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Autore: La Mutaforma    11/11/2011    7 recensioni
Non ricresceranno. Anche se avesse voluto aspettare altri diciotto anni per farli ritornare come erano prima, o quanto meno farli arrivare ad una lunghezza più indicata per una ragazza, non sarebbe stato possibile.
Il vuoto che prova Rapunzel, nel vedere i suoi nuovi capelli.
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Il ricordo e la consapevolezza giunsero in breve, trovando la strada per il suo cuore. E non fu né per lo specchio, né per il vuoto che aleggiava alle sue spalle, per continuare più in basso, ed estendersi per metri e metri. Era piuttosto, avrebbe detto lei, quella strana sensazione di leggerezza che non aveva mai provato prima d’ora, quel senso di libertà che si spandeva come brezza fresca dietro la sua nuca.

Il vuoto, la leggerezza. La testa improvvisamente troppo leggera, così tanto che un giorno l’avrebbe persa di sicuro. Prima era ben inchiodata sul collo, e i suoi legacci continuavano per metri e metri, trattenendo a terra i suoi pensieri.

 

Rapunzel fissò il proprio riflesso nello specchio limpido, freddo, crudele nella sua perfezione, nemmeno un granello di polvere si sarebbe appoggiato sulla una superficie talmente liscia e perfetta. Quell’immagine sembrava quasi viva quanto lei, e temette per un attimo che il suo riflesso avrebbe spiccato un salto dallo specchio, per fuggire via, e tornare alla torre nel bosco.

La sua casa. La sua prigione. 

Per  andare a riprendere i suoi capelli. Già, i suoi lunghissimi capelli, la sua ricchezza, il suo potere. Il suo vanto. Tanto importanti quanto fragili. Era bastato un frammento di specchio vecchio opaco, gentile -non come quel crudele specchio da principessa- per tranciare via tutto con violenza, e con gran dolore.

Necessità.

Si era salvata la vita, si era liberata dalla prigionia della sua aguzzina. E adesso era una persona libera.

 

Non ricresceranno.

Anche se avesse voluto aspettare altri diciotto anni per farli ritornare come erano prima, o quanto meno farli arrivare ad una lunghezza più indicata per una ragazza, non sarebbe stato possibile. Senza il potere del magico fiore che animava le sue lunghe chiome, i capelli non sarebbero più ricresciuti, come quella piccola ciocca che Gothel le aveva tagliato da piccola.

Sarebbero rimasti così per sempre. Per questo aveva temuto tanto a lungo il mondo oltre la sua torre, per timore che qualcuno -come le raccontava Gothel con toni enfatici falsati- potesse prenderglieli, tagliarglieli o che altro.

Ora sarebbero rimasti corti per sempre. E niente adesso avrebbe potuto cambiare le cose. Forse era l’unica cosa che sarebbe rimasto uguale della sua vita, e del suo riflesso.

 

Eugene entrò nella stanza, battendo piano le nocche sulla porta. Doveva darsi un tono, si stava preparando per diventare un principe, dopo una vita intera di furti e di fughe. Il più grande ladro del regno sarebbe poi salito al trono come re.

Buffo, pensavano entrambi. Almeno avrebbe potuto camminare per le strade senza doversi più nascondere dai soldati. Forse non si sarebbe più nascosto nessuno di loro due.

Le scavò in un attimo in quegli occhi verdi come foglie, eppure afferrò nelle iridi da bambina quello sguardo smarrito, triste, intollerabile per Eugene.

“Mi piacciono i capelli corti” disse, con un tono debole, dolce, mentre le accarezzava lentamente una spalla.

Rapunzel sorrise, con disperazione, prima di scoppiare in lacrime. Sia per commozione, che per tristezza, si nascose tra le braccio di Eugene e continuò a singhiozzare.

Forse avrebbero ancora continuato a nascondersi, perché l’uno era il rifugio dell’altra. A quel punto, la fuga avrebbe un senso. La reclusione nello spazio che passa tra un braccio e l’altro, il diametro di un abbraccio, è uno spazio infinito in un mondo che non lo è.

Eugene la sentì piangere, senza parlare. Non ce n’era alcun bisogno, dopotutto. Bastavano le sue carezze. Bastava la sua presenza.

 

Perché non sarebbero più ricresciuti. Né ora, né mai. Eppure davanti allo specchio si sarebbe ancora illusa di vederli più lunghi sul collo, di pochi millimetri, o di un centimetro intero. E con l’allegra euforia che la caratterizzava da sempre l’avrebbe comunicato a Eugene, che avrebbe sorriso con dolcezza e le avrebbe scompigliato i suoi bei capelli castani.

Perché non sarebbero più ricresciuti, pur non avendo mai smesso di sognarli, lunghi e fluenti, lungo tutto il corpo, per formare una lunga scia che spazzava il suo passaggio.

Perché nemmeno l’amore di Eugene avrebbe potuto colmare lo spazio vuoto che lasciano venti metri di capelli e diciotto anni di abitudine. Lo spazio che andava dalla nuca fino alla punta estrema del suo strascico dorato che sarebbe rimasto per sempre, nell’altro lato dello specchio.

   
 
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