Ciao a
tutti,questa non è la mia prima storia,ma è la prima alla quale voglio
dedicarmici seriamente,perchè anche se non è ispirata ad alcun evento
della mia vita,la sento particolarmente mia,come se fosse un figlio.
Spero vi piaccia e sarà divisa in capitoli. Un bacio a Tutti,Rossana.
Dieci
anni prima..
E’
strano
pensare che un giorno tu sia stato una persona diversa. Ma..può essere
così,anche se nessuno ci crederebbe mai..
A
scuola,quand’ero bambino, ero vittima di bullismo e i miei compagni di
classe
mi picchiavano in aula quando la maestra era uscita, o nei corridoi
davanti ad
una piccola folla di bambini che incitavano i bulli,incredibile come i
segni di
quella violenza rimanessero così vivi,come se non riuscissero a
rimarginarsi;ma
non quelli fisici quanto quelli morali: l’umiliazione,
l’incomprensione,la
tristezza, l’abbandono. Una volta rischiai persino di morire. Mi
gettarono
vestito e con la cartella ancora sulle spalle nel torrente vicino alla
scuola.
Non ero un fenomeno a nuotare,anzi mi vergogno anche a dirlo: non
sapevo nuotare
e avevo una gran paura dell’acqua. Una bambina,che fortunatamente
passava di
lì,percepì il pericolo e si tuffò
salvandomi. La notizia e il fatto che fosse stata una bambina particolare a salvarmi catturarono
l’attenzione di qualche giornalista locale e l’avvenimento finì
inevitabilmente
su giornali e tv,ma con il risultato che l’interesse della gente sfumò
poco
dopo e i ragazzi che mi avevano gettato nel torrente furono costretti
soltanto
ai lavori forzati per la durata di un anno: pulire le strade,aiutare
gli
anziani ecc,ma subito dopo tornarono alla carica. Avrei dovuto
sicuramente
ringraziare quella bambina che mi aveva salvato la vita,ma mi beccai un
nomignolo spregevole e ogni volta che a scuola camminavano per i
corridoi,i
ragazzi mi scansavano e mi urlavano dietro ‘’Attenta signorina!’’.
Inevitabilmente le mie guance si tingevano di rosso e gli occhi
pungevano.
Avrei voluto piangere ma avrei dato loro un buon motivo per affibbiarmi
nomignoli
ancor più cattivi. Pensavano fossi gay ma io non conoscevo nemmeno il
significato del termine. Chiesi alle mie sorelle cosa volesse dire
quella
strana parola e mi ricordo ancora bene che scoppiarono in una sonora
risata di
scherno dicendomi che ero proprio un ingenuotto, magari forse,secondo
loro, i
miei compagni non avevano tutti i torti,forse davvero il loro
fratellino era
gay. Imparai a star lontano anche da loro,certo, volevo bene alle mie
due
sorelle ma non potevo più sopportare le loro risate schernitrici e il
fatto che
spesso mi avessero vestito con degli abiti da donna. Non mi sentivo
accettato
né dai miei amici, né dalla mia famiglia.
Solamente mia madre mi capiva; assomigliavo molto a lei,sia
caratterialmente,sia
fisicamente. Era bellissima,aveva avuto mia sorella Kirsten
giovanissima,a soli
17 anni,all’ultimo anno di liceo. Holly invece era nata due anni
dopo,quando
mia madre Roseanne, per tutti Rose,e mio padre Sean,si erano sposati.
In
passato non tutti vedevano di buon occhio la relazione tra mamma e
papà,forse
perché avevano pensato che mia madre fosse una ragazza facile,rimasta
incinta
così piccola e mio padre come uno che non si prendesse le sue
responsabilità. Infatti
avevano aspettato un po’ prima di sposarsi,anche se si amavano alla
follia. Io
spesso lo vedevo negli occhi di mamma che forse avrebbe desiderato una
vita
diversa per lei,per i suoi figli. C’è stato un periodo in cui mamma e
papà
litigavano spesso ed io cercavo di non ascoltare le loro grida
chiudendomi in
camera e sentendomi un vigliacco. Non avevamo molti soldi e papà
spendeva quasi
tutti i nostri risparmi nell’alcool.
Avevo imparato a non piangere,ad essere l’uomo di casa,anche se ero il
più
piccolo. La notte,quando mia madre piangeva e mio padre lavorava,la
raggiungevo
nel lettone e dormivamo abbracciati. Lei qualche volta mi faceva dei
regalini,mi
comprava le caramelle o un gelato,lo faceva sempre di nascosto,per non
farsi
scoprire da papà,perché lui l’avrebbe picchiata. Io non riuscivo a
capire come
due persone che un tempo si amavano così tanto potevano desiderare il
male
l’uno dell’altra. In realtà,anche se mio padre faceva del male a mia
madre,lei
non ce l’aveva con lui,perché lo vedeva sempre con gli stessi occhi.
Invece gli
occhi di mio padre erano annebbiati dall’alcool,così anche il suo
cervello,un
giorno pensai perfino di odiarlo. Dormivo profondamente nel mio
lettino,avevo
solo dieci anni, e sentii una carezza sul mio volto. Nel sonno pensai
che fosse
stato il soffio del venticello entrato dalla finestra semi aperta.
Anche se
aveva piovuto tanto,faceva molto caldo e raramente la sera si riusciva
a
dormire,quella volta però,la brezza era così piacevole che portava con
sé
quella quiete soporifera che ti abbraccia di notte e ti porta con sé.
Forse
quella brezza aveva sconvolto i pensieri di mia madre o si era portata
via la
sua ragione o semplicemente accompagnava la sua tristezza. Aprii gli
occhi e mi
ritrovai il suo volto sorridente,non era un sorriso gioioso,era un
sorriso
amaro,ma lei continuava ad accarezzare la mia guancia. Una lacrima le
rigò il
bel viso. Subito l’asciugai con la mia mano e mia madre la baciò
delicatamente.
«Mamma ma per..» iniziai a dire,ma mia madre mi interruppe posando un
dito sulle mie labbra.
«Shh tesoro, mi raccomando sii coraggioso,sii forte. Voglio che la tua
vita sia splendida e voglio che tu capisca che ti voglio molto bene,sei
il
figlio che ogni madre vorrebbe avere e so che non mi lascerai mai..» mi
disse
continuando ad accarezzarmi la guancia.
Io non riuscivo a capire,era uno strano modo di darmi la buonanotte.
Sentirle dire che però mi voleva bene mi tranquillizzò e riuscii
persino a
mostrarle un sorriso.
«Ecco bravo,così. Ti voglio sempre vedere sorridere,me lo prometti?».
« Si mamma.. » dissi poggiando una mano su quella sua e mi addormentai
con quella carezza,calda e bella..