Capitolo 18
«Ma
amie est trés jolie.*»
«No,
Testarossa, si dice “mon” anche se è
femminile, non ricordi? Per evitare
l’incontro di vocali.»
«Uff!
Hai ragione Stè, l’avevo dimenticato.»
«Testarossa…
c’è qualcosa che non va, vero?»
Come
promesso, io e Testa di Paglia avevamo iniziato a studiare il francese,
seguendo uno di quei corsi pratici in DVD alla portata di tutti:
eravamo ancora
agli inizi, ma ci divertivamo a imparare qualcosa insieme, sembrava di
essere
tornati agli anni precedenti, quando eravamo compagni di classe e di
banco,
prima ancora che amici. Quel giorno però la mia
preoccupazione per lo scontro
con Claudio era troppo intensa per permettermi di concentrarmi e di
celare il
mio stato d’animo a Stè… non che ne
fossi mai stata tanto capace comunque!
«Ascolta
Pasi, io lo vedo che da un po’ non ti apri più con
me… se stai temendo di
ferirmi parlando dei tuoi problemi sentimentali, a causa di Simona, non
ti
preoccupare posso ascoltarti tranquillamente, non sono così
fragile!»
Come
al solito, Stè mi leggeva nel pensiero: si era reso conto
che cercavo di
trattenermi dallo sfogare le mie ansie con lui… ripensai
alla volta in cui non
avendogli detto del mio interesse per Emile, si sentì
ferito, temendo un mio
allontanamento a causa del suo attaccamento a mia sorella, con cui
avevo
litigato: forse gli facevo più male in questo modo che se
gli avessi parlato
come sempre…
«Scusami,
hai ragione… è che non volevo annoiarti con le
mie stupide angosce...»
«E
da quando mi annoio a sentirti, Testarossa? Coraggio, cosa
c’è che non va?»
Con
un invito simile, non mi feci pregare e raccontai a Stè dei
dubbi che mi
avevano attanagliato da quando Claudio mi aveva affrontato e aveva
detto quella
frase sibillina che mi turbava il sonno. Testa di Paglia mi
ascoltò con
attenzione e quando terminai di parlare disse la sua:
«E
non hai detto nulla ad Emile di tutto questo?»
«Fossi
matta Stè! Dovrei dirgli di aver incitato il suo batterista
a lasciare il
gruppo, ad un passo dalla tournée?! Se voglio che mi odi a
vita allora lo farò,
altrimenti sarò muta come un pesce!»
«Ma
non credi che abbia diritto di sapere?»
«Ho
troppa paura di aver combinato un guaio, non potrei sopportare di
vedere di
nuovo la rabbia sul suo viso contro di me, soprattutto alla luce di una
mia
intromissione nella sua vita professionale!»
Testa
di Paglia aveva ragione ed io lo sapevo nel profondo del mio essere, ma
in quel
momento non riuscivo a
ragionare su
quell’argomento con la dovuta lucidità, temevo
troppo le conseguenze a cui potevano
portare le mie azioni, se avessi detto ad Emile che Claudio minacciava
di
andarsene.
«E
non pensi che sarebbe peggio se Emile scoprisse proprio da Claudio che
tu sapevi
e non gli hai detto nulla?»
A
quella prospettiva mi si gelò il sangue nelle vene: Emile mi
avrebbe odiato di
sicuro, mi avrebbe estromesso definitivamente dalla sua vita ed io
l’avrei
perso per sempre!
«Oh
Stè, cosa posso fare? Io non voglio perderlo!»
Mi
appallottolai su me stessa sconfortata e Stè si
avvicinò a me per abbracciarmi:
«Capisco
la tua paura Testarossa, ma lo sai meglio di me che le bugie e le
omissioni
peggiorano tutto: è molto meglio dirgli tutto ora piuttosto
che attendere che
lui lo scopra e si senta tradito anche da te!»
Testa di Paglia aveva completamente ragione, avrei dovuto
farmi forza e
affrontare le conseguenze della mia lingua lunga…
«Come
farò se lo perdo, Stè?»
«Secondo
me stai esagerando, non credo che sia così drammatica la
situazione: morto un
papa se ne fa un altro e questo Claudio non è mica
l’unico batterista al mondo!
Emile troverà una soluzione, tutto tornerà al suo
posto e tu gli sarai ancora
accanto, ne sono certo. E se proprio non dovesse essere
così, se Emile ti
dovesse allontanare, vuoi dirmi che rinunceresti così presto
a lui? Che non
faresti nulla per riconquistarlo? Conoscendo quella tua testolina calda
e
testarda, dubito fortemente che lasceresti correre!» Caro
vecchio Stè, mia
ancora di salvezza per ogni stato ansioso o rabbioso, sempre pronto a
restituirmi la gioia e il sorriso: mi era mancato così tanto
in quegli ultimi
tempi! Mi ero sempre fatta delle remore a confidarmi con lui, sapendo
quanto
fosse in pena per Simona e invece si era dimostrato affidabile e
gentile come
sempre, ascoltando i miei problemi sentimentali e trovando un modo per
infondermi coraggio e
tranquillità.
«Grazie
Stè, non so cosa farei senza di te!»
«Allora
smettila di nascondermi le tue preoccupazioni Testarossa, ok?»
«Oui
mon ami» gli sorrisi orgogliosa
di me
per essere riuscita a dire una frase correttamente in francese e Testa
di
Paglia dal canto suo, si fece una bella risata che mi
confortò l’animo.
Rilassata
dalle sue parole e dal suo incoraggiamento, ritrovai la concentrazione
e
tornammo a studiare; fu solo durante una pausa che mi ricordai di avere
qualcosa
per lui:
«Stè,
qualche giorno fa sono stata a casa dei miei genitori: ho trovato
questa,
voglio che la prenda tu.»
Gli
mostrai una delle foto che avevo visto tra le pagine del libro di
Simona. Il
mio amico era accanto a lei: mia sorella vanitosamente aveva protestato
all’idea di farsi fotografare con le stampelle e tutte le
foto di quella serata
la ritraevano seduta, che fosse al locale, in auto o su un muretto. In
quel
caso lei e Stè erano seduti sul gradino di un porticato
dello stabile in cui si
trovava la cornetteria, dove avevamo fatto sosta prima di tornare a
casa: di
sicuro erano intenti a parlare seriamente quando Fede colse
l’attimo per
immortalarli. Ricordo che nonostante fossi ancora arrabbiata con mia
sorella,
fui felice dell’idea del nostro amico, perché
avrebbe dato un piccolo piacere a
Stè, che quella serata se la stava godendo tutta accanto
alla ragazza che
amava.
Vidi
gli occhi di Testa di Paglia farsi lucidi nel ricevere quella
fotografia e mi
sentii in colpa per avergli aperto la ferita in quel modo, ma sapevo
anche
che sarebbe stato
felice di poter avere
quell’oggetto con sé.
«Era
nel libro di Simo… voglio che la tenga tu Stè,
è del tutto inutile lasciarla
dove l’ho trovata.»
Prese
la foto e l’osservò per un po’, con
volto concentrato e dolente: «È stata una
delle serate più belle della mia vita, non la
dimenticherò mai!» Stè fece una
breve pausa poi continuò,
«Le avevo
mandato le foto via e-mail e non credevo che le avesse stampate
tutte…» sollevò
lo sguardo in mia direzione e mi rivolse un dolce sorriso,
«Grazie Testarossa,
è un bellissimo regalo.»
*****
Mentre
il mio animo combatteva col senso di colpa e il dubbio sul parlare o
meno ad
Emile, le registrazioni dell’album dei GAUS andarono avanti
senza intoppi, per
cui mi dissi che probabilmente avevo avuto troppa immaginazione nel
sospettare
di Claudio, o che il batterista stesso avesse cambiato idea, non avendo
la
volontà effettiva di abbandonare un gruppo in piena ascesa.
Per cui con mio
estremo sollievo, la chiacchierata con Emile cadde nel dimenticatoio
della mia
coscienza.
Una
sera in cui il mio Pel di Carota era in riunione col produttore, tornai
a
trovare sua madre: quando entrai nella sua camera, ebbi quasi la
speranza che
il mio desiderio di vederla piena
di
vitalità si fosse esaudito d’incanto,
poiché trovai Claudine seduta sulla
poltrona, intenta a guardare dalla finestra. Mi resi conto presto
però che in
quella donna non era tornata la voglia di vivere: al di là
del vetro c’era la
casa attigua, il panorama non era dei migliori, ma la madre di Emile
non
sembrava curarsene, era sempre immersa nel suo mondo grigio, distaccata
da
tutto ciò che costituiva la vita reale, persa nelle sue
sofferenze che avevano
schiacciato tutta la sua vitalità.
Negli
ultimi tempi era ridotta alla stregua di un vegetale, sempre imbottita
di
farmaci e di conseguenza mi stupii nel trovarla seduta lì:
era la prima volta
che la vedevo in casa sua lontana dal letto.
Alberto
si avvicinò all’uscio dov’ero rimasta ad
osservare sua moglie, impietrita per
la sorpresa:
«Fa
un certo effetto vederla così, vero?»
Poggiò una mano sulla mia spalla e mi
girai a guardarlo:
«Com’è
possibile?! Sta meglio? L’ultima volta che l’ho
vista era un vegetale!»
«Ho
interrotto la somministrazione di alcuni medicinali.»
Lo
guardai sorpresa: «Hai chiesto altri pareri medici?»
«No.
Ho deciso di non darle più tutti quei medicinali che
finivano di stordirla;
come hai detto anche tu, era diventata solo un vegetale e solo per far
stare
tranquilli noi.»
«E
gli infermieri, sono d’accordo?»
«Sabrina
sa tutto ed è d’accordo con me… a patto
però che nel momento in cui dovessero
esserci segni di ribellione in Claudine, si ritorni alla cura
originale. Il
nuovo infermiere non sa nulla, è all’oscuro
dell’uso di questi medicinali.»
Rimasi
senza parole: Alberto stava rischiando d’inimicarsi i dottori
per ridare
vitalità a Claudine… ma in questo modo rischiava
anche che sua moglie tentasse
nuovamente il suicidio!
«So
che pensi che sia una pazzia, ma non riuscivo più a
tollerare di vederla in
quel modo. Sono abituato a vederla assente, ma con tutti quegli
psicofarmaci
che non facevano altro che inebetirla per tenerla buona, era diventata
poco più
di un cadavere vivente! Non m’importa se rischio di perderla
definitivamente,
almeno la ricorderò con quel po’ di
vitalità che ancora le resta e non come una
bambola priva di espressione e di volontà!»
Le
parole di Alberto mi commossero: erano cariche
di amore e di dolore, quel dolore che si portava dentro da
vent’anni, a cui era
abituato ormai ma che non per questo fosse meno forte o causasse meno
sofferenza. Se fossi stata al posto suo cosa avrei fatto? Come mi sarei
comportata vedendo Emile spegnersi giorno dopo giorno, senza che
potessi far
nulla per aiutarlo? Vederlo in fin di vita svariate volte, per poi
ritrovarlo
come un vegetale in un letto?!
Al
solo pensiero mi salì un groppo in gola e inorridii dalla
paura: vedere la
propria madre ridotta in quello stato non era facile per Emile, ma per
Alberto
il dolore doveva essere atroce! E ci conviveva da ventidue anni!
Presa
da quel pensiero angosciante l’abbracciai: «Vorrei
tanto che guarisse!»
Avevo
sperato sin dal primo giorno in cui la vidi, che Claudine trovasse la
forza per
riprendersi la sua voglia di vivere e in quel momento, quel desiderio
fu
terribilmente vivo dentro di me.
«Anche
io bambina, lo vorrei tanto anche io.»
Alzai
il viso verso quello di Alberto e lo vidi mentre guardava sua moglie
con
un’espressione di amore, dolcezza e tristezza così
intensa che mi sentii una
spiona ad osservare quella comunicazione così profonda e
intima, perciò portai
lo sguardo verso Claudine che continuava ad osservare fuori dalla
finestra:
«C’era
una farfalla Albert, una farfalla trés jolie.»
«Che
colori aveva chèrie?» Alberto si staccò
da me e si avvicinò a sua moglie,
sedendosi su un bracciolo della poltrona e circondando lo schienale con
un
braccio,
«Dei
colori davvero vivaci! Orange,
jaune e un po’ de noir**… era davvero
jolie!» Il viso di Claudine aveva
un’espressione concentrata, anche se gli occhi restavano
spenti e lontani:
Alberto le baciò il capo guardando dalla finestra e di nuovo
mi sentii di
troppo, osservando quella scena così dolce e dolente. Stavo
per andarmene quando
Claudine si girò verso di me: non mi
rivolse alcuna parola, ma allungò una mano in mia direzione.
La raggiunsi con
un groppo improvviso alla gola: quella probabilmente fu la prima volta
in cui
ebbi un vero contatto con lei.
Mi
prese la mano e la strinse a sé: i suoi occhi, gli stessi
occhi di Emile, mi
guardavano con aria triste, ma dietro quel velo riuscivo a scorgere una
piccola
luce di consapevolezza, come se stesse cercando di dirmi qualcosa,
finché la
sentii dirmi:
«Merci
beaucoup.»
Grazie.
Claudine mi stava ringraziando! Era un ringraziamento per esserle stata
accanto? Mi ringraziava per aver reso più sereno Emile, come
continuava a dirmi
suo marito?
Non
seppi dirlo. Ma sentii nuovamente un groppo alla gola e non riuscendo a
parlare,
mi avvicinai a lei e le diedi un bacio sulla guancia: forse il mio
affetto
sarebbe riuscito a comunicare con lei in modo più diretto di
qualsiasi parola…
Se solo fossi stata capace di sciogliere quel velo di tristezza che
avviluppava
la sua anima! Emile e Fede sostenevano che avessi il potere di far
aprire le
persone, ma in quel momento in cui desiderai davvero di avere una tale
capacità, riuscii solo a sentirmi inutile e impotente,
davanti alla tristezza
senza sollievo di Claudine.
*****
«È
così insopportabile tutto questo, Fede!»
«Lo
so Pasi, ma non puoi farci nulla, la sola che potrebbe far qualcosa
è Claudine
stessa, ma non ha abbastanza forza di volontà per
farlo.»
«Perché
gli esseri umani si riducono in questo stato? È una
sofferenza guardarla ed è
ancora più doloroso vedere Emile e suo padre che soffrono
con lei! Tutto perché
ha ceduto, perché non si è fatta forza! Eppure
aveva una vita splendida!»
«Claudine
è fragile, non ha la tua stessa forza di volontà
e si è lasciata andare alla
sofferenza invece di combatterla.»
«Lo
so Fede, so come funziona, ma non riesco ugualmente a tollerarlo! Se
penso
all’espressione sofferta di Alberto, se penso al dolore che
si porta dentro
Emile! Vorrei tanto fare qualcosa!» Appoggiai sconsolata la
testa alla
scrivania dell’”ufficio”
di Fede.
In
quegli ultimi giorni il centro era stato rimesso a nuovo: Fede e
Stè si erano
occupati di risistemare la struttura (una mano di vernice, una
controllata
all’impianto elettrico e agli infissi), mentre io e Rita e
qualche rara volta
persino Sofia, c’eravamo dedicate all’arte
dell’arredo e in poco tempo avevamo
messo su un ingresso accogliente e due salette pulite, comode e
ordinate,
mentre la cassettiera di Emile era rimasta nell’ingresso, a
dare il benvenuto
ai nostri ospiti: ogni volta che la vedevo, sentivo la presenza del mio
amato
Riccioli Rossi, che mi sosteneva e incoraggiava.
La
stanza di Fede, dove ci trovavamo in quel momento, era piccola ma con
le nostre
cure era diventata accogliente: dotata di una scrivania, dei ripiani
per libri
e depliants e tre divanetti per
accogliere i visitatori. Ero seduta di fronte a lui: appena entrata in
quella
stanza lo vidi intento a controllare che il pc fosse in ordine, ma si
fermò di
colpo guardando l’espressione che avevo sul viso, che come al
solito rivelava al
mio amico tutto ciò che mi angosciava in quel momento. Il
passo che da lì mi
condusse ad esternargli le mie ansie, fu breve.
«Pasi
è inutile snervarti in questo modo, non puoi fare nulla per
cambiare la
situazione… anzi puoi renderla meno triste e tragica se non ti fai prendere
dallo sconforto e
continui a mostrare il
tuo volto
sorridente. Il tuo sorriso ha ridato vita agli abitanti di quella casa,
te ne
sei resa conto? Con la tua presenza accanto a loro hai portato gioia,
hai
portato vitalità, hai donato nuova linfa vitale ad Emile e a
suo padre.
Continua ad essere te stessa, e allevierai di molto le loro
sofferenze.»
«Tu
sei tropo fiducioso in me, Fede!»
«No
Pasi, io guardo le cose con obiettività, tu sei troppo
coinvolta per farlo
perciò non ci riesci, ma io che conosco la situazione da un
punto di vista esterno,
la vedo la differenza.»
«Anche
Emile ha questa smodata fiducia in me, ma io mi sento totalmente
inutile, ora!
Vorrei poter fare di più! Vorrei riuscire a dare il sorriso
a Claudine, vorrei
poter ridare sua madre ad Emile e sua moglie ad Alberto! È
così frustrante non
poter far nulla!»
«Invece
di intristirti perché non riesci a raggiungere un obiettivo
così difficile,
considera invece ciò che fai e sii felice di essere riuscita
a portare un po’
di allegria e serenità in quella casa. Non possiamo
accollarci tutti i dolori
degli altri, Pasi, ma possiamo aiutarli a farsi forza, possiamo fare
qualcosa
nelle piccole azioni quotidiane, o semplicemente donando un sorriso
d’affetto e
d’incoraggiamento a chi è in continua lotta.
Questo deve valerti anche per il futuro:
avremo modo di essere a contatto con tante realtà sofferte e
con tante persone
schiacciate da problemi di vario genere. Se ci addolorassimo fino a
questo
punto per ognuno di loro, non riusciremmo più a vedere con
obiettività e
soprattutto non riusciremmo a reggere tante situazioni difficili. Tutto
ciò che
potremo fare sarà incoraggiarli, sostenerli e aiutarli a
superare i loro
problemi, ma non potremo mai sostituirci alla loro volontà.
Tienilo bene
presente.»
Ecco
perché adoravo Federico, aveva una profonda
umanità e una grande sensibilità,
ma riusciva anche ad essere freddo e obiettivo, dipanando di volta in
volta
tutte le mie ansie nei riguardi del mio desiderio di aiutare il
prossimo. Aveva
ragione, non potevo accollarmi il dolore di Claudine, la forza per
reagire
doveva trovarla lei, non potevo sostituirmi alla sua
volontà, per quanto avessi
potuto provare a darle uno scossone, tutto dipendeva da lei e non da
me, che
avrei solo sofferto inutilmente nel tentativo di risvegliarla da un
sonno che
non voleva abbandonare.
*****
«Pasi,
c’è Emile che ti aspetta sotto casa.»
«EH?»
Aprii
la porta del bagno con la faccia più sorpresa del mondo e lo
spazzolino da
denti ancora in bocca: era una normale domenica mattina e avevo appena
fatto
colazione: tutto mi aspettavo tranne la comparsa di Emile!
«Mi
ha detto che ti aspetta giù… non avevate un
appuntamento?» Guardai Rita in
cerca di risposte, ma dall’espressione del suo viso capii che
ne sapeva quanto
me. Mi sciacquai la bocca e chiamai Emile al cellulare per capire cosa
stesse
accadendo:
«Emile,
è successo qualcosa a tua madre?»
«Buongiorno
streghetta, anch’io sono felice di sentirti.» il
suo tono era ironico e non
c’era traccia di preoccupazione nella sua voce.
«Che
sta succedendo?»
Non
capivo. Non ero assolutamente in grado di comprendere cosa stesse
accadendo. Perché
era venuto sotto casa
di Rita dicendomi di scendere, se non era accaduto nulla di grave a sua
madre?
«Tu
preparati e scendi, oggi facciamo una gitarella.»
Una
gitarella. Io ed Emile che ci prendevamo un giorno tutto per noi,
lontano da
parenti e amici, lontano dalla nostra quotidianità e dai
nostri impegni! Sarei
dovuta andare da Simona nel pomeriggio, ma era ancora mattina e non
sapevo cosa
mi avrebbe riservato quel giorno con quel programma inaspettato,
così rimandai
il pensiero dell’appuntamento pomeridiano, al momento in cui
avrei dovuto
affrontarlo e mi preparai il prima possibile, agitata e felice per
quella
sorpresa inaspettata.
Appena
raggiunsi Emile, lo vidi appoggiato alla parete dello stabile in mia
attesa, le
mani in tasca e gli occhi chiusi intento ad ascoltare i suoi mp3: era sempre uno spettacolo
per i miei occhi e
la felicità nel vederlo fu disarmante. Non sapevo
alcunché dei suoi piani per quel
giorno, ma non m’importava: avrebbe potuto condurmi anche nei
gironi più
profondi dell’inferno e sarei stata ugualmente la ragazza
più felice del
pianeta, per il solo fatto che fossi in sua compagnia! Aprì
gli occhi sentendo
la mia presenza e mi sorrise, allungandomi una mano:
«Pronta?»
«Prontissima!»
con un sorriso pieno di gioia, presi la sua mano mentre si avvicinava
per darmi
un dolcissimo bacio di buongiorno, prima di accompagnarmi
all’auto.
Cercai
di capire dove fossimo diretti ma Emile fu una sfinge, decisi quindi di
mandare
un sms a Stè per avvertirlo di non aspettarmi nel
pomeriggio: mi dispiaceva
mancare all’appuntamento con lui e Simona, ma nonostante non
sapessi cosa ci
attendeva, non avevo alcuna intenzione di rovinare quel giorno.
Appena
inviai l’sms, notai una luce di soddisfazione sul viso di
Emile: non riusciva
ancora a togliersi di dosso la gelosia nei confronti di Stè
e sapere di avermi
rubato a lui doveva averlo reso soddisfatto di se stesso. «Emile,
dimmi che non è una manovra per non farmi vedere
Stè!?»
Quel
diavolo rosso sorrise tra sé e aggiunse: «Ammetto
di essere soddisfatto di
averti tutta per me oggi, ma se dovessi fare questo solo per tenerti
lontana da
Stefano, allora dovrei macchinare qualcosa ogni giorno!» Lo guardai in tralice ma
dovetti ammettere che
aveva ragione: non gli avrei mai permesso di allontanare Stè
da me, era una
persona troppo importante, una presenza costante nella mia vita ed
Emile
avrebbe dovuto imparare a convivere con il fatto che ci fosse anche
Testa di
Paglia accanto a me.
Dopo
un paio d’ore di tragitto, lo vidi fermarsi lungo la costa
che stavamo
percorrendo, scese dall’auto e mi aprì la
portiera, vedendo che in preda alla
confusione non ero ancora uscita dall’auto:
«Pic-nic
sulla spiaggia, che te ne pare?»
Lo
guardai con stupore, meraviglia, felicità e tutto
l’amore che sentivo per lui:
«Dico
che è perfetto!»
Sorrise
felice e mi allungò una mano per estrarmi da
quell’auto a cui ero inchiodata e
sorrisi di rimando, travolta da troppe emozioni per poter dire
qualsiasi cosa.
Era
una bella giornata d’inizio primavera, il sole era gentile
sul viso e lo
sciabordio delle onde aiutava a creare un senso di pace e comunione con
la
natura, il giorno ideale per accamparsi lì. Infatti Emile
non fu l’unico ad
aver avuto quell’idea, anche se quel tratto di spiaggia non era particolarmente
frequentato, per cui la
sensazione predominante fu quella di essere soli con il mare a farci
compagnia.
Il mio Pel di Carota aveva pensato a tutto, così a me non
restò che accomodarmi
sulla stuoia e godermi cibo e compagnia.
«Hai
avuto un’idea magnifica, mi sento così bene in
questo momento che non vorrei
andarmene più”»
Emile
sorrise soddisfatto stringendomi a sé: «Sono stato
preso così tanto dalla
realizzazione dell’album che il tempo è fuggito
via e non abbiamo avuto mai
modo di starcene un po’ lontani da tutto e tutti,
così visto che oggi ero
relativamente libero, ho deciso di approfittarne... Non è
facile starmi
accanto, ne sono consapevole: non ti do abbastanza spazio e ti metto
sempre in
secondo piano… Volevo ripagarti per la tua
pazienza.»
Quella
frase mi strinse il cuore di una dolorosa gioia, avevo capito ormai che
quando
Emile era impegnato con la musica dovevo solo armarmi di pazienza e
attendere
che avesse tempo per me, per cui non avevo pensato che avesse dei sensi
di
colpa nei miei confronti. Mi aveva detto più volte quanto
fossi importante per
lui, mi aveva dimostrato anche la sua stima, eppure ogni volta che
faceva gesti
simili, o diceva qualcosa che dimostrasse quanto ci tenesse a me, mi
riempiva
di gioia come se fosse la prima volta: è proprio vero che un
innamorato non si
accontenta mai, che ha sempre bisogno di conferme, che teme sempre di
non
essere amato!
«Grazie.»
fu l’unica parola che riuscii a dire, prima di sprofondare il
mio viso nel suo
abbraccio e bearmi di quel momento di assoluta pace.
Restammo
in silenzio per qualche secondo, finché Emile
tornò a parlare:
«Sei
felice, Pasi?»
Restai
avvolta nel suo abbraccio mentre aggiungeva: «Credo di non
essere mai stato
così felice in vita mia e so che questo momento
sparirà; perciò finché
c’è,
finché posso sentirmi così in tua compagnia,
vorrei che fosse lo stesso anche
per te, che provassi anche tu ciò che provo io.»
Ciò
che provai in quel momento non riesco a descriverlo con le sole parole:
ero
così terribilmente felice e così splendidamente
triste che solo col senno di
poi mi resi conto dell’assoluta contraddizione che si cela
nell’animo di chi
raggiunge una gioia estrema…
«Sì
Emile, sono felice. Felice come non sono stata mai.»
…una
gioia così immensa da essere dolorosa, da farti sentire
triste sapendo che
finirà!
Emile
non replicò alle mie parole, ma
mi
strinse a sé silenziosamente e senza dirci altro rimanemmo
ad osservare le onde
e il loro gioco di luce con il sole.
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* "La mia amica è molto graziosa"
** Arancione, giallo e un po' di nero
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NDA
Questo capitolo e quello precedente sono frutto della mia recente revisione (ancora in corso): sono stati praticamente scritti in queste ultime settimane,
riempiendo un vuoto cosmico che avevo lasciato a se stesso nell'ansia di arrivare ad una conclusione (...).
Spero quindi che siano stati di vostro gradimento, perché a me sono piaciuti molto ^ ^
Angolo dei Ringraziamenti:
La mia tomodachi mi ha detto che a volte scrivo delle cose che creano immagini ad effetto: per chi scrive, riuscire a dare un'immagine che resti impressa nella mente di chi legge è un grande traguardo ed io mi sono sempre considerata troppo sintetica per esserne capace, troppo poco descrittiva per essere considerata una persona capace di scrivere.
Per cui l'autrice piena di complessi (grazie prof.) che è in me, si sente ancora una volta commossa e grata per le parole così belle che tutte voi mi riservate e spero con tutto il cuore di riuscire ad emozionarvi fino alla fine con questo racconto che ormai è diventato parte di me.
Vi adoro tutte e vi ringrazio come sempre per il vostro sostegno, per gli incoraggiamenti, per l'attesa ansiosa di un nuovo capitolo e per tutte le belle parole che avete speso a mio vantaggio da quando ho iniziato a pubblicare questa storia, due mesi e mezzo fa.
ARIGATOU GOZAIMASU a tutte voi mie adorate: Iloveworld, Saretta, Niky, Vale, Concy, Ana-chan, Cicci, Ely.
Vi adoro <3
Grazie a tutte coloro che hanno aggiunto questo racconto tra i preferiti, tra le seguite e tra quelle da ricordare: lorenzabu, samyoliveri, sbrodolinalollypop, Aly_Swag,
green_apple, cara_meLLo, celest93, cris325, Drama_Queen, hurry, Newiyurd, nicksmuffin, Origin753 (se amate i romanzi della Austen, in particolare Orgoglio e Pregiudizio, Origin sta scrivendo una divertentissima parodia con tutti i personaggi austeniani: The Austen Resort, ve la consiglio!), petusina, sel4ever, ThePoisonofPrimula, _Grumpy.
ARIGATOU - formato famiglia a tutte voi!!!