Angolino della logorroica
Ciao a tutte, benvenute in questa storia!
Per la verità è molto probabile che alcune di voi l’
abbiano già vista, seguita o commentata.
Beh, non mi piaceva più.
O almeno non mi convinceva a sufficienza.
Dopo un lungo periodo di pausa, oggi sono capitata a
ridarle un’ occhiata, e ho scovato troppi elementi che stonavano.
Per esempio, mi sono accorta di aver descritto, forse
presa dall’ entusiasmo, Draco come un super uomo, per
lo meno nel primo capitolo, che ho trovato piuttosto bambinesco come stile.
Quindi, ecco a voi la nuova versione! I capitoli saranno
supervisionati e riadattati, alcuni più alcuni meno, e cercherò di rendere la
lettura più piacevole.
Se ci riesco, spetta a voi dirmelo ;).
Ringrazio i vecchi lettori, e mi scuso ( facendomi
piccola piccola) per averli lasciati con un palmo di
naso).
Questa nuova versione la continuerò, prometto, e spero
che la seguirete con il calore che mi avete dimostrato in precedenza.
Siete stati fantastici, davvero.
Per in nuovi, invece…
siamo nel settimo anno di Hogwarts,
e Voldemort è stato ucciso alla fine del sesto anno,
nella famosa battaglia che avrebbe dovuto vedere la morte di Silente.
Invece, il nostro amato preside è vivo e vegeto ( so che
così facendo si può cadere nel clichè, ma lo amo
troppo per lasciare che ci abbandoni, come il mio ADORATO Piton,
del resto).
Ma la strada è ancora in
salita, e nulla è detto.
Dopo un incontro-scontro
insolito e inaspettato ( quanto
mai funesto), Draco ed Hermione
si avvicineranno.
Alla ricerca di un oggetto comune, da cui dipende il
destino di lei.
Tra sentimenti contrastanti, rancori e passioni, si
svilupperà una trama complessa e ricca di colpi di scena.
Dopotutto, in mezzo all’ amore ci va infilata anche un
po’ di azione e mistero, che ne dite?
Ovviamente la fic ruota intorno
alla coppia D/H, ma cercherò con tutta me stessa di dare spazio e consistenza a
tutti gli altri personaggi.
Odio le storie dove c’ è posto solo per la coppia
principale, che senza il contesto e gli altri protagonisti non sarebbe
assolutamente niente.
Detto questo vi lascio alla lettura, sperando che
gradirete.
Per favore, lasciate un commentino o un segno del vostro
passaggio, se vi va.
Mi aiuterebbe molto sapere il vostro parere, e accetto a
braccia aperte consigli e critiche per migliorare.
Dopotutto non sono affatto un’ esperta del fandom, ed è particolarmente difficile scrivere una Dramione.
Se cogliete incongruenze, incoerenze, sprecisioni,
lati del carattere dei personaggi che trovate
OOC … beh, io ascolto tutto, il vostro parere per me è fondamentale.
Un bacio a tutte,
Winter
soul.
Capitolo I
È dalle foglie secche,le bottiglie di Whiskey e le tazze di the che emergono
i tetri pensieri
Settembre
era ormai trascorso, e si era portato via l’ aria frizzante, i ricci verdi
delle castagne ed il colore giallognolo delle foglie.
Il vento si era fatto ben più impetuoso, ed il
terreno spoglio era abbellito da quel manto bronzeo, tipico della stagione:
l’ autunno
stava facendosi da parte, cedendo il
posto all’ inverno.
L’ inverno
così freddo, come il sorriso del ragazzo che, poggiato al tronco di una quercia
–millenaria probabilmente - , ammirava il disfacimento della natura.
Era gelato
quel suo sorriso, pietrificato da anni, troppi anni.
Come i rami
agonizzanti intorno a lui.
Ma il
paesaggio circostante, quello sì, sarebbe risorto dalle ceneri, a primavera.
Lui no.
Il sole avrebbe baciato e scaldato quelle fronde
possenti.
“ Il Sole
bacia i belli. Allora perché non mi bacia mai ultimamente?”.
Sarcasmo, duro e sferzante.
Aspirò
profondamente dalla sua sigaretta sottile di pergamena.
Tra i suoi
compagni andavano molto in voga i filtri alla menta, ma lui li detestava.
Erano
banali, scontati. Quasi Volgari,
nella loro prevedibilità.
Il
cioccolato, le essenze floreali, la vaniglia … gli aromi che ci si aspettavano
da un diciassettenne medio erano questi.
Ma lui non
era un “medio”, lui era un animo nobile.
O almeno
così gli era stato detto, con queste parole era stato cresciuto.
Infatti, lui
fumava sigarette all’ anice.
Lui era uno spirito affine solo a se
stesso, e altrimenti non poteva essere.
-
Draco, ma che fai là fuori senza mantello?! Ti prenderai un accidente!-.
Il ragazzo
abbandonò le sue elucubrazioni – o meglio autoelogi - mentali, e si voltò verso
la voce squillante che lo aveva appena chiamato.
Inarcò il
sopracciglio con un moto di disappunto e, passandosi una mano sul ciuffo biondo
che gli ricadeva sulla fronte, si decise infine a dirigere lo sguardo verso l’
interlocutrice.
Quello sguardo
così vuoto in apparenza, che dopo averlo sondato diventava qualcosa di più.
Così triste.
Forse gli autoelogi erano una saggia scelta personale per sopravvivere.
Uno sguardo
imperscrutabile, di sfumature tempestose.
Che, come ci
teneva a ricordare costantemente il proprietario, aveva fatto sospirare più di
una ragazza.
Superbia, motivata o meno che fosse.
-
Grazie
della premura, Pansy, ma un Malfoy
non necessita di una balia-.
E, rivoltole
un sorriso di sbieco ( che aveva molto dello strafottente, e poco del bonario);
le voltò le spalle e si diresse verso il castello, che si stagliava nitido e
scuro, contro il cielo che prometteva pioggia.
La
malcapitata, rimasta con un palmo di naso davanti alle acque tumultuose del
lago, si limitò ad emettere un rassegnato sospirone.
“ Che
ragazzo impossibile…”.
E suggelò il suo pensiero, estraendo dal portasigarette in
argento una sottile striscia di pergamena. La portò alle labbra, per inebriarsi
del sapore aspro e irresistibile del fumo.
Aspro e
irresistibile, come il ragazzo che l’ aveva, poco prima, investita con le sue
fredde iridi color del ghiaccio, e con l’ eleganza che trasudava dalla sua
figura.
Lui era arrogante, vanesio,
supponente.
Espirò il
fumo sbuffando, quasi con violenza, nel vano tentativo di cacciare via anche i
pensieri, insieme alla nuvoletta grigia.
Nemmeno a
dirlo, la sua era una sigaretta alla menta.
Frizzante e
pungente come lei.
Ma era una
preferenza di molti.
“ Invece
solo uno ha scelto l’ anice. Si distingue anche come tabagista, il bastardo”.
Altro tiro,
altro sbuffo, altro alito di vento che le spettinava il ciuffo corvino
appuntato sulla fronte.
E un sorriso
le increspò le labbra, in risposta a quel vento impertinente.
Lui era un disonesto.
Lui era bello per lei, di quella
bellezza fredda e distante.
Lui era impossibile, un rompicapo che
toglieva il sonno e la pace.
Lui era un demonio inconsapevole, che
sfoggiava con sicurezza un viso da cherubino.
Lui era sfuggente, evanescente, lui
era nebbia che prendeva forma.
Lui era un cuore indurito, ma che
batteva ancora.
Avrebbe mai
battuto per lei?
No, probabilmente
no, ma l’ amore spesso è un sentimento a
senso unico.
Pazienza, per
lei valeva la pena morire dietro ad uno come lui.
Per lei ne
sarebbe sempre valsa la pena.
Semplicemente, lui era Draco Malfoy.
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-
Ok,
che ne dici di questo? -.
Hermione ,alla vista del vestito ( se così
poteva essere chiamata quella striscia di stoffa nera) monospalla
e pericolosamente – indecentemente- corto, almeno per i suoi standard, scosse il capo con forza.
-
Stai
scherzando, spero! Con questo sembrerei una poco di buono, non ho nemmeno idea
di cosa ci faccia nel mio armadio! -.
La faccia della rossa si rabbuiò all’ istante, e le iridi
scure emanarono un bagliore minaccioso.
-
Hermione, non ricordi? -, proferì con voce innaturalmente vellutata e
con un sorriso tirato ed inquietante sulle labbra, - il vestito da poco di buono te l’ ho regalato io, due
Natali fa-.
Hermione avvampò visibilmente, per poi
balbettare qualche tentativo di scusa.
Inutile a dirlo, l’ arrampicata sugli specchi si rivelò
disastrosa.
-
No
vabbè, io non volevo assolutamente dire … una cosa del genere… è molto carino,
di buon gusto, solo che.. ecco, l’ occasione … non lo richiede… informale
insomma, festa informale… -
-
Informale
un tubo, Hermione! Stiamo spulciando quest’ armadio
da un’ ora e trentacinque minuti, senza risultati. Hai chiesto il mio aiuto.
Sai come si dice, no? Hai voluto la scopa, bene, ora vola!-.
La riccia, accigliata, borbottò qualcosa su quanto odiasse,
per l’ appunto, volare, riuscendo così a strappare un sorriso all’ amica.
Ginevra Weasley si sedette accanto
ad Hermione, che si teneva la testa fra le mani, in
un chiaro segno di sconforto.
-
Hermione, cara, mi vuoi dire qual è il problema? –
-
Ginny non lo so, non so nemmeno perché
sto facendo tutto questo sforzo, Ron nemmeno se ne accorgerà. A che serve,
stasera, farmi bella per lui? Sembro solo ancora più patetica. E stupida. Lo sai com’ è fatto, no? Si ubriacherà, farà
il cretino insieme ad Harry e non mi noterà nemmeno. Io, io non so più.. ah,
dannazione!-.
E, in una mossa di sconforto, che aveva molto poco a che
vedere col forte temperamento della Gryffindor, si lasciò andare sul letto, gli
occhi che pizzicavano ed il suo ego che supplicava per qualche gratificazione.
-
Tesoro,
non essere sciocca. Solo perché mio fratello dorme in piedi, e il suo primo
pensiero è ingozzarsi come un maiale, non devi perdere così la fiducia in te
stessa-.
-
Sai,
Ginny, certe volte penso proprio che non ne verremo
mai a capo. Resteremo sempre Hermione e Ron, gli “eterni
amici indecisi”. Eppure, con Lav-Lav – e, arrivata a questo punto, calcò il nomignolo con
tutto il disprezzo possibile- non sembrava avere di questi problemi! Ma cosa
voglio sperare, d’ altronde io sono troppo anonima per il grande Re Weasley. Ma sì Hermione, infilati
una parrucca bionda e pompati le labbra, magari le puoi usare come canotti nei
giorni di piena del lago!-.
La piccola di casa Weasley strinse
le labbra per non ridere alla battuta dell’ amica, e sospirò allo sfogo, come
aveva fatto per tutti i precedenti.
Aveva sempre saputo che suo fratello, un po’ idiota lo era.
Buono come nessun’ altro, ma la sua sensibilità era
paragonabile a quella di un troll.
E, tanto per restare in argomento, la sua prontezza ricordava incredibilmente
quella di Barnaba il Babbeo.
Ma Hermione no, non era così, lei
era decisa e intraprendente.
Eppure, ora era ridotta ad uno straccio, la considerazione
che aveva di sé era inevitabilmente calata.
Chi l’ avrebbe mai detto, che Hermione
Granger, sotto sotto, covava quella marea di
insicurezze? Lei, che camminava fiera ed eretta tra le schiere Gryffindor, lo
sguardo acceso ed il sorriso contagioso.
Ginny si profuse in un’ esclamazione sconsolata, che di
femminile aveva ben poco, e gentilmente prese Hermione
per un braccio.
-
Cara,
vieni con me –
-
Mi
rifiuto di provare altri vestiti almeno per la prossima mezz’ ora-
-
Non
ti faccio provare nessun vestito, promesso-.
La riccia, titubante, si alzò dal letto e seguì la rossa fino
al grande specchio poggiato al muro, che rifletteva la sua figura per intero.
-
Guardati,
Hermione-.
Ed Hermione si squadrò.
Vedeva capelli indomabili, normalissimi occhi castani. Niente
a che vedere con le iridi chiare e sfumate della Brown.
La pelle bianca, il naso sottile.
Il seno piccolo, in proporzione alla sua figura esile, che di
formoso aveva ben poco.
Le gambe, fasciate da semplici jeans.
Le scarpe basse, comode. Terribilmente basse.
Ma a lei andava bene così. A lei andava bene essere
ordinaria, non destare le attenzioni maschili al suo passaggio. Amava i suoi
libri, amava la sua identità. E, per quanto soffrisse per l’ indifferenza –
almeno apparente – di Ronald, lei non avrebbe cambiato se stessa.
Hermione Granger
era una specie rara.
Era una ragazza intelligente, una ragazza forte.
Ma era cieca, irrimediabilmente.
Non riusciva a vedere quanto, negli anni, i suoi capelli da
crespi e informi fossero diventati selvaggiamente belli.
Non si sarebbe mai accorta, forse, della sfumatura che
avevano le sue iridi.
Calde ed intense, brillanti e gioiose.
Erano un pozzo di vita, occhi di miele che con le loro smerigliature
facevano breccia nell’ anima.
Detestava il suo incarnato pallido, senza accorgersi di come
ciò la rendesse fine ed aggraziata, insieme al suo lungo collo da cigno.
Le sfuggiva la morbida figura del suo corpo, la linea che dal
seno si snodava sinuosa sul ventre
piatto e sui fianchi armoniosi, per proseguire sulle dolci colline che erano le
sue curve delicate, e sulle esili e lunghe gambe.
Hermione era bella, terribilmente bella di
quella grazia ricercata e fresca.
Bella, geniale e cieca.
Un mix letale.
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-OH, AMORE SI, AFFOGHERAI! DAL MIO CALDERON D’ AMOR BOLLENTE,
FUGGIR NON POTRAI! -.
La voce da soprano della cantante investiva la Sala Comune
dei Gryffindor, trascinando sulle sue note scatenate decine di ragazzi sulla
pista improvvisata.
Il banco degli alcolici, che era un “must” delle tipiche
feste –abusive- studentesche , faceva la sua bella mostra all’ angolo della
sala.
Le accoglienti poltroncine e gli spaziosi divani erano stati
radunati da un lato, destinati ad ospitare i ragazzi più incauti ed esausti,
dei quali il fegato supplicava pietà.
Niente erbetta magica, la Caposcuola non lo aveva permesso.
Già aveva ceduto a malincuore – molto a malincuore- alle suppliche dei suoi compagni di casa, per
quella festa clandestina. Figuriamoci trovarsi sulla coscienza persone fatte e
strafatte!
E la Caposcuola in questione stava giust’
appunto scendendo le scale, in quel momento, accompagnata dall’ inseparabile
amica.
Harry James Potter, posando
il suo bicchiere di Burrobirra, si girò verso le due
figure. Erano belle, tutte e due.
Hermione era incantevole, nella sua
semplicità.
I capelli le ricadevano morbidi sulla schiena, in boccoli
stranamente ordinati. Il viso, privo di trucco o altri impiastri, faceva
sfoggio del sorriso luminoso che tanto amava della sua migliore amica.
Il corpo aggraziato era fasciato da un vestito verde bosco,
morbido e leggero, che una fascia nera
stringeva delicatamente in prossimità del seno.
Ballerine dello stesso
colore, dal tacco pressoché invisibile, facevano bella mostra di loro ai suoi
piedi.
Era Hermione, una sorella, una sferzata di vita.
E poi, c’ era la sua personale tentazione made in Weasley:
Ginevra teneva a braccetto l’ amica, sussurrandole qualcosa e
rivolgendole sorrisi ammiccanti. La chioma rossa e lucente si sposava col suo
semplice tubino nero, fortunatamente non eccessivamente corto,e la pelle lattea
delle spalle era una tentazione non trascurabile per Harry. Quando Ginevra si
accorse del suo sguardo, gli sorrise, quei sorrisi privi di malizia, che gli
ricordavano la bambina che era stata. Quella stessa bambina che aveva accolto
tra le sue braccia, quando tremante e piangente giaceva nella Camera dei
Segreti.
Ora non era più una bambina, ma una futura donna.
Ginny, lingua veloce e sguardo sincero.
Harry, indole mite e
cuor di leone.
Il moro rispose al sorriso, mentre un vago rossore gli
colorava le guance, e si passò una mano a scompigliare i capelli, già
disordinati per conto loro.
E, con un sospirone, mosse i suoi passi verso le due donne
più importanti della sua vita.
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Il Re, vittima di una considerevole dose di FireWhiskey, ballava saltando da tavolo in tavolo, evitando
rigorosamente di azzeccare il tempo
della musica.
Quella mattina, con grande entusiasmo della popolazione
maschile della scuola, si era tenuta la prima partita di Quidditch della stagione, Hufflepuff contro Gryffindor.
La vittoria degli ultimi era stata schiacciante e, nelle
fantasticherie della squadra, si delineava già una massiccia coppa lucente, che
recava inciso un boccino con le ali spiegate.
Ne conseguiva il festeggiamento di quella sera, tra bottiglie
e luci, gioia e cameratismo.
Le sue iridi azzurre incontrarono un paio di familiari occhi
color nocciola ed il rosso, con un sorriso sornione, si accinse a scendere dal
tavolo per raggiungere l’ “ amica”.
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-
No,
Minerva, per ora non le diremo nulla –
-
Ma
Albus, è giusto che dopo tutti questi anni la
signorina Granger sappia la verità -.
L’ anziano preside tirò un sospiro e si prese la testa tra le
mani, abbandonandosi contro lo schienale.
Era stanco, esausto, sfinito.
Non tanto per se stesso, ma per il dolore che le convinzioni
di quel pazzo avevano causato alla comunità magica, ed ai suoi amati allievi.
Tom Riddle era morto, sconfitto
alla fine del precedente anno scolastico, ma il ricordo che ne rimaneva era
pericoloso quanto il surrogato in carne ed ossa.
Per poter finalmente tirare il fiato, bisognava estirpare i
suoi seguaci, e la vena di follia che aveva causato in loro il fascino
irresistibile di quell’ uomo.
Il fascino del potere, della conoscenza, dell’ immortalità,
del sangue.
Un’ attrazione perversa e pericolosa, che in quel momento
stava allungando per l’ ennesima volta i suoi tentacoli demoniaci.
Che Questa volta, erano
pronti a ghermire Hermione Granger.
Ma lui non l’ avrebbe permesso, non le sarebbe accaduto
niente.
-
Minerva,
cara, conosci quanto me la signorina Granger. Pensi che
se fosse messa al corrente della cosa, non si metterebbe a indagare, a seguire
qualche pista? Che reazione pensi che potrebbe avere ? Non è pronta, la
metteremmo in una situazione di pericolo. E non lo siamo nemmeno noi, ci sono
ancora troppi punti oscuri. Ora, dobbiamo
e possiamo solo aspettare … -.
E, lasciando che la frase in sospeso aleggiasse nell’ aria,
si sistemò con la punta delle lunghe dita gli occhiali a mezzaluna.
Da dietro gli spessi vetri le iridi cerulee mandavano lampi
di determinazione.
Era anziano. Era stanco e provato. Deluso e segnato dall’
orrore a cui aveva assistito in tutti quegli anni tenebrosi.
Ma lui non si arrendeva, mai. Albus
Silente avrebbe combattuto, fino alla fine, al fianco della sua fenice.
Un sorriso sincero, seppur pallido, si delineò sul suo volto,
scacciando parte dell’ ombra che quelle preoccupazioni avevano portato.
-
Minerva,
serviti un po’ di the. Ci addolcirà la serata -.
E, con un gesto elegante della mano, il canuto preside porse
una tazzina alla donna dal cipiglio severo, che corrucciata sedeva di fronte a
lui.
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