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Autore: evenstar    10/07/2006    15 recensioni
Tonks se la deve vedere con una concorrente che le contende il cuore di Remus (?): Bessy.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nimphadora Tonks, Remus Lupin | Coppie: Remus/Ninfadora
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'La vita secondo Tonks'
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Grazie a tutti voi che avete letto e recensito le storie precedenti di questa serie, in particolare l'ultima che mi sembra abbiate apprezzato più delle altre. Questa nuova storia forse non è a suo livello, è più simile alle prime che ho scritto, ma nondimeno spero che vi piacerà. Mi è venuta in mente guardando il film "mai stata baciata", anche se la trama non lo riprende granchè... non so se ci avete fatto caso ma in realtà tutte le storie della serie prendono il nome da film, più o meno famosi. P.S. Forza azzurri!!

Mai stata baciata 

Ninfadora Tonks era depressa.

E questa volta questa particolare emozione, che ultimamente così spesso aveva fatto comparsa nel suo tormentato animo di giovane strega, era stato causato dalla vista di Remus Lupin (quello vero, l’unico, originale Remus John Lupin) che baciava una donna. Il fatto che la donna in questione fosse l’anziana quanto piuttosto malmessa e con un piede ( se non tutta la gamba) nella fossa, zia Bessy non le faceva minimamente cambiare sentimento. Era schifosamente, dannatamente e, dal suo personalissimo punto di vista, anche giustamente gelosa di lui. Lei, Ninfadora (accidenti alla madre…) Tonks, era quella che il lupesco mago avrebbe dovuto stringere in un abbraccio passionale (non che zia Bessy fosse stata effettivamente stretta per paura che potesse rompersi qualche osso)  prima di stamparle un bacio appassionato (non che quello a zia Bessy fosse stato proprio appassionato, per essere del tutto obiettivi) sulle labbra, non la vecchia e rugosa zia.

Certo la giovane strega, perché a 25 anni si è ancora giovani ovviamente, era già stata baciata. Quando frequentava Hogwarts aveva avuto le sue pazze storielle anche se non numerosissime, in effetti, ma tutte le volte avevano visto al suo fianco, o per meglio dire davanti, un adolescente scatenato in crisi ormonale con tanta passione, poca esperienza per il quale lei non aveva mai provato altro che una certa, blanda, attrazione.

Durante il tre anni necessari per diventare Auror poi, era stata troppo impegnata per pensare a complicatissime storie sentimentali e infine era arrivato Remus.

O per meglio dire, era arrivata Tonks, perché Remus faceva già parte da anni dell’Ordine della Fenice, molti anni ad essere sinceri, ecco parte del problema. Dal momento in cui i loro occhi si erano incontrati, dopo che lei era inciampata sul portaombrelli di casa Black cadendo rovinosamente per terra producendo un rumore talmente infernale da far svegliare tutti gli Inferi in circolazione e scatenando le urla del ritratto della signora Black, e dopo che lui l’aveva aiutata ad alzarsi, per lei c’era stato solo più il mago nel suo tormentato cuore.

Per un intero anno lo aveva osservato da vicino, lo aveva visto comportarsi con lei come se la considerasse una persona normale e non una inguaribile, inarrestabile, insospettabile (ehm no, questo no) casinista.

Quando lei perdeva le chiavi, lui era lì per ritrovarle; quando riduceva la cucina ad un campo di battaglia nel disperato tentativo di preparare una normalissima e banalissima cena, lui era lì per aiutarla; quando era sola e infreddolita la vigilia di Natale, lui era lì per farle compagnia… possibile che non ci fosse mai quando voleva essere baciata?

Aveva sopportato tutto quel tempo dicendo a se stessa che era il suo migliore amico, che le voleva bene e che non voleva rovinare la loro amicizia; ma vederlo strusciarsi come un ragazzino in crisi ormonale con un’altra donna che sì, forse era un’anziana parente che non avrebbe mai più rivisto in ortostatismo ma solo stesa in una bara, ma in fondo rimaneva pur sempre un esponente del variopinto, variegato e imprevedibile mondo femminile, l’aveva gettata nel più profondo sconforto.

Era caduta da un’altezza vertiginosa in un baratro oscuro di disperazione e angoscia dal quale non riusciva più a riemergere.

Adesso la giovane Tonks era seduta sul divano del suo appartamento indossando la sua forse non bellissima ma di sicuro comodissima tutona di pile lilla, la stessa che l’aveva fatta sembrare a quella malefica bambina Babbana come la mucca viola ( ma poi si è mai vista una mucca viola? E gli strani sarebbero i maghi e le streghe vero?) mangiando chili di pop corn caramellati, nella speranza che tutto quello zucchero le avrebbe potuto risollevato il morale, oltre che farle prendere qualche chilo.

Fissava davanti a sé, lo sguardo perso oltre la finestra nel buio della notte senza luna, e questo non fece che peggiorare la situazione. Perché la sua mente contorta il suo piccolo e indaffaratissimo neurone avevano appena collegato il fatto che lei riuscisse a vedere le stelle, con il fatto che non ci fosse la luna, con il fatto che quindi Remus stava da qualche parte, magari placidamente addormentato, mentre lei era lì, a struggersi per lui.

Ora, se tutto fosse andato come doveva andare, come in genere accadeva nelle favole Babbane, Remus avrebbe dovuto comparire in tutto il suo splendore ( Tonks si rendeva perfettamente conto che il suo giudizio era tutto tranne che obiettivo, che Lupin non era, e mai era stato da quello che sapeva di lui, un gran pezzo di… avete capito insomma, ma la cosa non le importava minimamente, quelli erano i suoi pensieri, i suoi giri mentali, e poteva pensare quello che le piaceva, per la barba di Merlino, senza stare a preoccuparsi di essere obiettiva!), prenderla tra le braccia e portarla in camera da letto, senza inciampare, e darsi ad una notte di sesso sfrenato con lei.

Rimase in silenzio aspettando il suono del campanello, in fondo negli ultimi mesi lui compariva sempre quando lei era nei guai, perché questa volta no?

Aspettò.

Aspettò.

Aspettò.

Aspettò.

Si addormentò.

Quando si svegliò si rese conto di aver dormito per quattro ore, immersa nei pop corn, che le erano scivolati di mano imbrattando senza ritegno di caramello sia lei che il suo divano, ovviamente bianco, rendendo entrambi appiccicaticci. Si alzò lentamente cercando di focalizzare la sua attenzione su chi era, cosa faceva e perché era così giù. Quando la realtà della situazione le tornò alla mente prese la sua prima, magari non proprio prima prima, ma prima di quel mese… settimana… va bene, va bene, giorno, la prima decisione importante di quel giorno.

Si catapultò fuori ancora indossando la tutona lilla, ora imbrattata di caramello, scivolò sull’infido tappeto del salotto andando a sbattere sull’angolo del tavolino davanti al divano, lanciò un urlo strozzato ma alla fine, impavidamente, raggiunse la porta del suo appartamento. Scese gli scalini a due per volta atterrando ogni volta sul pianerottolo con un tonfo, finchè, nell’ultima rampa non riuscì a prendere bene la mira, finendo per andare a sbattere contro il muro, dandoci una sonora testata contro.

Più per illuminazione divina che per intelligenza, dato che in quel momento il neurone si era momentaneamente assentato dalla zona cerebrale, si ricordò di essere una strega, prese quindi la bacchetta dalla tasca della giacca, facendo cadere tutto quello che vi era contenuto ovviamente, e si smaterializzò per ricomparire davanti al numero 12 di Grimmauld Place.

Doveva sapere, doveva controllare, doveva comportarsi come una perfetta e gelosissima innamorata, o non sarebbe più riuscita  dormire bene.

Si attaccò al campanello della casa, suonando come una pazza: da dentro alla casa cominciarono a provenire le urla assordanti della signora Black, cosa che rese sollevò il morale della ragazza, almeno qualcuno lo aveva svegliato. Qualche attimo dopo le urla si interruppero e un assonnatissimo Remus, con i capelli arruffati e gli occhi gonfi di sonno venne ad aprirle la porta. Quando la vide fece un’espressione di educato interesse per la sua persona ma tutto sommato, considerando che erano le 4 del mattino, non parve troppo sconvolto dal trovarsi la giovane strega davanti alla porta, in tutona di pile macchiata di quello che poteva essere… caramello?

- Ciao Ninfadora, - disse tranquillamente, spostandosi dalla porta per farla entrare.

La ragazza aprì la bocca per replicare che se neanche più sua madre la chiamava Ninfadora, un motivo ci doveva pur essere quando si ricordò del modo in cui l’aveva accolta. Non le aveva chiesto cosa ci facesse lì a quell’ora impossibile per qualunque essere vivente non fosse una creatura notturna, non le aveva urlato addosso di togliersi dalle scatole e tornare domani, non l’aveva neanche accolta con un tono di voce scocciato, se era per quello, ma con il suo solito, tranquillo, pacato, sicuro e stramaledettamente dolce, tono di voce normale.

- Ciao, - rispose quindi, dopo un’attenta e accurata analisi della situazione attuale, entrando nella casa. Non fece tempo a fare un  passo che vide Lupin farsi pericolosamente bianco in volto e un’espressione di terrore comparirgli nello sguardo, poi fu un attimo.

Sentì una fitta tremendamente dolorosa all’altezza dello stinco di destra, si sbilanciò in avanti vedendo come al rallentatore il pavimento avvicinarsi al suo piccolo,  perfetto e, ancora per poco, incolume naso e poi fu solo dolore sordo.

E ovviamente le urla della Black, svegliata, di nuovo, dall’infernale umore dell’orrido portaombrelli che cadeva sul pavimento di marmo della casa.

- Ops.

Lupin rimase in silenzio, fissando la giovane con una strana espressione sul volto. Tonks non era in grado di dire se stava per mettersi a ridere, piangere o urlarle contro e francamente non sapeva quale di queste numerose ipotesi le avrebbe fatto, moralmente parlando, meno male. Infine lo vide sorridere, non ridere, e questo le fece un enorme piacere e dirigersi tranquillamente verso il ritratto della ex-padrona di casa.  In breve tempo le urla si smorzarono fino a scomparire del tutto e Tonks vide Remus tornare da lei, vittorioso.

- Allora, dicevamo… ti sei fatta male?

Ma che tenero che era il suo lupacchiotto, non solo non le aveva urlato contro come faceva sempre quell’antipatico di Moody, ma si preoccupava anche della sua salute. Era da sposare, su questo Ninfadora non aveva dubbi.

- No, sto bene, - rispose lei massaggiandosi il naso contuso, fece cambiare un paio di volte la forma, giusto per accertarsi che fosse tutto a posto, e poi gli sorrise come una scema, non ricordandosi che erano sempre le 4 del mattino.

- Ehm, non che non mi faccia sempre un immenso piacere vederti, ma… posso fare qualcosa per te?

- Cos…? Ah. No, cioè sì, non so, boh, forse.

- Ovviamente, - annuì lui.

-  Vuoi un thè?

- Sì, sì credo che un thè sia quello che mi ci vuole, dopo tutto. Grazie. Lo fai tu? – chiese Remus con una nota di incertezza nella voce, ma solo una nota.

- Certo, credi che non sia in grado neanche di mettere su un semplicissimo thè?

- No, no, - rispose lui, cominciando a sventolare le mani davanti al volto, per sottolineare come un simile assurdo pensiero non lo avesse mai attraversato.

- Bene.

Si diresse verso la cucina con passo spedito, inciampando sul tappeto dell’ingresso. Possibile che ci fossero sempre tutti quei tappeti in giro per il mondo? Lupin la tenne per un braccio, impedendole di fare il secondo volo della ser…nottata, infine entrambi arrivarono sani e salvi alla cucina. Tonks prese il bollitore dalla credenza, urtando una pentola che era lì vicino e ma sorrise tra sé, piuttosto soddisfatta della sua abilità, quando questa, pur oscillando pericolosamente, rimase al suo posto.  Mise l’acqua nel bollitore e lo mise sul fuoco, acceso con un colpo di bacchetta… fin lì tutto bene. Si girò orgogliosa della sua piccola, ma perfettamente eseguita, impresa per vedere uno stupito Remus che la stava fissando.

- Non l’avresti mai detto vero che sarei riuscita a fare tanto?

- Oh no, non avevo alcun dubbio che ci saresti riuscita, mi stavo solo chiedendo che cosa ci facessi fuori da Grimmauld Place alle 4 di mattina e se io fossi parzialmente responsabile.

- Oh. Grazie… credo, - mormorò lei, non avendo capito se considerare la prima affermazione come un complimento. – Ero qui per… sì insomma… pensavo, - poi fu fulminata da uno di quegli improvvisi lampi di genio che possono cambiare il corso della storia, quando meno quella della propria vita. – Sai, - disse mettendo su un’espressione serissima e molto professionale. – Non ho visto bene tua zia Bessy oggi, mi sembrava pallida, santa donna, così ero preoccupata questa sera e non riuscivo a dormire. Quindi mi sono detta “ perché non passare a sentire cosa ne pensa Remus della questione? ”.

- Ah. Mia zia Bessy? Quella che non vedevo da 20 anni e che è passata a salutarmi solo perché si trovava a Londra, quella che mi ha gentilmente fatto notare come fossi ridotto a uno straccio e che, dato che non mi sono ancora trovato una moglie, sono destinato a morire solo come un cane…

Tonks rise e anche Remus, resosi conto di quello che aveva detto, scoppiò a ridere. - … e verrò “ divorato da un pastore alsaziano “ per citarti le sue stesse parole?

- Vedo più probabile l’opzione che sia tu a divorare il pastore, quanto meno se capita la luna piena, comunque sì, zia Bessy lei, - rispose Tonks che cominciava a rendersi conto di come forse i suoi sospetti non fossero fondati, dopo tutto.

- Non sono una persona che serba rancore ma, se avessi ragione su di lei, non potrei che essere felice.

- Ah, sì certo, hai ragione, - rispose lei pensierosa. Se Remus odiava zia Bessy ma l’aveva baciata e abbracciata calorosamente, per lei che in genere non sfiorava neanche con un dito, cosa provava? Poi la sua mente contorta, ma eccezionalmente funzionale, le diede una possibile risposta.

Amore?

- Tonks, non vorrei sembrare pedante ma…- disse Remus, distraendola dai suoi pensieri e indicando il bollitore, che stava fischiando come un disperato. La ragazza mosse distrattamente la bacchetta in direzione del suono spegnendo il fuoco, poi prese due tazze e le mise, miracolosamente intere, sul tavolo.

Si compiacque anche lei della sua strabiliante abilità in cucina. – Che gusto?

- Mela e biancospino.

Lei alzò un sopracciglio, convinta che la stesse prendendo in giro. Lupin notò la sua espressione e indicò una scatoletta di latta dietro di lei, la ragazza la prese e ci guardò dentro. Era piena fino all’orlo di variopinte bustine di thè di tutti i tipi possibili e immaginabili, alcuni che lei non aveva neanche mai sentito, altri che le sembravano quanto meno bizzarri infine un paio ( spinaci, pomodoro e carota, passiflora e biancospino) che era sicura facessero proprio schifo, nonostante non li avesse mai assaggiati.

Per una volta nella sua tormentata esistenza fu Remus ad essere in imbarazzo davanti alla giovane strega, fece un sorriso stentato. – Sai, - disse infine. – Credo che molte volte un buon thè risolva un sacco di cose.

Tonks riflettè un minuto prima di annuire vigorosamente, dicendosi perfettamente d’accordo con lui. Prese il bollitore e versò l’acqua nelle tazze, senza ustionarsi neanche il mignolo, poi lo riposò sulla stufa e tese la tazza a Lupin.

E finalmente potè tirare un sospiro di sollievo, pensando che la sfortunata e anomala serie di coincidenze che la stava tormentando da tutta la sera ebbe termine. Giusto quando si sentiva già tranquilla urtò la tazza che aveva davanti, la quale si rovesciò in parte sul  tavolo e in parte sui pantaloni di Remus che schizzò in piedi, riuscendo solo con una dose miracolosa di autocontrollo a non gemere per il dolore che l’acqua bollente, versata su parti quanto meno delicate, gli aveva provocato.

- Merlino, Remus, mi dispiace tanto, - disse lei avvicinandosi a sua volta con la bacchetta puntata verso il cavallo dei pantaloni del pigiama che l’uomo stava indossando in quel momento.

- Ninfadora, - biascicò lui combattuto tra la sua educazione, che gli imponeva di fidarsi di lei, e il terrore che lo pervadeva vedendo dove era puntata quella che, nelle mani sbagliate, poteva essere un arma micidiale.

- Fidati Remus, - disse lei facendo partire un getto d’aria tiepida che in breve riparò il danno. – Come va? Tutto intero? – chiese sinceramente interessata, d’altra parte, sempre secondo il suo personalissimo punto di vista, erano legittimo che le interessasse lo stato del… sì insomma, il suo stato di salute.

- Sto bene, grazie, - rispose risedendosi. – Allora me lo dici perché sei qui? – chiese gentilmente.

- Io, ero… sì insomma mi sentivo… ma forse in fondo non…- scosse la testa sconsolata, non sapendo cosa dire. Una cosa simpatica sarebbe stata “ ero gelosa marcia di zia Bessy e ti volevo dire che ti amo e ti amerò per sempre “ ma in fondo ci teneva a quel tenero lupacchiotto, non lo voleva vedere stramazzare a terra schiantato da una tale dichiarazione.

Come al solito Lupin le venne in soccorso. – Ti sentivi sola?

Ninfadora annuì, cogliendo la palla al balzo. – Sì, credo che fosse solo quello.

- Capita anche a me a volte, soprattutto in questa casa enorme. Vuoi rimanere sta notte?

Ma come? Lei si faceva un sacco di problemi per non sconvolgere il provato cuore dell’uomo e lui le buttava lì una frase così come se le stesse chiedendo dire “ Quidditch” . Non era giusto.

- Ninfadora?

- Per la stramaledetta barba di Merlino Remus, non mi chiamare così!

- Va bene, va bene. Allora?

- Che?

- Vuoi restare qui? – chiese paziente.

- Oh.

- Eh.

- D’accordo.

- Bene, andiamo a letto?

- Come?

- Non mi vorrai tenere qui tutta la notte vero?

- No.

- Allora andiamo su. Puoi dormire in una stanza qualsiasi, sono tutte pronte, domani mattina ti preparo una colazione fenomenale, per ringraziarti del thè.

- …e per ringraziarmi di averti buttato giù dal letto alle 4.

- Oh, ma tanto ero appena andato a letto, sono stato fuori tutta la sera, - rispose lui, innocentemente mentre si alzava per andare a letto.

Tonks rimase a fissarlo con la bocca aperta, poi piano piano ( in fondo erano le 5, povero il suo  neurone) cominciò a recepire l’informazione.

Perché era stato fuori? Con chi? Come? Dove? Cosa aveva(no) fatto? In che modo? No, a quello era meglio che non ci pensasse.

- Allora vieni su o no?

- Sì, sì arrivo, - gli urlò lei di rimando, non se ne sarebbe andata, per niente; d’ora in poi la sua missione sarebbe stata scoprire cosa, o meglio chi, le stava nascondendo il suo lupesco amore.

E cercare di eliminarlo.

Fisicamente.

  
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