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Autore: lithi    07/11/2011    2 recensioni
La storia di un'amicizia perduta e rimpianta.
Cosa sarebbe successo se Chris avesse avuto un'amica speciale ad aiutarlo durante il suo secondo anno di liceo?
E quando le parole diventano macigni e vengono travisate, è davvero facile perdonare quella persona che ci capisce con un solo sguardo?
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"Gli anni erano passati, e quello stupido litigio si era trasformato in un muro di silenzio che li aveva divisi e tenuti lontani per ben cinque anni. Cinque anni in cui prendere in mano il telefono si era fatto sempre più difficile, se non impossibile. Perché, se prima sarebbe stato facile, cosa si può dire ad un ragazzo che era riuscito a realizzare un’intera lista di sogni?"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Chris Colfer, Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Ma buonasera! XD
Ecco a voi il secondo pezzo di questa one-shot kilometrica che ancora devo finire di scrivere! Muahahahhaha!
Ok, non so perchè sto ridendo...forse è la stanchezza...forse il fatto di aver visto il nuovo sneak peek della quinta puntata (con gif e immagini annesse) mi ha dato alla testa...boh. Ma chissenefrega! XD
Sono rimasta sorpresa dal fatto che ben 97 persone abbiano letto la prima parte...spero che vi sia piaciuta, e, ripeto, se volete lasciarmi un commentino sono più che contenta! Anche dirmi "guarda, fa schifo!" va più che bene, eh...sono qui per imparare. XD
Un grazie particolare alla mia adorata Condottiera (adoroti! *.*) e a helpless che hanno commentato lo scorso capitolo, e a BrokenWings e _Layla_ per aver messo la storia tra le seguite...vi adoro, davvero! ç.ç *lacrime di commozione*
Ok, la smetto di sclerare e vi lascio al prossimo "capitolo"...
Un bacione,

Giulia

 


 

Clovis, California, 10 Ottobre 2005

 
“Buongiorno giovane Grifondoro.”
Eryn sbucò divertita da dietro l’armadietto di Chris, regalandogli il primo sorriso della giornata.
“Buongiorno piccola Corvonero.”
Chris chiuse lo sportello che si frapponeva fra lui e la sua amica prima di lasciare che le mani della ragazza lo attirassero velocemente a sé, in un abbraccio che non avrebbe scambiato con nient’altro al mondo.
Tante volte aveva sognato di poter essere considerato da qualcuno, ma mai si era trovato a pensare che sarebbe accaduto davvero.
E invece, dopo quasi un mese dall’inizio della scuola, aveva trovato qualcuno che lo amava per com’era. Senza chiedergli di cambiare o di smetterla di parlare ininterrottamente di Star Wars. E quell’amicizia speciale era tutta per lui.
Quando i due ragazzi avevano scoperto di abitare a pochi metri l’uno dall’altra, era stata la fine della pace dei loro genitori che non trovavano praticamente mai i figli in casa, ma dovevano continuamente chiamarli al cellulare a tutte le ore.
Tanto che alla fine avevano deciso di passare le serate insieme, brindando alle origini irlandesi della famiglia Colfer e al fortunato anno sabbatico dei coniugi McKenzie, che li aveva fatti approdare in quella cittadina. Tra le due famiglie era nata un’amicizia sincera, amplificata dalla naturale simbiosi con cui Chris ed Eryn sembravano convivere.
“Pronto per la giornata?” la ragazza sussurrò all’orecchio del suo migliore amico.
Chris la guardò negli occhi, sciogliendo l’abbraccio.
“Con te, sempre.”
I due cominciarono a camminare per i corridoi di quella scuola che non notava nemmeno la loro presenza.
“Allora, sei pronto per sabato?”
“Aspetta, che succede sabato?” Chris finse di non ricordare l’appuntamento che si erano dati per festeggiare la loro conoscenza. “Ah, si. Un certo appuntamento per il nostro mesiversario.”
“Scemo.” Eryn sbottò in una risata divertita, tirando un pugno scherzoso al braccio di Chris. “Comunque ho pensato a tutto io. Ordiniamo giapponese e ci schiaffiamo davanti alla vecchia trilogia di Star Wars. E non voglio sentir ragioni. Né battute quando comincerò a perdere il senno davanti a Han Solo.”
“E io non voglio sentir battute quando comincerò a perdere il senno davanti a Chewbacca.”
“Stai forse paragonando Harrison Ford a quell’ammasso di peli che lo segue come un cagnolino?”
“Ehi. Non mi toccare il gigante peloso.”
“E chi te lo tocca. Tienitelo pure stretto.”
“Il tuo non considerare Chewbacca è snervante.”
“Oh, ma io lo considero. È solo che lo considero come un’estensione di Mr Solo.”
Chris si fermò un attimo in mezzo al corridoio. La ragazza lo guardò ridendo divertita, per poi spegnere il suo sorriso non appena vide il volto dell’amico.
“Chris…”
“Nessuno dovrebbe essere considerato solo un’estensione.”
E Eryn capì. Non era a Chewbacca che il suo amico stava pensando, ma a sé stesso. Stava pensando a come si sentiva ogni singolo giorno prima del suo arrivo. Prima che qualcuno gli offrisse semplicemente una mano da stringere.
Mosse un passo verso Chris, prendendogli la mano e sorridendogli dolcemente.
“Hai ragione. Nessuno dovrebbe.” Sentì la stretta del ragazzo farsi più forte e stringere quella mano che lei gli porgeva. “E adesso che ci penso, Chewbacca ha salvato parecchie volte la vita a Han Solo.”
Chris rise, nervoso.
“Questo solo perché Han Solo si caccia continuamente nei guai.” Mormorò guardando le scarpe che fuoriuscivano dai suoi jeans. Lentamente alzò lo sguardo verso Eryn, che lo guardava sorridendo. “Ti andrebbe di essere il mio Chewbacca?”
La ragazza rise sollevata, prima di incamminarsi verso la classe, tenendo ancora stretta la mano del suo amico.
“Ne sarei onorata Chris.”
 

Clovis, California, 15 Ottobre 2005

 
“Chris. C’è Eryn.”
Karyn Colfer era una mamma. Una mamma nel vero senso del termine. Quando la si guardava, non c’era alcun dubbio sul fatto che fosse nata per diventare madre.
La cura e l’affetto che nutriva per i suoi due figli era incommensurabile, e non poteva fare a meno di amare anche Eryn, che era riuscita a far sorridere suo figlio così tante volte in quel primo mese.
Quando l’aveva visto tornare a casa dal suo primo giorno di scuola, non era riuscita a trattenersi dal piangere in segreto, felice che suo figlio avesse finalmente trovato un anima affine alla sua. La stessa anima che la guardava da dietro due occhi color cioccolato, che sorridevano felici.
“Chris. Muoviti. Mi stanno per cadere le confezioni di sushi.”
“Oddio!”
L’urlo del ragazzo non fece in tempo ad arrivare alle sue orecchie, che Chris era già lì, pronto a salvare ogni singolo pezzo di quel pasto prelibato. Per poi accorgersi che non ce n’era bisogno, dato che ogni pezzo era in una scatola dentro alla busta che Eryn teneva in mano.
Chris la fulminò con un’occhiata mentre suo padre scoppiava a ridere dalla cucina.
“Dio, se lo conosci bene!” Tim Colfer non riusciva a smettere di ridere, le guance rubiconde ancora più rosse.
“Papà!” Chris riprese l’uomo mentre anche le sue si imporporavano, ma per l’imbarazzo più che altro.
“Che c’è? È vero!”
Il giovane sbuffò contrariato mentre tutti quanti ridevano della sua reazione.
“Ok. Ok. Avete chiarito il punto. Sono divertente. Prenderò in considerazione una carriera al circo, così metterò a frutto questa mia particolare predisposizione. Adesso però dobbiamo sbrigarci. Eryn, vieni su in camera.”
“Hai paura che si freddi la cena?” Riuscì a borbottare la ragazza tra le risate, mentre lo superava e cominciava a salire le scale.
Chris le rivolse uno sguardo torvo.
“Ah-ah. Divertente, ma non abbastanza. Ti ricordo che il clown qui dentro sono io.”
 

Dublino, Irlanda, 3 Luglio 2011

 
“Ehi! Ehi, Chris!”
Il ragazzo si fermò giusto in tempo per permettere a Darren di saltargli addosso e mandarlo a gambe all’aria.
“Dove vai?” Domandò lo Starkid, spalmato sul suo corpo a terra, senza curarsi di chiedergli nemmeno se stesse bene.
“Darren! Per l’amor del- Ma sei impazzito?!” Il soprano si tirò su a sedere, le gambe aperte a quattro di spade, mentre il suo collega, nonché migliore amico, si sedeva sui talloni, gli occhiali rosa spostati verso la punta del naso, e lo guardava negli occhi appoggiando le mani sulle ginocchia.
“Dove vai?” Ripeté Darren, senza preoccuparsi troppo della mini sfuriata di Chris. Ormai c’era abituato.
“A cercare una mazza chiodata per sfondarti il cranio.”
“Dai, sul serio! Sono curioso…”
Chris finse un’espressione sconvolta, portandosi una mano al petto.
“Ma dai! Giuro, non ci sarei mai arrivato da solo!”
“E su. Avanti. Forza. Dimmelo.”
“Ok. Ok. Va bene. Ma prima spostati che mi voglio rialzare.”
 
“…ed è per questo che io amo in maniera incondizionata Puck. Solo le sue espressioni durante le ballad dovrebbero poter istituire il Puckermanesimo.” Emily stava illustrando accuratamente tutti i perché del suo amore per il ragazzo con la cresta.
“Si, hai ragione. Le sue espressioni sono impagabili.” Holly la guardava seria. “Anche se devo essere onesta con te. Non amo particolarmente il personaggio. Preferisco di gran lunga Santana. Mi fa morire ogni volta che apre bocca.”
Un ragazzo mingherlino che aveva detto di chiamarsi John si intromise nel discorso. “Ma perché tutti quanto snobbano Tina? Secondo me ha una voce meravigliosa, e poi la trovo adorabile.”
“Tutti quanti la snobbano perché quel cavolo di un produttore non ci ha fatto sapere niente di lei. Se non che è una gothic-lolita, è ossessionata dagli addominali e odia le insalate con le zampe di gallina.”
“E chi non odia le insalate con le zampe di gallina?”
“Questo è vero…”
Il gruppo appena formato venne interrotto da un movimento verso le porte, che però si rivelò essere solo un addetto alla sicurezza che usciva per un giro di controllo.
“Chissà se alcune delle famiglie del cast sono qui…” domandò a mezza voce Holly. “Per alcune date americane c’erano, che io sappia.”
“Io so solo della famiglia di Chris Colfer. Mi pare siano andati alla data di Los Angeles. Ma non credo che loro siano venuti. Sapete com’è, per via della malattia della sorella di Chris.”
John alzò lo sguardo verso Emily. “Perché, che malattia ha?”
“Epilessia.” Eryn aveva risposto automaticamente alla domanda, mentre le parole le riportavano altri ricordi alla mente. “Soffre di attacchi epilettici ripetuti. Una volta ne ha avuti cinquanta in un’ora.”
 

Clovis, California, 20 Novembre 2005

 
Chris era seduto sopra al letto di Eryn, con le mani tra i capelli e le lacrime che scendevano copiose sulle sue guance. Un singhiozzo prepotente si fece largo nella sua gola, mentre le spalle erano scosse da tremiti continui.
“Chris. Calmati.”
Eryn gli si avvicinò con una tazza di camomilla in mano, sedendosi accanto a lui e portando la mano libera intorno alla sua schiena. Prese a girare le dita lievemente, in una carezza ipnotica e delicata sopra la maglia. La ragazza poggiò la tazza sul comodino a fianco del letto, e si girò verso il suo migliore amico.
“Ssh…Tranquillo. Andrà tutto bene.”
Chris le si buttò tra le braccia, stringendo il corpo della ragazza a sé.
Eryn capì che non servivano parole in quel momento, e che l’unica cosa di cui aveva bisogno era che lei stesse lì. Lo strinse forte mentre sentiva le lacrime del ragazzo bagnare la sua spalla, facendole bruciare la pelle per l’impotenza che l’attanagliava.
Hannah aveva avuto un altro attacco. Anzi, più di uno in realtà.
L’ambulanza che l’aveva portata via, insieme ai suoi genitori, risuonava ancora nelle orecchie dei due ragazzi, nonostante fossero già passate due ore.
Karyn aveva chiesto ai genitori di Eryn di prendersi cura di Chris, e i McKenzie non si erano fatti problemi in merito, accogliendo il ragazzo come se fosse un figlio. Chris aveva salutato i suoi con gli occhi asciutti e sorridendo alla madre che lo guardava preoccupata, facendole promettere che avrebbero chiamato non appena la situazione si fosse stabilizzata.
Ma non appena l’ambulanza aveva girato l’angolo, le gambe avevano cominciato a tremare e si era accasciato al suolo, privo di ogni forza.
Eryn gli si era fatta subito vicino, inginocchiandosi al suo fianco e avvolgendo il corpo del ragazzo tra le sue braccia. Solo dopo qualche minuto Simon McKenzie si era fatto avanti e aveva messo una mano sulla spalla di Chris, accompagnandolo in casa.
Eryn lo aveva portato nella sua stanza, dove erano rimasti per quelle due ore. Lui a piangere e lei a guardarlo impotente.
Hannah soffriva spesso di attacchi epilettici, ma quella volta vedere il suo corpo contorcersi ancora e ancora e ancora, non smettere mai, era stato troppo anche per Chris, che non sapeva più cosa fare.
La ragazza lo tenne stretto contro la sua spalla, continuando a seguire cerchi immaginari con le dita sulla sua schiena. Non riusciva a non fare niente. Quella sensazione era la più brutta del mondo: avere tra le braccia un amico così, vedere la sua pena e non poter far nulla per alleviarla. E forse fu per questo che Eryn cominciò a cantare all’orecchio di Chris. Per sentirsi meno inutile. Per fargli capire, senza paroloni o frasi di circostanza, che lei era lì con lui. E che non l’avrebbe abbandonato.
La sua voce non era niente di particolare, e nemmeno la scelta della canzone, visto che stava canticchiando la ninnananna di Mary Poppins, ma quel suono, per Chris, in quel momento, era il più bello del mondo.
Chiuse gli occhi, lasciandosi cullare da Eryn come un bambino e inondando di righe salate le proprie guance.
Dopo un altro quarto d’ora passato a rivisitare tutte le ninnananne Disney che riusciva a ricordare, Eryn si arrischiò a guardare il volto dell’amico, che sembrava essersi calmato un po’.
“Vuoi la camomilla? Dovrebbe essere ancora tiepida.”
Il giovane aveva annuito contro la sua spalla, rimettendosi a sedere.
Lei l’aveva visto prendere la tazza e portarla alle labbra, cercando di non farla tremare. Aveva poggiato una mano sulla sua, aiutandolo sorridendo come solo lei sapeva fare.
E alla fine della camomilla, pochi istanti dopo aver riappoggiato la tazza sul comodino, il telefono aveva squillato.

  
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