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Autore: _f r a n c y_    05/11/2011    0 recensioni
Quello che secondo me può essere accaduto all'interno del team Gai dopo le semifinali per la selezione dei chunnin.
- Sarà perchè anche io non ho capacità innate e non appartengo a nessun clan prestigioso, - fissò le iridi nocciola in quelle incolori di Neji, con una determinazione che ricordò al genio di Konoha quella suicida di Hinata, - ma io ho stima totale di Rock Lee. -
[...] Piangeva. Per la crudeltà del ragazzo di cui era innamorata. Per l'ingiustizia del destino su una persona pura come Rock Lee.

* Per chi avesse letto la fanfic precedentemente: il terzo capitolo è stato riscritto e sostituito da due completamente nuovi. ...Speriamo sia stata una buona decisione, ahahah! *
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Neji Hyuuga, Rock Lee, Tenten | Coppie: Neji/TenTen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto prima serie
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N.B.) Questo capitolo è rimasto identico alla versione di due anni fa (per chi l'avesse letta) solo riguardo la prima sequenza. La parte successiva è stata modificata radicalmente ed aiuta a comprendere il quarto ed ultimo capitolo. ^ ^
Buona lettura! (Spero!)







Gai Maito entrò nella camera del suo allievo prediletto quando il sole ormai stava riempiendo i corridoi del rosso del tramonto. Quello stesso colore pennellava contrasti netti di luci e ombre intorno al suo sorriso. Sì, sorrideva. Gai non conosceva il significato della parola sconfitta, se non come strettamente connesso a quello di 'rivincita'. Il suo spirito era pieno di una giovinezza adolescenziale, quella dei ragazzini che sognano di conquistare il mondo, forti della loro presunta invincibilità, di limiti che non esistono nella propria mente e quindi nemmeno nella realtà.
Il suo testardo ottimismo non gli permetteva di contemplare minimamente l'ipotesi che il suo pupillo potesse, di fatto, non essere più tale.
Il sorriso gli si spense per un attimo dalla sorpresa, per poi riaccendersi raggiante e commosso al tempo stesso. Lee riposava serenamente, la testa di Tenten che gli sfiorava la mano mentre dormiva chinata sul suo letto.
O non si era mai accorto che fossero così legati, oppure qualcosa era cambiato dopo gli esami di selezione dei chunnin.
Ciò di cui invece non si stupì era che il terzetto non fosse completo. Già, Neji... Gai non aveva dubitato un solo istante che sarebbe arrivato in finale. Ugualmente non si aspettava che venisse da lui per gli allenamenti: lo avrebbe visto solo allo scadere dei trenta giorni, nell'arena.
Guardò di nuovo Rock Lee e Tenten, questa volta trattenendo a stento un sospiro. Era difficile trovare una porzione del loro corpo senza fasciature. Soffriva insieme a loro per le sconfitte che avevano subìto e che, sotto l'insistente presenza dei bendaggi e nell'innocenza del sonno al quale non avevano resistito, li faceva sembrare dei bambini, caduti vittime di un gioco crudele.
Si erano imbattuti entrambi negli avversari sbagliati. Contro chiunque altro avrebbero vinto, Gai ne era sicuro.
Però, a quanto pareva, quelle stesse sconfitte li avevano avvicinati.
Un lampo gli attraversò la mente.
Forse anche Neji avrebbe avuto bisogno di una sconfitta per riconsiderare se stesso e, soprattutto, i valori ai quali aveva improntato la propria vita. Gai sapeva bene del trauma che Neji aveva subìto da bambino e sapeva anche che era una giustificazione più che sufficiente per la rabbia silenziosa che muoveva ogni suo muscolo negli incessanti allenamenti. Ma il punto, quel punto che dava da pensare a Gai ogni volta che il ragazzo, pur esausto, si risollevava, inducendo implicitamente una vacillante Tenten a fare altrettanto, era che la sua energia vitale non era, paradossalmente, voglia di vivere. Era odio.
Gai si crucciava, perchè quel sentimento avrebbe finito con l'accecare il suo allievo, col divorargli avidamente il cuore e la ragione. Lui però, sebbene fosse il suo maestro, cosa poteva fare? Nutriva il sospetto di essere agli occhi di Neji una persona ben poco credibile (se solo avesse saputo che questa era la critica più modesta delle tante...). Neji non avrebbe mai ritenuto le sue parole degne di peso.
Con un gesto di istintiva paternità, Gai scrollò dolcemente Tenten e la svegliò. Era spaesata, non si era accorta di essersi addormentata. Lee invece continuò a riposare sonoramente. Tenten non smise di guardare il compagno, neanche quando Gai le chiese come si sentisse, domanda a cui rispose annuendo distrattamente.
D'un tratto, si rivolse al sensei con sguardo interrogativo: non voleva usare parole, rendevano le preoccupazioni troppo palpabili, troppo fondate. Inoltre, non voleva svegliare Lee, adesso.
Gai chiuse gli occhi e alzò le spalle: non si sapeva ancora nulla di certo.
 - Ora è meglio che torni in camera. - le strizzò l'occhio, - Tra poco passeranno con la cena, e se non ti trovano...-
Tenten concordò, memore dello sguardo indagatore e vigile dell'infermiera di poco prima, ma rifiutò di essere aiutata a camminare, nonostante barcollasse ancora un po'. Era già stato abbastanza umiliante scoppiare a piangere davanti a Neji e Lee.
Gai era commosso. Non potè trattenersi dallo sputarle addosso lacrime mentre osservava quanto fosse una kunoichi in gamba, l'orgoglio del suo maestro. Il suo piagnisteo lamentoso e sbiascicato destò Lee, che cominciò a mugolare per il solo fatto che il suo divino maestro lo stesse facendo.
Fiutato l'approssimarsi di un Teatrino della Giovinezza, Tenten sgattaiolò fuori dalla stanza senza farsi notare.




Quella stessa sera nella propria camera, le luci già spente per la notte, Tenten non fece che ripensare alla discussione con Neji. Di solito non si dedicava a simili riflessioni sentimentali. Ma era innegabile che questa fosse stata la prima volta che aveva litigato con lui e non certo per delle sciocchezze.
Al di là del dolore provocatole da quello sguardo spietato e tagliente, Tenten si sentiva stordita, come una persona che al proprio risveglio non riconosceva il luogo in cui si trovava.
Il destino... Lei ci credeva davvero oppure no? Era giusto che Lee si arrendesse alla sconfitta di una vita intera? Per uno come lui non aveva scopo rimettersi in gioco?
Tenten aveva sempre riconosciuto la prodigiosità di Neji. Non che sognasse di raggiungere il suo livello, un giorno. Aveva accettato il divario tra di loro fin dal principio, probabilmente coadiuvata da una notevole dose di profondissima ammirazione.
Nei mesi precedenti, ad ogni duello combattuto invano da Lee, Tenten aveva sempre cercato di convincerlo della medesima verità. Lo aveva ammonito per il suo bene, per quanto forse i modi non fossero stati i più delicati.
Eppure, al torneo Rock Lee era stato in grado di sfoderare una potenza tale da far rabbrividire chiunque, persino il suo avversario. Persino Neji.
Un vero perdente sarebbe stato vergognosamente sconfitto dopo due miseri secondi.
Ora, però, era lo stesso Rock Lee di quel mirabile scontro a rischiare la condanna ad una vita qualunque. Il destino era forse tanto crudele da illudere una persona di poter raggiungere i propri obiettivi, per poi scaraventarla brutalmente contro il piano della realtà?
Tenten sospirò: chi poteva saperlo? Chi poteva prevedere le mosse future del destino?
Già...
Corrugò la fronte ed infine scattò seduta sul letto.
 - Già! - esclamò furiosa, - Chi è Neji per conoscere cosa il destino abbia riservato ad ognuno di noi? -
La sua compagna di stanza, una kunoichi del villaggio rientrata da una missione, si rigirò pigramente sotto le coperte con un lamento indecifrabile. Poi le lenzuola fecero una capriola in aria e la ragazza balzò in piedi sul materasso, un kunai stretto tra le dita.
 - Chi è là? Stai bene, Tenten? Tranquilla, adesso ci sono io! -
Tenten avrebbe preferito sprofondare mentre mormorava:
 - Ehm, perdonami, Aiko-san. Era soltanto un incubo... -
Aiko mantenne la posizione per un'altra manciata di secondi, prima di ricadere sul letto. A giudicare dall'istantaneità con cui riprese a ronfare, Tenten dubitò che la mattina seguente avrebbe ricordato alcunché.
Lei invece ricordava perfettamente dove le riflessioni l'avessero condotta. Raccolse le gambe al petto e vi poggiò il mento, concentratissima. Cosa rendeva Neji così sicuro nell'indovinare il destino altrui? Non era certo un dio, tantomeno un profeta.
E lei che leggeva le carte? Fino a quel momento non si era mai imbattuta in un pronostico negativo. Se fosse accaduto, come avrebbe reagito? Avrebbe insistito per annullare un'intera missione? Se un giorno le carte e gli astri le avessero svelato che la sua carriera di kunoichi sarebbe presto fallita? Avrebbe rinunciato al proprio sogno?
Tenten strinse più forte le braccia intorno alle ginocchia, tanto da avvertire una fitta al polso. Nel buio della notte che la circondava rivide le mattinate in aula all'accademia; i pomeriggi passati ad allenarsi nelle tecniche genin; le serate trascorse china sui manuali e gli appunti. Rivide il sorriso compiaciuto degli insegnanti davanti al suo ennesimo centro perfetto.
Lei non era una perdente. Lee non era un perdente.
Il destino era una sfida, non una condanna.

  
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