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Autore: SHUN DI ANDROMEDA    15/11/2011    3 recensioni
[Partecipante al Travel Awards e classificatasi QUINTA]
Come altre capitali,
Madrid è in maniera esagerata
il centro delle decisioni o meglio delle indecisioni,
il cimitero delle iniziative,
il perno su cui ruota,
con il suo solenne ritmo burocratico,
il resto d'un Paese in risveglio.
«Che la morte mi venga dalla Spagna»
disse un Inglese dell'epoca elisabettiana
«perché allora tarderà molto a venire.»
Robert Littell
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Cancer DeathMask, Capricorn Shura, Leo Aiolia, Nuovo Personaggio, Pisces Aphrodite
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Saint Seiya
Rating: Per tutti
Personaggi/Pairing: OCs, Shura, Aiolia, Death Mask e Aphrodite.
Tipologia: OneShot
Lunghezza: 11 pagine
Avvertimenti: ShonenAi
Genere: Generale, Sentimentale, Romantico, Introspettivo.
Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà della Toei e di Masami Kurumada che ne detiene tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in essa, appartengono solo a me.

 

§§§

Come altre capitali,
Madrid è in maniera esagerata
il centro delle decisioni o meglio delle indecisioni,
il cimitero delle iniziative,
il perno su cui ruota,
con il suo solenne ritmo burocratico,
il resto d'un Paese in risveglio.
«Che la morte mi venga dalla Spagna»
disse un Inglese dell'epoca elisabettiana
«perché allora tarderà molto a venire.»

Robert Littell

§§§

 

MADRID, MADRID, MADRID

 

Caldo, caldo soffocante, che andava a mischiarsi col vociare intenso e quasi fastidioso della gente che affollava la via, mentre il penetrante odore di churros, portato dalla brezza, raggiungeva Aiolia, seduto sul sagrato della chiesa di San Cayetano.

Il greco osservava con aria quasi assente i balli che coloravano il quartiere, illuminato per ogni dove dalle lanterne avvolte nella sottile carta colorata che filtrava la luce, permettendo alle ombre di allungarsi come spettri iridescenti sui muri delle case e sul selciato della strada: si sentiva frastornato, non era certo abituato a cose del genere.

Con un sospiro, il Saint di Leo si asciugò la fronte sudata e aguzzò la vista nel tentativo di distinguere una qualche figura familiare nella calca festaiola.

Federico ballava con Manuel e non sembrava avessero intenzione di smettere tanto presto: il chotis che la banda stava suonando era incredibilmente coinvolgente, anche lui che non era esperto dei balli greci, figuriamoci di quelli spagnoli, si rendeva conto di quanto fosse famoso quel motivetto tra i partecipanti.

Diamine, perfino i bambini stavano ballando, elegantissimi nei loro abiti tradizionali e ogni volta che la possente voce tenorile ripeteva “Madrid” non c’era un bambino che non si unisse al coro, con la sua voce stentata ma allegra: si spintonavano, si tiravano nel centro della calle

Lui era davvero l’unico musone che non stava partecipando all’allegria generale?

Sbirciò alle proprie spalle con la coda dell’occhio, ma effettivamente c’era solo lui seduto su quella scalinata.

Restò qualche minuto a fissare le decorazioni, appese a ogni davanzale e su ogni porta, e non poté trattenere un sorriso pieno di malinconia mentre le emozioni di tutti coloro che lo circondavano sembravano travolgerlo come un fiume in piena di allegria e ingenua felicità.

Senza accorgersene, prese a tamburellare a tempo con le dita sul marmo mentre ripensava a come si era ritrovato coinvolto in quel vortice di musica e canti, quando l’unico motivo che l’aveva spinto a lasciare Athene aveva avuto la bella pensata di non farsi trovare.

Una città caotica.

Almeno era quella l’impressione che Aiolia ebbe, non appena sceso dal vagone del treno e poggiati i piedi sulla banchina della stazione di Atocha.

Era arrivato a Madrid, finalmente.

Con un sospiro sollevato, il greco mosse qualche passo dietro la fiumana di pendolari, turisti e quant’altro che, esattamente come lui, avevano passato le ultime sette ore seduti su scomode poltroncine in balia degli scossoni del mezzo e che, frastornati, cercavano di riprendere il contatto con la realtà.

Cercando di non farsi travolgere dall’ennesimo gruppo di vacanzieri con valigie al seguito, Leo si mise meglio la borsa sulla spalla e si spostò sull’angolo, per poi fissare con aria quasi ebete il foglietto che aveva saldamente tenuto in mano per tutto il tempo, come se da esso dipendesse la sua vita.

Sopra, non c’era scritto granché.

Solo un indirizzo.

Nella fattispecie, l’indirizzo di Shura in quella città.

Il greco sospirò, massaggiandosi il collo indolenzito e seguendo cautamente i viaggiatori lungo il corridoio affollato: l’ultima cosa che voleva era perdersi ancora prima di uscire dalla stazione.

Ma prima, doveva trovare assolutamente qualcosa da bere o sarebbe crollato miseramente: il treno non aveva fatto fermate più lunghe di una decina di secondi ed era stato impossibile rifornirsi d’acqua durante il viaggio.

E ora aveva sete, parecchia sete.

Forse non era tutta colpa dell’arsura causata dal viaggio sotto il sole cocente spagnolo, magari c’era di mezzo anche la componente sentimentale, che gli aveva seccato la bocca nell’esatto momento in cui aveva preso la decisione di mollare fratello maggiore e compagni per intraprendere quell’assurda caccia al tesoro attraverso la Spagna, però…

Era difficile da ammettere, e forse anche un po’ folle, ma cominciava a dubitare della logicità della sua repentina scelta: anzi, forse sarebbe meglio dire che se ne stava quasi pentendo.

L’indecisione aveva preso il posto della determinazione che l’aveva sostenuto nel lungo viaggio dal confine alla capitale e tutta una serie di dubbi l’avevano assalito con la forza di un fiume in piena.

Era talmente preso dalla sua mole non indifferente di crucci quando, semplicemente, come nei peggiori film comici, andò tranquillamente a sbattere contro qualcuno, buttando per terra il malcapitato e perdendo a sua volta l’equilibrio.

Fortunatamente, la borsa aveva attutito la sua caduta.

“Ehi, tutto bene?!”

Una voce lo aveva riscosso mentre cercava di tirarsi in piedi e un paio di braccia robuste l’avevano tirato su con estrema facilità, quasi fosse stato un semplice fuscello: era sorprendente; Aiolia alzò lo sguardo, trovandosi davanti un paio di grandi occhi azzurri incastonati in un volto lentigginoso e abbronzato, incorniciato da ciuffi color della fiamma.

Un ragazzino, era solo un ragazzino, poco più piccolo di lui, sicuramente.

“Sei appena arrivato?” chiese lui in spagnolo purissimo.

“S-Si.” replicò a fatica Aiolia, qualche parola di spagnolo la capiva anche sarebbe stato teoricamente in grado di imbastire un discorso quantomeno decente se solo fosse riuscito a richiamare alla mente gli insegnamenti di Shura in merito…

Già…

Shura.

Non poteva dimenticare il perché della sua visita al Saint di Capricorn, ma era necessario trovarlo prima e non poteva perder tempo a tessere rapporti amichevoli con i madrileni, aveva da fare.

Cercò di ringraziare goffamente e nel contempo di allontanarsi alla massima velocità possibile, quando il ragazzo lo afferrò per il polso tirandoselo dietro: “Vieni al mio locale, hai bisogno di acqua fresca, se vieni da quello sputo di stazione sui Pirenei.”.

Come faceva a sapere da dove veniva?

Federico, questo era il suo nome, possedeva un bar poco fuori Atocha, che raggiunsero in meno di una manciata di minuti e dove furono accolti da un altro ragazzo, questa volta dai volti capelli neri: “Lui è Manuel!” presentò, “Manuel, lui è Aiolia. È qui perché sta cercando un amico.”.

“Se siete in grado di indicarmi dove sia quest’indirizzo, posso andarmene subito.” tentò di dire il greco, ma lo spagnolo era irremovibile: “Se sei venuto sin qui, non puoi andartene senza aver visto la festa più bella della Spagna!” esclamò Federico, irremovibile, quando erano arrivati a un simile e repentino grado di familiarità, visto che s’erano appena conosciuti, e neppure nel migliore dei modi.

Manuel poggiò la mano sulla spalla del compagno, facendo tacere per qualche minuto: “Non preoccuparti, è sempre così iperattivo ed esagitato.” il moro rassicurò il Saint con un sorriso comprensivo, “Comunque ha ragione, quest’indirizzo poi non è tanto lontano da qui. Potete tranquillamente fare un giro e poi tornare qui. Non ha senso farsi tutti questi chilometri e non vedere assolutamente nulla di questa città.”.

Aiolia tentò di ribattere, ma entrambi furono irremovibili.

In che razza di situazione s’era cacciato?

E anche se, dopo più di sette ore, ancora non aveva capito il perché dell’interessamento di quei due pazzi e per quale motivo fosse lì anziché a discutere con Shura di.. Beh, quello che dovevano discutere, doveva ammettere che non era poi così male quella festa.

Era stato trascinato lì dopo un noiosissimo giro per la Madrid “turistica” e anche un poco fasulla e artefatta, ma quel tuffo nella realtà popolare di quella città l’aveva quasi rinvigorito e s’era reso conto della bellezza di quei gesti semplici che erano o passi di ballo o lievi baci a fior di labbra degli adolescenti celati dalle ombre.

E del calore che gli serpeggiava nell’animo mentre la sua attenzione si spostava alternativamente ora sui ballerini ora sulle bancarelle che affollavano la via, attirando sciami di persone come le falene vengono attirate dalle fiamme: si sentì tentato di gettarsi nella mischia.

E così fece.

Senza neppure essersene accorto, era stato sequestrato da una bimbetta, avvolta nel suo coloratissimo vestitino a pois bianchi e rossi, con una ricca e decorata mantiglia nera sulle spalle e i grandi occhioni chiari e buoni che lo scrutavano in viso: una sorta di colpo di fulmine, perché la piccola lo trascinò in una danza folle e incontrollabile, sotto lo sguardo attento delle statue di San Cayetano a vegliare su di loro.

Il greco passò di mano in mano, di ballerina in ballerina, come una sorta di pacco postale, fino a finire dritto tra le braccia di Federico, che lo sostenne con una gran risata piena di allegria mentre Manuel, alle loro spalle, li fissava con aria bonaria: “Le madrilene apprezzano le tue grandi capacità sulla pista da ballo, evidentemente.” lo sfotté lo spagnolo, tirandolo fuori dalla folla e ritornando presso il gradino dove, fino a poco prima, il Leone stava seduto.

“Bravo, ridi, ridi pure…” brontolò Aiolia, sedendosi con un sospiro rumoroso: “Non sono capace di ballare…” borbottò Leo, massaggiandosi le gambe indolenzite e affaticate, “Nessuno mi ha mai insegnato.” spiegò, vedendo l’espressione stupita dei sue.

Fu Manuel, a un certo punto, a svegliarsi, proponendo un giro per la fiera e i banchetti pieni di svariate cose, dai coloratissimi quadri dai soggetti quasi cubisti alle graziose boule-de-neige che una donna francese, trapiantata in città, creava a mano da vendere: i tre giravano con aria beata e tranquilla, chiacchierando e, all’occorrenza, fermandosi per esaminare le merci o acquistare qualcosa, che fossero ventagli in legno dipinti o ingombranti riproduzioni di spade di Toledo non faceva poi molta differenza.

L’importante era divertirsi e, per Aiolia, anche dimenticare e relegare il dovere nell’angolo più remoto della mente, lontano dal cuore.

“La Verbena de la Paloma!” gridò improvvisamente Federico, sfuggendo alla presa di Manuel e sgusciando tra la folla; Aiolia fece per andargli dietro, ma subito il moro lo bloccò, trattenendolo per la manica della maglietta: “So benissimo dove trovarlo, non c’è bisogno di correre.”.

E infatti.

Il rosso era tra il pubblico che circondava un piccolo palco, dove era in scena una rappresentazione in costume.

“La Verbena de la Paloma.” ripeté Federico, indicando i personaggi in scena: “La mia zarzuela preferita fin da quando ero alto così.” e per sottolineare l’età, abbassò la propria mano fin quasi ad arrivare al ginocchio.

“Zarzuela?” chiese il greco dubbioso, mentre cercava di seguire i discorsi, veloci e incredibilmente dialettali, che i personaggi facevano, suscitando risate e momenti di commozione nel pubblico: “Una rappresentazione teatrale.” spiegò rapidamente Manuel, senza distogliere lo sguardo dalle figure in movimento sotto le luci del palco, “È un po’ il simbolo della festa di San Cayetano, e in generale delle feste d’estate.”.

Concentrato com’era sullo spettacolo, Aiolia non s’era minimamente accorto del fatto che Federico si fosse spostato e lo avesse affiancato, chiamandolo più e più volte.

Ma se ne rese conto, e come poteva non essere così, nel momento in cui le sue labbra s’erano posate su quelle del greco, che sobbalzò, letteralmente, e fece un salto talmente improvviso che per poco non andò a sbattere contro altri spettatori che intanto li avevano circondati.

Sconvolto e incapace di dire alcunché, Leo si sfiorò le labbra ancora bollenti, alternando le occhiate scioccate verso il rosso e quelle imploranti e confuse verso Manuel, che però sembrava in ritratto della tranquillità e della spensieratezza.

“M-Ma che-“ biascicò il greco, prima che Federico lo tirasse in piedi senza troppi complimenti, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro: “Allora?” incalzò lo spagnolo, tirandoselo dietro verso un angolo tranquillo.

“Allora cosa-?” borbottò Aiolia, tenendo lo sguardo basso e cercando di controllare i suoi pensieri, i quali, più vorticosi che mai, avevano cominciato a saettare da una parte all’altra del cervello, facendogli venire un grandissimo mal di testa.

Lui era lì per chiarire con Shura riguardo ai loro sentimenti, non per farsi baciare dal primo diciottenne arrapato piombatogli nella vita!

Tutta quella storia gli era sembrata assurda fin dall’inizio, e si era dimostrata come tale.

“Spero ti sia servito per mettere ordine nei tuoi sentimenti. Come stai?” proseguì Federico, facendolo sedere sul marciapiede, lui teneva le braccia incrociate mentre i suoi grandi occhi azzurri erano puntati in quelli color cioccolato del Saint del Leone: “L’indecisione spagnola ti ha lasciato andare e ti sei convinto che devi parlare con quell’altro musone cosmico di Shura?”.

Le parole del ragazzo appesantirono il silenzio che s’era creato tra loro, un silenzio che neppure l’allegria che regnava nella strada sembrava essere in grado di scalfire.

“Cosa vuol dire…?” biascicò infine il greco, sembrava che sulla sua pelle fosse tornato un po’ di colore: “Voglio dire, Aiolia, che tu e quell’incredibile testa di marmo del mio amico d’infanzia dovreste imparare a essere più sinceri con voi stessi! Nel tuo caso, se aspetti che sia lui a prendere l’iniziativa, ti toccherà aspettare in eterno, e non siamo più ai tempi della guerra tra Inghilterra e Spagna quando, per far partire l’Invencibile Armada, ci abbiamo messo una vita! E per quanto ti riguarda, il tira e molla dell’indecisione rischia di scatenare gli stessi effetti del suo comportamento. Quanto avete, tre anni?”.

“Siate chiari con i sentimenti.” affermò Manuel, cingendo le spalle di Federico e baciandolo appassionatamente subito dopo.

§§§

Senza fiato, il greco stava in piedi dinanzi a un vecchio palazzo nella centralissima Calle Ribera de Curtidores, celato alla vista da alcuni rami degli alberi che cingevano la lunga strada, cuore del Mercato del Rastro.

Non c’erano più le bancarelle che avevano visto quel pomeriggio, prima di raggiungere il luogo della festa, e mai si sarebbe immaginato che, a pochi passi, c’era l’indirizzo che cercava, per cui era venuto lì.

Doveva ammettere però una cosa.

L’eccesiva tranquillità rendeva quella strada estremamente malinconica, se paragonata alla confusione di poche ore prima.

Chiuse gli occhi, come a voler riassaporare le sensazioni provate alla luce del Sole, a voler ricordare le voci che gli rimbombavano nelle orecchie e la calca di turisti e locali che sciamava da una parte all’altra della via: c’era un abisso tra i due momenti.

Strinse maggiormente in pugno il biglietto mentre, con la coda dell’occhio, guardava la piccola targa in ceramica colorata sul muro alle sue spalle: la luce del lampione, illuminandola, delineava le parole, vergate in eleganti caratteri, che formavano il nome della strada, lo stesso che era segnato sul biglietto.

Restò alcuni minuti a fissare il portone del palazzo, come se questi potesse aprirsi semplicemente guardandolo, ma senza decidersi a muovere i passi necessari per raggiungerlo.

E probabilmente sarebbe anche rimasto lì tutta la notte se solo una voce, familiare e stupita, non lo avesse chiamato, rompendo il pacifico silenzio della notte e facendolo letteralmente sobbalzare: non aveva bisogno di voltarsi per sapere che Shura gli era arrivato alle spalle.

“Aiolia, sto parlando con te. Cosa ci fai qui?” continuò lo spagnolo, poggiandogli la mano sulla spalla: “Potevi avvertirmi, sarei venuto a prenderti in stazione.” disse lui, ma ancora il greco non sembrava aver intenzione di voltarsi per guardarlo in viso.

“Quando sei arrivato?” chiese Capricorn, cercando di smuoverlo da quell’immobilità.

Ancora niente.

La cosa cominciava ad assumere i toni di una tragicommedia.

“Mi sembrava di essere stato chiaro, Aiolia. Dovete essere chiari coi vostri sentimenti! Non fare le belle statuine nel mezzo della strada! Allora tutta la fatica fatta oggi non è servita a nulla?!”

Il tono scherzoso di Federico, che comparve alle loro spalle assieme a Manuel, coronò il tutto.

“Voi due cosa c’entrate?” chiese Capricorn sorpreso.

“Amico, sai che sono un ragazzo di buon cuore! Non potevo lasciare questo cucciolotto greco da solo, in una città grande e caotica come la nostra, avevo il dovere di aiutarlo! L’ho portato alla festa di San Cayetano e l’ho fatto divertire un po’.” dichiarò Federico con aria sorniona.

“In pratica gli ha dato il tormento per tutto il giorno.” concluse Manuel, senza però riuscire a reprimere un sorriso.

Shura guardò ora Leo, che si ostinava a dargli le spalle, ora i due ragazzi: “E di grazia, potrei sapere come due impiccioni come voi sono incappati in Aiolia?” chiese lo spadaccino, indugiando con lo sguardo su di loro.

“Semplice, mi è finito contro in stazione! E visto che da zia Consuelo sono rimaste alcune delle tue cose, tra cui alcune foto, non è stato difficile riconoscerlo e riconoscere l’indirizzo che lei gli ha dato. La calligrafia di mia zia riesco ancora a riconoscerla benissimo!” si giustificò il rosso.

Con un sospiro, Shura alzò lo sguardo, sobbalzando nel vedere gli occhi del Leone fissi nei propri.

“Finalmente ti sei deciso a muoverti! Non dovevi parlargli?” lo provocò Federico con un ghignetto; aggrappato al braccio di Manuel, il ragazzo osservava con estremo interesse le reazioni del greco.

Dopo l’ennesimo, chilometrico silenzio, decise che doveva prendere in mano la situazione.

Così, staccatosi dalla spalla del moro che, con pazienza, continuava a stare in silenzio, si avvicinò a entrambi e diede semplicemente loro uno scappellotto sulla nuca: “Shura ha una casa in questa città, non vive in mezzo a una strada. Perché non andate a ciattellare dentro anziché dare spettacolo qui fuori?” propose, indicando il palazzo alle loro spalle.

Aiolia annuì, pur se poco convinto.

“Allora sbrigati, Leoncino. Altrimenti spiffero a Shura cosa abbiamo combinato in piazza.” sogghignò.

Quella frase fu più che sufficiente per dare al greco la forza di precipitarsi nel portone.

Prima di seguirlo, però, lo spagnolo osservò con attenzione e severità i due amici: “Qualunque cosa abbiate combinato ai suoi danni, sperate che non lo venga a sapere.” disse, per poi allontanarsi.

§§§

Seduto al tavolo della cucina, con una tazza di caffè vuota dinanzi, Aiolia rimuginava sulle spiegazioni che il compagno gli aveva dato in merito a quelle due mine vaganti che, nonostante tutto, si erano occupate di lui quel giorno: era vero, tutti e tre avevano vissuto nello stesso villaggio alle pendici dei Pirenei ed era stato grazie a Shura se quei due avevano finalmente smesso di raccontarsi bugie e deciso nel contempo di trascorrere la vita assieme.

Ed era anche vero che alcune fotografie di Shura erano rimaste presso la donna che li aveva cresciuti e che aveva dato al Leone l’indirizzo del Capricorno.

“Sono desolato per il loro comportamento, soprattutto per quello di Federico.” affermò infine il moro, dopo aver udito le spiegazioni da parte del greco: “È sempre stato così fin da bambino, quando qualcosa lo colpisce particolarmente, deve metterci per forza il naso. Mi spiace che ti abbia imbarazzato in questo modo.” ma subito il biondo scosse la testa, cercando di sorridere, “il suo intervento è stato utile, invece.”.

Shura restò in silenzio.

“È stato utile perché mi ha permesso di far chiarezza in me e ora posso dire di non avere più indecisioni di sorta e di non dubitare più dei miei sentimenti.” proseguì Leo, alzandosi in piedi per andare alla finestra: “Io… Io sono partito da Athene per parlarti, seriamente.” il tremolio nella propria voce era quasi inesistente e Aiolia sperava che durasse ancora per parecchio.

“Sarebbero tante le cose di cui parlare, che vorrei chiederti, ma non voglio tirare fuori dei ricordi orribili, sia per me che per te… Solo desidero sapere, vale ancora qualcosa la mia presenza?”.

Il filo di voce con cui il Leone aveva sussurrato queste parole raggiunse il cuore del Capricorno, colpendolo peggio di una stilettata al cuore.

Era conscio, sapeva dei profondi sentimenti che il greco aveva maturato nel fondo del proprio animo in quei lunghissimi anni trascorsi nell’ignominia del nome di Aiolos, anni ingentiliti dalla presenza l’uno dell’altro, che aveva permesso a Shura di far pace con sé stesso per aver alzato la spada sulla persona che, più di tutte, rispettava.

Il semplice esistere di entrambi aveva dato un senso alle loro vite disastrate.

Poi era venuta la Guerra, e con lei la morte.

Morte che lo aveva abbandonato per qualche manciata di ore, giusto il necessario per portare a termine la missione più dolorosa di tutte e poi ghermirlo nuovamente.

Si erano rivisti per qualche istante, mondati di ogni peccato, e pronti all’estremo sacrificio, ma non c’era stato tempo per parlare, per chiarire tutto quello che era rimasto in sospeso tra loro: e neppure quando la Dea era riuscita a riportarli indietro avevano trovato il coraggio di affrontarsi, perché anche Shura era pieno di dubbi e li sentiva pressanti.

L’unica soluzione che era riuscito a trovare era scappare in seno a quella Spagna che gli aveva dato i natali, e più precisamente in quella Madrid dove aveva preso casa, su insistenza di Federico e Manuel.

Però si era solo preso in giro.

Capricorn s’alzò in piedi a sua volta e raggiunse il ragazzo, che non s’era mosso dalla finestra, per poi cingergli la vita con le proprie braccia e poggiare il viso sulla sua spalla; ciò che gli sussurrò all’orecchio non era nulla di complicato, anzi, ma erano le parole che più Aiolia aspettava.

“Resta accanto a me.”.

§§§

Ancora mezzo addormentato, Shura era seduto in cucina, quando, all’improvviso, sentì chiaramente suonare il campanello; constatando che erano a malapena le otto del mattino e che sicuramente non potevano essere Federico e Manuel, pigri com’erano quei due sarebbe stato impossibile trovarli fuori di casa prima delle dieci, lo spagnolo fu seriamente tentato di mandare al diavolo qualunque piazzista ci fosse fuori dalla sua porta, soprattutto perché la sua insistenza nell’appendersi al campanello rischiava di svegliare Aiolia.

Poi, sentì una voce imprecare in italiano, vanamente rimproverata da una più pacata di chiara origine svedese nell’accento, e venne preso dal panico.

Si pentì di aver lasciato a Death e Aphro’ le chiavi di casa sua.

I due Saint, infatti, fecero letteralmente irruzione nell’appartamento.

“Eccoci!” esclamò Pisces, aprendo le braccia per stringere Capricorn in un abbraccio spacca costole: “Sentivi la nostra mancanza?” chiese lui, con un sorriso smagliante e talmente ampio che Shura poté quasi giurare di avergli visto tutti e 36 i denti.

“Sappiamo che è qui, non nasconderlo.” disse Cancer, rompendo il proprio silenzio e guardandosi attorno: “Siamo informatissimi.” proseguì, non trattenendo un sorriso alla vista dell’espressione dell’amico, che pareva avesse visto un fantasma.

“Sarà sicuramente nella stanzetta per gli ospiti!” notò Aphrodite, trascinando il fidanzato con sé.

§§§

Dal buio pacifico del sonno, Aiolia venne improvvisamente gettato nella luce accecante della realtà. Letteralmente.

Qualcuno gli aveva strappato di dosso la coperta e aveva spalancato al contempo tende e finestra: qualcuno che rideva sguaiatamente, inframmezzando parole in svedese e siciliano stretto con improperi coloriti in greco e qualche pezzo di spagnolo.

Malgrado la confusione dettata dal sonno, Leo aveva riconosciuto all’istante quelle voci, e come poteva essere altrimenti?

“Svegliati, forza! È da maleducati non salutare degli amici importanti come noi!”

Decisamente ad Aphro’ non mancava la modestia.

“Shura, cosa avete combinato? Il cucciolo sembra stravolto.” E Death Mask gli era mancato ancora meno di Aphrodite; sollevate leggermente le palpebre, ne vide quindi le sagome sfocate.

“Assolutamente nulla. E anche se fosse, non sono cose che vi riguardano.” Shura spostò il proprio sguardo severo sui due impiccioni, addolcendosi nel vedere Aiolia mezzo sveglio.

“E noi che ci siamo fatti un lunghissimo e pericoloso viaggio da Athene a qui per venirti a trovare. Ingrato!” borbottò lo svedese, incrociando le braccia al petto: “Permettimi di dissentire, sareste venuti a trascorrere una settimana qui tra poco, la scusa del venirmi a trovare non attacca.” decisamente Shura sapeva come tenerli a bada.

“L’altro giorno, Aiolos stava parlando con Saga.” ammise l’italiano con un ghigno: “Suo fratello sapeva di quest’intenzione del cucciolotto di venire a parlarti e visto che siamo degli ottimi senpai e non avevamo cuore di lasciare il gattino da solo in un paese straniero, abbiamo deciso di partire al salvataggio. Non ci saremmo mai aspettati di trovarvi in un tale clima da sposini in luna di miele.”.

Lo sfottò di Aphrodite fece sobbalzare Aiolia, che si rizzò seduto, fulminando entrambi con lo sguardo.

“Guarda guarda chi ha deciso di unirsi a noi!” esclamò ironicamente Cancer, accomodandosi meglio sul fondo del letto, con Pisces sulle gambe: “Ben svegliato, Aiolia.” lo salutò l’italiano; Capricorn scosse la testa, rassegnato, prima di avvicinarsi a sua volta, “Sono piombati qui pochi minuti fa.” si giustificò.

Leo scosse la testa e gli sorrise, prima di tornare a guardare i due compagni: “Sono del Leone, non del Gatto.” precisò prima di ogni altra cosa: “E poi non sono un  - cucciolotto - , a vent’anni suonati credo di essere in grado di cavarmela da solo senza bisogno di una balia da parte di chicchessia.” brontolò, coprendosi con il lenzuolo.

“Qualcuno s’è svegliato dalla parte sbagliata del letto, stamattina?” ridacchiò lo svedese.

“Beh, sai com’è, stavo dormendo e due tornadi mi sono piombati addosso…”.

Le risate che riempirono la camera strapparono un sorriso appena accennato anche al Leone, che si ritrovò a riflettere, mentre osservava dalla finestra un lembo di cielo azzurro e udiva dalla strada le voci di Manuel e Federico che li chiamavano: qualcuno aveva detto che la morte, dalla Spagna, sarebbe tardata a venire a causa dell’indecisione che governava le vite di quel popolo ma, nel suo caso, non era stata la morte ad arrivare, ma bensì la vita.

E malgrado il suo ritardo, Aiolia era contento di aver atteso così a lungo.

 

GLOSSARIO:

Chotis: ballo tradizionale madrileno. Nella storia, ho scelto di citare il più famoso, “Madrid, Madrid, Madrid” che dà anche il titolo al racconto.

Churros: dolci tipici spagnoli da accompagnare alla cioccolata.

Zarzuela: rappresentazione teatrale simile alla lirica, in costume.

Atocha: Stazione principale di Madrid.

 

PARTECIPANTE AL TRAVEL AWARDS E CLASSIFICATASI QUINTA:

MADRID, MADRID, MADRID di KUNGFUCHARLIE

Grammatica: 9/10
Stile: 8/10
Originalità: 9/10
Gradimento personale: 3,5 /5
Descrizione della città: 4/5
Punti bonus: 5/5

TOTALE: 38,5/45

Di questa storia ho amato due cose in particolare: innanzitutto il tuo lessico che a dirla tutta è a dir poco fenomenale, e la seconda la descrizione della Madrid popolare, delle sue feste, canti e balli.
Anche tu ti sei soffermata sul tempo, su quel caldo soffocante che riempie le strade della capitale spagnola, ma a differenza degli altri hai saputo dare uno squarcio sulla vita quotidiana durante una delle innumerevoli feste. Ho cercato di immaginarmi il sagrato della chiesa di San Cayetano ricolmo di gente, di bambini che cantano e ballano nei loro graziosi costumi tradizionali all'ombra delle luci soffuse delle lanterne colorate, e devo dire che questa piccola descrizione mi ha fatto sorridere.
Anche se il punteggio per il gradimento personale rimane minore rispetto agli altri, la caratterizzazione dei personaggi era buona così come l'originalità e il tuo stile.
Non penso di dover aggiungere altro.

 

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