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Autore: Il_Genio_del_Male    03/11/2011    9 recensioni
Nuovi imprevisti minacciano (beh, vabbè) di turbare la quiete di Camelot. Riusciranno i nostri eroi a vivere per sempre felici e contenti? E soprattutto, l'ammmòòòre trionferà una volta per tutte?
[Seguito di "A midsummer night's dream... in Camelot"]
Genere: Comico, Demenziale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Merlino, Un po' tutti | Coppie: Merlino/Artù
Note: Cross-over, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più stagioni
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- Questa storia fa parte della serie 'Once upon a time...'
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PAIRING: Merthur più altri.

RATING: La storia è ancora in fase di stesura, ma credo che oltre il giallo non mi spingerò. Il verde la farà da padrone, insomma.

GENERE: Comico, Romantico, Parodia.

AVVERTIMENTI: “Fiat slash, et slash fuit” (cit.) e OOC grande come una casa per tutti i personaggi.

DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono, né i diritti della serie (ahimè) che vanno tutti alla BBC; non guadagno niente dal mio fangirleggiare.

DEDICA: A coloro che hanno avuto fiducia in me, mi hanno supportata, sopportata e non si sono ancora stufati di star dietro ai miei deliri, in particolare: le mie due omonime, le due Beatrici, Valentina e Virginia.

NOTE: Alle vecchie e nuove lettrici: benvenute nel seguito di A midsummer night’s dream... in Camelot! Non mi dilungherò molto, anche perché sono troppo tesa ed emozionata per dire qualcosa di sensato. Un video toccante e straziante da consigliarvi, però, ce l’ho: http://www.youtube.com/watch?v=m_7e-7FmWjk&list=FLGE_a2JXkXZa1YIzCH2Jlxw&feature=mh_lolz (SPOILER! sulla quarta stagione).

As usual, ci tengo a precisare che questa fanfiction è autobetata. *sudori freddi*

Buona lettura, e che il delirio abbia inizio!

 

 

 

 

 

“Come vi sentite?”

“Gaius, è la diciottesima volta in un’ora che me lo chiedi! E piantala di darmi del ‘voi’, ché non è proprio il caso”.

“Come sarebbe a dire? State… va bene, stai per venire nominato re consorte: se continuassi a darti del ‘tu’ sarebbe un comportamento quanto mai irrispettoso nei tuoi confronti, Merlin”.

Orbene, un piccolo salto indietro nel tempo a questo punto è doveroso.

Come gli esimi lettori ricorderanno, nel capitolo finale della precedente storia il nostro intrepido eroe aveva accettato di sposare Arthur Pendragon, principe di Camelot. E fin qui tutto bene. Quel che il gentile pubblico non può sapere è che nel mese e mezzo che era seguito alla fatidica notte di Beltane molte cose erano cambiate.

Prima tra tutte, era stata annunciata l’abdicazione del sovrano in carica, Uther, in favore del figlio: il ragazzo aveva ormai l’età giusta e l’esperienza sufficiente per accollarsi gli onori e gli oneri che derivavano dal fatto di indossare la corona reale, era benvoluto dal popolo e dai membri della corte, i suoi soldati non avrebbero esitato a dare la vita per lui e -non meno importante- poteva contare sull’appoggio, la collaborazione e la lealtà di un mago potentissimo quale era Merlin Emrys. Motivo per cui, nella stessa occasione, Uther aveva annunciato ufficialmente il fidanzamento del principe con il piccolo Dumbo il suo amatissimo idiota. Poi aveva colto di sorpresa tutti (evitando per un pelo un’epidemia di morti premature per colpi apoplettici, ictus ischemici e trombosi) precisando che il giorno delle nozze del figlio anch’egli si sarebbe unito in matrimonio con Cenred. In seguito si sarebbero trasferiti nel regno di quest’ultimo e l’avrebbero governato insieme, lasciando così liberi gli sposini di gestire Camelot come meglio credevano.

Una tale dichiarazione di intenti aveva riempito di letizia il popolo (largo ai giovani!) giacché la fiducia che nutrivano nei confronti dei due ragazzi era sconfinata, ma d’altro canto aveva sconcertato non poco l’Asino Reale che non si sentiva pronto per succedere al padre e anche Merlin, atterrito all’idea di regnare a tutti gli effetti.

Le doppie nozze erano state fissate per le Idi di giugno e benché Arthur si fosse già portato avanti con l’organizzazione del proprio matrimonio, si era deciso infine di far crepare l’avarizia e di ingaggiare il miglior wedding planner su piazza: Enzo Miccio, noto al grande pubblico per i diversi programmi di successo che conduceva su Real Time (canale 31 del Digitale Terrestre). L’uomo aveva subito assunto il controllo della situazione: dopo essersi fatto consegnare le chiavi del castello (marcondirondirondello) aveva assunto un’impresa di pulizie affinché lo facesse splendere da cima a fondo. Aveva poi incaricato i suoi collaboratori di addobbare ogni più remoto angolo e corridoio del palazzo e il fiorista di piazzare un po’ ovunque piante di pisello odoroso (tsk, sempre a pensar male) e aveva mostrato allo chef i bozzetti delle torte nuziali, non prima di aver lungamente conferito al riguardo con entrambe le coppie di sposi.

Nel frattempo Merlin non era rimasto con le mani in mano. Aveva continuato ad assistere Gaius nella distillazione di pozioni curative e nella raccolta di erbe mediche e aveva stoicamente affrontato non meno di cinquanta prove e cambi d’abito, in modo da permettere ad Enzo di individuare il look nuziale che più valorizzasse la sua bellezza delicata e non convenzionale. Si era poi sorbito interminabili lezioni di galateo ed etichetta, dal cui effetto soporifero riusciva a salvarlo unicamente Arthur. Il futuro sposo infatti non perdeva occasione per monopolizzare il suo tempo libero: sbattendolo contro la prima superficie orizzontale e/o verticale, ma anche trascinandolo nel Fantabosco fino al chiosco di Tonio Cartonio per fargli assaggiare la miglior Scivolizia di Britannia, componendo terrificanti odi in suo onore e addestrandolo personalmente all’uso delle armi, poiché in quanto futuro regal consorte doveva essere in grado di affrontare degnamente un duello.

Tutti i loro amici -tra cui Hunith, scelta da Arthur come sua testimone, arrivata a corte cinque giorni dopo aver ricevuto l’invito- si erano scervellati a lungo per trovare il regalo di nozze adatto ai teneri sposini.
Morgana, divertendosi un mondo ad immaginare la reazione dei nostri eroi al momento di scartare il pacco, aveva fatto raccogliere, miniare e rilegare in un sontuoso tomo con la copertina tempestata di gemme preziose dai monaci del convento benedettino di Norcia tutte le fanfiction che lei e altre colleghe slasher avevano scritto ispirandosi ai due baldi giovani (con abbondanza di scene lemon, rating rosso e un pizzico di BDSM, perché no?).
Lancelot e Gwaine, da poco conviventi, si erano accordati con quelle vecchie volpi di Albus e Gellert -che, ormai trasferitisi stabilmente a Camelot, stavano valutando l’ipotesi di sposarsi a loro volta e di adottare tre o quattro marmocchi- ed erano riusciti a scovare, in una botteguccia anonima di Nocturne Alley, uno strabiliante kit di sex toy in grado di far impallidire le meretrici più consumate.
Leon e Percival, da anime candide quali erano, avevano sferruzzato senza sosta giorno e notte (quando non erano in altre faccende affaccendati, s’intende) per confezionare una quantità notevole di coperte, maglioni, mantelli, guanti e sciarpe in pregiato cachemire che sarebbero bastati, nelle loro intenzioni, per i successivi cinquanta inverni.
Gaius, scherzando fino ad un certo punto, aveva optato per un lussuoso cofanetto edizione deluxe, con tanto di interviste esclusive, videoclip e brani inediti, dell’intera produzione canora di Renato Zero. Hunith però era l’autrice del regalo più ispirato. Con i risparmi mandateli dal figlio negli anni precedenti ella aveva fatto costruire a Ealdor una casupola umile ma confortevole, di legno resistentissimo, una sorta di nido d’amore in cui Merlin ed Arthur si sarebbero potuti rifugiare ogni qual volta ne avessero sentito la necessità. Era situata abbastanza vicina alla sua abitazione in caso di emergenza, ma sufficientemente appartata per garantire loro la giusta privacy.
Persino Mordred era stato invitato, in veste di testimone di Merlin, e il bambino per l’occasione aveva selezionato il più bello e maestoso tra i cobra in suo possesso (non per niente era un Serpeverde): una femmina di nome Nagini, di indole docile e giocherellona, il cui manto aveva magicamente tinto di rosso e d’oro -i colori dei Pendragon- con venature blu intenso, della stessa tonalità degli occhi di Emrys.
L’unica persona rimasta in disparte durante i preparativi era stata Guinevere. Ella non aveva mostrato alcun pentimento per l’ingiusto livore che aveva vomitato addosso a Merlin, né si era ripresa dallo shock di venire rifiutata ancora una volta dall’amato Lance, vedendosi preferire quello sgherro gaglioffo di Gwaine. Indi per cui la bertuccia fanciulla non era stata invitata a presenziare alla cerimonia, al contrario di suo fratello Elyan.

La vigilia del matrimonio Kilgharrah -che avrebbe assistito dall’alto, sbirciando dalla più ampia delle finestre della Sala del Trono, ove si sarebbe tenuta, oltre alle nozze, anche l’incoronazione dei nuovi sovrani- si era messo in contatto via bluetooth con Merlin, dando appuntamento a lui ed Arthur ai margini della solita radura nei pressi del castello (marcondirondirondello). Quando i due fidanzati vi si erano recati, avevano trovato il drago che li aspettava con un sorriso trepidante -il mago avrebbe potuto giurare di averlo visto scodinzolare- e tra le zampe un uovo di dimensioni spropositate per essere figlio di un normale volatile, dalla forma appuntita in cima e il guscio di un bianco splendente con sfumature azzurrine.

“Giovane mago, principe Arthur” li aveva salutati.

“Kilgharrah, è un onore incontrare una creatura magica della tua entità; permettimi di scusarmi per aver attentato alla tua vita, un anno fa. Ti do la mia parola che non si ripeterà più” aveva chinato umilmente il capo Arthur, con voce contrita e solenne al tempo stesso, guadagnandosi così uno sguardo ammirato e colpito da parte di Merlin.

“Non affliggerti oltre, giovane Pendragon. Ti ho già perdonato tempo fa, e poi come recita la famosa canzone partenopea: chi ha avuto, ha avuto, ha avuto/ chi ha dato, ha dato, ha dato/ scurdámmoce 'o ppassato/ simmo 'e Napule paisá! Ma accetto comunque le tue scuse e le apprezzo” aveva replicato magnanimamente il drago.

“Uhm, non vorrei uccidere quest’atmosfera di ammmòòòre, davvero, ma posso chiedere per quale motivo ci hai chiamati in piena notte? In fondo ci rivedremo tra meno di sei ore” si era intromesso bruscamente Merlin.
Non l’aveva fatto con l’intento di essere sgarbato. Kilgharrah non poteva saperlo, ma aveva interrotto proprio sul più bello un interessantissimo lavoretto di lingua gentilmente offertogli da Arthur e il mago ci teneva a riprendere quanto prima da dove erano stati costretti a lasciare.

“Hai ragione anche tu, Merlin” aveva annuito il lucertolone. Poi con la zampa sinistra aveva avvicinato loro il misterioso uovo. “Questo è il mio regalo di nozze. Ve lo do in anticipo perché suppongo che domani sarete troppo occupati per prestarvi la dovuta attenzione” aveva ridacchiato maliziosamente.

“Supponi bene, Kilgharrah” aveva sghignazzato in risposta l’erede al trono. “Ma cos’è?”.

“Non- non sarà mica un uovo di drago, per caso?” Merlin aveva avuto un’intuizione.

“Elementare, Watson”.

“Ma questo significa che non sei più l’ultimo rimasto della tua specie” aveva sussurrato il ragazzo.

“Sembra di no” aveva sorriso per niente dispiaciuto il drago.

“Quando dovrebbe nascere?” era intervenuto Arthur, incuriosito.

“I nuovi nati vengono al mondo grazie ai Signori dei Draghi: solo loro hanno il potere di chiamarli e di farli uscire dall’uovo. Siccome tu sei l’ultimo Signore dei Draghi, Emrys, il compito di far nascere questo piccoletto spetta a te” aveva spiegato rivolgendosi al mago.

“In che modo?”

“Devi dargli un nome, semplicemente”.

Merlin era rimasto in silenzio, l’espressione un po’ vacua. Poi aveva serrato la palpebre.

“Aithusa” aveva mormorato, riaprendo gli occhi che brillavano come oro fuso e la magia che gli scorreva potente nelle vene.

Subito il guscio dell’uovo si era ammaccato. La cima appuntita si era invece frantumata del tutto, e da essa aveva fatto capolino la testa candida di un draghetto farfugliante, con gli occhi neri e scintillanti come capocchie di spillo. In una parola: adorabile.

“Un drago bianco è davvero cosa rara e appropriata alla situazione. Nella nostra lingua, il nome che gli hai dato significa luce del sole. La nascita di un drago non avviene mai senza un qualche motivo; a volte è difficile interpretarlo, ma stavolta è alquanto evidente. E’ di buon auspicio per te, per Arthur e per il regno che fonderete insieme”.

“Roarr!” aveva pigolato il cucciolo, ormai liberatosi dei rimasugli del guscio, sgranchendo le ali.

Arthur aveva sentito il cuore stringersi per la tenerezza, ma un dubbio lancinante (?) l’aveva spinto a soffocare momentaneamente l’istinto di spupazzare quel cosino dolce e a chiedere delucidazioni a Kilgharrah.

“Aspetta un attimo: Merlin ed io fonderemo un regno? Insieme?”

“Ebbene sì,  giovane Pendragon. Darete origine alla fiorente Albion, che tra qualche secolo verrà conosciuta dal resto del mondo con il nome di Gran Bretagna, o Inghilterra per gli amici”.

“Sicché... sposati... nuovo regno... sono appena diventato padre... Oh Pikachu, non credo di poter reggere all’emozione” aveva biascicato il futuro re prima di rovesciare le palpebre all’indietro e di crollare a terra come corpo morto cade (cioè a mo’ di sacco di patate).

Kilgharrah aveva sorriso, scoccando un’occhiata comprensiva a Merlin; ma con sua sorpresa il ragazzo, invece di burlarsi dell’idiozia del fidanzato, stava piangendo. Un fiotto incontrollato di lacrime gli rigava le guance, le spalle erano scosse dai singhiozzi ed i suoi occhi, il suo sorriso esprimevano la gioia incredula, trasognata ed insieme lucida tipica dei neogenitori.

“Felicitazioni, ragazzi. Ci vediamo domani” erano state le ultime, commosse parole pronunciate dal drago prima di volare via, mentre Merlin si era inginocchiato, stringendo a sé il neonato e colpiva il viso dell’Asino con degli schiaffi leggeri per farlo rinvenire.

 

 

Aithusa, aveva decretato Gaius dopo un’attenta visita, era una signorinella. La notizia aveva fatto sdilinquire a lungo i due genitori (perché si sa, i padri hanno una predilezione per le figlie femmine). Si erano quindi dedicati a vezzeggiare la draghetta, che dal canto suo mostrava di apprezzare molto le coccole, strusciando il capino contro le mani che l’accarezzavano, azzardando timide leccatine e mettendosi addirittura a fare le fusa. Merlin, esausto come se l’avesse partorita personalmente, quasi non riusciva a reggersi in piedi. Sicché, quando Gaius era ricomparso in scena con un biberon di latte caldo, Arthur aveva preso in braccio Aithusa per allattarla, ordinando con affettuosa autorità all’amato di stendersi sul letto del medico e di riposarsi. Merlin aveva tentato di opporsi, ma uno sbadiglio traditore ne aveva rivelato l’effettiva stanchezza, così senza più protestare si era accucciato sull’accogliete giaciglio, chiudendo gli occhi. Gli ultimi suoni che era riuscito a captare prima di addormentarsi erano stati i gorgoglii soddisfatti della piccola e la voce carezzevole nonché un po’ rincitrullita del Principe che le chiedeva: “Chi è la pulcina di babbo Arthur e di papà Merlin? Chi è la draghetta bianca più bella del mondo? Ma ovviamente tu, Aithusa!”

 

 

Ed eccoci giunti alla mattina del Grande Giorno Gioiglorioso.

Mancavano una manciata di clessidre all’inizio della cerimonia. Arthur era già davanti all’altare, in attesa dello sposo, Hunith e Mordred avevano tirato fuori i rispettivi cuscinetti con le fedi. Morgana era pronta ad avanzare lungo il red carpet e a spargere petali di rosa sul suo cammino, Uther reggeva la corona reale (aiutato da Cenred, che teneva in mano la corona che spettava al sovrano consorte) per procedere con l’incoronazione... E Merlin si trovava ancora negli alloggi di Gaius, in preda a violenti conati di vomito grazie ai quali aveva rimesso anche l’anima.

“Non è normale, questa nausea” borbottò impensierito l’uomo, svuotando la bacinella a cui il mago era rimasto spasmodicamente aggrappato durante l’operazione di svuotamento, terminata solo qualche istante prima.

“Sarà lo stress, Gaius, o un’influenza di tipo virale” diagnosticò il mago.

“Sarà pure quello che dici tu, ma non ne sono persuaso. Quando vi siete... ti sei svegliato stavi benissimo” ribatté un filino piccato il medico.

“Roarr?” intervenne Aithusa, sbattendo le alucce con fare apprensivo.

“Va tutto bene, amore. Il papà starà presto benissimo, se tuo zio Gaius si decide a somministrarmi una Pozione Antinausea” bofonchiò Merlin.

“Ecco, ecco” l’uomo gli porse una coppa. “Non sia mai che il matrimonio cominci in ritardo per colpa mia”.

“Grazie mille. Perdona la mia intrattabilità, ho i nervi a pezzi” si scusò l’altro facendo una smorfia per il sapore amaro della medicina.

“Ti perdono solo perché non capita tutti i giorni di sposare un principe e di venire eletto re consorte tutto in una volta” lo dileggiò bonariamente il cerusico.

“E’ la parabola di Cenerentola: dalle stalle alle stelle” ironizzò Merlin, il volto pallido e sbattuto.

“E’ solo ciò che ti meriti, ragazzo mio” Gaius gli posò le mani sulle spalle e lo guardò dritto negli occhi. “Sono così fiero di te, Merlin, e ti voglio bene come se fossi mio figlio; è con l’affetto sincero di una padre che ti auguro una vita ricca e felice”.

“Oh, Gaius” esclamò l’altro abbracciandolo. “Benedetto il giorno in cui i nostri destini si sono incrociati. Non avrei potuto desiderare un padre putativo migliore -ambizioni da drag queen comprese- e sono sicuro che Belinor sarebbe d’accordo con me” mormorò commosso.

Rimasero così abbracciati per alcuni istanti, riversando in quel gesto d’affetto le parole che si erano taciuti e gli errori che si erano perdonati reciprocamente. Il primo a ricomporsi fu Gaius, che porse al giovane una fialetta.

“Questa è una pozione ricostituente, ti rimetterà in sesto. Adesso fila a vestirti, ché ti stanno aspettando. Io intanto mi avvio con Aithusa” disse assestandogli una pacca sulla schiena.

Merlin si precipitò nella sua vecchia camera, sul cui letto erano stati accuratamente preparati i vestiti per il matrimonio. Indossò velocemente la braghe aderenti di velluto color castagna e gli stivali in tinta, la casacca di fresco lino, rossa con ghirigori ed arabeschi dorati e il mantello purpureo con ricamata sopra l’effige di un drago e una catena d’oro a chiuderlo, identico a quello che portavano i cavalieri della Tavola Rotonda e Arthur stesso.
Inghiottì un sorso di pozione, si pettinò sommariamente i capelli con le dita, si lavò i denti (perché teneva molto alla propria igiene orale) e respirò sonoramente due, tre volte, a fondo e con calma.
Arthur, sua madre, Gaius e Aithusa e tutti gli amici più cari lo stavano aspettando.

Era pronto. Si incamminò verso la sala del trono, chiudendosi la porta alle spalle.

 

 

 

Ooooh, e anche questo primo capitolo è finito. Mi è venuto un mal di testa allucinante ma ne è valsa la pensa (spero). Aspetto i vostri pareri con molta, moltissima trepidazione…
Alla prossima!

 

   
 
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