Passi veloci – troppo veloci- rimbombavano nel corridoio.
Le regole che si era imposta le avevano sempre impedito di
trovarsi in simili situazioni: mai ignorare il coprifuoco; mai girare da sola;
mai uscire ad Halloween.
Una festa comune, vista come occasione di divertimento per i
babbani, si trasformava in terrore e spavento per un mago.
«Sciocchezze»
Affermava lei. Un brivido però la fece tentennare. Cos’era
stato?
La fredda pietra del castello sembrava respirare assieme a
lei, riempiendo quel silenzio traditore di mille e più minacce.
Scosse la testa. Otto anni prima, quella stessa notte, era
stata attaccata da un troll. L’anno dopo e quello dopo ancora avevano visto
vagare per i corridoi un serpente dagli occhi assassini e un evaso di prigione.
« Le streghe non
credono alle superstizioni. »
Dovrebbero.
Aumentò l’andatura, scoprendosi terribilmente ansiosa di
tornare alla sua torre.
Dopo tre passi, però, una risata infantile sembrò spezzare
l’atmosfera. Si congelò sul posto.
Conosceva quella risata.
Ma era impossibile, lei
non esisteva più.
Mosse un piede, avvertendo uno spostamento d’aria davvero
troppo vicino.
Fu di nuovo silenzio, interrotto prontamente dai suoi
respiri sempre più pesanti e spaventati.
Riprese a camminare, stavolta quasi correndo, e nel farlo,
infilò la mano sotto la divisa, pronta ad afferrare la bacchetta.
Un’altra risata interruppe la sua fuga.
La bacchetta era scomparsa.
E con lei il suo sangue freddo.
Un tremore violento iniziò a scuoterla, mentre altri passi
indicavano qualcuno che si avvicinava.
Tum.
La Torre di Astronomia era stata una pessima idea.
Tum.
Tornare ad Hogwarts era stata una pessima idea.
Tum.
Fregarsene della mezzanotte di Halloween era stata una
pessima idea.
Tum.
Un gemito le sfuggì dalle labbra quando un soffio le arrivò
tra i capelli.
«È un piacere
rivederti, feccia.»
La ragazza iniziò a piangere sommessamente.
Non poteva essere. Non era vero. Lei era morta!
«Credevi fosse così
facile uccidermi?»
Ridacchiò quella voce fastidiosamente infantile, mentre con
la punta della bacchetta le accarezza lascivamente le spalle e la schiena.
All’ennesimo silenzio, la donna sbuffò sbattendo i piedi
indispettita.
Con due passi le fu davanti.
Capelli selvaggi e neri, occhi folli e scuri, crepe sulla
pelle.
Bellatrix Lestrange.
«Oggi ci divertiremo,
Sanguesporco.»
La strega più giovane indietreggiò, tentando di richiamare a
se tutto il fiato che pareva averla abbandonata.
Con un abile movimento di polso la bacchetta della donna le
stracciò la manica, rivelando una
cicatrice che le aveva inferto con le sue mani.
Le parve di sentirla bruciare nuovamente. Poi un dolore
atroce la attraversò in ogni sua cellula, facendola collassare a terra.
Si ritrovò a contorcersi sul freddo pavimento, urlando come
solo una volta aveva già fatto.
« Ti piace, feccia?
Crucio… »
Non sapeva se fosse più la maledizione o il tono divertito a
ferirla.
Le parve di tornare indietro a mesi prima, quando quella
pazza l’aveva torturata per ottenere informazioni.
Mentre l’incantesimo continuava a straziarla nel profondo,
la sua mente sembrava voler aumentare il dolore.
Il ricordo delle vecchie ferite si sovrapponeva a quelle che
continuava ricevere, quadruplicando la reale portata del Crucio.
Era come trovarsi di fronte ad un molliccio e ad un
dissennatore.
I ricordi felici scomparivano, lasciando quelli più atroci a
rincorrersi nella sua mente, mentre il suo incubo peggiore sembrava essere
tornato in vita.
La morte di Sirius, la morte di Fred, Lupin, Tonks, la
memoria dei suoi genitori cancellata.
Improvvisamente la vita non le sembrava più così bella.
Chissà come sarebbe stato morire.
Era doloroso? O era come addormentarsi? Come sarebbe stato
smettere di sentire?
Il nero, l’oblio: si sentiva pronta a raggiungerli mentre il
dolore della maledizione continuava a travolgerla ogni volta sempre di più.
«Non vuoi chiedermi
perché sono qui?»
La voce della donna si era fatta sottile, imitando quella di
una bimba capricciosa.
Ma lei era questo. Una bimba folle racchiusa in un corpo da
donna.
« C…Cosa…»
Provò a dire, mentre la bacchetta della donna non le dava
tregua, facendola nuovamente gridare.
Con occhi annebbiati dalle lacrime la vide ridere e
saltellare sul posto, contenta della domanda che voleva rivolgerle.
« Ad alcune anime è
concesso tornare indietro in questa notte. »
La donna si chinò su di lei, scostandole i capelli dal viso
e afferrandole le guance con forza.
« Solo anime
purosangue come la mia, possono tornare per vendicarsi.»
La ragazza continuava a tremare, avvertendo la sua mano
fredda sulla pelle.
« Io ne approfitto per
divertirmi.»
Aggiunse poi ridendo in modo fastidioso e folle.
No.
Una voce nella sua testa la spinse a reagire, appellandosi
al coraggio tipico dello stemma che portava sul petto.
Seppure dolorante, diede un pugno nello stomaco alla donna,
che sorpresa dal gesto, seguì con lo sguardo la ragazza che si rialzava a
fatica e iniziava a correre in modo scomposto.
La donna storse leggermente la testa, mentre un ghigno le
deformava il volto distrutto da Molly Weasley.
La lasciò arrancare verso il fondo del corridoio, dove una
porta avrebbe potuto darle facilmente riparo.
Quando fu abbastanza vicina e illusa dalla speranza, però,
mosse la bacchetta con stizza.
«Impedimenta.»
La ragazza caracollò, mentre le sue gambe si paralizzavano,
impedendole la fuga.
Sbatté i pugni per terra, voltandosi per fronteggiare di
nuovo la donna che si alzava lentamentee la raggiungeva.
È finita…
« Avrebbero dovuto
insegnarti le buone maniere…ci penserò io.»
Il volto arrabbiato della donna si aprì in un sorriso
spaventoso.
Poi, continuando a fissarla, sussurrò.
« Avada-»
« NOO! »
E con quell’urlo disperato, la donna e il mondo intero
parvero fermarsi, mentre un raggio di sole feriva gli occhi appena riaperti
della giovane Grifondoro.
Ansimando, la ragazza osservò il suo letto dalle coperte
scomposte e aggrovigliate ai suoi piedi.
Tirò un sospiro di sollievo e passo le mani tra i ricci
scomposti. Forse la guerra l’aveva provata più di quanto avesse pensato.
« Hermione tutto bene? »
La voce assonnata di Calì Patil la fece sorridere, e dopo
essersi prodigata in mille scuse per il brusco risveglio, si districò dalle
lenzuola e scese dal letto.
Si volse verso il comodino dove riposava la sua bacchetta.
Sbadigliando e afferrandola, vide un biglietto ingiallito
cadere a terra, mostrandole parole che la fece cristallizzare dal terrore.
Ci vediamo tra un anno,
Sanguesporco.