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Autore: crystalemi    11/11/2011    5 recensioni
Se c'è una cosa che Carmen non sopporta dei suoi migliori amici è il loro classico, orrido, deficiente e ovviamente impellente bisogno di litigare per qualsiasi cavolata. Quindi, oggi ha deciso che ne ha abbastanza e che Marco e Loris possono anche andare a quel paese.
Rating Giallo per linguaggio.
[Scritta per il Gotta Ship 'em All di Il_Genio_del_Male e The Burnt Orchid]
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note: Questa storia partecipa al «Gotta Ship 'em All», challenge indetta su facebook da Il_Genio_del_Male e The Burnt Orchid.
Prompt: lettera.
Contoparole: 2732.



Best Friends



Se c’era una cosa che Carmen non sopportava dei suoi migliori amici era il loro classico, orrido, deficiente e ovviamente impellente bisogno di litigare per qualsiasi cazzata. Litigio che ovviamente portava a una scarica di pugni, calci, morsi e unghiate che non perdonava e lasciava segnacci ovunque sul loro corpo.
Non che le dispiacesse vederli azzuffarsi, erano incredibilmente sexy in quei momenti, ma odiava il pensiero di dover medicare le ferite, non solo fisiche purtroppo. Quelle morali erano le più insopportabili da sorbire.
«Tu non capisci Carmen! Lo fa apposta!» sbottò Marco spostando la sacca del ghiaccio da un occhio allo zigomo sotto l’altro. Carmen annuì, conscia che la tirata sul lasciare degli snack in frigo sarebbe continuata ancora a lungo.
«Perché? Non lo capisco, davvero! Mi regala i cioccolatini e poi pretende di metterli nella credenza. Si sciolgono!» continuò effettivamente l’amico della povera ragazza. Avesse saputo a sei anni – al primo incontro con Marco - che sarebbe diventato un finocchio così scassa palle, a lui avrebbe sicuramente preferito le moccio sette vestite da bamboline. Altro che giochi da maschi, anni di disgusto totale davanti alla sporcizia dell’amico, un intero decennio passato a smentire le voci su una loro vita sessuale e perfino una possibile gravidanza al liceo. Poi, da quando era piombato nelle loro vite Loris il tutto si era complicato.
“Carmen, coprimi coi miei”, “Carmen, sono gay”, “Carmen, mi piace da morire”, “Carmen, dici che gli piaccio?”, “Carmen, oddio stiamo assieme!”, “Carmen, l’abbiamo fatto.”, “Carmen aiutami con il regalo”... ne aveva decisamente le palle piene di tutto quel “Carmen, Carmen, Carmen”! Che poi, l’unica ricompensa che riceveva era doversi sorbire le tirate dell’amico quando qualcosa non andava e subito dopo dover anche subire quelle di Loris, che ovviamente era certo di aver ragione.
«Cazzo, Marco, sai cosa?! Sono stufa di te e di Loris! Cercatevi un cazzo di psicologo o mollatevi. Crepate, per quel che mi riguarda!» ringhiò, schiaffando piuttosto crudelmente un cerotto su una ferita.
Uscì subito dopo in fretta e furia, con grandi svolazzi della gonna che indossava quel giorno, senza girarsi indietro per non vedere l’espressione urtata di Marco, e senza nemmeno degnare di un’occhiata Loris, seduto nel suo soggiorno a masticare lentamente qualcosa, visto che si era preso un bel pugno alla mandibola.
Un po’ infastidita costatò che nessuno dei due aveva alzato il culo per fermarla mentre usciva di casa. Beh, non era lei a necessitare di cure infermieristiche, che s’attaccassero al cazzo – anzi, no, al tram! Il cazzo gli sarebbe pure piaciuto.

Marco si buttò a peso morto sul letto, urtando nel processo una gamba di Loris, che in risposta soffiò come un gatto irritato. Il loro appartamento non era molto grande, ma potevano vantare due ambienti separati per camera da letto e salotto, con un microscopico angolo per fornelli e lavatrice, oltre al bagno decisamente spazioso. D’altronde la doccia la facevano costantemente in due – e di costituzione non erano esattamente esili.
«L’ho chiamata, le ho mandato due sms scusandomi, le ho scritto per facebook. Non mi caga! Mi butta giù le chiamate e non mi risponde, nemmeno se è in linea!» grugnì Marco in cerca di conforto dal compagno, ben consapevole che non l’avrebbe ottenuto, ma “la speranza è sempre l’ultima a morire” era il suo motto. Filosofia di vita. Quello che era.
«Con quel “Crepate” penso sottintendesse “non rompetemi i coglioni per un po’!”. Un bel po’, secondo me.» gli rispose Loris, forse mosso a compassione, dal tono dimesso, forse solo preso bene in quel momento. Con Loris non c’era mai da star sicuri, era impossibile da capire quel ragazzo. Una vera frustrazione e Marco se lo chiedeva tutte le sante mattine cosa ci trovasse di bello in lui. Di certo, bello non era: un po’ basso, la pelle bruciata dal sole, le gambe leggermente storte e i capelli di un rosso-carota improponibile. Senza contare le stupide lentiggini che si portava in giro: le aveva persino sulle chiappe! Le uniche cose che apprezzava senza riserve nell’altro erano i bellissimi occhi completamente neri, quasi sprovvisti di iride, i muscoli naturali che gli venivano dai mille lavori che aveva fatto (dal muratore al bagnino) e le spalle larghe, eredità di famiglia.
Caratterialmente non c’era molto che potesse averlo fatto innamorare, visto che era uno stronzo, insopportabile, violento, cocciuto pezzo di idiota. Uno di quelli che sono una figata per uscirci assieme a fare casini, ma che non ti porti a letto, con cui proprio non vai a vivere assieme.
«Fa qualcosa che le piace. Magari ti perdona se vede che t’impegni.» gli suggerì Loris, distogliendolo dalla sessione d’insulti.
«Le regalo dei cioccolatini?» gli chiese, sperando che la vena di simpatia non fosse già sparita. Loris al contrario lo abbracciò – anche se non l’avrebbe mai definito abbraccio: era più un poggiargli un braccio mollemente sul fianco. A Marco c’erano voluti secoli per capire che quello era l’estensione massima d’abbraccio che Loris arrivava a formulare.
Quell’orso non poteva che essere gay. Una ragazza alla scoperta l’avrebbe mollato su due piedi, senza pensarci due volte. Marco invece non si dispiaceva troppo della cosa, visto che non aveva mai amato il contatto umano.
«Se vuoi morire, procedi.» gli rispose con un grosso sbadiglio Loris. Inutile orso.
«E cosa dovrei fare, scusa?» gli chiese quindi, decisamente irritato. Loris sbuffò, si alzò, cercò qualcosa sulla piccola scrivania che avrebbe dovuto utilizzare lui per studiare e su cui giaceva il loro vecchio portatile mezzo scassato.
Loris tornò sul letto con un quaderno e una penna rossa, porgendoglieli piuttosto irritato.
«Toh, scrivile una lettera.»
Marco fissò poco convinto la penna e il foglio a righe aperti davanti a lui e sbuffò. Forse Loris non aveva troppi torti, in fondo a Carmen piaceva sia leggere che scrivere. Magari avrebbe funzionato davvero, per quanto idiota sembrasse.
«Oh, insomma, è una donna, non potrà non piacerle!» si disse, per convincersi. Loris gli lanciò un’occhiata penetrante con quei due pozzi neri magnetici, probabilmente questionando la sua sanità mentale, ma non se ne curò, scivolandogli addosso per poter usare la sua schiena come appoggio per scrivere.

Carmen rientrò piuttosto tardi anche quel giorno. Alla fine aveva affogato la rabbia nello shopping selvaggio che, nonostante i tentativi di Marco di contattarla, si era rivelato un’ottima cura. Era perfino tornata di buon umore dopo una bella lotta con una massa di donne arrapate per una bellissima gonna che si era aggiudicata e che le faceva dei fianchi capaci di uccidere a vista. O di far rizzare molte bandiere, visto che era ancora sprovvista di uomo dopo venti lunghi anni di vita. Colpa di Marco e Loris che li spaventavano, dannazione, due fratelli maggiori piuttosto protettivi e possessivi e sempre acciaccati dalle botte che si davano. A chi non avrebbero fatto paura?
Poggiò le buste coi nuovi acquisti sul divano e accese la luce nella stanza. Chiudendo la porta si rese conto che il pezzo di carta che aveva schivato entrando non era un mezzo esercizio di Marco, lasciato a casa sua per sbaglio oppure dimenticato lì per la frenesia di tornare a casa a farsi scopare da Loris. I due maiali: litigavano, si pestavano, andavano a farsi sistemare da lei e poi correvano a casa a fare sesso per fare la pace. Uomini, valli a capire.
Raccolse la busta, metà dell’ottimo umore sfumato al pensiero del litigio e un piccolo accenno di senso di colpa per come aveva ignorato i tentativi di Marco di fare la pace che andava a insinuarsi nel suo stomaco.
Si buttò poco elegantemente sul divano, sedendosi stancamente e sprofondando fra i cuscini morbidi. Si stese comodamente e tirò sulle gambe infreddolite il caldo comforter che Marco o Loris avevano trascinato dalla sua camera da letto quella mattina prima di litigare.
Rigirò la busta fra le mani: non un indizio di chi gliela mandasse. Forse era un ammiratore segreto? Qualche ragazzo vecchio stile bruttino che voleva farla innamorare prima di vedersi per paura che lei lo giudicasse dall’aspetto? O forse erano minacce di morte? Pensò di telefonare ai suoi per sapere se stavano bene prima di leggere e spaventarsi per uno stupido scherzo... e se fosse stato uno scherzo? Qualcuno che ce l’aveva con lei e invece che scriverle minacce le scriveva una lunga lettera dolce e romantica per illuderla e poi spezzarle il cuore...
Posò la lettera e si avviluppò nel comforter ulteriormente, indecisa se aprirla e rimanere ferita dal crollo dei suoi castelli in aria o se cedere semplicemente a quella vocina dentro di lei che la pregava di scoprire cosa ci fosse scritto dentro. Dopo una ventina di secondi persi a cercare dei pro e dei contro vinse la curiosità che l’animò facendole aprire la busta bruscamente. Tirò fuori un foglio che portava chiaramente la calligrafia di Marco – cosa che effettivamente le distrusse i mille castelli e che al contempo le fece crescere la curiosità: era un evento più unico che raro vedere quella testa di cazzo perdere tempo in qualcosa come una lettera!

Ciao Carmen,
come va volevo scusarmi.
Effettivamente l’ho già fatto un po’ di volte, tipo la chiamata persa che hai sul telefono, o i quattro sms oppure se noti il link da frocetto sulla bacheca di facebook con quell’immagine. Presente? No? Stronza. E’ inutile che t’incazzi ora, lo sai che ci ho provato a scusarmi! Perché hai fatto così la stronza oggi? Cos’ho detto? Mi pare nulla di nuovo. Sempre il solito lamentarmi di Loris, lo sai anche tu che è pesante quando ci si mette. E io con chi ne parlo se non con te?
Puoi continuare a fare la stronza e bruciare anche questa lettera se vuoi, non mi offendo. No, anzi, cazzo, sì che mi offendo! Ci conosciamo da quando eravamo due neonati screanzati, le prime porcate le ho fatte con te, l’unica persona oltre a Loris – per ovvi motivi – che sa che sono gay sei tu. Questo non basta per potermi offendere? Mi sta seriamente rodendo il fegato, mi si frigge la milza e ho l’intestino con un nodo ogni 5 cm per come ti sei comportata oggi. Lo so che magari è irritante doverci ricomporre e che i motivi per cui ci pestiamo sono spesso idioti, ma ehy, cosa pretendi? Che mi metta una gonna, mi faccia crescere un paio di tette e diventi una checca isterica falsamente educata che però ti dice solo “tata che gambe che c’hai” e “bellissima mia che smalto fashion!”?
Se non posso essere me stesso con te con chi cazzo posso esserlo? Loris fa schifo nelle relazioni umane, lo sai tu, lo so meglio io, gli altri in me vedono solo una specie di stronzo che senza aprire libro prende voti alti, i miei vedono solo un cazzo di medico con un attico a New York. Solo tu vedi che sono un povero pirla che ha un fottuto bisogno di un abbraccio di tanto in tanto e che è talmente impedito da non sapere come chiederlo.
Quindi scusa se ti ammoscio il cazzo, ma pensavo che fosse una cosa normale fra di noi, che a te stesse bene.
Se non sei felice per come ti tratto dimmelo in faccia, evita di dartela a gambe come oggi. Magari sul colpo ci crepo davvero, però non vivo con l’angoscia. Ci credi che sono ore che rotolo nel letto chiedendomi cosa posso fare per riaverti indietro e che perfino farmi scopare da Loris non è riuscito a distrarmi? Mi sento un fottuto idiota.
Il fatto che è stata la prima volta che ti sei scazzata poi non fa altro che peggiorare la cosa. Ma scusa, dopo quindici anni ti rendi conto che non mi sopporti? Non è tanto sensato, lasciatelo dire, Carmen.
Comunque, leggi bene perché non te lo dirò mai più: ti voglio bene, troppo bene per pensare di perderti, tanto bene che sto vomitando un fiume insensato di parole che credo non abbiano nemmeno un filo logico, accozzate così come sono. E già che ci sono, giusto perché è un mese che mi sento una merda, Monteverdi ti sta morendo dietro e mi ha chiesto di metterci una buona parola, solo che non voglio che tu ti metta con uno dimenticandoti che esisto. Però vedi? Te lo sto dicendo lo stesso ora,perché a te ci tengo e voglio vederti felice – anche se credo che lui non faccia davvero per te. Come tutti gli altri che volevano solo infilartelo dentro per aggiungerti alle gnocche che s’erano fatti e scusa ma tu meriti di essere amata alla tua prima volta. O almeno così la penso io.
Comunque, so di aver peggiorato la situazione con questo rigurgito insensato, ma mi stavo scusando per stamattina e per... boh... averti data per scontato? Non ci pensavo, lo sai che non penso mai.
Bacione ♥
Marco


Carmen restò gelata sul divano dall’onestà dell’amico. L’avesse visto una volta sola essere così onesto con qualcuno! Da una parte era incazzata nera per tutte le interferenze che quel folle faceva nella sua vita, dall’altra era davvero toccata dai sentimenti e dalla fiducia di Marco. Vinsero i sentimenti positivi, mentre ancora guardava intontita la minuta calligrafia di Marco, assicurandosi che fosse davvero sua e non una copia ben riuscita.
Era comunque piuttosto sicura di non aver mai fatto arrabbiare qualcuno in grado di copiare la grafia assurda di Marco, con tutte le parole scritte nello stesso modo, con le stesse variazioni che conosceva fin da piccola. Il rosso un po’ la infastidiva, ma probabilmente quella scimmia disordinata non aveva idea che il suo astuccio fosse nel bagno di casa dell’amica. Sospirò e girò il foglio, in caso Marco fosse stato in vena di confidenze segrete e le avesse scritte sul retro nella speranza che lei non cercasse. Qualcosa effettivamente c’era scritto, benché la grafia piuttosto disordinata e poco comprensibile non fosse la sua.

Grazie per quello che fai per lui, anche solo per esserci quando io non posso o lui non mi vuole. – Loris

Espirò con forza, un po’ triste al pensiero di quello che quei due non riuscivano ad essere liberi di essere, un po’ perché con dei caratteri orribili – figurarsi: già una coppia etero ha problemi di comunicazione, è solo da immaginare il caos che esiste fra una coppia gay! – e si allungò per prendere il cellulare. Digitò il numero di Marco a memoria, ché a cercarlo nella rubrica avrebbe impiegato troppo tempo, e attese che lui rispondesse contando gli squilli.
«Ciao.» il bisbiglio dall’altra parte la rese consapevole dell’orario indecente in cui chiamava, ma dalla voce Marco doveva essere rimasto sveglio.
«Disturbo?» chiese stupidamente, ma sentì un lieve risata calda e al contempo nervosa dall’altro capo del telefono.
«No, Loris dormiva, domani lavora in cantiere, perciò sono uscito sul terrazzo. Io invece non riuscivo a dormire. » Marco ora parlava un po’ più forte, ma quando Carmen parlò aveva portato la voce al suo stesso tono.
«Mi dispiace per oggi, non volevo litigare e sono andata a sbollire la rabbia.» gli disse, sperando che non chiedesse dei suoi tentativi per contattarla. Non avrebbe saputo che scusa inventarsi se non la verità, ossia che in quel momento aveva fatto finta che lui non esistesse.
«Ammettilo, è la PMS.»
La cosa bella di Marco, si ricordò Carmen, era questo suo essere a proprio agio perfino con cose come le mestruazioni, tanto da averla più spesso accompagnata dal ginecologo, oppure per la sua assurda abitudine di tenere un suo assorbente nello zaino; “giusto in caso”, diceva lui, e Carmen non poteva fare altro che sentirsi in qualche modo amata.
«Probabile. Per Monteverdi non ti preoccupare, non mi piace proprio.» gli disse, per fargli intendere con assoluta certezza che la lettera l’aveva letta, senza però parlarne apertamente per non metterlo in imbarazzo.
«Mi fa piacere. Ora però vado a letto, ci vediamo domani.» dall’altro capo si udì un chiaro sbadiglio. D'altronde erano le tre di notte e probabilmente Marco aveva passato fino a mezzanotte a fare sesso e poi aveva fatto forza sulla sua ansia per restare in piedi e aspettare, magari in vano. A Carmen si riempì il cuore di gioia.
«Ci vediamo a lezione allora.» mormorò, senza voler davvero attaccare. Marco borbottò qualcosa molto simile a “se mi alzo” e poi si udì un «Buonanotte!» più chiaro.
Dopodiché il caratteristico tuu-tuu le fece compagnia per una decina di secondi di vuoto mentale. Troppo pigra per andare in camera da letto si addormentò in salotto, decisamente felice e mossa.




Note Finali: in questa cosa strana ho tentato di dare un nuovo punto di vista su una coppia gay. Nel senso, io non ci credo che due ragazzi sono sempre in grado di parlare alla grande quando nelle coppie etero ci sono problemi di comunicazione enormi dati spesso e volentieri dalla poca loquacità o dall'orgoglio del ragazzo. Se poi tutti i miei conoscenti gay non riescono a far durare una relazione per più di due mesi un motivo deve esserci. Per cui basta coppia sempre felice e in grado di parlarsi, ecco a cosa servono gli amici =)
Per il resto, era una shot senza pretese, per staccare da altro e partecipare alla challenge su facebook ♥
Per finire, se siete arrivati a leggere le note, vi prego di lasciare un commento. Seriamente, non pretendo il mondo, ma è una presa per il culo nei confronti sia miei che vostri arrivare a leggere che è una presa per il culo e non lasciare un insulto in risposta =P
   
 
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