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Autore: MarchesaVanzetta    08/11/2011    0 recensioni
Pioggia. Semplicemente.
Genere: Drammatico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 Ad Airlys, che ha sempre una mano tesa pronta a salvarmi

 

A mio nonno, semplicemente perché è un nonno splendido

 
 
 
 
 
 
La pioggia accarezzava le fronde degli alberi, quasi a spegnere il fuoco di rossi e arancioni che sanciva il dominio dell’autunno.
I tronchi neri, madidi d’acqua, facevano risaltare ancora di più le foglie ancora rimaste, strenuamente aggrappate a ciò che era per loro vita, l’asfalto scuro era adornato da un tappeto di foglie, più bello di qualsiasi persiano mai tessuto e il cielo era plumbeo, tanto che ogni luce era spenta dalla coltre grigia che avvolgeva il mondo.
In mezzo a quello splendore un vecchio camminava piano, facendo attenzione a non scivolare sul marciapiede viscido, tastando col bastone il suolo che avrebbe potuto tradirlo in qualsiasi momento.
Inspiegabilmente, a uno scroscio di pioggia più forte, si fermò.
Alzò il viso al cielo, trovandolo vuoto nonostante fosse pieno di nubi, tanto grigio da risultare opprimente. Annusò l’aria che lo circondava: pioggia, muschio, bagnato, asfalto, smog. Accarezzò un albero: il muschio bagnato gli macchiò di nero la mano, la corteccia ruvida sfregò sulla sua pelle ormai incallita, i polpastrelli vennero feriti da una puntina che ricordava aveva trattenuto un qualche volantino politico.
Ai suoi tempi il cielo non era mai così cupo, l’odore era solo quello della pioggia e della natura che si piegava a quella e negli alberi non c’erano puntine.
Lentamente portò una mano al cappello, sentì sotto le dita il tessuto impermeabile, ne ricordò l’odore quando l’aveva scartato, togliendo con cura la carta dorata che la nipote aveva usato per fare il pacchetto, ricordò il piacere che aveva provato capendo che dietro quel regalo c’era tutta la dolcezza di Sofia, che sapeva quanto odiasse girare con l’ombrello.
Lo tolse con un gesto repentino, quasi con rabbia. I suoi occhi furono attraversati da un lampo d’ira: era stato un uomo così cattivo! Aveva abbandonato i propri genitori, tradito la moglie, era stato un fantasma per i suoi figli.
Solo sua nipote non l’aveva tradita. Lei, che era l’unica ad ascoltarlo ora che era vecchio. Lei, che amava le sue storie, i suoi racconti di paesi lontani che aveva visitato quando era ancora un giovane marinaio prestante. Le aveva raccontato del corpo di gazzella della ragazza etiope che aveva amato, di come il sari di Pavithra era scivolato via, scoprendone il corpo armonioso e delicato, di come le donne arabe nascondessero la propria bellezza e di come le occidentali la ostentassero, le aveva raccontato di capelli neri e occhi azzurri, di seta e tela grezza, di oro e plastica. Le aveva rivelato la sua vita e lei se ne era appropriata.
La pioggia spense questi pensieri. I pochi capelli che gli rimanevano erano ormai appiattiti sul suo cranio, gli facevano colare nel colletto del cappotto pesante fredde gocce di acqua sporca, facendolo rabbrividire.
Mentre stava seguendo col pensiero la goccia che dl lobo era scivolata sul collo, percepì un forte dolore al petto, un senso di oppressione lo prese, aveva il fiato corto, sentiva che alle gocce pioggia si mischiava sulla sua pelle il sudore.
Capì subito che stava per avere un attacco cardiaco, il secondo dell’anno. Sapeva che sarebbe bastato chiamare il figlio al cellulare, ma ignorò la voce che lo esortava a salvarsi. Si accasciò per terra, appoggiandosi al muro della scuola elementare.
L’ultima cosa che vide fu una foglia che, vinta dalla pioggia e dal vento, si era staccata dal suo albero e si era posata sulla sua scarpa; riconoscendosi in essa, morì felice, con un sorriso a scoprire la dentiera.

  
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