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Autore: Hiraedd    04/11/2011    9 recensioni
Forse potreste dire, sentendo questo bacio come sto per sentirlo io… forse potreste dire…
Lo direste a ragione… qualsiasi cosa voi direste, la direste a ragione.
-Black?- mi richiama quando quasi le mie labbra sono sulle sue.
Ne ha di coraggio, la ragazza, per interrompermi in un momento simile.
Mi sento come una bomba pronta all’esplosione… la miccia si chiama Marlene McKinnon.
-McKinnon?- le rispondo con un sussurro divertito.
Mi guarda, gli occhi scuri per un secondo appena incerti, indecisi, come se nemmeno lei sapesse cosa chiedere.
-potrebbe essere dolce, questa volta?-.
piccola One-Shot, una storia nella storia, dal capitolo 35 di "L'amore ai tempi del caos"
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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NOTE DI INIZIO:
questa one-shot è collegata alla ff “L’amore ai tempi del caos” quindi dubito possiate capirla tutta se non avete letto quella storia.
È ambientata nel 35° capitolo.
Spero vi piaccia, ci rivediamo giù con due o tre precisazioni!
 
SIRIUS
MARLENE




È un bel modo di perdersi, perdersi l’uno tra le braccia dell’altro

 
 
-siamo soli in camera, McKinnon, è la paura di me che ti fa tremare?-.
Sono vicino a lei e, stordito dal suo profumo, non riesco a non notare la curva delicata dello zigomo, quella ardita e raffinata delle sopracciglia, il boccolo morbido e scuro che incorniciandole la fronte ricade fino a sfiorarle la spalla.
Riesco a sentirla, a qualche centimetro dalle mie labbra, respirare tremula.
E il fatto che stia tremando a causa della mia vicinanza scatena in me sensazioni che non riuscirei mai a classificare. Meglio non chiedersi cosa sia, tutto questo.
-credi sia la paura, Black, a farmi tremare?-.
Non dovrebbero permettere ad un sussurro di avere tanto potere.
Di essere così eccitante e allo stesso tempo intinto di tanta dolcezza suprema, non dovrebbero permettergli di avere così tanto potere da poter ridurre in ginocchio qualcuno e allo stesso tempo da poterlo portare in paradiso.
Pensavo di doverla ancora conoscere, la ragazza che mi avrebbe ridotto al silenzio con un semplice mormorio. Lo pensavo prima di stasera, in ogni caso.
Forse potreste dire che il bacio che cerco di darle, adesso, assaltandole le labbra come un esercito che assalti il castello nemico, sia dettato da nulla più che il bisogno di mettere a tacere questi pensieri. Questi scomodi, insidiosi pensieri che mi affollano la mente proprio nel momento che aspetto da mesi.
Il momento che aspetto da mesi.
Io, Sirius Black, che aspetta per mesi una ragazza.
Se la situazione non fosse così seria, ci sarebbe da ridere.
Forse potreste dire, sentendo questo bacio come sto per sentirlo io… forse potreste dire…
Lo direste a ragione… qualsiasi cosa voi direste, la direste a ragione.
-Black?- mi richiama quando quasi le mie labbra sono sulle sue.
Ne ha di coraggio, la ragazza, per interrompermi in un momento simile.
Mi sento come una bomba pronta all’esplosione… la miccia si chiama Marlene McKinnon.
-McKinnon?- le rispondo con un sussurro divertito.
Mi guarda, gli occhi scuri per un secondo appena incerti, indecisi, come se nemmeno lei sapesse cosa chiedere.
-potrebbe essere dolce, questa volta?-.
Lo sussurra talmente piano che quasi potrei far finta di non avere sentito.
Dolce.
Come si può essere dolci?
È strano che a chiederlo sia proprio io, Sirius Black.
Dolce.
Ridacchio, un po’ per divertimento, un po’ per celare l’assoluta paura, il puro terrore che mi ha invaso le vene al posto del sangue alla sua domanda.
Come si può essere dolci?
E poi, con dolce, intende la dolcezza melensa dello zucchero o quella un po’ piccante dello zenzero?
E perché proprio la dolcezza, tra tutte le emozioni, tra tutte le sensazioni, perché proprio l’unica contro cui non so difendermi?
Lento, come non ho mai saputo essere, lascio che le mie labbra scivolino sulle sue, come un velo di seta che cada a terra, che pur senza far alcun rumore riesce ad attirare su di se gli sguardi di una fiumana di gente.
E riesco a metterci tutto, in questo bacio.
Me ne stupisco io per primo, c’è zucchero, e zenzero, e cannella e tutte le dolcezze nel mondo senza però che esse risultino stucchevoli.
E in fondo, in quel tripudio di gusti, di odori, di sensi, proprio sul fondo, un fondo che non è di pietra o di legno, ma è morbido come un cuscino, proprio su quel fondo, ci siamo noi.
È così inebriante, questo bacio, che sa di lei, di quel profumo che mi ha stregato, e di me, quel me che permetto a così pochi di vedere, è così eccitante che solo questo non mi basta più.
Non ci basta più.
Non a noi, che insieme abbiamo lottato l’uno contro l’altra, per carattere, per sfida, per orgoglio, per testardaggine e per stupidità.
Non per noi, rampolli viziati di due antiche casate sempre abituati a ricevere il meglio, ma anche a darlo, il nostro meglio.
Non basta più, perché accontentarci, significherebbe smettere, significherebbe perdere.
Ma cedere, cedere significherà vincere!
Quale vittoria migliore di quella che inizia con una resa?
Sarà difficile, da conquistare.
Una vittoria meritata, penso mentre con dita lente ma decise raggiungo il primo bottone della sua camicetta, blu notte, e sbuffo dicendomi che in tutto il tempo, in questi mesi, che ho passato a osservare Marlene McKinnon, non ho mai notato più di tanto il suo abbigliamento… è sciocco, come proprio ora, così vicino alla meta, che poi meta non è, io noti un dettaglio insulso quanto il colore della camicetta.
Sciocco, penso mentre lascio il primo bottone ormai slacciato per passare al secondo.
Le mie labbra sul suo collo, lungo la gola e sulla clavicola un po’ sporgente, e poi ancora su, verso l’orecchio, il suo lobo che sembra fatto apposta per stare delicatamente tra i miei denti.
-sarà dolce- le sussurro in risposta, ma forse è più a me che lo dico.
Sarà dolce. E nuovo, perché se sarà dolce sarà terribilmente nuovo.
Torno alle sue labbra, ancora e ancora, mentre le mie mani, dolcemente, ritrovano la sue spalle e le accarezzano, scostandone la stoffa e risvoltandola verso l’esterno.
Sarà dolce.
Come la camicetta di seta che con un fruscio cade sul mio letto, perché non so bene come, è qui che siamo finiti, da vicino alla porta siamo arrivati al mio letto, ed è qui che siamo, qui in piedi sorreggendoci l’un l’altra, perché se solo lei adesso mi lasciasse andare so per certo che finirei per cadere.
È ineluttabile, inevitabile.
Ogni giorno il sole sorge, ogni sera il sole tramonta, ogni ventotto giorni la luna sorge piena, ogni ragazzo trova prima o poi la ragazza che lo fa cadere semplicemente allontanandolo.
Un po’ una legge della natura, una di quelle che nemmeno si studiano, perché sono implicite. Perché è la vita, ad insegnartele.
Quindi ora siamo qui, in piedi accanto al letto, sorretti l’una dalle braccia dell’altro.
Sento Marlene farsi più decisa, più veloce e sicura, sento le sue dita rapide e agili sfilarmi il maglione con lo stemma di grifondoro, sfilarmi la maglia di cotone un po’ logoro. Sento la punta del suo indice, ripassare un paio di volte le iniziali ricamate sul risvolto del colletto, come a cercare di capire chi ne sia il proprietario.
Piego le ginocchia e, sorreggendola con una mano attorno alla vita e una dietro la testa, la stendo sul letto. In realtà, la mia, più che una presa di posizione è una proposta.
La mia mano destra, tra i suoi capelli, sulla sua nuca, è lì come a chiederle il permesso.
La mia mano sinistra, attorno alla sua vita ormai nuda, è lì come a darle il pretesto, l’ultimo, di scappare prima di affogare insieme a me.
Crolliamo sul letto in modo piuttosto disordinato, ma non c’è tempo per pensarci, c’è solo il tempo di soffocare i gemiti e sospiri… perché cedere si, ma la vittoria va conquistata a caro prezzo.

 

***


Sento il braccio di Sirius ancora attorno alla mia vita, tra me e la trapunta porpora.
La mano sua che ho tra i capelli scende oltre le mie spalle per raggiungere l’altra, per sfiorarmi la schiena e mormorare parole a modo loro, senza che alcun suono esca dalle nostre labbra.
È un modo tutto nostro di parlare, un metodo di cui ignoravo l’esistenza, un idioma sconosciuto che non avevo mai provato, ma che ho capito all’istante nel momento in cui lui l’ha rispolverato.
Chissà con quante l’ha usato?
Scaccio via dalla testa questi pensieri:
c’è posto solo per due, stasera, su questo letto.
Da domani, magari tutto riprenderà a scorrere normalmente.
Illusa.
Come se un fiume che esondi possa non lasciare macerie.
Ma per stasera va bene così. Per stasera è abbastanza.
Siamo abbastanza.
Le sue mani arrivano alla mia gonna, nel contornano le pieghe, ne raccolgono la stoffa, come ad indugiare, o forse a gustare meglio.
Perché, mi accorgo, questo è uno di quei momenti.
Non va trangugiato, o rallentato a supplizio.
Va assaporato lentamente.
Un esperienza già vista ma colorata con nuove tinte, meno fosche, meno vaghe.
Brillanti e lucenti.
E vive.

 

***


Le sfioro i fianchi, la gonna di stoffa invernale, più ruvida e rigida. Raggiungo il primo dei due bottoni, con scioltezza lo faccio passare nell’asola.
Solo dopo aver ripetuto il gesto, ancora, solo dopo aver aperto una breccia in quell’indumento magari grazioso ma ora del tutto superfluo, solo adesso mi rialzo lentamente, la guardo negli occhi e con lentezza inizio a sfilarglielo, beandomi nel suo sguardo beato, sciogliendomi nella sua espressione sciolta.
È bella, e dolce, con i capelli sparsi sul cuscino e scompigliati, i boccoli non più perfetti, le guance rosa per l’eccitazione e le labbra tumide di baci.
Con attenzione mi chino, mi quasi in ginocchio, sfiorandole la gamba destra con un bacio accennato, scendendo le sfilo la scarpa, le tolgo la calza e replico il bacio quasi all’infinito, sullo stinco e sul profilo della coscia. Ripeto il gesto con l’altra gamba, incantato dalla sua pelle, dal suo calore, dai suoi sospiri.
È un po’ come la musica, quando è buona te ne bei, quando fa schifo pensi sia solo rumore.
E questa è una delle migliori che io abbia mai sentito.
Torno a stendermi su di lei, facendo leva sui gomiti per non pesarle addosso lasciando però che il mio corpo e il suo si sfiorino a vicenda, quasi come una promessa, quasi come una speranza.
Vengo colto di sorpresa, quindi, quando con un sorriso malandrino mi circonda una coscia con una lunghissima –sono davvero sempre state così lunghe, le sue gambe?- gamba nuda e mi ribalda sul letto, lasciandomi a guardarla dal basso verso l’alto mentre ridacchia divertita, evidentemente non facendosi tutti gli scrupoli che mi sono fatto io sul non pesarmi addosso.
-ti faccio ridere, McKinnon?- chiedo con voce roca lasciando che le mie mani vaghino sulla sua vita, sul suo seno ancora coperto dalla biancheria, sulla sua schiena, sulle sue spalle. È come se avessero una vita propria, le mie mani, in questo momento, vogliono toccare tutto e per questo non si soffermano su niente.
È un po’ come essere pazzi, ma più bello.

 

***


Mi abbasso su di lui, lasciando che i miei capelli gli ricadino sul torace e, come direbbe Lils se solo non fosse così orgogliosa, che gran bel pezzo di torace, sfido Merlino ad averne uno simile!
-dovresti esserne contento, Black- gli rispondo con le labbra sulle sue –di solito mi fai disperare!-.
Sorride mentre scendo, costellandogli di baci ora il petto ora gli addominali che, a differenza di quanto ho sentito spesso dire dalle ragazzine che normalmente questo cretino si porta a letto, sono si definiti ma non esplosivi.
Ha proprio un bel fisico, questo Black.
Penso che sia strano, quando sono con Regulus lo paragono a Sirius, quando sono con Sirius lo paragono a Sirius.
C’è qualcosa di strano.
Ancora una volta cerco di filtrare i miei pensieri mentre con le dita cerco di slacciargli la cintura, impappinandomi come non mi succede quasi mai.
-oh, al diavolo chi ha inventato le cinture!- esclamo irritata quando, dopo tre tentativi, non riesco a portare a termine il mio compito.
Ora tocca a lui ridere, e a me fingermi offesa.
-ti faccio ridere, Black?- lo scimmiotto provocante.
Lui si slaccia la cintura, si solleva un solo secondo e abbandona i pantaloni lasciandoli cadere sul terreno e rimanendo in boxer.
Merlino benedetto santissimo, non posso dire dopo anni ad un ragazzo che è bello, perdo di credibilità!
Certo però che Morgana decisamente sapeva quello che faceva, quando ha inventato Sirius Black.
Mi attira di nuovo a se, facendomi sentire chiaramente il suo desiderio, e ribaltandomi ancora una volta, più rudemente, però, sul letto un po’ sfatto ormai, a forza di tutti questi rigiri.
-dovresti esserne contenta, McKinnon- mi risponde beffardo, con una strana luce negli occhi ed un intenso sguardo appannato –di solito mi fai disperare!-.
Come faccio, dopo averlo visto così, a guardarlo domani in sala grande, e poi ancora per il resto dell’anno?
E ad insultarlo? Come faccio a insultarlo?
No, quello mi verrà benissimo in ogni caso, ne sono sicura.
Mi sono persa solo un attimo, ma quando i miei pensieri scivolano sul pavimento noto che lo fa anche la nostra biancheria, con loro.

 

***


-Marlene, se…- con voce roca, talmente restia ad uscire che quasi sembra restare impigliata nelle tonsille, riesco a dire ciò che mi preme da un po’ di tempo -…non so se riuscirei a fermarmi, dopo-.
Lei mi guarda, con quegli occhi scuri eppure accesi, brillano come solo l’oscurità può brillare.
-non ci riuscirei io, comunque, a fermarmi- mi risponde ugualmente roca, ugualmente eccitata –non vedo perché dovrei volere che lo faccia tu-.
Non ci siamo fermati.

 

***


-verrò con te, dopodomani-.
Il suo sussurro spezza il silenzio affannato dei nostri respiri, che si posano pesanti su di noi come coperte che raccontano una storia vissuta una volta e che certamente non dimenticherò più.
Le sue parole mi sorprendono al punto che quasi sobbalzo, e sicuramente smetto di respirare.
Riprendendo fiato sorrido lievemente, con la sua testa nell’incavo del mio collo, le gambe intrecciate, la mia mano nella sua.
Vorrei dirgli che quello che è successo non è successo perché volevo convincerlo a venire con me, dopodomani. Vorrei dirgli che quello che è successo lo volevo veramente, che non è stato un mezzo per arrivare ad uno scopo.
Ma penso lo sappia già.
In un modo tutto suo, penso che lo sappia.
-grazie- mi limito quindi a rispondergli.
 

 
 
 
 
NOTE:
dunque….
C’è bisogno di dirlo che la citazione iniziale è di Baricco?
Comunque la citazione iniziale è di Baricco, in caso ve lo steste chiedendo. Che ci posso fare, io proprio quell’uomo lo adoro, come gran parte delle cose che scrive.
Pooooi…
Un paio di curiosità sulla coppia Lène/Sirius:
-dapprima, la scelta dei colori con cui ho deciso di identificarli… il blu e l’arancione, sono gli unici colori pensati apposta per loro, gli altri sono stati scelti più o meno a sensazione.
Il blu e l’arancione, per chi non lo sapesse, sono colori complementari, e se si guarda per tanto tempo, ad esempio, una pietra blu e poi si fissa un muro bianco, lì sembrerà di vedere un alone arancione. Mi sembrava una cosa carina da dire, in quanto artista (o almeno in quanto persona che cerca di essere tale) sono particolarmente legata ai colori.
-in secondo luogo, mi è stato chiesto nelle recensioni ai capitoli della ff a cui questa One-Shot è legata, se Marlene e Sirius sono una coppia fatta e finita dalla Rowling o frutto della fantasia mia e degli altri “autoretti” che scrivono su di loro.
Nel mio caso, l’idea di Lène e Sirius è uscita dal quinto film della saga, nel momento in cui Gary Oldman in veste di Sirius mostra a Harry la foto dell’ordine della fenice originario. Se notate, nella scena del film Sirius nomina tutte le persone importanti ai fini della storia (Lily e James, Alice e Frank…) ma non nomina nessuno di quelli che sono nominati nei libri, come ad esempio i fratelli Prewett o benjy Fenwick, o Emmeline Vance. Solo Marlene McKinnon.
La mia fantasia, ovviamente, ha fatto il resto.
Vi lascio qui con la speranza che il capitolo sia di vostro gradimento, chiedendo scusa se non vi parrà abbastanza brillante, sono lontana dalla mia famiglia che in questo momento sta passando dei brutti momenti a Genova per il nubifragio, che a causa del trasloco ho lasciato, e non posso rientrare a casa, quindi sono un po’ triste =(
A me piace, ma è possibile che sia anche un po’ malinconico, non so…
Decidete voi!
Buona lettura,
Hir!!!
   
 
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