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Autore: DeadSoul17    06/11/2011    2 recensioni
“ La gioventù buttata nel cestino con tanto di sorriso è un bellissimo ricordo di un anno tra altri, un ricordo talmente vivido che ti colpisce gli occhi e cadi, rotolando a terra ferita , cerchi di strapparti la testa tirando i capelli, senti i pizzicotti dei capelli , tu tiri , tu strappi, sangue e ..” Una ragazza, un ragazzo e delle anime che cercano di sopravvivere graffiando i propri sentimenti.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“ La gioventù buttata nel cestino con tanto di sorriso è un bellissimo ricordo di un anno tra altri, un ricordo talmente vivido che ti colpisce gli occhi e cadi, rotolando a terra ferita , cerchi di strapparti la testa tirando i capelli, senti i pizzicotti dei capelli , tu tiri , tu strappi, sangue e ..”
Merda a dir poco , non riesco a comprendere perché io insista a scrivere un susseguirsi di parole senza senso , merda per il fatto che sono sempre in aria con i miei pensieri anzi paranoie nocive e acide, che sanno solo corrodere , ricevo domande , do risposte, noi esseri umani siamo così patetici nella nostra monotonia, siamo come un nastro . Voglio tagliare quel nastro, tirare anche quello, strappare anche quello e poi sangue.
Ecco lo sto rifacendo , devo rimanere con la mente su questa panchina , in questo parco in preda al cambiamento climatico autunnale, guardare la natura , ammirare con occhio critico le foglie arancioni che rotolano nel cielo grigio e niente , costringersi di pensare qualcosa è mille volte più stupido di stare fermi come salme , provare a tirar fuori se stessi vale a dire inciampare in un ramo, finirai sempre con la faccia per terra e guarderai gli altri dal basso , persino l’ape che ronza su e giù davanti a quel fiore violetto è più in alto di te, sotto di te fossili.
Gli strati della vita : tutti credono che siano le varie tenere fasce d’età che accompagnano l’uomo incorniciato con una lapide mentre in verità con un attimo di nodi e ragionamenti è solo la quantità di terra e fango con la quale siamo stati ricoperti nel corso del tempo , alla fine ti ritrovi con i vermi , conclusione ovvia.
Non indosso i guanti stile kawaii , sono molto carini mi danno quel tocco di allegria che perdi quando mi guardi nelle pupille , le unghie sono adornate con dei mezzibusti di animaletti che indossano berrette e sciarpe di perline bianche , tutto molto fine, perfetto, lineare. Mi mancano.
Ho strinto troppo la sciarpa rossa e gialla attorno al collo come un boa , voglio correre per questo parco e trascinare sotto i miei scarponi a quadri rosso e nero le foglie secche, sentirle scricchiolare e poi romperle , come spezzare la colonna vertebrale, le ossa, crac , sei rotta in tutti i casi , rompo le foglie ma non l’erba .
Lo farei se non stessi aspettando l’arrivo imminente di una persona invisibile ai miei occhi, sta arrivando , credo, guardo l’orologio del cellulare , 18 :00 , il parco chiude tra mezz’ora , ancora la causa di questo incontro non mi è stata illustrata quindi mi crogiolo nell’attesa di colui che porterà la liete novella.
I passi percorrono il sentiero con i sassolini di fronte a me, qualcuno arriva dalla nebbia , c’è davvero la nebbia come uno scenario dei film polizieschi horror dove spunta prima la pistola e poi la mano che porrà fine alla tua vita, tutto ciò è eccitante, ma ahime quello che mi ritrovo è un ragazzo che si confonde perfettamente con il tepore del crepuscolo, cappotto nero e pallido , la pistola l’ha lasciata a casa, ma le domande a dopo.
Rimando il mio trip mentale per non attirare un uragano di osservazioni inutili che porterebbero sempre alla solita considerazione come mille frecce : io penso troppo.
Attiro la mia attenzione, pensiero, neutroni, protoni , elettroni chi più ne ha ne metta sulla figura che si sta materializzando davanti a me con tutta la calma possibile del mondo , c’è la nebbia con il sole , provo ad allungare una mano per sentirne la brezza fredda ma la ritraggo subito prima di vedere scoccare altre mille frecce che porterebbero ad un’altra considerazione : non sono mentalmente sana.
E’ una bellezza disarmante che potrebbe darti una ragione vitale quello che ho davanti a me ma mi limito a buttare un’occhiata, mai tradire quello che hai dentro per farsi comprendere , è fermo in tutta la sua altezza davanti al mio corpo seduto rigidamente su una panchina, sono tesa e si vede, sa benissimo che ho tirato le redini della mia mente, le mani prudono , i pensieri tirano scalciano contro la mia buona volontà e spero che lui sputi fuori tutte le parole come vomito in acqua.
Ashley non darmi tempo perché i secondi mi graffiano, i minuti mi soffocano, le ore mi pugnalano e una vita intera davanti mi uccide.
Ashley.
 
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Ho lasciato andare la briglia , le mani arrossate , il respiro corto e i pensieri vanno velocemente l’uno contro l’altro, si scontrano e ne esce una strana polverina bianca , sono come dei sacchi di farina e  dai fori continua a uscire furiosamente finchè i miei occhi si appannano , soffio il naso e sembra il camino pieno di polvere, la mia bocca è arida e mi ritrovo polvere per terra, polverina al vento, spazzata via e fotografie di qualcuno che prima c’era , ora morta, passata a miglior vita nel vento , nel mare in mezzo alla sabbia e alghe, in mezzo a qualcosa che non conosci , ti nascondi polverina che sei stata qualcuno , devi tornare e lo fai, ti depositi sulla strada poi ti rompono in pezzi troppo piccoli per essere distinti e voli ancora, si vola sempre involontariamente per andare oltre alla facciata della realtà.
La pistola alla tempia non l’ho avuta, sono bastate tutte le schegge della polverina ghiacciata , sto tornando a casa fra i viali riscaldati dalla luce apatica dei lampioni, attraverso una strada, giro una via , volo come polvere , ma so che è un’illusione ma cosa ci posso fare se i piedi sono in aria penzolanti perché la mia mente mi sta facendo calare sempre di più nell’acido della vita pura come alcool , il crepuscolo si sta ormai restringendo verso l’orizzonte e non posso prenderlo e posizionarlo su queste nubi che si addensano, non posso e cala il sole, salgono le stelle veramente non c’è ne sono però mi piace saperle vedere nella mia mente anche se non mi appassiono di astronomia , mi piacciono per il semplice fatto che loro sono più in alto di me e le rispetto perché brillano e sono belle, è l’unica cosa che possono avere e le ammiro perché non si vantano, non ci lanciano nulla per farsi guardare, sono lì ferme e le guardo.
Un gatto nero mi passa accanto , mi spavento per un nanosecondo ma poi identificò l’animale e mi calmo, i gatti neri mi danno sicurezza con il loro passo e gli occhi verdini fissi e ipnotici , per non parlare del pelo uniformemente color pece come l’oscurità che mi circonda, il buio questa sera ha degli occhi , quelli del gatto Oliver, l’ho battezzato per far si che non si perda , sale sul muretto di casa mia e sono sicura che cada elegantemente sull’erba appena bagnata del mio giardino, l’aggettivo possessivo non è corretto visto che se fosse per me sarebbe tutto lavanda  , timo e una quercia di sicuro , una follia unica , mentre mia madre ci tiene a fare le cose con una logica pressante e continua perciò la lascio fare, l’unica sua valvola di sfogo la trova nel coltivare piante perché i suoi sogni sono stati attaccati da malattie e ha dovuto estirparli e gettarli in qualche sacco bianco sul ciglio di una qualche strada .
Apro il cancellino, cammino  seguendo il percorso dritto che porta alla porta rossa con il battente a semicerchio oro , ho le chiavi, le tocco nella mia tasca e sono fredde come le mie dita che le arpionano e l’infilo nella mia serratura , non gira, riprovo , non gira, premo di più , tolgo la chiave fisso il legno ormai rovinato , le parti scolorite , la pittura rossa scadente che si stacca  e mi rendo conto che mia madre mi ha estirpata dal suo giardino e mi invita a uscire da quella vita perché lei è impegnata a ricoprirsi dietro la tenda miele del salotto, l’ho vista, lei crede di essere furba, io credo di essere qualcuno che ha capito come andrà a finire la sua vita, morirà e non è una minaccia, è semplicemente una buona verità che bisogna accettare, avevo una malattia ora non ce l’ho più , forse tutto il problema era nella mia vecchia casa , forse dovrei andare a quella finestra e dire a segni che voglio entrare per prendere i miei vestiti, ero preparata a questa reazione, non mi ha presa in castagna, nella mia mente le valigie erano già nascoste sotto i vestiti sporchi in bagno , l’effetto sorpresa non desiderato si riverserà sulle sue aspettative , le cadrà tutto addosso, ma se quello che vuole, non le inquinerò ancora il suo puro ossigeno, sono petrolio, benzina, non ho un ciclo, inquino solamente le sue rose allineate , i suoi arbusti ben tagliati, senza una foglia secca, mi giro e mi incammino verso il cancello senza girarmi, so che ancora lì fissa con la tenda miele stritolata nella mano sinistra tutta sudata , so che piangerà , starò al suo gioco , Mamma sono malata, buttami al ciglio di qualche strada a un oceano di distanza.
Quella rosa gialla appassirà perché la coltivi con il tuo cuore di plastica, la vita in plastica è fantastica, la rosa è viva, a differenza tua non mette al teatrino gli organi , pungiti e potala, caccia via anche la rosa gialla perché inquina.
Oliver addenta un petalo di una rosa e leccandolo lo fa posare sulla sua zampa anteriore , si gira, mi aspetta e poi tiene il mio passo, come due grandi amici ci dirigiamo verso il crepuscolo per far nascere un nuovo giorno.
 
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Sto bussando alla porta di Ashley , dei passi si avvicinano alla porta e un braccio l’apre , vengo travolta da un’aria calda e invitante che mi passa sotto le maniche della felpa , mi fa venire brividi di gioia perché dopotutto ho trovato un posto dove c’è qualcuno che non si nasconde ma esce nella notte (esattamente le 23:00) in mutande con una maglia slabbrata bianca latte e mi fissa come se fossi un effetto di qualche strano stupefacente , come un’allucinazione , sono però concreta e infrango la visione virtuale che si stava creando nella mente di colui che non si muove dallo stato di shock, incredulità permanente.
Prendo il mento con la mia mano destra e subito rinviene , tira un lungo sospiro e poi si stropiccia gli occhi, forse non si è completamente ripreso : lo stupefacente chiamato in causa è il sonno .
Sono l’oca di Giunone starnazzante che sveglia la gente perché gli alieni ci stanno invadendo, io occupo la parte anche degli alieni che rapiranno Ashley perché non c’era disponibilità di un contratto telefonico con altri pianeti, sono ancora sulla soglia di casa sua eppure non accenna a spostarsi di lato per farmi entrare nella sua reggia a pezzi ovvero due piani collegati da una scala, un salotto, una cucina minuscola e al primo piano le due camere , una personale l’altra prossimamente occupata da me e poi il bagno con le piastrelle lucide.
“Potresti fungere da lucina di Natale se attendi ancora un paio di mesi sarai perfetta ma in questo momento non posso cambiarti radicalmente la tua vita” lo dice abbassando lo sguardo sui suoi piedi pallidi, sta tremando dal freddo.
Sarà l’aria autunnale ghiacciolo astratto di questa sera ma le sue parole sono come piccioni contro i vetri, si spiaccicano e si trascinano creando quel rumore fastidioso , sono indifferente , fatto sta che metto prima un piede e dopo l’altro in casa sua e ufficialmente dormirò lì stanotte aspettando il 25 dicembre per fare un’opera buona per il mondo.
Prima di salire le scale , sussurro quasi piangendo “Dormirò nelle tue camere ma prometto che non respirerò contro i vetri per appannarli e scriverci sopra frasi senza senso, lo prometto” mi guarda stranito, come se le mie parole fossero sconnesse fra loro , non riesce a capire , sono costretta a mettere le carte in tavola contro la mia volontà che mi spingeva nella direzione più enigmatica possibile.
“La potatrice mi ha buttata fuori da casa, non so per quanto mi pianterò qui, ma so che io sono fondamentale per illuminare il vicinato quindi finchè non cadrà la neve io non me ne andrò”
Ashley dice cautamente “Stai bene, leone?” ghigno perché quell’animale non mi si addice , mi chiamerei iena perché sono un essere fastidioso più o meno come quell’ape che ronzava ma che è superiore sul livello di fango.
“Te lo dico dopo che mi rispondi a una domanda : mi aspetteresti ?”
Non so se ha capito, non so nemmeno io che senso compiuto abbia la frase, ho un grande sonno , reclama di voler gli occhi chiusi e le gambe al petto , c’è silenzio, dovrebbe essere quella una risposta più che giusta ma il segnale è :
“La stanza è la seconda a sinistra, buonanotte leone” si sbilancia verso di me, mi cinge la fronte baciandola e mi solleva le punte dei capelli, sale le scale e solo le ombre di due fari mi illuminano le lacrime che scendono.
I leoni vengono sbranati da Dio, anche Dio strappa dal suo Eden l’inquinamento del sistema , tutto sta marcendo e parte dall’interno.
La rosa gialla di Gesù viene morsa dal leone, il leone la inghiotte e mentre muore in putrefazione i vermi si prendono i petali, non c’è mai stata creazione più imperfetta.
  
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