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Autore: _Clarita_    06/11/2011    5 recensioni
Avrebbe voluto voltarsi e stringerla a sé.
Avrebbe voluto che si voltasse e la stringesse a sé.
***
Lei era quel presente, quella parvenza di normale vita di coppia a cui lui agognava ma che non riusciva a vivere. O che non poteva vivere.
Lei era la finzione con cui aveva cercato di sostituire la realtà e che, come un castello di sabbia, si era poi sbriciolata davanti ai suoi occhi.
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Missing Moments dell'ep.8X17
Mancava qualcosa, secondo me, in questo episodio.
Che cosa prova Tony nel vedere chi ha preso il suo posto a Rota?
Non ho aggiunto nulla di speciale ... se non un pizzico di Tiva, che non guasta mai!
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anthony DiNozzo, Ziva David
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Tu hai una tua squadra?» le chiese Ziva con una punta di scetticismo nella voce.

«Sono team leader. Ho altri due agenti.» rispose EJ, con aria quasi di sufficienza, come se fosse assolutamente normale per una giovane donna avere una tale responsabilità. «Ci siamo trasferiti qui, a Washington.» continuò, poi, con lo stesso tono.

«Da Dove?» la incalzò di nuovo Ziva, prima che l'altra potesse continuare, ormai curiosa di sapere cosa avesse di tanto speciale quella nuova venuta per essere già a capo di una squadra.

«Spagna. Roda, Spagna.»

«Vuoi dire Rota!» la riprese la mora, come una maestrina.

«Rota … sì, continuo a sbagliarmi.» rispose la bionda senza badare molto al comportamento di Ziva.

Anche Tony non badò più a loro due, negli ultimi due scambi di battute. La sua mente si era fermata a quel Spagna. Rota, Spagna.

Quella Rota.
Quella Spagna.
Quella squadra.


La sua squadra.


Rimase lì, in trance, e con la mente e ricordi ritornò indietro di anni a quando Jenny gli offrì un biglietto di sola andata per un treno che, difficilmente, avrebbe incontrato di nuovo sulla sua strada. Era la possibilità di una vita – la sua vita – lo sapeva bene e ne era consapevole anche quando aveva rifiutato quell'incarico.
Eppure incarnava tutto quello che lui aveva sempre desiderato: sole, mare, donne a volontà e un ruolo di comando. Perché, ad essere onesti con se stessi, a lui il ruolo di “boss” piaceva. L'essere al centro dell'attenzione altrui era linfa vitale per il suo egocentrismo.
Nonostante questo, però, aveva deciso di rimanere nell'unico posto che riusciva a chiamare casa e con le uniche persone che riusciva a considerare come una famiglia.
Ricordava ancora lo sguardo di Jenny nel momento in cui aveva declinato l'offerta. Non era delusa, no. Probabilmente si aspettava una risposta del genere, ma più di tutto sperava che quella decisione non dipendesse dalla poca autostima dell'agente o, peggio, del suo aggrapparsi ad un presente evanescente costretto a finire, ed anche nel peggiore dei modi.


Jeanne.


Lei era molto di più di una missione.
Lei era quel presente, quella parvenza di normale vita di coppia a cui lui agognava ma che non riusciva a vivere. O che non poteva vivere.
Lei era la finzione con cui aveva cercato di sostituire la realtà e che, come un castello di sabbia, si era poi sbriciolata davanti ai suoi occhi.
Rimpianti per la loro storia non ne aveva – in fondo non l’amava veramente – ma per quella possibilità, forse persa, a volte, sì.


Ziva lo riportò alla realtà, con la sua solita grazia, ricordandogli che avevano un magazzino da mettere in sicurezza e da sorvegliare.
Tony farfugliò confusamente un «Sì, certo andiamo.» ma quei pensieri sbracciavano ancora nella sua mente per reclamare attenzione.

 




°°° °°° °°°






Il magazzino era enorme e conteneva una fortuna che valeva milioni di dollari.
Tony e Ziva si accordarono con la Guardia che era di turno per incrementare la sorveglianza e poi iniziarono la perlustrazione dell'area da controllare.

Cosa lo spinse a parlare non seppe spiegarlo: ne sentì solo il bisogno e lo fece.
Forse dipese dal fatto di vedere tutti quegli oggetti che raccontavano, ognuno, la loro storia. Ed anche lui ne aveva una. O dall'avere ormai la testa che gli pulsava di dolore, con le parole che premevano sulle labbra e tra i denti per uscire. O più semplicemente dall'essere lì con lei, Ziva, e sentirsi come in un porto sicuro dove poter attraccare aspettando che la tempesta passi.

«Avrei potuto trasferirmi in Europa qualche anno fa.» disse quasi tranquillo, Tony, d'un tratto.

«Non me lo hai mai detto.» rispose Ziva «So che la Shepard ti aveva offerto una squadra. Dove esattamente?» incalzò poi decisa a dare una spiegazione all'evidente malumore del collega.

«Spagna. Rota, Spagna.» dichiarò, usando le stesse parole della Barret e accompagnandole con un sorriso sbieco.

Ziva si fermò al centro del corridoio e seguì, con lo sguardo, Tony allontanarsi da lei di qualche passo. Comprese in quell'istante i pensieri che passavano per la mente dell'uomo.
Si sentì ferita per averlo scoperto solo in quell'istante – se EJ non si fosse trasferita, avrebbe mai saputo che aveva rischiato di perderlo? – e nello stesso tempo ne fu contenta perché aveva scelto lei, ancora una volta, per condividere qualcosa di così importante.
Lentamente lo raggiunse. La sua figura sembrava ancora più alta, in quel gioco di luci e ombre e fasciata com'era nella giacca nera dell'Agenzia. Le dava le spalle, ma lei poteva quasi immaginarlo fissare un punto indistinto davanti a sé, già intento nel pentirsi di aver spostato la sua maschera da buffone lasciando intravedere chi fosse, veramente, Anthony.
Gli carezzò la schiena dolcemente, sussurrando un «Ehi» solo per farlo voltare e poterlo guardare in viso.
Lui, però, rimase immobile e, sotto il tocco gentile di Ziva, liberò i suoi pensieri, dandogli voce.

«Forse non ero pronto a fare il capo. O forse lo ero, ma non ho avuto abbastanza coraggio per abbracciare l'ignoto. Andare oltreoceano e lasciarvi qui, però: quello no, non ero davvero pronto a farlo.» Fu in quel momento che si voltò e la afferrò per le spalle «Ma ora cosa mi resta? Cos'ho che possa considerare veramente come mio?!» continuò con occhi quasi lucidi, stringendo appena la presa quando pronunciò quel "mio".

«Ti stai pentendo di non aver accettato?» Gli chiese Ziva, con un filo di voce, senza neanche provare a divincolarsi.

«Quando torno a casa, la sera, nessuno mi aspetta. A Rota avrei potuto avere una vita semplice, come quelle delle commedie romantiche. Forse mi sarei abituato ad una nuova donna e ora avrei una casa con il giardino, un cane e chissà anche dei figli».

Quegli occhi verdi saettavano sul volto di Ziva, incapace di decelerare i battiti del cuore in quel momento.

«O forse non ci saresti riuscito nemmeno a Rota, ad abituarti intendo.» soffiò sottovoce la donna, stupita lei stessa di quelle parole impertinenti sfuggite al controllo della ragione.

«Magari non lo avrei avuto nemmeno in Spagna, è vero, ma qui ce l'ho sotto gli occhi tutti i giorni e non riesco a prendermelo!» la liberò dalla stretta come scottato e le diede di nuovo le spalle, incapace ormai di reggere lo sguardo carico di aspettative di Ziva.

Quello che seguì fu solo silenzio, pesante tra i due, incapaci di dire oltre, di andare oltre, in cui i loro respiri si alternavano e scontravano, ora più veloci ora più leggeri.
Tony stava per voltarsi, senza sapere precisamente cosa dire o fare, ma il suono della voce di Ziva lo fermò «Io sono felice che tu non abbia accettato quella squadra.» Sospirò incerta e consapevole che il significato di quello che aveva appena detto andava ben oltre quelle semplici parole: erano un'ammissione di volerlo lì, con lei, a qualunque prezzo - anche della loro infelicità. « Oggi, forse, non avrei potuto rincontrarti se al posto della Barret ci fossi stato tu. Chi mi avrebbe salvata in Somalia, se tu eri dall'altra parte dell'Oceano?»







Avrebbe voluto voltarsi e stringerla a sé.

 






Avrebbe voluto che si voltasse e la stringesse a sé.







Avrebbe voluto dirle che lei era la felicità che rincorreva da una vita.











Avrebbe voluto dirgli che avrebbe inventato un altro fratello da sorvegliare a Rota, pur di non perderlo.











Quello che fecero fu solo ripiombare in un altro silenzio, rotto dai passi leggeri di Ziva che si allontanava, lasciandosi alle spalle Tony e la loro possibilità di una vita.

Quante altre volte ancora avrebbero perso quei treni, prima che il destino giocasse loro un ultimo tiro mancino e li allontanasse per sempre?


















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NdA:
1: I personaggi descritti non mi appartengono, pertanto i diritti d'autore sono riservati esclusivamente agli ideatori degli stessi. La storia non è scritta per fini di lucro.

2: Missing Moments dell'episodio 8x17 andato in onda Domenica 30/10/2011.

3: Il titolo è una frase di Paolo Giordano, tratta dal libro "La solitudine dei numeri primi".

4: Vi piace il banner?! Giuro non mi offendo se mi dite che è brutto: è la prima volta che provo a farne uno!

5: Non dovrei essere qui... ma a finire il decimo capitolo dell'altra! Lo so, ma quest'idea mi frullava per la mente e non mi lasciava in pace... quindi eccola qui. Non è Tiva come l'avevo immaginata... ma così credo che sia molto più IC.
Beh, spero che questa "cosetta" vi piaccia ... magari fatemelo sapere o lanciatemi pomodori virtuali! Besitos a todos!

_Clarita_

  
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