sviluppo della trama: 5/5
Gradimento personale: 2.8/3

Totale: 62/63 punti

Quando the Burnt Orchid, all’epoca Pikkola Prongs, ha mandato il pacchetto, mi ha fatto scegliere tra due, entrambi molto interessanti.

La realtà è che questo mi aveva colpito da subito, credo che, dovendo scegliere, da partecipante l’avrei messo nella mia top three, ma non avrei avuto la capacità di mantenerlo come hai fatto tu.

La tua storia è geniale nella sua semplice, demenziale naturalezza.

Ci hai mostrato una Minerva diversa, una ragazza della quale per una volta abbiamo visto il lato un po’ folle che appare latente nel personaggio, ma mai totalmente libero.

Una scelta interessante, quindi, e anche molto ben gestita.

Il pacchetto è reso in modo intelligente e originale. Certo, riconosco che lo spunto in sé non sia qualcosa di mai sentito, trovo che tu abbia saputo personalizzare benissimo la scena, rendendola comica, ma comunque mantenendo il personaggio di Minerva. La citazione è stata inserita alla lettera, mentre pensavo che avresti modificato il nome. Questo ti ha permesso di ottenere punteggio pieno, perché hai veramente creato una storia a partire dal pacchetto.

Riguardo alla grammatica non ho davvero appunti da farti: la storia è corretta.

Lo stile è avvincente, semplice, ma per nulla banale. A rendere la tua storia bella da leggere è anche questo stile fresco. Il lessico è curato e vario, non usi termini troppo complicati, però sai gestire i ritmi della narrazione. Dal punto di vista stilistico l’unica cosa che non ho apprezzato sono le parentesi, che non mi piacciono mai nei testi di narrativa. Riconosco che questo possa essere più che altro un fattore di gradimento personale, e la cosa un po’ mi dispiace, perché anche in quella voce avrei voluto darti punteggio pieno.

Grazie per aver partecipato.

   
 
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