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Autore: Ariana_Silente    06/11/2011    1 recensioni
niente di eccezionale o pretenzioso. solo un frammento di vita che si è perso nel tempo e che si può recuperare con la fantasia. una mamma che si gode un pomeriggio di sole con il suo bambino e nulla più - l'ho immaginato nella fine estate prima del triste 31 ottobre 1981
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Lily Evans
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Durante l'infanzia di Harry, Contesto generale/vago
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L'incanto di una giornata di sole.

 

«Mama mio!»

Il bimbo, seduto tra le gambe rilassate della giovane mamma, allunga la manina nella buffa speranza che possa arrivare ad arruffare il pelo – o più verosimilmente a tirare le orecchie, l'interessato ne è ben consapevole – del micio dal folto pelo nero comparso in mezzo al salotto soleggiato che con i suoi intensi occhi gialli osserva la scena, seduto pacifico in mezzo alla macchia di sole.

«Certo, tesoro, il micio. Ma oggi non ha voglia, vedi? È venuto solo a vedere cosa facevamo. Lo accarezziamo un'altra volta.»

Ragazza e il felino si scambiano uno sguardo d'intesa.
Lei si sistemò una ciocca di capelli rosso fuoco dietro l'orecchio, accompagnando con l'altra mano il piccolo che si mise in piedi.

«Mio! Mio!» reclama invece il monello, pestando un piede nudo.

Lei sospira e allunga una mano per richiamare il gatto che la guarda dubbioso, ma al suo sorriso invitante il micione emette come un mezzo sbuffo e avanza elegante fino ad appoggiare la testa delicata e lucida al palmo della ragazza, che intanto trattiene il bambino che, messosi in ginocchio, finalmente allunga le mani fameliche che affondano nel pelo morbido e lucido.
Il gatto rimane immobile, mentre lei parla a suo figlio, ascoltare quella voce insieme ridente e decisa era sempre un piacere.

«Piano, delicatamente. Così – prende tra due dita la manina paffuta del bambino che la guarda una attimo, prima di lasciarsi guidare – segui il verso del pelo, pian piano vai giù fino alla coda e poi vedrai che Stregatto alza il sedere – il micio effettivamente sollevò il posteriore – per iniziare di nuovo a scendere.» gli mostrò come fare ancora un paio di volte, poi quando fu sicura che l'euforia si era stemperata nell'osservare la reazione del gatto a quei gesti affettuosi, lasciò che facesse da solo.
Sorridendo continuò a controllare la scena, dando ogni tanto delle grattatine dietro le orecchie del gatto come a confermare che non si stava distraendo, lasciandosi sostenere dal divano dietro di lei.
A un certo punto il bimbo smise di passare la mano sul corpo snello del felino che decise di allontanarsi dopo aver concesso alcune fusa di soddisfazione, mamma e bimbo rimasero a guardare la punta della sua coda sparire con un guizzo al di là della finestra aperta da cui si vedeva il cielo lussureggiante di luce e nuvole candide.
Quindi si scambiarono uno sguardo scintillante, uno sereno, l'altro un po' rabbuiato.

«Mio!» esclamò con poca convinzione il piccolo.
«Tornerà, vedrai.» gli scompigliò i capelli color dell'ebano, ormai rassegnata al fatto che sarebbero rimasti disordinati, a prescindere dal tipo di espediente per sistemarli che fosse riuscita a escogitare, ma in fondo, si disse, le piacevano un modo così com'erano.
Lo prese in braccio, riordinando con un colpo distratto della bacchetta i giochi che avevano usato.
Andarono nel giardino e lasciò il pargolo nell'erba, fra i fiori, mentre finiva di stendere gli ultimi panni senza perderlo di vista.
Le piaceva rimanere ad osservarlo in disparte mentre gattonava nel giardino: riusciva a sporcarsi nel giro di pochi minuti, ridendo poi come un matto quando si vedeva il volto metà rassegnato metà divertito del genitore di turno venirlo a recuperare.
Ogni tanto si fermava, mettendosi seduto a guardare un sasso o una foglia e più volte era successo che si ritrovasse pancia all'aria nel tentativo di seguire il volo spensierato delle farfalle multicolore che ogni tanto passavano nel prato. Aveva cercato di insegnarli il nome di quelle creature, ma si era rivelato troppo complicato per lui pronunciare per intero la parola “farfalla” e si erano dovuti accontentare del nomignolo “alla” che le era piaciuto subito.
Era davvero affascinante studiare la sua espressione concentrata e attenta che gli compariva sul viso, le labbra appena dischiuse, lo sguardo assorto quando accadeva qualcosa di nuovo attorno a lui.
Mentre suo figlio era intento a studiare una formica che gli zampettava fra le dita, lei gli si accovacciò difronte, per evitare che la piccola bestiola finisse dove non doveva e lo osservò ridacchiare del solletico della formichina.

«Metti la mano a terra e lasciala andare.» gli consigliò, lui appoggiò la mano sull'erba e quella sparì più in fretta che poté.
Gli sorrise e si sedette più comodamente, osservando il cielo.

Che giornata splendida.

Com'era possibile che qualcosa di orribile potesse sfiorarvi?

Erano in quelle giornate che dubitavi, persino ridevi delle oscure profezie che erano state pronunciate da ancora più oscuri veggenti e inesorabilmente stavano segnando la vostra esistenza.
In giornate di sole come quelle ti rassicuravi e credevi pienamente che le difese che avevate costruito non sarebbero mai crollate, salde com'erano per la forza dell'amicizia che vi legava, che eravate protetti e sicuri in quella tua bellissima casa.
A quel sole e sotto quel limpido cielo abbracciando il tuo bambino, inspirasti l'ultimo aroma di latte che flebilmente gli era rimasto sulla pelle e sbuffando gli solleticasti il pancino, perdendoti per l'ennesima volta nella sua risata spensierata.

Era in quelle giornate di sole che ringraziavi Morgana per la fortuna che ti aveva concesso.

  
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