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Autore: Sun_    07/11/2011    4 recensioni
Marcus e Tom sono due Capi di due Crew rivali, il loro unico scopo è quello di rendersi, reciprocamente, la vita un'inferno.
Ma le cose potrebbero cambiare quando il temuto Tom Kaulitz si innamora di Elise Roth, la sorella gemella di Marcus.
Genere: Angst, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: AU, Lemon, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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I.

 

 

«Sputa il rospo, bastardo!»

La testa che sbatteva contro il parabrezza dell’auto provocò un rumore sordo, un rumore che fece sorridere il castano.

La grande mano serrata sulla testa del ragazzo, un ghigno malefico disegnato sul volto.

Quello gemette e fu musica per le sue orecchie.

Lo sentiva tremare per la tensione sotto la sua mano, strinse la presa spingendolo ancora di più verso il liscio cofano della Cadillac nera lucente.

«Io…» cercò di dire il ragazzo sentendo il dolore propagarsi per il corpo.

Sentì la pressione, che il ragazzo esercitava sulla sua testa, aumentare. Tossicchiò, sputando del sangue sulla carrozzeria lucida.

«Io… non…» tossì ancora mentre la presa si faceva spasmodica.

«Hobbit, datti una calmata!» lo ammonì una voce che conosceva bene.

Il suono di anfibi che battevano sull’asfalto bagnato inondò il silenzio intaccato solo dai gemiti di dolore del ragazzino spiaccicato sul parabrezza dell’auto.

Chiuse gli occhi sapendo di essere arrivato alla fine.

Voltò appena la testa per notare la figura togliersi dalla bocca la Malboro ormai arrivata al filtro e buttarla per terra.

Con un piede, coperto da un grosso anfibio nero, pestò il mozzicone facendo fumare la cicca.

Percorse silenzioso le sue gambe coperte da un paio di pantaloni di pelle, attillati che si infilavano negli anfibi.

Una cinta gli circondava i fianchi e lasciava in bella vista un teschio con le ossa incrociate.

La t-shirt, attillata, rossa con stampe argento e nere, il collare di pelle nera, i capelli corvini cotonati che incorniciavano il viso.

Duro a crederci, ma quello era uno della Crew, anche uno dei più temibili.

Lo vide fermarsi al suo fianco, si abbassò sulle gambe portando il viso alla sua altezza, lo piegò appena in modo che i suoi occhioni di ambra pura si fissassero nei suoi.

«Ti do un consiglio spassionato, piccolo, parla e potrai ancora mostrare questo bel faccino in giro!» disse calmo, sorridendogli appena.

Un sorriso bellissimo, così dolce da essere il terrore di molti in quella città.

Si tirò in piedi con un’eleganza tale da farlo sembrare etereo.

«Georg, raddrizzalo!» ordinò con voce ferma.

Il ragazzo si sentì tirare su malamente e si sentì bloccare da due braccia forti, immobilizzato e ansate.

Il ragazzo era ancora più alto e inquietante da quella posizione.

Teneva le braccia conserte, il pacchetto di sigarette che si intravedeva nella tasca dei pantaloni, le catene che scendevano scomposte sui fianchi e dal collo, le dita piene di anelli e quell’inquietante ditale che copriva il medio destro.

Tutto in quel ragazzo inquietava.

Dalla sua bellezza disarmante alla sua perfidia.

Gli si avvicinò lentamente «Pensavi davvero di farcela sotto il naso, ragazzino?» sorrise appena, serafico «Pensavi davvero che non ci accorgessimo di una serpe che strisciava tra di noi?»

Alzò una mano e gli tirò un potente schiaffo rovesciato.

La testa del ragazzino si piegò di lato per il contraccolpo, l’odore di sangue che saliva per le narici.

Lo sentì scendere dalla guancia, lento, cupo.

Bagnò le sue labbra.

«Avanti, parla!» esclamò calmo, alzandogli il viso con una mano, tenendolo stretto per il mento.

Il ragazzo lo guardò negli occhi.

Quello sguardo pacifico gli stava decisamente facendo saltare i nervi.

Gli sputò senza pensarci troppo.

Guardò la sua saliva colpire il visino docile del ragazzo.

Fissò la mano posarsi sul suo viso e toglierla rabbiosamente e poi puntare gli occhi, furenti, verso di lui.

«Che peccato, sai? Con quel faccino avresti avuto davvero un sacco di troie da scopare…» commentò asciutto «Ma la scelta è stata tua… Georg, Hans, spaccategli la faccia!».

Osservò compiaciuto lo sguardo colmo di paura del traditore.

Essere il fratello gemello del Boss era una gran cosa.

Si appoggiò alla macchina del fratello  estraendo il pacchetto di Malboro dalla tasca dei pantaloni e ne prese una.

Con la mano a coppa l’accese e se la portò alle labbra.

Tirò appena, socchiudendo gli occhi quando la nicotina colpiva piacevolmente la gola.

Con la coda dell’occhio osservò il massacro che si consumava alle sue spalle e sorrise.

Quella vita gli piaceva.

Da quando suo fratello era diventato il capo della banda tutto aveva preso una piega diversa.

Aveva ottenuto il rispetto di persone che prima lo evitavano, aveva ottenuto il timore, la paura degli altri.

Si sentiva potente.

Ma, in fondo, Bill sapeva che lui e suo fratello sarebbero finiti nella malavita amburghese.

Da quando il padre se ne era andato quando erano nati, a quando la madre aveva iniziato a drogarsi in cucina.

Un gemito del ragazzo lo fece sorridere.

Qualche tempo prima avrebbe odiato quella situazione, la violenza estrema per marcare il territorio, ma quando suo fratello lo aveva trascinato in quel mondo aveva iniziato ad esserne affascinato.

Ed era diventata una droga.

Le corse in moto, il sesso occasionale, le risse, l’alcool, lo spaccio, il potere.

Lui ne aveva molto di più, era l’uomo più vicino al Boss.

L’unico che avesse il permesso di chiamarlo “Tomi” senza ricevere una scarica di botte e insulti irripetibili, l’unico che avesse potere su di lui.

Afferrò il cellulare e scrisse velocemente.

 

Il ragazzino non ha parlato…

Non incazzarti, Georg e Hans gli stanno dando il benservito

Ci vediamo al covo appena il bambino ha smesso di sanguinare

Bill

 

Ripose il telefono nella tasca e lasciò uscire dalle sue labbra una nuvoletta di fumo grigiastro.

Era potente, si sentiva scorrere nelle vene la supremazia.

Sankt Georg era il loro quartiere, il loro territorio e andava difeso, anche dai ragazzini spie.

Tom se ne era accorto subito.

Erano bastati tre giorni, fargli credere che non sospettassero di lui, mandargli un messaggio con il cellulare della sorella di Matt facendogli credere di essere il capo, attirarlo dietro la stazione e poi pestarlo.

Era stato così ingenuo da credere che nessuno si sarebbe accorto della catenina che cercava di nascondere sotto le grandi t-shirt.

Se credeva che fossero tutti degli allocchi avrebbe dovuto cambiare idea.

Bill chiuse gli occhi.

A Marcus sarebbe tornato solo un faccino tumefatto e un niente di fatto.

Povero illuso, non sapeva cosa lo aspettava.

 

La Crew di Sankt Georg era una delle più grandi e importarti di Amburgo.

Era iniziata per caso, nel quartiere più malfamato della città e si era estesa fino a prendere sotto la sua ala i quartieri di Sankt Pauli e quello portoghese di Rive dell’Elba.

Le discoteche, il giro di droga, le donne, le strade, i pub, i negozi e tutto quello che risiedeva in quei territori era loro.

Tom era il loro capo.

Teneva sotto la sua protezione persone che dalla vita avevano ricevuto solo schiaffi in faccia, come era successo a lui e al fratello.

Erano figli di nessuno, dei bastardi cresciuti con una mamma alcolizzata e eroinomane.

Avevano vissuto un’infanzia contraddistinta dalla violenza che la madre esercitava su di loro e il degrado sociale ed economico.

Erano piccoli quando per la prima volta provarono la cocaina, ma non c’era nessuno da dirgli di non farlo.

Rubavano i soldi dalla borsetta della madre per comprare alcolici ed erba.

Erano entrati presto nella Crew, o almeno Tom vi era entrato quando aveva poco meno di quindici anni.

Non aveva mai rinnegato quel pezzo della sua vita, quando non ragionava più sotto gli effetti di spinelli, eroina, LSD, e alcool.

Quando si era accorto, guardando un video, di cosa stava diventando, da consumatore aveva iniziato a spacciare portando a casa soldi.

La madre non aveva mai fatto domande.

E gli anni erano passati veloci, degradanti.

Mark, il capo della crew, si era trasferito in Baviera e aveva lasciato il comando a Tom.

Era stato in quel momento che Bill era entrato nella “famiglia”.

Spiccava tra tutti per il suo look dark e androgino.

E i due gemelli erano diventati i ragazzi più temuti di Amburgo.

Cosa che a Bill, picchiato da ragazzino sotto scuola, non dispiaceva affatto.

L’unico a non temere i due gemelli era il capo della Crew di Reeperbahn, Marcus.

Era più piccolo dei gemelli, («Un pivellino del ’92») ma sembrava sovrastarli.

Era grosso, grasso e decisamente imponente.

Nessuno aveva mai avuto il coraggio di affrontarlo o guardarlo negli occhi, cosa che solo Tom riusciva a fare.

Si odiavano e di conseguenza le due Crew erano in competizione.

Ogni colpo era lecito per indebolire le difese del nemico.

Quello che Tom si era prefissato era il più arduo.

Un corpo basso, così basso che al solo pensiero vedeva il fratello andare in brodo di giuggiole.

Nonostante si sapesse poco di Marcus Roth, una cosa gli era arrivata.

Una gemella.

Una gemella che nessuno aveva mai visto.

Per quel che gli era arrivato, Marcus ne era così geloso da impedirgli di uscire e sapeva che quella della sua crew sapessero come fosse.

Ma sembravano non voler parlare.

Poche volte Tom era entrato in scena in quelle faccende da informatore, ma le minacce, i pestaggi e qualsiasi cosa lui provasse, non servivano a niente.

Bastava perseverare.

Tom non si sarebbe fermato davanti a niente.

Lui voleva colpire quel bastardo al cuore, incastrare la cosa che più aveva di prezioso nella sua vita.

Non gli sarebbe importato di portarsi a letto una versione al femminile di Marcus, di fingere di essere innamorato di un cesso, lui sarebbe riuscito a farla passare nelle sue file e avrebbe avuto Marcus nelle mani.

Per la sua “famiglia” avrebbe sacrificato qualcosa.

 

«Domani al Phoenix dovrai affrontare Skip» sorrise Tom buttandosi sul morbido divano del covo.

Il biondino, che sedeva scompostamente su una poltrona con una birra in mano, alzò lo sguardo verso il capo «Ancora?» sospirò esasperato «Sarà la quindicesima volta che quel turco ci prova e lo polverizzo ogni cazzo di volta!»

Tom lo guardò da sotto le lunghe ciglia nere continuando a sorridere «A quei riccastri di Reeperbahn piace vedersi spaccare il culo!»

«Che sfigati!» sbottò il biondino bevendo un po’ di birra.

Tom lo guardò sorridendo e imitandolo.

Matt era una delle sue armi più forti.

Un ragazzo venuto da Detroit, con i contro coglioni, che sapeva rappare da Dio non si incontrava ovunque.

In quei tre anni e mezzo nella Crew aveva scalato i vertici diventando uno dei suoi migliori amici e il campione indiscusso delle battaglie.

«Allora, il ragazzino di Reeperbahn ha parlato o lo stanno prendendo a calci nel culo?» domandò disinteressato.

Tom scosse la testa «La seconda Bro, certi ragazzini si credono Dio solo perché hanno fumato un cazzo di spinello!»

Matt concordò silenzioso, tracannando la birra «E la tipa, la gemella del cesso?»

Tom sospirò «Nada, quel cazzone non ne ha fatto parola, ha detto che preferiva farsi pestare da Georg piuttosto che dirmi come si chiamasse»

Matt sorrise sul collo della bottiglia «E a cosa servono i ragazzini che vanno alla Margarete?»

Tom alzò un sopracciglio «Cosa?».

«Mi hanno detto che si chiama Elise, ma nessuno l’ha mai vista a Reeperbahn, sembra che non vada a scuola»

«È già un passo!» commentò Tom senza colore «Almeno sappiamo che cercarla nella scuola di quei froci non serve a nulla»

«Non sappiamo nemmeno cosa cercare Bro» disse sincero Matt «Dovremmo fare incursione nella…»

«Non lo dire manco per scherzo Bro, non siamo coperti a Reeperbahn, siamo in territorio nemico, se dobbiamo attaccare lo dobbiamo fare almeno nel confine…»

«Al Phoenix allora, ma Marcus non la fa uscire…»

Tom sorrise serafico «E Andreas a cosa serve scusa…»

Matt lo guardò confuso prima di mostrare un sorrisone enorme «La solita tattica del gay per una sera»

Tom annuì «Quell’ossigenato ha un potere enorme»

«Cosa che quei rincoglioniti non avranno mai, omofobi di merda…» ridacchiò Matt.

Il moro sorrise.

Forse non avrebbe incontrato la sua futura “donna” al Phoenix, ma avrebbe avuto più informazioni.

Ora la sua preda aveva un nome: Elise. 


Questa storia l'ho postata interamente sul forum "Tokio Hotel Die Besten" e quindi è terminata. Ho un pò di paura a postare, come prima storia, questa perchè oltre ad essere un'esperimento per me, è anche abbastanza importante, al suo interno vi ho infilato alcune mie esperienze personali che mi hanno segnato.

Spero di ricevere molte recensioni.

Un bacio Sun_

 

 

  
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