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Autore: _YouKnowWho_    08/11/2011    3 recensioni
Viaggio in treno, da Manchester a Londra, con un incontro inaspettato...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Il treno sarebbe partito da lì a cinque minuti, così salutai mio padre. Arthur Smith, divorziato. Abitava a Manchester, dove lavorava come fotografo. Avevo passato l’ultima settimana di luglio con lui e quel giorno, il trentuno luglio, dovevo tornare a Londra, dove vivevo con mia madre e stavo cercando un lavoro.
«Fai la brava, Elisabeth» mi disse mio padre, prima di scoccarmi un bacio sulla fronte. «E saluta la mamma. Ora va o perderai il treno».
Lo abbracciai e poi mi diressi verso il sottopassaggio. Prima di scomparire lo salutai con la mano. E passando attraverso un ponte sotterraneo e salendo un’altra rampa di scale sbucai sul binario sette. Il treno era lì, e sarebbe partito in due minuti. Così salii sulla locomotiva e tirai su la valigia. Iniziai ad osservare i vari scompartimenti. Nel primo c’era un’intera famiglia, ed era pieno. Nel secondo c’erano un quartetto di anziani signori che si erano già sistemati per giocare a carte. Così decisi di passare ancora avanti. Il terzo scompartimento era vuoto, se non per una  donna seduta accanto al finestrino. Indossava un grande paio di occhiali da sole e aveva un foulard attorno la testa, sebbene quel giorno facesse abbastanza caldo. Sarebbe stato un posto perfetto, per affrontare il viaggio così entrai nello scompartimento e la signora si voltò.
«Buongiorno, posso sedermi qui?» chiesi, timidamente.
Lei mi sorrise e io ricambiai.
«Certo, cara» acconsentì la misteriosa signora, indicando il posto davanti a lei.
Sistemai la valigia sulla reticella sopra i sedili e poi presi posto. La signora stava guardando fuori dalla finestra, ma si girò quando si rese conto che la stavo osservando cosicché distolsi lo sguardo. Rivolsi la mia attenzione al mio zainetto accanto a me. Lo aprii e presi un libro.
“Harry Potter e la Pietra Filosofale”
Continuai la lettura, o meglio la rilettura. Era forse la dodicesima volta che rileggevo quel libro. Dopo un po’, però, sentii lo sguardo della donna su di me. L’osservai da sopra il libro, ma mi accorsi che non stava guardando me. Stava fissando il libro.
«Lo ha letto?» chiesi interessata, alzando il libro.
La signora scosse la testa, come a scacciare i pensieri.
«Sì… sì, l’ho letto» rispose.
Io sorrisi, radiosa.
«Per me questo libro è molto importante. Lo lessi la prima volta quando avevo sei anni» iniziai.
Adoravo raccontare la mia storia, parlare di questa saga così fondamentale nella mia vita.
«E fino ad ora l’ho letto dodici volte. Lo adoro. Non solo perché è stato il libro che mi ha fatto scoprire il piacere della lettura, ma perché mi ha soprattutto dato l’accesso ad un mondo magnifico, ha rappresentato il mio rifugio molte volte e mi ha insegnato importanti valori. Quello dell’amicizia, dell’amore, della famiglia, del sacrificio e mi ha fatto capire che non esistono persone completamente buone e persone completamente cattive, ma che “Tutti abbiamo sia luce che oscurità dentro di noi”. Negli anni con gli altri libri sono diventata una vera e propria potteriana facendo divenire la saga il mio stile di vita. Sono cresciuta con Harry, Ron e Hermione, cercando di assomigliare a loro e a tutti gli altri. E’ stata la mia infanzia e la mia adolescenza, vorrei davvero incontrare J.K. Rowling per ringraziarla. Anche se sono certa che davanti a lei non riuscirei a dire altro che grazie. Potrei spiegarle perché ovviamente, ma non credo ci riuscirei. Perché grazie alla saga ho anche imparato che non devo avere paura di mostrare come sono e… oh, mi scusi» mi bloccai all’improvviso.
Stavo parlando  quasi senza riprendere fiato, da qualche minuto. Nemmeno me ne stavo rendendo conto.
«Quando parlo di Harry, parto a ruota libera, mi scusi ancora» dissi, arrossendo e abbassando lo sguardo.
Ma la signora davanti a me non rispose. Dopo qualche istante alzai la testa e notai, che da sotto gli occhiali spuntavano delle lacrime.
«Signora…?»
Ma ancora non rispose. Però alzò le mani e le indirizzò verso il foulard, per toglierlo. Slegato il nodo lo levò, mostrando dei lisci capelli biondi, lunghi fino alle spalle. Ora anche con gli occhiali non c’erano dubbi su chi fosse.
Spalancai la bocca sorpresa, mentre rimuoveva anche gli occhiali. Ora si vedevano gli occhi arrossati dalle lacrime.
«E sai» iniziò a dire, «che la storia nacque proprio in un viaggio come questo?»
Io annuii con la testa. Non riuscivo a fare altro. Davanti a me c’era lei, il mio mito, la mia seconda mamma. Joanne Rowling. Le lacrime iniziarono a riempire anche i miei occhi. Il mio sogno si stava realizzando. Avevo davanti quella donna che aveva dato vita a Hogwarts e a quel mondo che spesso visitavo attraverso i libri e i film.
«Mi hai commossa con il tuo discorso logorroico, sai?» sorrise dolcemente.
Risposi imbarazzata, tra le lacrime.
«E’ tutto completamente vero» sussurrai. «A proposito… Auguri» aggiunsi, ricordando che era il trentuno di luglio.
«Grazie, cara» rispose Joanne.
«Come mai è qui?» chiesi curiosa.
«Volevo rifare quel viaggio che, anni fa, ha ispirato Harry e tutte le sue avventure».
Iniziammo a parlare dei libri e il discorso andò avanti per tutto il viaggio. Le feci delle domande, cercai la risposta a delle curiosità. Lei si dimostrò disponibilissima e felice alle mie domande attente. Eravamo quasi arrivate quando mi venne in mente una delle cose che avrei sempre voluto chiederle, ma che l’emozione mi aveva fatto dimenticare.
«Posso farle un’altra domanda?» chiesi cauta.
«Certo» assentì Joanne, iniziando a rimettere il foulard attorno la testa.
«Perché ha fatto morire Fred?»
La Rowling si prese qualche secondo prima di rispondere.
«E’ la guerra. Ci sono delle morti. E dobbiamo capire che alcune volte sono i migliori che se ne vanno» spiegò con voce triste.
Il treno era quasi arrivato e io avevo ricominciato a piangere.
«Fred, come tutti gli altri è sempre con me, ma… non riesco a pensare che siano separati con George. Come ho detto prima sono sempre stati i miei personaggi preferiti e…» mi persi nelle lacrime.
Lei mi osservò comprensiva.
«Potresti darmi il tuo libro?» chiese dopo un po’, mentre il treno si stava fermando.
Io glielo porsi e lei tirò fuori una penna, iniziando a scrivere. Quando il treno fu arrivato si alzò e me lo diede indietro.
«Arrivederci Elisabeth. Buona fortuna» e non feci in tempo nemmeno a risponderla che uscì dallo scompartimento.
Mi asciugai le lacrime e ricacciai il libro nello zaino. Uscii e lasciai anche io il treno. Nella stazione mi avviai all’angolo dedicato al carrello del binario 9 e ¾, ancora con le lacrime agli occhi. Vidi la fila di persone che si preparava a fare la foto. Mi voltai e quasi corsi per uscire dalla stazione. Presi il pullman e tornai a casa, con il ricordo dell’incontro avvenuto in testa. Quando arrivai a casa mia madre non c’era perché era al lavoro, così mi diressi subito in camera e, posata la valigia davanti la porta, corsi verso la libreria, dove aveva l’angolo dedicato completamente a Harry Potter. I libri, i film, le statuine, figurine, poster… tutto legato al famoso maghetto. Poi mi buttai sul letto e preso lo zainetto tirai fuori il libro e con un sospiro lessi cosa aveva scritto Joanne.
 
Cara Elisabeth,
Io ho raccontato una storia, ci ho messo dentro ciò che credevo e sono anche orgogliosa che possa ispirare modelli di vita. Mi ha fatto piacere ascoltarti, rispondere alle tue domande e vederti così curiosa e preparata.
Grazie per essere rimasta con Harry fin proprio alla fine. Sin dall’inizio.
Joanne Rowling 

  
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