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Autore: May_Z    11/11/2011    3 recensioni
In realtà non gli importava la gravità di qualsiasi cosa lei avesse fatto: le sarebbe stato accanto comunque, sino a quando lei ne avesse avuto bisogno; sarebbe stato per lei una spalla su cui piangere, una salda e perpetua figura su cui fare affidamento, un amico che l'avrebbe affiancata sempre e comunque.
Se il mondo voleva affondare Blair Waldorf, lui sarebbe stato lì, a tenderle la mano per sostenerla.
[Questa storia ha partecipato al Contest Welcome to the Fandom indetto da adamantina, classificandosi terza e vincendo il Premio Fandom]
Genere: Generale, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blair Waldorf, Chuck Bass, Dan Humphrey | Coppie: Blair Waldorf/Chuck Bass
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quarta stagione
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La storia si colloca temporalmente dopo la puntata 4x22: so che il momento da me descritto non è mai accaduto, ma mi piace pensare che sarebbe potuto succedere (non è nulla di sconvolgente, non preoccupatevi!).

 

 

 

 

 

Don't let me fall

 

 

 

Se c'era una cosa che Dan Humphrey amava fare, quella era sicuramente passeggiare lungo le strade deserte di New York, immerso in quel crepuscolo cosparso da una moltitudine di luci che sembravano provenire direttamente dall'immensità del buio cielo che lo sovrastava e sottolineava la sua piccolezza in quell'universo dalle mille imprevedibili sfaccettature, quell'universo che lo faceva sentire come un minuscolo granello di sabbia in quel vorticoso oceano sfavillante.
E quella sera di tarda primavera, accompagnata dagli ultimi soffi di vento che rinfrescavano l'aria impregnata dal profumo delle magnolie nascoste nel verde di Central Park, non faceva eccezione: Dan, avvolto nell'abituale camicia a quadri, camminava lentamente sull'asfalto ancora tiepido, testimone della frenetica giornata che giungeva ormai al termine; le mani erano serrate su di un unto cartoccio contenente del kebab di pollo, la mente immersa in chissà quali citazioni forbite, gli occhi persi nel vuoto, lieti dell'indifferenza che quel mondo gli riservava.


Improvvisamente Dan, senza quasi rendersene conto, si ritrovò di fronte al verde scolorito della porta del loft: la mano sinistra, la mano non impegnata ad evitare la caduta dei bocconcini di pollo imbevuti di salsa piccante che stavano ancora in precario equilibrio nel cartoccio sempre più unto, scese a frugare nella tasca posteriore dei jeans sgualciti, cercando il mazzo di chiavi che gli avrebbe permesso di entrare, stendersi sul divano e guardare, forse, uno di quei vecchi film in bianco e nero che tanto gli piacevano.
Dan sorrise appena pensando che quei lungometraggi dimenticati da tutti erano saliti ancora di più nella sua personale scala di gradimento da quando trascorreva il sabato pomeriggio con Blair, in quel cinema ormai fuori moda a osservare persone d'altri tempi dalla pelle diafana, vestite con piume di dubbio gusto e severi cappelli a cilindro.
Forse fu la piacevole distrazione di questi pensieri, forse fu l'ingombro del pollo che era in procinto di rovinare sullo zerbino impolverato o forse fu semplicemente l'incredibile dose di goffaggine che lo colpiva nei momenti meno opportuni: qualsiasi cosa fosse stata, Dan non se ne preoccupò minimamente, tanto era scocciato dal fatto che le chiavi che era miracolosamente riuscito ad estrarre dalla tasca gli erano appena scivolate tra le dita, andando a posarsi sul primo gradino della scala che aveva salito pochi istanti prima.


«Non ti smentisci mai, Humphrey».
Una voce inconfondibile proveniente dalle sue spalle lo colse di sorpresa, una voce che sarebbe stato in grado di riconoscere ancora prima di voltare la testa e scorgere due penetranti occhi castani che lo fissavano con un misto di esasperazione e superiorità.
Blair.
Dan si passò una mano tra i già scompigliati capelli e sbatté ripetutamente le palpebre: Blair non era davvero lì, con le morbide onde castane che scivolavano sulle spalle da quella che precedentemente era una raffinata crocchia, accovacciata sul freddo pavimento di pietra rischiando di macchiare l'elegante vestito lungo fino ai piedi; insomma, era così poco da Blair! Era sicuramente uno scherzo dovuto al sovraffollamento della sua mente che aveva proiettato davanti a lui l'immagine sulla quale i suoi pensieri confusi si erano soffermati per un istante.
Dan sollevò lentamente una palpebra e si guardò attorno circospetto, rimanendo tuttavia deluso nel vedere che non solo lei era ancora lì, ma che anche gli occhi che, pochi attimi prima, lo guardavano con ostentata superiorità, erano ora intaccati dal dubbio che lui stesse chiaramente diventando pazzo.
«Blair! Che ci fai qui?» esclamò alla fine, tentando di ricomporsi e mascherare la confusione che gli si era impressa in viso.
La ragazza sbuffò e, evitando di toccare il terreno con le dita fasciate in candidi guanti, si alzò in piedi, le mani posate sui fianchi a fronteggiare un Dan che, in pochi secondi, stava distruggendo la sua reputazione di ragazzo-sveglio-e-intelligente.
«Svegliati, Humphrey! Vedi di recuperare le chiavi ed aprire quella dannata porta... Mi si sta sgualcendo il vestito e non vorrei respirare troppo l'aria di Brooklyn, se capisci cosa intendo».

 

***



Blair sedeva sul divano degli Humphrey con le gambe riposte sotto il corpo: le lucide Louboutin nere erano abbandonate in un angolo del pavimento ingombro, le dita smaltate di rosso accarezzavano docilmente il vestito, lisciando le inesistenti pieghe che il suo occhio credeva di vedere.
Dan era seduto di fronte a lei, le mani chiuse attorno ad una lattina di Coca Cola, lo sguardo attento fisso sulla ragazza che, ad intervalli regolari, sollevava nervosamente il viso per poi riportarlo sul pregiato tessuto dell'abito che le avvolgeva le gambe.
«Che c'è, Blair?».
C'era qualcosa di diverso in lei: la superiorità, il sarcasmo e l'insistenza che avevano impregnato la sua voce pochi istanti prima, erano scomparsi. Ma c'era anche qualcos'altro, qualcosa che gli sfuggiva e che Dan, risoluto, era deciso a scoprire.
«Niente, sto bene... Benissimo!» le sue labbra si incurvarono in un debole sorriso, troppo debole per essere credibile. In quel momento i loro occhi si incrociarono e, nel marrone di quelli di lei, intaccato da un rosso innaturale, Dan vi lesse la verità che la ragazza persisteva nel nascondergli: Blair aveva pianto.


«Blair, che è successo?».
Le spalle della ragazza cominciarono a sussultare, le mani smisero di tormentare il vestito, le guance impallidirono sempre più, perdendo l'usuale colorito roseo.
«Non... Non posso dirtelo... Non posso dirlo a-a nessuno», gli occhi erano spalancati e le pupille tradivano il timore che in quel momento la attanagliava, impedendole di liberarsi di quel peso che tentava di farla affondare in quell'oceano di vergogna dal quale non sarebbe più stata in grado di riemergere incolume.
«A me puoi dirlo, Blair. Sai che io non ti giudicherei mai», la mano di Dan si era posata su quella fredda della ragazza, tentando di fermare il tremore che si era impadronito di lei.
«N-no, non posso...».
Dan rimase immobile, di fronte a lei, le loro mani che ancora si stringevano.


In realtà non gli importava la gravità di qualsiasi cosa lei avesse fatto: le sarebbe stato accanto comunque, sino a quando lei ne avesse avuto bisogno; sarebbe stato per lei una spalla su cui piangere, una salda e perpetua figura su cui fare affidamento, un amico che l'avrebbe affiancata sempre e comunque.
Se il mondo voleva affondare Blair Waldorf, lui sarebbe stato lì, a tenderle la mano per sostenerla.
«Sono stata a letto con Chuck».


Quella semplice frase rimbombò nelle orecchie di Dan, lottando contro la sua razionalità che si rifiutava di prendere atto di quelle parole che laceravano furiosamente sentimenti creduti inesistenti.
Voleva dire qualcosa, voleva rassicurarla, dirle che non aveva fatto niente di male, ma i suoni gli si bloccarono in gola, incapaci di uscire.
Blair parve non accorgersi dell'effetto delle sue parole e proseguì, imperterrita, liberando la sua anima nelle mani di Dan che, ne era sicura, sarebbe stato in grado di portare quel peso con lei.
«Ho rovinato tutto. La mia fiaba è distrutta, divenuta fumo che mi sfugge tra le dita, bruciata dall'impeto di quella passione proibita. Io sono distrutta. E sai che cosa è peggio? Che non mi sento nemmeno in colpa! Perché, alla fine, è Chuck ciò che voglio, ciò di cui ho bisogno. Devo smettere di negarlo: mi faccio solo del male».
Dan sollevò finalmente lo sguardo, apparentemente incurante del dolore che quelle parole provocavano in lui: i suoi occhi erano fissi sul volto scombussolato di Blair, sulla leggera sbavatura di mascara provocata da lacrime ardenti che non era riuscita a ricacciare indietro, sulle labbra arrossate sotto un leggero strato di rossetto.
Dan serrò i pugni, le nocche sbiancarono sotto la forza delle sue dita: avrebbe dovuto essere felice per lei, avrebbe dovuto dirle che niente avrebbe potuto scalfirla ora che aveva raggiunto la consapevolezza che solo tra le braccia di Chuck, l'uomo che amava e che sempre avrebbe amato, sarebbe stata al sicuro; avrebbe dovuto dire tante cose Dan, ma, nel tepore di quella stanza immersa in quella rassicurante penombra, non ne trovò la forza: le parole di Blair avevano aperto in lui ferite invisibili, ferite che bruciavano il suo cuore restio a provare emozioni intense, ferite che difficilmente sarebbero state lenite.
Doveva smettere di ingannarsi, il tempo delle bugie era ormai finito: Dan Humphrey aveva capito di amare Blair Waldorf, ma ormai era già troppo tardi: il cuore di Blair sarebbe sempre appartenuto a Chuck Bass.


«Ma perché, Blair, se hai capito ciò che davvero vuoi, sei così... Sconvolta?».
In un attimo il marrone delle iridi di Blair fu sbiadito da lacrime salate che cominciarono a rigarle le guance ceree; la mano destra era posata sul petto, decisa a calmare i singhiozzi che lo scuotevano.
«Chuck... M-mi ha la-lasciata andare. Ha d-detto che non p-posso stare con lui... C-che d-devo andare pe-per la mia strada».
Dan ammutolì, sentendosi improvvisamente egoista e privo di sensibilità per non essere riuscito a trovare le parole giuste per consolarla; si alzò dalla poltrona e si spostò sul divano, al fianco di Blair, avvolgendola con un abbraccio in cui tentò di mettere tutte quelle parole che non aveva il coraggio di pronunciare ad alta voce.

 

***

 

Dan chiuse il frigorifero con uno scatto e aprì l'ennesima lattina di Coca Cola.
Alle sue spalle Blair si era finalmente addormentata sul divano e riposava beatamente sotto una coperta decorata in stile patchwork che, Dan ne era sicuro, se fosse stata sveglia avrebbe sicuramente distrutto in mille pezzi.
Gli occhi del ragazzo si posarono sul viso finalmente sereno di Blair, osservarono la cascata di onde esauste che le incorniciava il volto, il vestito ormai stropicciato che pendeva dal bordo del divano, le labbra leggermente socchiuse in un mormorio senza voce.
Una candela che arde con il doppio dello splendore brucia in metà tempo, pensò il ragazzo, citando quasi inconsapevolmente uno dei suoi film preferiti: Blair era fatta così, non si accontentava mai, tentava sempre di oltrepassare i limiti raggiunti; Blair era luce, era il sole che abbagliava con il suo splendore chi le stava intorno, sorridendo a quel mondo che celava sorprese impreviste, perché tutto era più bello quando Blair sorrideva.
Sì, lei era così concentrata nelle splendere più delle altre stelle che le bastava un nonnulla per sentirsi sconfitta.
Ma Dan sapeva che si sbagliava: Blair Waldorf non sarebbe caduta, lui non l'avrebbe lasciata cadere. Mai.


Blair continuava a dormire, indisturbata, immersa in dolci sogni che le incurvavano le labbra in un inequivocabile sorriso.
Dan si alzò e raggiunse la finestra, osservando la notte che silenziosa vegliava su di loro: pensò a Blair, ai suoi occhi, alla sua voce sarcastica che lo apostrofava continuamente, alla sua straordinaria capacità di amare, al suo essere forte ma anche incredibilmente fragile, al calore delle sue labbra quell'unica volta che l'aveva baciata.
Dan sospirò e chiuse le tende impolverate con uno strattone, domandandosi come Chuck avesse potuto lasciarla andare.


Se Dan avesse atteso un solo istante prima di tirare la tenda e se avesse guardato fuori con più attenzione, forse avrebbe intravisto quella figura celata dietro un albero, una figura che portava una cravatta viola fiaccamente legata attorno al collo e che indossava costose scarpe di cuoio italiane; una figura con lo sguardo puntato su quella finestra contornata da mattoni rossi rovinati dal tempo e che si stava ponendo esattamente la stessa domanda.

 

 

 

 

Angolo dell'Autrice
Questa è la mia prima (e speriamo non l'ultima) One-Shot su questo fandom.
La storia è in attesa dei risultati ad un contest indetto sul forum, ma, nel frattempo, i partecipanti hanno avuto dal giudice il permesso di pubblicarla: il contest (che potete trovare seguendo questo link: Welcome to the fandom) consisteva nello scrivere una storia su di un fandom non conosciuto dal giudice; come potete ben vedere, io ho scelto Gossip Girl. In aggiunta a ciò, era obbligatorio inserire nelle storia tre prompts scelti a caso: i prompts che mi sono capitati sono: Una candela che arde col doppio dello splendore brucia in metà tempo (frase tratta dal film Blade Runner), Ferite e Segreto inconfessabile. Quando avrò il giudizio lo allegherò alla storia.
Un'altra piccola notizia è di dovere: Don't let me fall è il titolo di una canzone dei B.o.B.
Mi sembra di avere scritto anche troppo, quindi evaporo.
Spero che la One-Shot sia di vostro gradimento e, se vi va, lasciatemi un piccolo commento, anche per indicarmi qualche imprecisione.
M.


Vi annuncio che questa One-Shot è riuscita a classificarsi al testo posto e a vincere anche il Premio Fandom (cioè è stata la storia che ha maggiormente invogliato la giudiciA ad avvicinarsi al fandom descritto)!! Sono molto soddisfatta!
Senza ulteriori indugi, vi lascio al giudizio di adamantina!


TERZA CLASSIFICATA
Don’t let me fall
Di May_Z


Grammatica: 15/15 punti
Lessico e stile: 13/15 punti
Caratterizzazione: 9/10 punti
Uso dei prompt: 15/15  punti
Originalità: 14/15 punti
Facilità di comprensione per chi non conosce il fandom: 10/10 punti
Livello delle note dell’autore: 9/9 punti
Gradimento personale: 10/10 punti
Fandom speciali: 1/1 punto
____ Per un totale di 96/100 punti.____


La grammatica è ottima, non ho trovato nessun errore.
Lo stile è buono, ma ho trovato alcuni periodi molto lunghi e difficili da seguire. Non ci sono errori di punteggiatura, ma se avessi spezzato in due frasi come quella che inizia con “Improvvisamente Dan […]”il risultato sarebbe stato meno pesante.
Inoltre, c’è un errore di battitura (tradi invece che tardi) e nel primo paragrafo la parola “quello” è ripetuta quattro volte.
La caratterizzazione di Dan è ottima, forse avresti potuto approfondire un po’ di più quella di Blair. Anche Chuck, che compare solo alla fine, è ben presentato.
I prompt sono utilizzati alla perfezione, soprattutto la citazione, inserita nel momento giusto.
La storia è abbastanza originale, anche se l’idea dell’amico che consola la ragazza di cui è innamorato non è nuova.
Il fandom è presentato in modo breve, conciso e perfettamente comprensibile nelle note e nella storia.
In generale, mi è piaciuta molto, mi ha incuriosita e spinta ad avvicinarmi al fandom.
Obiettivo raggiunto! Brava.




 

  
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