Serie TV > Glee
Ricorda la storia  |      
Autore: Mirokia    06/11/2011    4 recensioni
-Non era fatto per te, tesoro.- le dice sculettando piano. –Il vero amore verrà quando meno te lo aspetti.- continua, e muove con enfasi la mano. –Credimi, l’amore è dietro l’angolo.-
E si trova a sorridere come un idiota quando trova Dave ad aspettarlo dietro l’angolo.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Just around the corner

 

 

 

E’ già passato quasi un anno.
Kurt è convinto di aver dimenticato.
Certo che ha dimenticato. E’ così, tutto è svanito in una nuvola di fumo, non è rimasto più niente, non un profumo, non un brandello di stoffa, non una voce, non un ricordo, non un sogno ricorrente.

Sono già passati almeno sei mesi da quando Kurt ha avuto l’ultima allucinazione, quell’allucinazione che era diventata quasi un capriccio, e che gli compariva davanti agli occhi ogni volta che camminava verso l’uscita della scuola e intravedeva il colore rosso della giacca Letterman spuntare dal lato destro dell’edificio, dietro l’angolo davanti cui passa quando deve raggiungere la macchina che lascia nel parcheggio della scuola.

Se l’è ormai dimenticata quella scena di quasi un anno fa, e se ci pensa, non la ricorda più neanche tanto chiaramente.
No, sta mentendo. Se la ricorda. E’ solo che preferisce chiuderla nei cassetti della sua memoria, così da tirarla fuori solo se si sente profondamente disperato. E non accade quasi mai, solo una volta ogni due mesi.
Kurt adesso sta bene, per davvero. Con Blaine ha mantenuto una buonissima amicizia, e ne è felice. Sta bene così, i due non hanno voluto più tornare insieme dopo la prima furiosa litigata risalente a più di un anno fa.

E va tutto bene, è tutto tranquillo e pacato, non si muove una foglia nella vita di Kurt.
Eppure adesso sta passando uno dei suoi momenti profondamente disperati: sta piangendo la sua non ammissione all’ennesima accademia di canto; c’è qualcosa che non va ultimamente nella sua voce. Una volta cristallina e pura, adesso è incrinata, rovinata, qualcosa l’ha turbata profondamente, e Kurt non sa cosa, sa solo che adesso ha tirato fuori quel ricordo sbiadito dal cassetto della memoria e lo sta srotolando, così, quasi per noia.

Lo vede, vede se stesso col maglioncino rosso sopra alla camicia bianca di raso, si vede mentre esce da scuola con la tracolla ben tirata sulla spalla. Saluta Rachel, poi Brittany, o forse prima Brittany, poi Rachel, dopodiché chiede a Mercedes se vuole un passaggio, ma lei rifiuta gentilmente aggrappandosi al fidanzato.
Si vede mentre scuote la testa, e sorride: quel pomeriggio era di buon umore, si ricorda anche quello.
Vede anche di quando saluta Finn con un cenno del capo, e quando passa Blaine, che gli dà appuntamento a quel pomeriggio: sarebbero dovuti andare a vedere un film, forse.
Vede mentre si dirige verso il parcheggio, e lì dietro l’angolo riesce a scorgere della stoffa rossa che si muove leggermente, e tutto ciò che desidera è che non sia qualche bullo intenzionato a coglierlo di sorpresa e giocargli un brutto scherzo.
Ma quando gira l’angolo, con la testa incassata tra le spalle e lo sguardo per terra per paura di ricevere uno Slushie sugli abiti della nuova collezione di Prada, niente di freddo e appiccicoso lo colpisce: resta incolume.
Alza lo sguardo e guarda il volto del suo probabile aggressore, ma trova solo un David Karofsky col volto segnato da un’emozione impossibile da descrivere o da spiegare. Non ha il suo sguardo aggressivo, o strafottente, o quello spaventato che in quel periodo sfoggiava sempre più spesso.


Kurt ricorda di averlo guardato, e quello aveva ricambiato lo sguardo con insistenza.
‘Se sei qui per scusarti, la mia risposta è no, non accetto le tue scuse.’ Aveva detto Kurt. Sì, aveva parlato in questo modo, né è quasi certo.
‘Non ho niente di cui scusarmi. Sei stato tu ieri sera a…
‘Non è vero, non avrei mai potuto farlo. E’ stata colpa tua, tu mi hai costretto.’
L’umore di Kurt era cambiato radicalmente quando aveva visto Karofsky lì dietro l’angolo: s’era infervorato, innervosito, aveva iniziato a incolparlo di fatti non veri.
Si ricorda Kurt di cos’è che lo stava incolpando: la sera prima erano stati entrambi ad una festa, e Kurt aveva alzato il gomito, se lo ricorda ancora. E poi c’era stato un ragazzo strano che ci aveva provato spudoratamente con lui, e Kurt ci sarebbe anche stato, se Dave non l’avesse tirato via da lì e non l’avesse trascinato in macchina per riportarlo a casa. E Kurt s’era voltato innervosito, gli aveva urlato qualcosa contro, gli aveva detto che sarebbe diventato pelato a trent’anni, che era grasso e sudaticcio e troglodita e Uomo di Neanderthal, poi aveva deciso di baciarlo, così perché gli andava e perché sembrava fosse giusto.
E Kurt era piuttosto convinto che fosse stato Dave a costringerlo a baciarlo, visti i suoi precedenti. E continuava a incolparlo ingiustamente. Ma Dave non ci faceva neanche più caso, e Kurt se la ricorda la sua espressione mentre guardava il sole, incapace di raccogliere le forze per rispondere a tono.
‘Allora sono io il problema?’ aveva detto dopo essersi leccato le labbra.
‘Sei sempre stato tu, il problema. Mi hai reso la vita impossibile, l’hai sempre fatto.’ Aveva risposto Kurt con le braccia conserte e l’espressione seria, e Dave aveva alzato le spalle con un sorriso sconsolato.
‘Allora credo che tu ti sia appena liberato di un grosso problema.’ Aveva detto guardando altrove.
‘Cos’hai intenzione di fare? Di piantarla di baciarmi a tradimento e di fare coming out col tuo coniglio peluche?’ aveva chiesto Kurt acido, e la risposta di Dave l’aveva zittito per almeno una decina di secondi.
‘Ho fatto coming out coi miei la settimana scorsa.’
Aveva fatto una pausa, senza accorgersi che Kurt aveva spalancato gli occhi.
‘Ho fatto coming out con Z.
Un’altra pausa.
‘Ho fatto coming out con Hudson.’
E non aveva lasciato che Kurt replicasse.
‘E me ne devo andare di qui.’
Questo… Questo perché sei un codardo, giusto?’ aveva replicato Kurt, e Dave l’aveva guardato con sguardo infastidito e caratterizzato da quelle sfumature di dolore che di tanto in tanto si facevano più intense e evidenti. Aveva scosso la testa e si era staccato dal muro.
‘Volevo solo salutare un po’ di gente. Ci vediamo, Hummel.’
Aveva iniziato ad andarsene, ma Kurt l’aveva fermato dalla manica della Letterman e ci si era appeso.
Dov’è che vai?’ aveva chiesto, e aveva quasi cambiato espressione facciale.
‘California. Vado a stare da mio zio.
‘Quanto ci stai?’
‘Non so se torno, fatina.’ Aveva detto Dave con una leggera alzata di spalle e un sorriso tirato e arrendevole.
‘Devo trovare…qualcun altro che mi chiami così, allora.’ Aveva replicato Kurt, che aveva fatto fatica a parlare a causa del buco improvviso che gli si era creato nello stomaco.
‘Sì, perché non provi a chiedere a Z? O a Cooper, magari?’ aveva detto l’altro, ironico, quasi per dimostrare che era ancora capace di utilizzare l’ironia.
‘Devo trovare un altro Dave Karofsky.’
‘Spero che tu ne trova uno abbastanza cattivo da farmi concorrenza.’ E aveva detto questa frase con amarezza, perché entrambi sapevano bene che Dave non è cattivo. E’ solo spaccone e codardo. O almeno così credeva Kurt, ed era stato particolarmente doloroso scoprire il contrario solo dopo che Dave se n’era andato.
‘Adesso me ne vado, fatina, altrimenti penseranno che stiamo insieme.’ Aveva sorriso Karofsky, ed era un altro sorriso tirato e triste.
‘Aspetta. Perché devi per forza andartene laggiù quando potresti affrontare tutti a testa alta e mostrare con fierezza la tua omoses…
‘Basta.’ l’aveva interrotto Dave. ‘Non può essere tutto rose e fiori come pensi tu. Io ti ammiro per questi tuoi pensieri positivi, fatina, ma io… non sono fatto per queste cose. E non cambierò idea.
E Kurt si ricorda che dopo quella frase, Dave gli aveva passato la mano sinistra sul viso, indugiando su guancia e labbra. L’aveva guardato con tenerezza, quasi lui fosse ancora troppo giovane o immaturo per venire a capo di certe sfaccettature della vita. Poi s’era fatto vicino e gli aveva dato un bacio sulla guancia, mentre Kurt non sapeva fare altro che rimanere immobile e seguire con gli occhi tutti i movimenti del suo ormai ex bullo.
‘Ciao, Kurt.’ Aveva mormorato Dave alla fine, girando i tacchi e andando verso la luce del sole che tramontava e sfocava leggermente i contorni della sua figura.

 

 

 

Kurt sta per piangere un'altra volta. Ormai piange almeno una volta al giorno. Guarda e non guarda la sua ennesima D sul compito di matematica poggiato sul bordo del banco, e si morde le labbra, non sa più cosa fare. E’ diventato una nullità, non è neanche più bravo a scuola, e tutto così all’improvviso: niente più voce angelica, niente più voti vertiginosi, non ha neanche più gusto nel vestirsi, e il tutto va avanti da quasi un anno. Non è più popolare nella comunità gay, non è neanche più tanto interessante come bersaglio per i bulli. Non è più niente, si sente inutile, e incapace, e non è sicuro che possa esistere una sensazione più sgradevole di questa.

Esce da scuola con il compito di matematica arrotolato in mano. Indossa uno dei suoi vecchi maglioncini grigi e tiene la borsa a tracolla calata sulla spalla.
 Brittany e Rachel lo salutano, e lui ricambia con un semplice cenno del capo. Mercedes gli chiede gentilmente se può avere un passaggio verso casa, ma Kurt si inventa una scusa, e  le dice che gli dispiace molto, ma è impossibilitato. Finn gli dice che lo aspetta a casa, ma Kurt non lo calcola neanche per sbaglio. Blaine passa di lì e gli dice che ‘stasera alle otto davanti al cinema’, e l’altro gli rivolge un sorriso sforzato e gli risponde ‘ok, ci sarò’, ma neanche con troppa convinzione.
Si dirige verso il parcheggio, e vede un pezzo di stoffa rossa spuntare da dietro quell’angolo lì. Ha un dejà-vù che gli appare nella testa come un flash accecante, ma lo scaccia via, non ha nulla da temere, anzi, forse dovrebbe pensare che lì dietro ci sia un bullo pronto a fargli una bella smutandata patriottica.
Gira l’angolo e incassa la testa nelle spalle e guarda per terra, ma resta incolume. Se non fosse per quel buco che gli si è aperto nello stomaco quando una voce familiare gli si è insinuata nelle orecchie.

Alza lo sguardo: la giacca rossa era di Azimio Adams, che s’abbraccia e dà pacche sulle spalle a un individuo leggermente più alto di lui, con addosso una giacca Letterman blu e bianca con ML stampato sopra.

-Come stai, frocetto?- chiede Azimio, e Kurt ha la sensazione che si stia riferendo a lui, ma non sembra essere così. Poi entrambi i ragazzi si accorgono della sua presenza, e Azimio scoppia a ridere beffardo.

-Vi siete messi d’accordo, femminucce?- chiede con tono derisorio.

Kurt non capisce, guarda l’individuo al suo fianco, e vorrebbe andarsene a casa. O almeno darsi un pizzicotto e scoprire che è un’altra allucinazione. Eppure Dave non se l’è mai immaginato così nelle sue allucinazioni: era sempre in giacca bianca e rossa, era in carne, era sudaticcio e quasi pelato, a suo avviso.
Il Dave che ha davanti non è quel Dave che si ricorda: è particolarmente abbronzato, così che gli occhi verdi spiccano e brillano, è più alto, e la sua giacca non è più taglia XL, forse M. I capelli sono più o meno gli stessi, i pantaloni li porta a cavallo leggermente più alto.
Kurt lo fissa a lungo, e Azimio alza gli occhi al cielo.

-Cazzo, Hummel, non ti innamorare di mio fratello, ti prego!- esclama, mentre Dave si lecca più volte le labbra e guarda l’asfalto, incapace di ridere all’insinuazione dell’amico. Poi si accorge che Kurt lo sta ancora fissando, forse in cerca di qualche risposta alle domande che gli vorticano in testa, forse semplicemente perché non riesce a muoversi o a parlare.

-Ti ricordi quello che ti ho detto quando sono partito?- chiede Dave rivolto ad Azimio. Quello nega e alza le spalle, e Dave indica con uno scatto veloce degli occhi il soprano davanti a  loro, e il ragazzo di colore forse capisce qualcosa.

-Vi lascio soli. Salutatevi, abbracciatevi, sbaciucchiatevi. Io mi tiro fuori.- dice e, dopo aver fatto un gesto frettoloso con le mani, si allontana verso i parcheggi.

Dave guarda Kurt, Kurt guarda Dave, e si accorge che gli sta rivolgendo lo stesso sguardo di sempre, forse un po’ meno sofferente. Quelle sfumature di dolore non sembrano fare più parte dei suoi occhi.

-Volevo chiamarti.- dice Kurt dopo momenti di silenzio apparentemente impossibili da spezzare.

-Perché…avresti dovuto chiamarmi?- chiede Dave che, giustamente, dopo mesi che non ha avuto notizie di Kurt, si chiede per quale motivo avesse voluto chiamarlo.

-Ma sapevo che non saresti stato lì accanto al telefono, pronto a rispondermi.- dice Kurt senza rispondere per davvero alla domanda. –Pensavo mi disprezzassi, ormai.-

-E perché?- domanda piuttosto legittima.

-Ero convinto che mi disprezzassi. Ti ho sempre incolpato ingiustamente, ti ho detto più volte che sei tu a rendere la mia vita impossibile, non ti ho mai dato il tempo di spiegarmi come stavano davvero le cose.- asserisce Kurt, ancora evitando le domande, come se si fosse preparato quel discorso in anticipo, magari mesi fa. Dave si guarda intorno e fissa gli occhi nel sole, poi alza le spalle.

-Scusa, ma sono appena arrivato, e non mi va di parlare di ‘ste cose.-

-Santana in un momento di sconforto mi ha parlato un po’ di te, quando te ne sei andato. Perché non me l’hai mai detto?- insiste il soprano stringendo la tracolla sul petto.

-Dirti cosa, fat…- ma non finisce di pronunciare il soprannome, quasi non ne fosse più capace, o non ci fosse più abituato.

-Che non sei partito in California perché volevi nasconderti dalle malelingue e iniziare una nuova vita, ma perché ti ci ha spedito tuo padre.- snocciola Kurt con le nocche bianche dovute alla forza con cui sta stringendo la tracolla.

-Non ti avrebbe cambiato la vita se te l’avessi detto.-

-O che passavi gran parte della settimana a piangere?-

-Q-quello è imbarazzante, e non capisco perché J-Lo abbia dovuto dirti…-

-O che mi amavi?-

-Adesso devo andarmene.- taglia corto Dave quando sente quelle ultime parole, perché il cuore gli è andato in gola e gli impedisce di inghiottire la saliva. Gira i tacchi deciso a tagliare la corda, ma l’altro si appende alla manica della sua Letterman blu e gli dice di aspettare. Gli rivolge una smorfia molto simile a quella che assume prima di scoppiare a piangere.

-Sai cosa c’è? Che mi sei mancato.- inizia a dire con la voce incrinata. –Dicono che la California sia bellissima, ma io ti rivoglio qui.-

Dave fa un leggero sorriso sarcastico.

-Ti sono mancato perché hai scoperto che…che ti amavo, e hai un assoluto bisogno di qualcuno che ti ami e ti veneri?- chiede, con una nota di risentimento nella voce.

-Pensi che una persona così superficiale e orgogliosa si metterebbe a piangere?- chiede Kurt a sua volta con il volto già bagnato. Dave lo guarda con finta severità.

-Tu piangi sempre, femminuccia.-

Kurt sorride piano a quelle parole: gli sono mancate, tanto. Ormai erano diventate come pane quotidiano, e se anche solo un giorno non veniva apostrofato con uno di quei soprannomi, sentiva che c’era qualcosa che mancava. Fa scorrere la mano sulla manica della giacca blu e bianca e raggiunge il polso di Dave, che sussulta a quel contatto.

-Ti ricordi quando mi hai dato ripetizioni di matematica?- chiede mentre sorride con la bocca e piange con gli occhi.

-Ma cosa c’entra adesso?-

-I miei voti non andavano al di sotto della B. Adesso non vanno al di sopra della D.- dice Kurt stringendo adesso la mano ruvida di Dave. –E ti ricordi di quando sei venuto ad assistere alle audizioni del mio primo musical fuori dalla scuola?-

Dave annuisce, non così sicuro di dove Kurt voglia andare a parare.

-Quella volta m’hanno preso. Sono stato fantastico, tutti lo ripetevano, me lo dicevo io stesso, e sapevo che lo pensavi anche tu nonostante dicessi che sono una fastidiosa femminuccia canterina. Sai cosa succede adesso? Nessuna accademia artistica mi accetta tra le sue mura. Perché non so più cantare.- dice Kurt, e Dave fa schioccare la lingua e porta gli occhi in su, assumendo l’espressione di uno che non crede a queste cazzate.

-Ma non prendermi per il culo, avanti.- dice infatti. Kurt Hummel la fatina che non sa cantare. Questa è proprio buona, se la deve segnare da qualche parte. Non sa cantare. Vuole solo fare il modesto e aspettare che qualcuno gli dica il contrario riempiendolo di complimenti. E Dave non è il tipo da complimenti. Non da quelli espliciti, almeno.

-Ti sto parlando sul serio.- dice Kurt, la stretta sulla mano che si intensifica.

-E io non ti credo.-

-Puoi non credermi, ma te l’ho raccontato per farti capire che non mi rendevo conto, non realizzavo che se tu te ne fossi andato, io…- si interrompe, si morde il labbro, ma il discorso ormai vien fuori dalle sue labbra come un fiume, perché è da tempo che desidera parlargli, così, faccia a faccia, mano nella mano.  -…ne sarei rimasto distrutto. Che io sapessi che mi amavi o meno. E poi ho saputo tutte quelle cose, e avrei voluto… stringerti tra le braccia, avrei voluto strapparti il dolore dal petto, ti avrei chiesto di perdonare tutti i miei errori perché anche io ho perdonato i tuoi tempo fa, e ti avrei detto che ho sbagliato, ti avrei chiesto di aiutarmi a capire. Avrei dato qualunque cosa per un’altra possibilità, per sentire ancora la tua voce che mi prende in giro e mi deride, per accorgermi che quando mi volto a guardarti, tu sei già lì a fissarmi da un pezzo. Se solo me ne fossi accorto…-

-Già. Se solo te ne fossi accorto.- conferma Dave con un cenno del capo. Kurt guarda per terra e i lati della bocca tremano senza che lui riesca a controllarlo. Sono così fastidiosi.

-Avresti dovuto dirmi tutto.- dice con voce quasi inesistente.

-Eh sì, ora la colpa è mia.- ribatte Dave, ma nella sua voce non c’è rabbia o risentimento, sembra quasi una frase buttata lì come diversivo, una frase fatta per non sembrare una pera cotta, per tenere ancora intatta la sua dignità, che ormai in realtà è già andata a puttane.
Azimio gli suona il clacson dalla sua automobile blu, e Dave si gira per poi fare il cenno di ‘aspetta  un minuto’.  -Ascolta, c’è Z che mi aspetta in macchina.- dice rivolto a Kurt. -Ci vediamo domani.-

-Domani? Quand’è che torni da tuo zio?- chiede Kurt con la malinconia che torna ad attanagliargli il cuore più forte di prima. Dave adesso sembra sorridere leggermente, e gli occhi al sole sembrano più chiari e brillanti di come se li ricorda.

-Non ci torno più.- dice ricambiando la stretta di Kurt sulla sua mano, che poi lascia a malincuore. -A domani.-

 

 

 

Kurt è la star del glee club dopo Rachel e Mercedes.
I suoi voti in matematica non vanno al di sotto della B.
Il suo guardaroba è stato rifornito ed è stato riordinato secondo la scala cromatica, scala cromatica che si riversa giornalmente sui suoi abiti quando passa per i corridoi e gli viene lanciata una granita.
Un’accademia di arti sceniche gli ha fatto una chiamata: vuole sentirlo cantare ancora.

Ha un sorriso stampato in volto quasi ogni giorno, e il buon umore ha migliorato anche i rapporti con suo padre e con suo fratello e con Blaine e con Mercedes.
E’ Mercedes che lo intercetta fuori dalla scuola, quando si stringe nel suo maglioncino rosso e tiene stretta la tracolla mentre si dirige ai parcheggi.

-Bubba mi ha mollata.- dice la ragazza di colore, che già sente di doverci cantare una canzone su. Kurt la guarda con un sorriso.

-Non era fatto per te, tesoro.- le dice sculettando piano. –Il vero amore verrà quando meno te lo aspetti.- continua, e muove con enfasi la mano. –Credimi, l’amore è dietro l’angolo.-

E si trova a sorridere come un idiota quando trova Dave ad aspettarlo dietro l’angolo.

 

§

 

 

Neanche questa piacerà a LaTum, me ne rendo conto.
Non credo sia presente alcuno spoiler, è solo la mia immaginazione scema.
Lascio a voi il giudizio. Non sarà divertente e allegra, ma io mi sono emozionata a scriverla. Tanto ormai qualunque cosa mi fa emozionare, quindi pace.

E non dimenticate,
Love is just around the corner.

 

 

Mirokia

   
 
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Glee / Vai alla pagina dell'autore: Mirokia