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Autore: telesette    14/11/2011    5 recensioni
Tutti quanti conoscono il triste amore di Aramis e perché è così difficile per lei lasciarsi alle spalle il suo amore perduto. Ma se Athos fosse in grado di comprendere perfettamente il suo dolore? Se anche lui avesse una triste storia d'amore alle spalle, di cui nessun altro ne è a conoscenza, e se decidesse di parlarne proprio con lei? Per conoscere i dettagli, potete solo leggere...
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Athos & Aramis Forever'
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PREMESSA

Dal momento che il punto chiave della coppia Athos/Aramis ( ovvero che Athos sia a conoscenza della vera identità di Aramis ) spesso è alquanto ripetitivo da trattare nelle fanfiction, seguendo l’ordine cronologico con un’altra mia storia dal titolo: “Amicizia oltre le apparenze”, le vicende qui di seguito sono tutte riferite ad un ipotetico sequel dopo la serie originale. In questo contesto narrativo, parto dunque dal fatto che sia Athos che Porthos sanno che Aramis è una donna; tuttavia, uniti per la vita dal famoso “Uno per tutti e tutti per uno”, i tre moschettieri combattono insieme per dare vita ad una nuova serie di avventure. Le vicende romantiche della Athos/Aramis, che volutamente NON avevo trattato nella storia sopra citata, sono invece presenti in questa e in tutte le altre storie della collana Athos & Aramis Forever.
Buona Lettura!

L’Autore

 

La Spada di Athos 

Quella sera i tre moschettieri, dopo essersi riuniti davanti a una tavola imbandita, commentarono l’ennesima prodezza di Rochefort, ridendo e scherzando allegramente. L’eroico braccio destro di Richelieu, dopo essersi messo sulle tracce di un gruppo di cospiratori, aveva finito per catturare… nientemeno che un gruppo di feroci galline chioccianti. Queste ultime infatti, dopo la brillante irruzione delle guardie cardinalizie nel loro pollaio, si erano avventate sul povero Rochefort costringendolo a tornare a Parigi, con i segni del becco sul volto e due uova fresche nel cappello. Immaginare dunque l’espressione di Sua Eminenza, nel trovarsi davanti Rochefort in quelle condizioni, fece rimpiangere ai moschettieri di non avere avuto il privilegio di assistere personalmente alla scena.

- Povero Rochefort - esclamò Aramis, sollevando il bicchiere. - In fondo mi fa quasi pena…
- Gli sta bene, invece - ribatté Porthos, ingozzandosi con noncuranza. - Io glielo avevo ben detto da che parte erano andati quei farabutti, ma non mi ha voluto dare retta! (*)
- Bisogna pure capirlo, però - osservò Athos. - Dopo tutti gli scherzi che gli abbiamo combinato…
- Stavolta lo scherzo se l’è giocato da solo - tagliò corto il corpulento moschettiere, versando il vino. - Salute!
- Alla Salute - risposero in coro gli altri.

 

 ***

Circa alcune ore dopo, quando la cera delle candele si sciolse completamente, Porthos si era addormentato sulla sedia russando beatamente. Sia Athos che Aramis lo osservarono sorridendo, tuttavia si guardarono bene dallo svegliarlo. L’espressione del compagno era a dir poco comica ma, tutto sommato, era meglio lasciarlo dormire piuttosto che fargli spolverare i resti del banchetto.

- Chissà cosa starà sognando? - mormorò Aramis sottovoce.
- Hm, non ci vuole molto a indovinarlo - commentò Athos, intrecciando le dita davanti a sé con un’espressione furba dipinta sul volto.

Nello stesso momento Porthos cominciò a borbottare qualcosa, con gli occhi chiusi e continuando a russare.

- Ronf… Sì, Marta… E’ buonissimo, certo che faccio volentieri il bis, ci mancherebbe! Ronf…
- Come volevasi dimostrare!

Lo sguardo di Aramis passò da Porthos ad Athos, soffermandosi intensamente su quest’ultimo. Nella penombra della stanza, illuminata solo dal chiarore lunare attraverso la finestra, il volto del compagno sembrava riflettere una luce particolare. Di colpo Athos si accorse che lo stava osservando e, pensando a quanto era accaduto tra loro, non poté fare a meno di arrossire imbarazzato. 

- Aramis - esclamò, tossendo. - Non… Non ti ho ancora ringraziato per…
- Scherzi ? - lo interruppe lei. - Per poco, anziché medicarti, rischiavo di ucciderti; è una fortuna che sia andato tutto bene, non parliamone più!
- D’accordo - tagliò corto Athos, chinando il capo sul tavolo con fare pensieroso. - Non parliamone più…

Tuttavia Aramis si accorse di quanto fosse turbato e, immaginando che il motivo di tale disagio fosse dovuto a quel bacio che si erano dati, si sentì profondamente in colpa. Athos ancora non conosceva la sua storia nei dettagli, né del suo triste amore per il povero François, niente di strano dunque se malauguratamente si fosse fatto un’idea sbagliata. Per anni l’aveva vista come compagna e se, per colpa di quel bacio, avesse cominciato a pensare a lei come una donna di dubbia moralità… Era pur vero che lei nutriva qualcosa nei confronti del bel moschettiere suo compagno, e che anche lui non si era certo mostrato indifferente, ma non poteva lasciarsi alle spalle il suo amore per François come se niente fosse. Forse Athos temeva che quel semplice bacio fosse molto più importante di quanto era in realtà, per questo lei ritenne opportuno chiarire subito la questione.

- Athos - mormorò. - Riguardo a… Sì insomma, riguardo a quello che è successo, io… Temo che tu abbia frainteso!
- Non sei tenuta a spiegarmi alcunché - rispose lui impassibile. - In fondo, io non ti ho chiesto nulla!
- Allora diciamo che sono io a volerti dire la verità su di me, se puoi avere la pazienza di ascoltarmi almeno!

Athos non disse nulla, semplicemente si limitò ad annuire. Aramis cominciò a raccontargli tutto di sé: la sua storia ( così come l’aveva detta a D’Artagnan tempo addietro ), la tragica morte di François e tutti gli eventi successivi che l’avevano spinta ad indossare la divisa da moschettiere. Athos ascoltò nel più assoluto silenzio, riflettendo attentamente sulle sue parole, e alla fine sollevò lo sguardo con un’espressione molto seria dipinta in volto.

- E questo è tutto - concluse Aramis. - Ho amato François con tutto il cuore e, per quanto mi rendo conto sia difficile da capire, lo amo ancora adesso!
- E’ una storia davvero molto triste - commentò Athos. - E anche molto personale… Non dev’essere facile per te parlarne, anche dopo tutto questo tempo!
- Ho mentito sul mio sesso, è vero - sottolineò Aramis. - Ma non ho mai mentito sui miei sentimenti, spero tu possa capirmi, Athos!

Athos emise un profondo sospiro.

- Credimi, ti capisco perfettamente!
- Eh ?

Aramis lo guardò stupita. Seduto davanti a lei, il volto serissimo e le braccia conserte, Athos sembrava sinceramente comprendere quale terribile dolore fosse stato per lei perdere la persona che amava in modo tanto tragico. Eppure, a giudicare da quanto tutti sapevano, Athos non aveva mai avuto legami sentimentali; era noto per essere un uomo ligio al dovere, troppo distaccato per lasciare intendere che fosse mai stato innamorato, per questo la frase che aveva detto suonava così incredibile.

- Senti, Aramis - disse Athos, guardandola dritto negli occhi. - C’è una cosa che vorrei mostrarti, se avrai la bontà di aspettarmi qui per qualche minuto… Non è una cosa di cui parlo volentieri ma, dopo quanto mi hai raccontato, anch’io sento il bisogno di rivelarti qualcosa di me!
- Va… Va bene - rispose Aramis confusa.

Senza aggiungere altro, Athos si alzò lentamente e uscì dalla stanza per alcuni minuti. Quando tornò, recava un lungo involucro sottile di legno sotto il braccio: una custodia finemente intarsiata, con motivi e decorazioni tipici dei più valenti artigiani di Francia. Senza dire una parola, Athos depose quella custodia sul tavolo, sotto lo sguardo sempre più confuso di Aramis.

- Non ho mai rivelato a nessuno della sua esistenza - confessò Athos sottovoce, sciogliendo i sigilli della custodia. - Non per il suo valore in sé, ma perché il suo contenuto mi è più caro di qualsiasi altra cosa!
- Athos, se è così importante per te, non…

Aramis non fece in tempo a finire la frase che, con un semplice gesto della mano, il compagno rivelò l’oggetto contenuto in quella custodia. Dentro vi era una spada da moschettiere meravigliosamente lavorata, con l’impugnatura in oro massiccio e tempestata di gemme. Davanti a quello splendore, alla fanciulla mancò il fiato per parlare. La lama era un fine intreccio di incisioni, frutto del paziente lavoro di un artista, e vicino all’impugnatura vi era un nome scritto in chiare lettere maiuscole.

- SABINE - mormorò Aramis, leggendo i caratteri riportati sul metallo. - Chi è Sabine?
- Avevo circa diciannove anni, quando la conobbi - spiegò Athos, con un filo di voce. - Suo padre era il celebre armaiolo Jean Trousseau, un autentico maestro; fu lui a realizzare questa lama, una cosa rara, preziosa e unica al mondo… Come sua figlia, appunto!

Athos prese la spada per la lama e la porse ad Aramis. Ovviamente lei esitò anche solo a sfiorarla ma, quando lui le ripeté di prenderla, le sue dita tremanti si strinsero attorno all’impugnatura. Era un’arma di straordinaria fattura: acciaio spagnolo fuso molte volte, per massimizzarne la solidità; ad Aramis bastò un attimo per rendersi conto di quanto tempo fosse stato necessario per realizzare un simile capolavoro; la lama non solo era bellissima, ma anche perfettamente bilanciata, e l’impugnatura aderiva alla mano come un guanto. Aramis fissò la spada con ammirazione e rispetto, prima di riconsegnarla ad Athos.

- Non ho parole - disse lei. - E’ veramente magnifica!
- Esattamente quello che dissi io, quando Trousseau me la diede! Gli occhi di Sabine brillavano più di questi stessi diamanti alla luce del sole, anche lei era semplicemente magnifica!
- Da come ne parli, dev’essere una donna straordinaria!

Athos tacque un momento, chinando il capo dolorosamente.

- Purtroppo Sabine, pochi mesi dopo quel giorno, cadde vittima di una tisi incurabile e… Si è spenta davanti ai miei occhi, mentre le tenevo la mano, esattamente quindici anni fa!

Le parole di Athos attraversarono la mente di Aramis con la stessa violenza di un fulmine. Anche lui dunque aveva perso l’amore in modo tragico, senza poter fare nulla per impedirlo, e quella spada era senza dubbio l’oggetto più prezioso che avesse… Così come per lei era altrettanto caro il medaglione che un tempo era appartenuto a François. Il fatto che Athos avesse deciso di metterla a parte di una cosa tanto importante, era forse un modo di aprirle il suo cuore? Cosa lo aveva spinto a confidarsi così apertamente con lei, oltretutto su qualcosa di cui non aveva mai parlato con nessun’altro prima d’ora?
In silenzio Athos ripose la lama nella sua custodia, coprendola con un morbido panno di velluto, e vi riavvolse intorno i sigilli. Evidentemente la sola vista dell’oggetto aveva risvegliato in lui tutti i ricordi legati al passato.

- Athos, va tutto bene? - domandò Aramis preoccupata.

L’altro annuì.

- E’ solo che… No, niente!
- Non ti va di parlarne, ti capisco, anch’io ho…
- Non si tratta di questo!

Aramis ammutolì. Athos accarezzò la custodia per alcuni istanti, prima di sollevare la testa e ricambiare la sua espressione sconcertata con uno sguardo penetrante.

- Ero molto giovane e stolto, prima di conoscere Sabine - esclamò. - Fu lei ad insegnarmi quanto fosse importante perseguire uno scopo, un obiettivo; che mi convinse ad impegnarmi anima e corpo, per servire qualcosa di più del mio orgoglio; e se oggi sono quello sono, una persona diversa dallo sciocco ragazzino viziato che ero, lo devo unicamente a lei… Sabine era la vera spada, non metallo e pietre preziose, ed è ciò che ha fatto di me un moschettiere!
- Ed è per lei che sei entrato a far parte dei moschettieri, giusto? Volevi che fosse fiera di avere accanto un uomo valoroso!
- Vorrei solo aver potuto fare di più per lei, nient’altro!

Così dicendo, Athos si allontanò dal tavolo e si avvicinò alla finestra, senza neanche la forza di sollevare lo sguardo verso il bianco disco lunare attraverso i vetri. Aramis si rattristò molto per lui, comprendendo benissimo ciò che provava, e fu subito al suo fianco nel tentativo di confortarlo.

- Athos - mormorò, mettendogli una mano sulla spalla. - Non puoi sentirti colpevole, tu hai fatto il possibile per starle accanto e certamente lei lo sapeva!
- L’ho vista andarsene, senza poter fare nulla - ripeté Athos dolorosamente. - Giorno dopo giorno, distesa su quel letto, mentre si consumava lentamente… E anche così, nonostante la debolezza che la sfiniva, fino alla fine non ha fatto altro che ripetermi di tener fede alla mia promessa!
- Quale promessa ?
- La stessa che ho fatto su quella spada - rispose Athos, indicando con lo sguardo la custodia ancora sul tavolo. - Un giuramento di fedeltà ad una causa più importante: più importante di me, di lei, della nostra vita, del nostro amore… di tutto, insomma! Questa era Sabine, la donna che amavo e che amo ancora oggi più di ogni altra cosa al mondo!
- Capisco - fece Aramis. - Anche François significava tutto per me, non potrei mai dimenticarlo, è parte del mio cuore ormai come Sabine è parte del tuo!

Athos si voltò di scatto, cingendole entrambe le spalle e sforzandosi di sorridere.

- Non ho dubbi su quanto sia puro e sincero il tuo amore per François, lo capisco dai tuoi occhi quando parli di lui… Sabine aveva lo stesso sguardo per me, non l’ho mai dimenticato!
- Athos, io non…
- Lo so - la interruppe lui, passandole un dito sulle labbra. - Credimi, è tutto a posto: se ti ho raccontato la mia storia è perché tu non debba sentirti in colpa, non ne hai motivo; qualunque cosa io e te possiamo aver provato o stiamo provando tuttora, non ci rende infedeli verso i nostri sentimenti; François continua a vivere nel tuo cuore, così come Sabine è viva nel mio, e questa è la sola ed unica verità!
- Oh, Athos!

Aramis si sentì rinfrancata dalle parole di Athos. Non solo lui sembrava capire e comprendere il suo comportamento, ma soprattutto era in grado di provare le sue stesse sensazioni. Che entrambi sentissero una forte attrazione reciproca, o qualcosa che li spingeva inesorabilmente uno verso l’altra, era senza dubbio dovuto al fatto che erano molto simili: Aramis aveva scelto di impugnare la spada per vendicare François, Athos invece per onorare la memoria della sua dolce Sabine; tutti e due avevano una storia e un passato difficili da dimenticare, ma insieme avevano trovato un motivo per aprirsi ai loro segreti più intimi; Athos sapeva quello che provava Aramis e viceversa, nessuno poteva avvicinarsi a quel profondo legame che sussisteva tra loro.
Persa negli occhi del suo bellissimo e affezionato compagno, Aramis provò nuovamente il forte impulso di accostare le proprie labbra alle sue. Tuttavia Athos pareva esitare nell’assecondare i suoi istinti, forse per timore di precipitare troppo le cose, perciò gli uscì un debole “no” sussurrato.

- Non posso - mormorò ancora lui. - Mi sembrerebbe quasi di approfittare di te e non voglio, non sarebbe giusto!
- Lo pensi davvero?
- Sì…
- Allora baciami!

Davanti a quell’invito esplicito, Athos non fu più capace di trattenersi. Le sue mani presero il volto di Aramis, per poter assaporare ancora una volta il profumo della sua bocca con un bacio intenso e appassionato. Lei chiuse gli occhi e, passandogli una mano fra i capelli e l’altra sulla sua schiena forte, ricambiò sinceramente le sue effusioni. Per circa qualche secondo, davanti a quella finestra che illuminava tutto in un cono di luce d’argento, l’immagine dei due sembrava più splendente che mai. La persona che stringevano fra le braccia era reale, non il ricordo doloroso di un amore perduto ma qualcosa che tutti e due provavano nello stesso momento. Aramis sentì chiaramente il desiderio di Athos nel calore delle sue labbra e, non fosse stato per la presenza di Porthos nella stanza ancora addormentato, probabilmente si sarebbero ritrovati nudi entro pochi istanti. Non c’era volgarità o bramosia in ciò che stavano facendo, ed era la dimostrazione di quanto entrambi tenessero l’uno all’altra. Né Athos né Aramis stavano guardando all’illusione di rivivere il passato, bensì alla consapevolezza di essere sé stessi e insieme, ed era questa la cosa più bella del loro nuovo presente.
Purtroppo, mentre si baciavano in modo così intenso, Athos inciampò inavvertitamente contro la seggiola posta accanto alla finestra ed entrambi ruzzolarono per terra con un tonfo. A causa del rumore, Porthos si svegliò di soprassalto rischiando quasi di cadere a sua volta.

- Eh, cosa… Che succede? I nemici attaccano… In guardia e… Uh ?!?

Malgrado la penombra che regnava nella stanza e il fatto che si fosse appena svegliato, Porthos non riusciva assolutamente a spiegarsi cosa accidenti ci facevano Athos e Aramis per terra stretti l’un l’altra. Questi ultimi, tossendo nervosamente per l’imbarazzo, si sciolsero immediatamente dal loro abbraccio e si rimisero in piedi.

- Accidenti al vino - provò a dire Athos, sperando di suonare convincente. - Temo di aver davvero bevuto troppo questa volta!
- A… Anch’io - fece eco subito Aramis. - Mi gira la testa in un modo… E’ meglio che mi sieda!

Porthos spalancò gli occhi ripetutamente. Gli altri restarono in attesa col fiato sospeso, augurandosi che la scusa della sbronza reggesse… Per fortuna Porthos sembrò credere a quella patetica commedia ( anche perché lui era realmente sazio e sbronzo ) e, sbadigliando rumorosamente, si limitò a concordare sul gran senso di pesantezza che aveva sullo stomaco.

- Sapete che vi dico ? - esclamò. - Non c’è niente di meglio di un altro buon sorsetto di Bourgogne… Vado subito a cercarne un’altra bottiglia!

Ciò detto, seppur barcollando vistosamente, Porthos accese una lanterna per illuminare la stanza e un’altra per farsi luce nel corridoio. Sia Athos che Aramis emisero un sospiro, non appena l'amico si fu allontanato, e si passarono una mano sulla fronte con sollievo.

FINE

(*) = vedere "Amour des Mousquetaires"

   
 
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