Il suo coprifronte

Immagine di: *sapphireluna su deviantART

Erano partiti tutti, per cercare di riportare indietro Sasuke. Sapevano i rischi a cui andavano incontro ( soprattutto data la loro giovane età e l’inesperienza contro avversari indubbiamente molto preparati ), ciononostante non potevano tirarsi indietro. Per quanto il nemico potesse essere forte, nessun ninja della Foglia poteva sottrarsi da una missione. Choji, Kiba, Shikamaru, Naruto, Shino, perfino Rock Lee ( miracolosamente sopravvissuto all'intervento, grazie all’abilità di Tsunade ) si era unito a loro… e anche lui. 
La lotta contro il Quartetto del Suono aveva duramente provato i giovani ninja della Foglia, molto più del previsto. In sette erano partiti da Konoha, sprezzanti del pericolo e determinati nel portare a termine la missione con successo; ma a tornare indietro con le squadre di soccorso, sia pure malconci e quasi in fin di vita, erano in sei soltanto. 
Tenten era furiosa di essere stata esclusa dalla squadra, tanto che adesso meditava seriamente di “sbranare” Rock Lee ma, quando vide l’espressione sul volto di quest’ultimo, capì immediatamente che era accaduto qualcosa di assai grave. 
Rock Lee riuscì a malapena a guardarla negli occhi, incapace com’era di trattenere le lacrime, e nella mano stringeva il suo coprifronte graffiato e sporco di sangue. Tenten immaginò subito cosa ciò significasse, ma ugualmente non osò dare voce a questo pensiero. Non aveva mai visto Rock Lee con quello sguardo ( lo sguardo di chi è afflitto da un dolore troppo grande da sopportare ) e, non appena questi le porse l’oggetto che stringeva in mano, si sentì come “svuotata” di ogni altro pensiero che non fosse lui. Tante volte si era allenata assieme al proprietario di quel coprifronte e, per quanto non volesse accettarlo, la verità era lì davanti ai suoi occhi. Per un attimo la kunoichi restò come imbambolata, incapace di muoversi e di parlare, dopodiché crollò in ginocchio senza neanche un lamento. A nulla valsero le parole che Rock Lee cercò di dire, nel vano tentativo di consolarla: qualunque cosa l’amico stesse dicendo, non poteva sentirla, non “voleva” sentirla; tutto il suo mondo si concentrò attorno a quella striscia nera premuta contro il suo petto; calde lacrime cominciarono a cadere lungo la placca metallica, gocciolando lungo la stoffa e scomparendo nel terreno... 
Neji non sarebbe mai tornato, mai più, e il suo coprifronte era tutto ciò che le restava.

FINE

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