Si era perso. Ancora una volta.
Tsukishima fissò intorno a quella strada che dava verso il ponte, non sapendo dove dirigersi.
Eppure Shizuo l' aveva avvertito.
“Portati una cartina sennò ti perdi.”
E lui stupidamente non gli aveva dato retta. Era uscito con la sua borsa e i soldi per il biglietto del treno (suo fidato mezzo di trasporto) e si era diretto verso una meta a caso.
Il problema era che non sapeva come tornare a casa.
Si girò intorno, cercando qualcuno a cui chiedere le indicazioni.
La fortuna, evidentemente, era dalla sua parte. Un giovane con una giacca nera, dai risvolti rossi, stava sul ponte. Osservava la gente e le macchine che passavano sotto, silenzioso. Solo lo sguardo parlava, uno sguardo pieno d' odio e rancoroso.
-Che gente inutile. Perché non muoiono?-
Parlava a voce alta, fregandosene altamente dei passi rapidi delle persone e degli sguardi che riceveva.
-Nessuno a questo mondo è utile o indispensabile. Odio il mondo per questo. Tutti si ritengono fondamentali, quando invece non sono altro che un ammasso di poveri scemi! Li odio per questo! Li odio tanto!-
La sua risata era affilata come il coltello che teneva fra le mani. Non gli fu difficile capire che era stata quella lama a tagliare i polsi fasciati del giovane.
-Del resto, pure io sono così... Ma almeno conosco la soluzione!-
Fece una corsa, Tsukishima: doveva impedire al ragazzo sconosciuto di buttarsi sotto il ponte. Gli prese il polso destro, tirandolo verso di sé, in un abbraccio non voluto ma necessario.
Ci mise un po', il ragazzo dagli occhi rossi, a capire cosa fosse successo. Spalancò quegli occhi dal color del sangue, che tanto colpirono Tsukishima, fissandolo con un certo stupore e anche odio. Lo allontanò con uno spintone, coprendosi il viso con la giacca, indossata solo in parte.
-Sei impazzito? A te cosa interessa ciò che faccio?-
Tsukishima arrossì con vigore, osservando per terra, imbarazzato. Il fatto che lui era di natura timida non lo aiutava a spiegarsi né a farsi comprendere appieno, eppure doveva farlo. Doveva trovare il
coraggio di parlare.
-E... Ecco, i-io... l-lo so che non sono affari miei... m-ma... non trovo... giusto che... tu... ecco...-
-Io COSA?-
-CHE TU DEBBA MORIRE!-
Chiuse gli occhi, non sapendo cosa gli era preso. Perché aveva urlato in quella maniera? Soprattutto come l' avrebbe giudicato l' altro? Se gli andava bene pazzo... Alla peggio avrebbe cercato di ucciderlo.
Non si sarebbe aspettato, però, di sentire la mano del ragazzo accarezzargli il viso.
Aprì gli occhi, trovandosi davanti gli occhi sanguinolenti del ragazzo.
-Credo che tu debba farti i fatti tuoi.-
Sorrise, togliendo la mano e poi avvicinando il viso a quello dell' altro. Era così vicino che Tsukishima poteva accorgersi che gli occhi del ragazzo erano davvero color sangue. Non era solo un effetto ottico.
-La concezione comune, però, vuole che io ti ringrazi.-
Si allontanò, sorridendo.
-Allora... ci vediamo.-
Lo osservò allontanarsi, con uno sguardo sconvolto. Forse non l' avrebbe più rivisto...
Forse... non l' avrebbe più rivisto....
-COME TI CHIAMI?-
La sua voce salì alta, attirando l' attenzione del ragazzo oramai lontano. Si girò, mormorando il suo nome.
-Hachimenroppi. Izaya Hachimenroppi.-
Si allontanò veloce, saltando come un grillo.
-Hachimenroppi...-
Sorrise, fissando la figura lontana del giovane.
Solo in quel momento si accorse che aveva la guancia umida. Si toccò il viso, trovandolo bagnato. Solo quando osservò la mano capì le parole di Hachimenroppi.
La concezione comune vuole che ti ringrazi.
La mano era sporca di sangue.

Note notose.

Questa è... una one shot? Forse diventerà una long fic, ma dipende dal tempo e dalla mia voglia di continuare.
Il fatto è che io amo questi due. Li amo! ^^