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Autore: LivingTheDream    09/11/2011    4 recensioni
"«Ehi, Sherlock. Hanno detto che non posso rimanere qui per la notte.»
Un paio di occhi, seppelliti tra delle lenzuola, un gesso e tante, troppe garze, si muovono verso di lui, silenziosi ma eloquenti. Non sono più gelidi come prima - quel fuoco, tutto quel fuoco è come se li avesse sciolti, ed adesso chiedono aiuto, chiedono un sorriso ed una rassicurazione, chiedono di essere riportati a casa.
Ed invece no."
Genere: Fluff, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Che vuol dire che non posso rimanere?»
«Che l'orario massimo delle visite scadeva mezz'ora fa e che se lei non è un parente o la moglie - cosa alquanto improbabile, credo - non può rimanere qui. Oltretutto, lei in questo momento dovrebbe essere-»
«E dovrei lasciarlo da solo? In queste condizioni?»
«Starà bene, glielo assicuro. Ora vada, che mi sveglia i pazienti.»
«Ok, come dice lei! Ma questa cosa non mi sta bene. Me lo faccia salutare, almeno.»

«... e va bene, ma solo cinque minuti!» sospira il giovane.
«Aah, grazie!»

John si concede qualche secondo per riprendere fiato, dopodiché rientra nella saletta dove tengono il motivo di quella discussione con quell'infermiere senza un briciolo di cuore, e probabilmente pure omofobo.
Appena rimette piede in quell'angolo di mondo che puzza di medicine e solitudine, lo stomaco gli si contrae di dolore, eppure sorride dolcemente al ragazzo nel letto davanti a lui, accostandosi al suo fianco.

«Ehi, Sherlock. Hanno detto che non posso rimanere qui per la notte.»

Un paio di occhi, seppelliti tra delle lenzuola, un gesso e tante, troppe garze, si muovono verso di lui, silenziosi ma eloquenti. Non sono più gelidi come prima - quel fuoco, tutto quel fuoco è come se li avesse sciolti, ed adesso chiedono aiuto, chiedono un sorriso ed una rassicurazione, chiedono di essere riportati a casa.
Ed invece no.
John allunga la mano ed afferra delicatamente quella di Sherlock, stringendone piano le dita e carezzandone il dorso.

«Non vorrei proprio lasciarti solo, ma anche Mycroft ha detto che io non posso rimanere e nemmeno lui - al momento sta facendo di tutto per sistemare questo gran casino che abbiamo combinato.» si ferma un attimo, sperando almeno in un cenno. «Ti prego, non guardarmi così.» si morde il labbro, Sherlock non può rispondergli. Una scheggia di non sa manco che stramaledettissima cosa gli si è conficcata dritta in gola, e si è salvato per miracolo, cavandosela con qualche settimana di fasciature e silenzio forzato.
E Sherlock Holmes, in quel momento, in quel letto e senza la sua voce gli sembra un falco costretto nella gabbia di un canarino - e tutto questo non gli piace neanche un po'. Al momento vorrebbe alzarsi da lì, strappare tutte quelle dannate bende e sentire la voce di Sherlock che gli dice che va tutto bene, che torneranno a casa presto e che lui lo solleverà di peso e lo porterà fino in camera ridendo come non fa mai, per poi sedersi sul letto e rimanere a guardare la televisione fino a tardi, criticando tutti i programmi preferiti del pubblico.

Ed invece Sherlock è lì e ci rimarrà, immobile a parte un paio di palpebre che oscurano a tratti quelle due voragini ghiacciate sul nulla, immobile che lo guarda come se davvero lui potesse fare qualcosa.

«Allora ciao, Sher-»

«Dottor Watson! È ancora lì, lei?» la voce, stavolta di un'infermiera, li interrompe, e John sospira, facendo scivolare via la sua mano da quella dell'altro.

Appena tenta di allontanarsi, però, sente la presa farsi più forte e le dita bollenti di Sherlock premergli sulla carne. Si volta – è un attimo, uno sguardo abbandonato ed intimorito, poi John gli sorride e gli bacia il dorso della mano, riuscendo così a farsi lasciar andare.

Fa per uscire dalla stanza, poi però si ferma ed appoggia uno dei due cellulari che gli aveva prestato Lestrade sulla mano dell'altro, attento a non farsi vedere dall'infermiera che in quel momento spalanca la porta.

«Allora avevo ragione, avevo proprio sentito la sua voce. Mi spiace interromperla, ma deve andare. Venga, l'accompagno.» si offre la donna, e John le risponde con un sorriso di cortesia, al quale lei prende le maniglie della sedia a rotelle e lo porta fino al reparto di ortopedia senza che l'uomo dica una parola – solo stringe tra le dita un piccolo ma essenziale cellulare.

Con non poca fatica riesce ad issarsi sul letto – non una, ma ben due gambe rotte sono un bel problema – e appena si ritrova da solo afferra il telefonino e compone veloce un numero.

 

La suoneria si sparpaglia nell'aria fredda per qualche secondo, dopodiché si attiva la risposta automatica ed al silenzio si sostituisce una voce bassa e calda.

«Ehm - ciao, Sherlock. La conosci la storia dell'ex militare e dello psicopatico che stavano per farsi ammazzare?» una risatina, e poi tante altre parole.

A Sherlock fa male tutto – viso, collo, petto, gambe – ma sorride. Si rannicchia come può nel letto, accoccolato contro quella voce, e sorride.
 

   
 
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