Sudicia Sofferenza
E guardai lontano, oltre quel fitto manto di nebbia che ricopriva tutta la pianura. L'aria fredda ghiacciava il mio corpo, e come un ago, pungeva ostinata l'anima. Il respiro era flebile e irregolare: era l'unica arma che infiammava il Sangue. Cercai invano di acchiappare quella delicata nebbia, così soffice e calda: volevo drogarmi di lei, di quel calore che emanava; volevo avvolgerla in un abbraccio, respirandola a fondo; volevo esser leggera ed invisibile come lei. Un fruscio alle mie spalle, mi fece sobbalzare. Un brivido risalì lungo la mia pelle nuda, che rimase paralizzata. Un qualcosa di sconosciuto strisciava su di me, stringendomi a lei, come la stretta di un serpente. D'un tratto mi sentii morsa: denti affilati come coltelli penetrarono nella mia morbida carne. La testa tuonò furiosa ed un dolore immenso squarciò il petto, distruggendo a brandelli i miei sospiri. Un vortice mi risucchiò violentemente dentro sé, trascinandomi nelle viscere della Terra. Nero, tutto interamente Nero; anche i battiti del mio cuore si stava oscurando inesorabilmente. L'ossigeno mancava, sì. Mancava quell'ossigeno così indispensabile per vivere, indispensabile per me, quell'aria così fresca e pulita posata sulla mia carne, quella brezza delicata della mattina. Tutto sparito. Eppure non stavo soffocando: un qualcosa di ignoto alimentava le mie pulsazioni, tenendomi sveglia con il solo tremore di questa fanghigliosa Terra. Volevo addormentarmi tranquilla, come la bambina di tanto tempo fa. Già, volevo la fiaba della buonanotte, quella che mamma mi raccontava sempre: quella fiaba così semplice, che finiva sempre con:“E vissero tutti felici e contenti.”, quella che mi faceva diventare pazza, quella in cui credevo fortemente. Povera sciocca, sì. Il “E vissero felici e contenti.” è solo una brutta illusione, tutto qui: niente di meno, niente di più. Volevo esser in pace, in armonia con tutto quello che mi circondava. Volevo ancora soffrire il freddo. Sì, volevo ancora la pelle d'oca; quel brivido di emozione che passava per tutto il mio corpo. Una nuvola nera incombeva su di me, imperterrita. Quella nube eri proprio Tu, stupida Sofferenza. Sofferenza che ti trafigge la testa, martellandoti il cranio; Sofferenza che ti colpisce in pieno volto, risucchiandoti viva dentro lei. Lasciami andare, schifosa Sofferenza! Lasciami morire in santa pace! Non mi servi: non mi serve la tua presenza, sei inutile, capito?! Ne farei molto volentieri a meno di te, sudicia Sofferenza. Farei a meno di quelle sporche lacrime che lottano per uscire. Sì, sarei più libera in questa cupa esistenza, senza te, inutile Sofferenza: sarei finalmente me stessa.