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Autore: Strega_Mogana    07/07/2006    8 recensioni
Svegliarsi al mattino in ritardo, correre come una matta... e perdere ugualmente l’autobus, cercare in tutti i modi di arrivare puntuali a scuola e, invece, finire in punizione in corridoio.
Studiare, studiare, studiare.... per prendere brutti voti.
Uscire con le amiche... mangiarsi un gelato... guardare le vetrine dei negozi e disperarsi perché non abbiamo abbastanza soldi per fare shopping.
E’ questa la vita che vorrei.
E’ questa la vita che loro meritano...
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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CAPITOLO 1

Casa Tsukino non era mai stata tranquilla come quel periodo.
- Io vado a scuola!- gridò Usagi uscendo di casa con addosso la consueta divisa blu e in bocca un toast preso al volo.
Non si mise a correre per il semplice motivo che non era in ritardo, ma era in anticipo di quasi un’ora sulle lezioni.
- Secondo te Usagi ha qualcosa che non va?- chiese Ikuko al marito che stava leggendo il giornale.
- E’ cresciuta. – semplificò l’uomo prendendo la tazza di caffè senza alzare gli occhi dal quotidiano – Doveva capitare prima o poi.
- Non da un giorno all’altro! – ribatté pronta la donna – Usagi è cambiata in maniera radicale Kenji, prende bei voti, studia, non é mai in ritardo e non perde tempo davanti alla televisione.
- Tesoro ti preoccupi troppo, Usagi é una signorina... tu me lo dici sempre che prima o poi sarebbe maturata.
- Io però non sono tranquilla. – mormorò la donna tornando in cucina – E’ un cambiamento troppo radicale... ed é avvenuto in pochissimo tempo. Per me c’é qualcosa che non va.
Usagi si incamminò verso la scuola, a metà strada deviò il percorso e finì nella piazza dove qualche notte prima il mostro aveva attaccato la gente.
- Da quella sera tutto é rimasto tranquillo. – pensò guardandosi attorno alla ricerca di altri demoni o di una traccia del nuovo nemico – Tutto troppo tranquillo.
Tornò indietro giusto in tempo per sedersi al banco prima che la campanella suonasse.
Le lezioni si svolsero in maniera tranquilla, ascoltava l’insegnate, prendeva appunti e stava attenta, oramai nulla poteva disturbarla o deviare i suoi pensieri.
Alla pausa pranzo sistemò i suoi libri e prese il cestino avvolto nel fazzoletto rosa.
- Usagi vieni con noi?- fece Naru avvicinandosi all’amica bionda – Andiamo a conoscere il nuovo capitano della squadra di calcio. Jakko della 3°H ci ha detto é uno schianto.
Usagi fece un lieve sorriso e scosse il capo.
- Andate voi... io resto qui.
Le ragazze dietro Naru sbuffarono contrariate.
- Sei strana da qualche settimana... cos’hai Usagi?
- Sto bene. – rispose pacata guardando fuori dalla finestra – Non preoccupatevi.
Le altre ragazze se ne andarono bisbigliando tra di loro, Usagi sospirò e si concentrò sul suo pranzo.
- Sto bene... sono solo sola.
Erano passate quattro settimane da quella mattina.
Si era svegliata nel suo letto, viva e l’ultima cosa che ricordava era la battaglia con Metalia, lei che lottava con tutte le sue forze, le sue amiche e il suo amato principe morti.
Ricordava un ultimo desiderio: vivere una vita normale.
E poi solo il buio.
Era convinta di esser morta, invece si era svegliata nel suo letto, con il suo solito pigiama di una taglia più grande. Si era vestita e aveva corso fino al tempio di Rei, la più vicina rispetto a tutte le altre.
Rei era nel cortile, scopava le foglie cadute dai rami, mentre i suoi amati corvi le mangiavano attorno, si era fatta avanti e quando Rei l’aveva vista le aveva detto:
- Il tempio non è ancora aperto signorina, dovrà aspettare ancora un’ora.
Era rimasta di sasso, Rei non ricordava nulla, la loro amicizia, il loro legame, le battaglie... aveva dimenticato tutto e non la riconosceva più.
L’aveva ringraziata e se n’era andata di corsa piangendo.
Le sue amiche l’avevano dimenticata.
Erano tornate alle loro vite e non ricordavano nulla delle guerriere Sailor.
Aveva passato tutto il pomeriggio nella sua stanza a piangere perché si sentiva abbandonata e sola, una sensazione che non aveva mai provato in vita sua.
Ma poi ricordò del suo desiderio, quello che aveva espresso prima di morire dopo la battaglia contro Metalia.
Il cristallo d’argento aveva avverato il suo desiderio, aveva fatto tornare in vita le persone che amava e aveva donato a tutte loro una seconda opportunità, una vita senza lotte e nemici, senza dolore, una vita normale.
Il suo ruolo le impediva di vivere una vita come le altre, non poteva lasciare la terra senza una protezione valida, la sua memoria non era stata toccata, lei, come principessa, non poteva dimenticare.
Così aveva vissuto due settimane da sola, con i suoi pensieri, Luna e Artemis le dicevano in continuazione che le altre avrebbero voluto ricordare, che non poteva farcela da sola, invece lei si allenava duramente, solo per poter dimostrare che Sailor Moon non era una bambina piagnucolona, lei era forte, le sue amiche si erano sacrificate per lei; avevano perso la vita, non poteva farle tornare guerriere Sailor; non poteva dar loro questo peso.
Loro dovevano vivere la loro vita.
Ma tutto era peggiorato da quando erano arrivati i nuovi nemici, lei si allenava duramente ma spesso faceva fatica e rimpiangeva i vecchi tempi quando le altre guerriere veniva in suo soccorso.
Ma non voleva richiamare le altre, non potevo farlo... sarebbe stato da egoisti e da vigliacchi.
E lei non era egoista.
E non era più una vigliacca.
Questi pensieri le chiusero lo stomaco costringendola a lasciare il suo pranzo ancora a metà.
Richiuse il potavivande e lo risistemò in cartella poi si alzò, aveva ancora venti minuti prima dell’inizio delle prossime lezioni e non aveva voglia di stare in quell’aula a piangersi addosso.

***
Ami era seduta al suo banco intenta a ripassare la lezione successiva ignorando i bisbigli delle sue compagne dietro le spalle.
Chiuse il libro di colpo e sbuffò, non riusciva a concentrarsi e non era per quelle stupide oche dietro di lei, era un periodo che faceva fatica a trovare la concentrazione giusta per lo studio.
Stava male, ma non era malata, non era un male fisico ma un male dell’anima.
Era inquieta, si sentiva incompleta come se avesse dimenticato qualcosa di importante... qualcosa che non avrebbe mai dovuto dimenticare.
Erano settimane che quella sensazione le distraeva da qualsiasi cosa.
Aveva controllato tutto, rivoltato la casa da cima a fondo ma non aveva trovato nulla, ricordava le date dei compiti in classe, le lezioni da preparare, gli impegni exstrascolastici.
- E’ qualcos’altro...- mormorò a bassa voce salendo le scale che portavano al tetto della scuola – e prima o poi capirò cos’é.
Aprì la porta del tetto, le piaceva quel posto, era sempre deserto ideale per schiarirsi le idee e cercare una soluzione o solo per starsene in santa pace senza compagne invidiose.
La luce del sole l’accecò per qualche istante, si fece ombra con la mano sulla fronte e uscì all’aria aperta.
Solo che quella mattina non era sola.
C’era una ragazza che stava guardando il cortile attraverso la rete metallica, aveva lunghi codini biondi e uno sguardo triste.
Ami strabuzzò gli occhi, solo per un secondo le era sembrato che quella ragazza indossasse un lungo abito bianco, ma poi si rese conto che la sua mente le aveva fatto un brutto scherzo, probabilmente per la forte luce del sole.
Un soffio di vento fece sbattere la porta alle sue spalle, la ragazza di lunghi codini biondi si voltò verso di lei.
Si sentì arrossire, senza ben sapere il perché si avvicinò a lei e le sorrise.
- Solitamente non ci viene mai nessuno qui. – disse in tono cordiale sorprendendo anche se stessa per la facilità con cui aveva parlato, solitamente era sempre in imbarazzo con le persone che non conosceva.
- E’ il posto ideale per pensare. – rispose l’altra voltandosi di nuovo verso il cortile dove gli altri studenti si stavano divertendo.
- Sì, lo penso anch’io.
- Anche tu sei pensierosa Ami?
Ami sussultò appena... come faceva quella ragazza a conoscerla?
- Come... come sai il mio nome?
- Sei la studentessa più brava di tutta la scuola, tutti conoscono Ami Mizuto. – si voltò e le fece un sorriso, Ami sentì un calore invaderle il petto, i suoi dubbi scomparvero all’istante – Devo andare. – fece la ragazza bionda oltrepassandola – E’ stato un piacere parlare con te.
- Aspetta!- le urlò – Come ti chiami?
La ragazza dai lunghi codini biondi si fermò, sembrava quasi indecisa se risponderle o meno.
- Usagi. – rispose dopo un po’ riprendendo a camminare verso la porta – Il mio nome è Usagi.
- Usagi...- ripeté a bassa voce Ami – questo nome... mi suona famigliare.
   
 
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