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Autore: Ghostclimber    13/11/2011    5 recensioni
Ron era di fronte ad un computer e si rendeva perfettamente conto dell’assurdità della situazione. Ma qualcosa lo tormenta, e lui deve scoprire cosa: capirà cosa è cambiato in lui da dopo la guerra magica e questo cambierà la sua vita.
Genere: Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ron Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Avvenimento epocale: ho estratto una one-shot dalla mia tastiera logorroica! Spero vi piaccia… Un grazie a LunastortaRED che senza saperlo mi ha ispirata così tanto da farmi buttar giù di getto questa storia!
 
 
Ron era di fronte ad un computer e si rendeva perfettamente conto dell’assurdità della situazione. Doveva cercare un’informazione e non sapeva nemmeno da dove diavolo cominciare, ma non voleva chiedere a Hermione: ancora non si era liberato del timore reverenziale che la sua suprema intelligenza gl’incuteva. Fissò il telefono, a qualche metro da sé, e decise che a mali estremi, estremi rimedi. Sollevò il cordless e compose il numero di Harry. Il telefono iniziò a squillare, dando segnale di libero, poi rispose una voce femminile, un pochino trafelata: -pronto, casa Potter, non abbiamo bisogno di enciclopedie o aspirapolvere e nemmeno di salvezza per le nostre anime. Chi parla?- Ron occhieggiò il post-it che Hermione aveva incollato al muro, proprio di fronte ai suoi occhi (non urlare!, diceva), e parlò in tono di voce normale, sebbene un po’ teso: -ciao Ginny, sono Ron…
-oh per Merlino! Fratellone! Sei al telefono! E non stai urlando! Che cataclisma ti ha colpito?- chiese lei, sghignazzando, e Ron si trovò suo malgrado a sorridere. Rispose: -niente di irreparabile, credo, ho solo bisogno di parlare con Harry, è in casa?
-un momento, te lo chiamo!- ribattè lei, e Ron sentì il lieve “thud” del telefono appoggiato sul tavolino. Dopo qualche secondo, la voce di Harry uscì dall’apparecchio: -ehi, Ron, come te la passi? Che miracolo sentirti al telefono, quando venite a trovarci tu ed Hermione?
-ehm… boh, siamo incasinati con gli orari del lavoro, magari le dico di chiamarti quando torna, lei è più brava a incastrare le cose… senti, devo chiederti una cosa…- neanche un minuto dopo era di fronte al pc, con il cordless incastrato tra spalla e orecchio, sentendosi decisamente fuori luogo. Dietro le pazienti istruzioni di Harry, riuscì a raggiungere prima YouTube poi Google e digitare negli spazi appositi quello che cercava. Aperta la pagina, salutò l’amico e si mise a leggere il testo che aveva cercato, mentre dalle casse usciva il suono della chitarra di Richie Sambora; si ritrovò per qualche istante steso sull’erba davanti alla Tana, al fianco di Hermione che esclamava: -oh, adoro questa canzone! Sentila!- e girava la manopola della radio, un po’ gracchiante per le interferenze magiche. Quella musica l’aveva perseguitato per settimane, senza capire perché. Molly aveva detto che capita di sentire vicino il testo di qualche canzone, pur senza afferrare tutte le parole, e Ron voleva capire che cosa lo aveva colpito così nel profondo di quella canzone, Just Older.
Dopo qualche breve istante, la voce di Bon Jovi cominciò a cantare: “ehi, amico, è passato un sacco di tempo, quando me ne sono andato avevo diciassette anni”… qualche parola si perse, mentre a Ron balzava il cuore nel petto. Aveva detto grossomodo le stesse parole sulla tomba di Fred. “dopo tutti questi anni e miglia di memorie, sono ancora a caccia di sogni; ma non dimentico il passato”. Come dimenticarlo? Tutti quei morti, tutta quella sofferenza. “mi piace il letto in cui dormo, è proprio come me, spezzato all’interno: non è vecchio, è cresciuto con me. Come un amato paio di jeans slavati, la pelle in cui sono è perfetta per me: non è vecchia, è cresciuta con me”. Ron annuiva, leggendo, le cicatrici raccolte qui e là per il mondo alla ricerca degli Horcrux che scintillavano ancora senza peli sulle sue braccia. La seconda strofa era un tuffo nella vecchia tenda che Hermione aveva conservato nella borsetta: “quando abbiamo preso di petto il mondo eravamo giovani e coraggiosi, avevamo segreti che ci saremmo portati nella tomba e ora stiamo orgogliosi spalla a spalla.”. Scorse un pochino più avanti, sorridendo ad un verso che parlava di suole delle scarpe bucate, e giunse finalmente al pezzo che l’aveva colpito. Alzò gli occhi verso la finestra, che la luce del sole rendeva uno specchio, ripetendosi le parole mentre Bon Jovi le cantava: “quando mi guardo allo specchio non odio quello che vedo, ho solo qualche ruga in più che mi restituisce lo sguardo; e le notti sono forse un po’ più fredde.” gelide come la morte, durante quegli anni passati ad aiutare George al negozio, con la presenza di Fred che incombeva, insistente, quasi violenta, a ferirli entrambi più a fondo di una maledizione “ma ho mantenuto la forza, e credo ancora di essere…” lì ripartiva il ritornello, quella cosa del letto e dei jeans, ma Ron finì ad alta voce: -solo cresciuto.- una lacrima minacciò di cadere dai suoi occhi, e lui dopo un attimo la lasciò scivolare, come fece con le seguenti, permettendosi finalmente di soffrire.
 
Un the era quello che ci voleva per calmare il suo animo, leniva come un balsamo… e quando la serratura di casa scattò, lui fu pronto in piedi ad accogliere Hermione con un bacio. –ciao, amore…- le disse. Lei, piacevolmente stupita, gli offrì un tremulo sorriso. –ho sentito Harry, dovremmo metterci d’accordo per vederci con lui e Ginny, non trovi? Gli ho detto che ne avremmo parlato.
-Ron…- cominciò lei, staccandosi dal suo abbraccio, -ti devo parlare.- il cuore di lui sobbalzò nel suo petto magro, e si sedettero in salotto, lui sulla poltrona e lei sul bordo del divano.
-c’è…- disse Hermione, torcendosi le mani in grembo, -c’è un piccolo problema…- Ron non parlava, abilissimo come suo solito a rendere le cose più difficili. Lei sospirò, poi disse tutto d’un fiato: -ho saltato il ciclo. Sono incinta.- Ron trasecolò ed emise uno strano verso di gola. Gli occhi di Hermione si riempirono di lacrime, e lui si costrinse ad articolare parole che non sembrassero il discorso di un troll. Dopo due tentativi a vuoto riuscì a coprire le balbettanti scuse di Hermione “non so com’è potuto succedere, siamo stati attenti, credo sempre, adesso non riesco a ricordare se…”
-sposami.- le disse. Lei lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite, con la bocca lievemente socchiusa. Lui si inginocchiò di fronte a lei e le prese una mano, teatralmente, si schiarì la gola e ripeté: -Hermione Jean Granger, mi vuoi sposare?- lei deglutì. Poi rispose, esitante, con una vocina piccola piccola e il tono di chi non è proprio sicuro di ciò che ha appena sentito: -sì!
-sempre quel tono sorpreso…- commentò lui, le labbra inarcate in un mezzo sorriso.
-ma cosa…? non hai mai voluto… come mai così di botto… non voglio che tu mi sposi solo perché sono incinta perché posso benissimo…
-Hermione.- la interruppe lui, -ti amo, e voglio sposarti. E se tu vuoi sposare me, sarò l’uomo più felice dell’universo.
-hai…- cominciò lei, poi il suo cipiglio si ruppe in linee divertite, -hai battuto la testa?- Ron rise.
-no,- ribatté, sedendosi accanto a lei sul divano, -sono solo cresciuto.- disse, e la baciò, tenendole una mano sulla pancia dove cresceva la piccola creatura che era frutto del loro amore, e che lui immaginava con i propri capelli rossi e con il cervello di Hermione, cercando di mettere in quel solo bacio tutte le cose che non le aveva mai detto. –solo cresciuto.- ripeté, sottovoce. 
   
 
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